Qualche giorno fa a Milano, sotto l'egida del gruppo consiliare provinciale di An, si è tenuto un singolare convegno il cui titolo - Evoluzionismo: una favola per le scuole - lascia capire che si tratta dell'ennesimo tentativo di contrapporre al pensiero laico e razionalista di matrice illuministica un ritorno a tradizioni culturali religiose che sarebbero state arbitrariamente attaccate e sormontate. L'evento, inteso a sostenere la necessità di riabilitare il creazionismo come teoria scientifica, non meriterebbe commenti se non si trattasse dell'indizio di un fermento culturale reazionario che riconosce come humus una delle regioni italiane più avanzate sotto il profilo tecnologico e culturale.
E' inutile riferire il tono degli interventi, tutti orientati a sostenere, senza alcuna prova scientificamente valida, che la teoria di Darwin va sostituita in nome della maggiore attendibilità della creazione dell'uomo da parte di Dio. Si tratta piuttosto di capire come e perché una proposta del genere si iscrive nell'ambito di un progetto di riforma dell'insegnamento scolastico dai tratti paradossali. Il paradosso consiste nel modernizzare la scuola, riconoscendo che l'insegnamento debba modellarsi sulle esigenze della globalizzazione teconologica, che comportano la necessità di una conoscenza profonda del computer e della lingua inglese, e, nello stesso tempo, nel porre a fondamento dell'educazione morale solidi principi tradizionali di natura religiosa e conservatrice. L'uomo nuovo che si progetta deve vivere sul filo della modernità, essere rivolto ad integrarsi in essa senza alcun atteggiamento critico (insomma di sinistra), ed essere affrancato dal nihilismo, che è un prodotto della tecnologia disumana, in virtù di principi che riconoscono l'uomo come un essere speciale, frutto di una creazione divina, chiamato dunque al rispetto di valori gerarchici rappresentati dalle autorità terrene religiose e laiche (di destra).
In questa ottica, l'attacco a Darwin ha una funzionalità precisa. Dopo la presunta morte del comunismo e del pensiero marxista, Darwin rimane il caposaldo del pensiero laico, intrinsecamente ostile al pensiero religioso e alle sue derivazioni politiche, vale a dire le ideologie gerarchiche. Ci si può chiedere cosa abbia a che fare con l'ideologia e la politica uno scienziato che ha dedicato la sua vita alla raccolta di prove atte a corroborare l'intuizione di un processo evolutivo naturale. E' abbastanza banale, per questo aspetto, ricondursi al fatto che, se la nascita dell'uomo può ricondursi ad un processo naturale, Dio, in quanto inutile, è veramente morto. La Chiesa, sulla scia di Theilard de Chardin accetta ormai, dopo non pochi dubbi, l'evoluzionismo darwiniano non ritenendolo incompatibile con il dogma della creazione, che fa riferimento all'infusione dell'anima in un essere evoluto naturalmente.
Il problema è che la creazione divina comporta il riferimento ad un destino segnato dal creatore, ad un ordine che trascende la libertà umana e a dei valori assoluti la cui oggettività è inconfutabile. L'evoluzione naturale viceversa, nella misura in cui riconosce in quella umana una specie dotata di capacità emergenti - l'autoconsapevolezza e il linguaggio - che lo differenziano da tutte le altre specie, non assegna ad essa alcun destino prefissato e non riconosce alcuna scala di valori assoluti. Vincolato per un verso dai limiti della macchina biologica e del congegno cerebrale, l'uomo, per un altro, nell'ottica evoluzionistica, è dotato di una libertà praticamente indefinita che può dare luogo alla produzione dei sistemi di valore e delle organizzazioni sociali le più varie.
A ben vedere, è il tema della libertà discriminante tra la concezione creazionista e quella evoluzionistica. Nell'ottica religiosa, la libertà si realizza nell'adesione ad un ordine dato, oggettivo e immodificabile; in quella evoluzionistica, la libertà si realizza viceversa nell'operare scelte culturali nell'ambito di un insieme indefinito. Se, da questo punto di vista, si dà un vinolo, esso può essere ricondotto solo alla socialità, vale a dire al riconoscimento che tutti gli esseri umani, in quanto appartenenti alla stessa specie, godono degli stessi diritti, attributi e bisogni di libertà e di dignità.
C'è da chiedersi perché la cultura di destra contemporanea, che pure accetta, con qualche riserva, i principi liberali, sia spinta ad attaccare Darwin. Le motivazioni coscienti - ridicole nella misura in cui esse vedono nella derivazione dell'uomo dalla scimmia un oltraggio alla dignità della specie umana - sono meno rilevanti di quelle inconsce. Il problema è che se l'uomo non ha un destino prefissato e se egli non appartiene ad un ordine dato, la sua vicenda rimane agganciata alla storia - della natura e della cultura -, è in parte, per quanto riguarda gli individui, determinata da essa. Nel contempo però rimane aperta sull'orizzonte dei mondi possibili, e in particolare sull'orizzonte utopistico di un mondo fatto a misura d'uomo.
Questo è l'intimo legame che la cultura di destra coglie tra darwinismo e ideologia di sinistra. Tale legame esiste realmente. Come noto, Marx colse subito il significato rivoluzionario dell'evoluzionismo, al punto che chiese a Darwin, ottenendone paraltro un cortese rifiuto, di dedicargli il Capitale. Questo legame non è stato compromesso neppure dalla sociobiologia, che ha cercato invano di dare un fondamento conservatore al pensiero di Darwin.
I liberisti puri hanno fatto propri i principi della sociobiologia. Essi di fatto interpretano il mondo come una realtà assoggettata alla selezione anturale, vale a dire alla legge del più forte. I "pensatori" di destra, pure accettando i principi liberali, non possono arrivare a tanto. Essi sono consapevoli che il darwinismo sociale è destinato inesorabilmente a riattivare i conflitti di classe e ad incidere negativamente sulla globalizzazione. Essi cercano una terza via tra il liberalimo di matrice illuministica e il socialismo. Non è insensato che la trovino ancorandosi alla religione, che è il presupposto di un'ideologia gerarchica e corporativa.
Il non senso di questa proposta non sta nel riabilitare il dogma della creazione dell'uomo da parte di Dio, bensì nel ritenere che questa riabilitazione segni un progresso scientifico rispetto alla "favola" dell'evoluzionismo, che è di fatto (nell'impossibilità di una sperimentazione) una teoria indiziaria, ma ha dalla sua parte una serie di indizi che la rendono meno attaccabile e falsificabile della teoria della relatività. Il creazionismo scientifico d'altra parte non comporta né indizi a suo favore (tranne la fede nelle Sacre Scritture) né possibili sperimentazioni.
Si tratta di una "moda" importata dagli Stati Uniti, dove il movimento antievoluzionistico è particolarmente virulento. Per questo aspetto, e per tanti altri, l'italia si sta configurando sempre più come una colonia culturale statunitense, che, come tutte le colonie, è desinata univocamente a importare il peggio.
Febbraio 2003