Fatta eccezione per i primi vent'anni della sua vita, Darwin è sempre stato malato. Questa malattia in alcuni periodi gli impedì di lavorare anche per svariati mesi di seguito.
Nessuno dei medici interpellati riuscì a trovare una cura efficace per questa malattia, anche perché nessuno riuscì a fornire una diagnosi. A quanto pare non risultava rilevabile alcun danno organico. La malattia subì un peggioramento nel periodo della stesura della sua opera principale (L'origine delle specie) e dopo la pubblicazione.
Pare che le sue condizioni fossero veramente insopportabili. Egli stesso ne descrisse i sintomi:
“Età 56-57 anni. Dai 25, forti e spasmodiche flatulenze notturne e diurne. Conati di Vomito, almeno dUe volte al mese, preceduti da attacchi febbrili, pianti isterici, sensazioni di morire o semisenimenti, nonché da urina abbondante e molto diluita. Prima di ogni conato e di ogni attacco di flatulenze, ronzi auricolari, capogiri, disturbi alla vista e punti neri davanti agli occhi. L'aria fresca mi affatica, ed è particolarmente rischiosa, provocandomi dolori al capo.”
Essi comprendevano: dolori gastrici persistenti, flatulenza, eruttazioni, nausea e vomito, tanto che a quanto pare capitava che vomitasse quasi dopo ogni pasto, palpitazioni, dolori cardiaci, eruzioni cutanee sul viso, le labbra e le mani. Inoltre, Darwin soffriva anche di attacchi di panico e in almeno due occasioni soffrì di gravi crisi depressive.
Le palpitazioni iniziarono a manifestarsi alla fine del 1831, poche settimane prima del lungo viaggio a bordo del Beagle. Durante i quattro anni di navigazione Darwin soffrì solo di mal di mare e di una febbre per la quale rimase a letto ben sei settimane. I sintomi gastrici invece si manifestavano soprattutto prima di dover incontrare altre persone, non importa se si trattasse di personalità del mondo scientifico o di amici.
In tre momenti della vita di Darwin i sintomi si manifestarono in modo particolarmente grave: alla fine del 1839, poco dopo il suo matrimonio e pochi giorni prima della nascita del primo figlio; tra il 1848 e il 1849, prima e dopo la morte del padre; tra il 1863 e il 1864, tre anni dopo la pubblicazione dell'Origine delle specie, allorché ricevette una delusione da un collega per il quale nutriva grande stima.
Il medico di famiglia, il dottor Chapman, perplesso per la sintomatologia presentata da Darwin, gli prescrisse una terapia così articolata: borsa del ghiaccio per la colonna vertebrale associata all'esposizione per tre volte al giorno a colpi di freddo della durata di un'ora e mezza ciascuno.
La sua disperazione era tale che seguiva tutte le prescrizioni con l'intento di guarire, o anche solo di rendere più breve la sua vita. Nonostante ciò visse più di settant'anni.
Sono state spese molte parole sulla malattia di Darwin. Una delle ipotesi è che fosse legata al sistema nervoso vegetativo e che non avesse un nome ben preciso. E’ curiosa a tal proposito un'affermazione del celebre biologo Ernst Mayr, secondo il quale alcuni se non tutti i sintomi che manifestava Darwin sono ampiamente diffusi tra gli intellettuali sottoposti a un duro lavoro.
La posizione assunta da alcuni psicologi è che la malattia fosse indotta da disturbi di carattere psichico; è la posizione per la quale si propende maggiormente al momento attuale. I sintomi, il decorso e il fatto che negli ultimi dieci anni di vita la sintomatologia abbia subìto una netta remissione, consentono di sostenere l'origine psicosomatica piuttosto che quella organica.
Il professor Douglas Hubble nel 1943 avanzò un'ipotesi che venne poi avallata da George Pickering, professore di Medicina a Oxford, in una pubblicazione del 1974. I due studiosi scartano qualsiasi malattia organica e sostengono invece che si trattasse della sindrome di Da Costa o sindrome da iperventilazione. Tale sindrome è generata da un incremento del livello di attivazione del sistema nervoso autonomo del paziente. Ciò provoca un aumento della frequenza e del ritmo respiratorio senza che vi sia un aumento dell'attività fisica che li giustifichi. Come conseguenza si ha una serie di cambiamenti fisiologici, tra i quali quello più significativo è la riduzione del contenuto di anidride carbonica nel sangue, che a sua volta scatena i sintomi che lamentano i pazienti che soffrono della sindrome da iperventilazione.
I pazienti affetti dalla sindrome da iperventilazione si trovano in una condizione di aumentata frequenza e ritmo respiratorio subliminali (cioè senza che si scatenino i sintomi), per cui basta un ulteriore aumento della respirazione, generato da una qualsiasi situazione di stress anche banale, per scatenare la crisi. Molto probabilmente Darwin si è trovato in una condizione del genere in diversi momenti della sua vita, per settimane o mesi interi: qualsiasi aumento della ventilazione polmonare provocava in lui la comparsa della sintomatologia.
Egli stesso era ben conscio che le emozioni provocavano lo scatenarsi dei sintomi e nonostante ciò era assolutamente convinto dell'origine organica della sua malattia. D'altra parte sicuramente non gli giovarono i pareri dei medici che consultò, i quali spesso, nell'incertezza, avanzarono l'ipotesi di una malattia organica, accrescendo in tal modo l'angoscia del paziente.
Secondo le ricerche condotte, la tendenza all'aumento della frequenza e del ritmo respiratorio è causata da una condizione di angoscia cronica, a sua volta generata da avversità occorse nella vita del paziente, come per esempio lutti, incomprensioni o altro.
Le eruzioni cutanee di cui soffriva Darwin non fanno invece parte del corteo dei sintomi della sindrome da iperventilazione. D'altra parte, come è noto, spesso proprio i fattori emozionali e il surmenage lavorativo sono causa di manifestazioni dermatologiche, attraverso una mancata termoregolazione corporea. A dare sostegno a questa interpretazione delle malattie della pelle di Darwin viene in soccorso una descrizione fatta dal figlio Francis, secondo il quale il padre soffriva sia il caldo sia il freddo e percepiva un caldo eccessivo se impegnato in una controversia intellettuale. Inoltre Darwin, come già suo nonno e suo padre, riteneva che impegnarsi duramente nel lavoro, a volte anche in maniera eccessiva, fosse un buon modo per scacciare i cattivi pensieri. Nel suo caso il lavoro gli consentiva di non pensare alla propria salute precaria e di contrastare la tendenza all'angoscia e alla depressione. Aborriva la mancanza di impegni, il riposo e la vacanza. Quindi l'imponente lavoro condotto da Darwin durante la sua vita, che ha rappresentato un enorme contributo per la scienza, fu per lui necessario per rifuggire i problemi dai quali era afflitto.
Nonostante tutti i disturbi di cui soffrì, Darwin si dimostrò infaticabile durante il viaggio a bordo del Beagle, produsse una considerevole quantità di pubblicazioni nel corso della propria attività professionale, si dimostrò un buon padre di famiglia e coltivò numerose sentite amicizie, risultando sempre ricambiato nell'affetto.
Sinora sono state proposte diverse possibili spiegazioni delle cause che hanno originato la malattia psicosomatica di Darwin. Secondo una di queste ipotesi tale causa andrebbe cercata nelle situazioni che dovette affrontare nell'età adulta, alcune persistenti, altre occasionali. In tal senso Douglas Hubble (1943) e George Pickering (1974) sostengono che la causa possa essere stata rappresentata dal conflitto che Darwin visse tra le aspirazioni scientifiche e il rispetto delle convenzioni sociali. Da una parte, quindi, la volontà di sostenere la propria tesi scientifica, dall'altra il timore di deteriorare il frutto del proprio lavoro a causa di necessità di carattere sociale. Non bisogna infatti dimenticare che la sua teoria dell'evoluzione si scontrava con i dogmi della religione, che rappresentavano anche il fondamento della morale dell'epoca.
Lo stesso Hubble, nuovamente sostenuto in seguito da Pickering, nel 1953 introdusse un altro fattore: il comportamento di Emma, eccessiva nella sua volontà di prendersi cura del marito. D'altra parte questo eccesso, se di eccesso si può parlare, si giustifica grazie all'incertezza mostrata dai medici interpellati: sia Charles sia Emma erano convinti che si trattasse di una autentica malattia organica.
Nel 1959 il genetista C. D. Darlington avanzò una nuova tesi, sostenuta poi anche da Hedley Atkins (1974), secondo cui la malattia avrebbe trovato origine nel conflitto tra le idee evoluzionistiche di Darwin e le convenzioni dettate dalla religione, alla quale Emma era assai legata. Emma era effettivamente preoccupata che Charles non fosse credente, ma non è chiaro se il conflitto tra le idee di Darwin e la descrizione biblica la preoccupasse. E certo infatti che ella aiutò il marito nella stesura dell'Origine delle specie.
Ralph Colp, nel 1977, ha aggiunto altri elementi, ritenendo che la causa principale fosse rappresentata dalle difficoltà che Darwin incontrò nel congegnare la propria teoria evoluzionista in modo molto convincente e dalle critiche severe e ostili che comunque ricevette da alcuni colleghi scienziati dopo la pubblicazione dell'Origine delle specie. A sostegno di questa posizione assunta da Colp sta il fatto che Darwin stette male in modo persistente nel 1859 e nei primi anni del decennio successivo, probabilmente per il timore di deludere i colleghi anziani che lo avevano sostenuto nel lavoro preliminare e per la delusione che gli arrecò il mancato sostegno di Lyell, collega da lui molto stimato.
Di contorno a tutto ciò si verificarono altri eventi estremamente stressanti che indussero un peggioramento nella salute di Darwin. La sua malattia peggiorò notevolmente dopo il viaggio a bordo del Beagle, mentre si trovava a Londra per riordinare i propri appunti ed era sottoposto alle pressioni dei colleghi più anziani, in seguito gli eventi che minarono il fragile equilibrio di Darwin furono le numerose gravidanze di Emma, le frequenti malattie dei figli e la malattia e la morte del padre.
Diversi studiosi si sono però resi conto che il problema non risiede tanto nell'individuare eventi stressanti nella vita di Darwin, a ben vedere eventi che sarebbero stati stressanti per qualsiasi uomo normale, bensì nell'individuare il motivo per cui reagì a questi eventi manifestando un'importante malattia psicosomatica. Per tale motivo alcuni di essi hanno ricercato la causa nei fattori che lo resero molto fragile nei confronti dei conflitti e degli stress della vita.
Tali fattori, secondo alcuni, erano determinati da una debolezza costituzionale ereditaria. Arthur Keith, chirurgo e antropologo fisico, mostrò di essere convinto che la costituzione che determinò i disturbi psichici di Darwin fosse ereditaria. Anche Hedley Atkins, chirurgo, e W.C. Alvarez (1959), psichiatra, sostennero questa posizione, convinti che nella famiglia di Darwin ci fosse un'anomala incidenza di disturbi psichiatrici. Alla luce di recenti studi pare invece che il patrimonio genetico non abbia un ruolo importante nel determinare i disturbi dettati dall'ansia e dalla depressione di cui soffrì Darwin; al contrario, gli studi attuali confermano che i disturbi psichici vengono trasmessi da una generazione alla successiva soprattutto attraverso le consuetudini familiari.
Secondo Edward Kempf (1918),2 Douglas Hubble (1943 e 1956), Rankine Good (1954),4e Phyllis Greenacre (1963), invece, la fragilità di Darwin in situazioni stressogene era causata da problemi insorti all'interno della famiglia, riferendosi soprattutto ai rapporti tra Charles e il padre. Per Greenacre, in particolare, la causa era rappresentata dai sentimenti ostili provati inconsciamente nei confronti del padre.
Kempf chiama in causa anche i sentimenti di Darwin nei confronti della madre. Da studi relativamente recenti emerge chiaramente che fra coloro che hanno subito la perdita della madre nell'infanzia vi è un'elevata incidenza di disturbi psichici quali la depressione e altri con questa connessi.
Secondo John Bowiby, la malattia fu conseguenza del rapporto con la madre, della sua malattia e della sua morte durante l'infanzia, oltre che di un rapporto spesso difficile con il padre. In questo caso, la manifestazione psicosomatica sarebbe stata la reazione di una personalità fragile di fronte a difficoltà in famiglia o nella professione.
E’ possibile che il piccolo Charles, a seguito della perdita della madre, si sia figurato una serie di fantasie, tra le quali inconsciamente forse anche la convinzione di essere in qualche modo responsabile della sua morte. Tali fantasie e timori non furono poi affrontati e risolti in seno alla famiglia; le sorelle, infatti, insistettero per non nominare più la madre dopo la sua morte, come era stata l'abitudine della famiglia da generazioni, ovvero rimuovere tutto ciò che potesse generare dolore. Inoltre, a livello conscio Darwin trasse due conclusioni: i sintomi gastrici sono indicativi di malattie fatali e la tendenza a sviluppare tali malattie è ereditaria. Tutto ciò rese Darwin estremamente sensibile alle malattie e ai lutti in famiglia.
Il rapporto difficile con il padre si spiega soprattutto con una manifesta mancanza di fiducia e con un atteggiamento critico verso il figlio durante la fanciullezza e l'adolescenza. Ciò lo rese molto sensibile alle critiche dei colleghi più anziani e stimati, nei quali Darwin proiettava la figura paterna.
Probabilmente, quindi, nel determinare la malattia di Darwin ebbero un ruolo sia la predisposizione genetica sia una serie di fattori familiari.
Sono state proposte anche altre spiegazioni. Vi sono alcune malattie che non potevano essere diagnosticate nel XIX secolo che sono state chiamate in causa: colecistite cronica, ernia dello iato, avvelenamento da arsenico. Ulteriori approfondimenti hanno però consentito di scartare queste ipotesi.
Secondo alcuni parassitologi, invece, la causa della malattia va ricercata tra i protozoi. In particolare, l'agente eziologico potrebbe essere una specie del genere Tìypanosoma, che avrebbe potuto infettare Darwin durante il viaggio intorno al mondo; Darwin avrebbe quindi potuto contrarre il morbo di Chagas durante il soggiorno in Sudamerica.
Il morbo di Chagas è stato proposto come spiegazione della malattia di Darwin dal parassitologo israeliano Saul Adler nel 1959, rigettato nel 1965 dal parassitologo inglese A.W. Woodruff, riproposto nel 1984 da Ralph Bernstein e ancora oggi sostenuto come possibile causa.
Il morbo di Chagas o tripanosomiasi americana è una infezione causata da Trypanosoma cruzi e trasmessa all'uomo dalle cimici del genere Reduviidae, insetti ancora oggi estremamente comuni tra le popolazioni indigene nelle zone rurali dell'America Centrale e Meridionale. L'infezione si può presentare in forma acuta o cronica. L'infezione acuta si manifesta con il cosiddetto chagoma indurito (tumefazione della pelle), con linfoadenopatia, edema perioculare unilaterale indolore, malessere, febbre, anoressia, edema facciale e raramente con miocardite con scompenso cardiaco. L'infezione cronica sintomatica si manifesta attraverso miocardite con scompenso cardiaco, disturbi del ritmo e della conduzione, megaesofago con disfagia, broncoaspirazione, dolore toracico, megacolon con dolore addominale, stipsi, ostruzione e perforazione intestinale, setticemia, fino alla morte. Tuttora non esiste una terapia medica soddisfacente per l'infezione cronica.
Il morbo di Chagas ha un decorso molto variabile e, se si manifesta come malattia cronica, può accadere che i sintomi compaiano dopo una incubazione di anche vent'anni.
Darwin stesso annotò di essere stato punto da una cimice mentre soggiornava nell'America Meridionale e fu costretto a letto per sei settimane per una febbre persistente. E’ degno di nota il fatto che Darwin soffrì di una forte febbre in Cile nell'ottobre 1834, mentre annotò di essere stato punto dalla cimice nel marzo 1835. La sequenza temporale di questi fatti non consente di scartare l'ipotesi del morbo di Chagas in quanto avrebbe potuto essere stato punto anche in altre occasioni precedenti senza accorgersene o senza annotarlo. Bernstein, suggerisce che a questo episodio sia seguito un periodo di incubazione di circa cinque anni, dopodiché avrebbero iniziato a manifestarsi i disturbi gastrointestinali e cardiaci. Secondo lo stesso Bernstein il miglioramento della salute di Darwin che si verificò negli ultimi dieci anni della sua vita potrebbe essere attribuito a un processo asintomatico o di malattia cronica che proseguì sino ad alcuni mesi prima che sopraggiungesse la morte.
Un'obiezione degna di nota che è stata mossa all'ipotesi del morbo di Chagas è che due sintomi della malattia Darwin li aveva già manifestati prima della partenza dall'Inghilterra: le palpitazioni e i disturbi gastrici. Inoltre, secondo le testimonianze dei familiari, Darwin aveva un'ottima capacità di sopportare lo sforzo fisico, fatto evidentemente incompatibile con eventuali lesioni cardiache generate dal tripanosoma.
Un'altra importante obiezione è quella mossa da Woodruff (1965), il quale sottolinea che l'infezione da tripanosoma non si contrae semplicemente tramite la puntura dell'insetto ma per mezzo della contaminazione della ferita con gli escrementi dello stesso. In effetti, gli indigeni di quelle regioni dell'America Meridionale spesso contraggono il morbo solo dopo anni di esposizione alle punture dell'insetto.