GEORGE DUBY

STORIA SOCIALE E IDEOLOGIE DELLE SOCIETA'


 Il bisogno di una visione del mondo minimamente coerente è costitutivo del funzionamento della mente umana a livello individuale e collettivo. Mentre, però, a livello collettivo nessuno - tranne i politici che, per catturarne il favore, si rivolgono all'elettorato con la deferenza e l'ossequio che si deve a persone illuminate, il cui giudizio è insindacabile - minimizza, nella formazione della coscienza sociale, il peso delle tradizioni secolari, vale a dire dei pregiudizi, dei luoghi comuni, dei valori astratti dalle loro matrici, e quello di nuovi pregiudizi e luoghi comuni aiemntatai dall'opinione pubblica, dai mass-media e dai cattivi maestri, a livello individuale la psicologia ha creato il mito dell'autopoiesi, vale a dire di un'attività cognitiva individuale che produrrebbe, a partire dalle influenze ambientali, una visione del mondo personale. Uno degli effetti di questo mito è stato quello di alimentare la presunzione coscienzialista degli individui, presupposto indispensabile a convalidare il tema della morte delle ideologie. Se è vero, com'è vero, che ogni soggetto non può prescindere da una visione del mondo totalizzante, che si froma in virtù di una sorta di bricolage il cui materiale è fornito dalle tradizioni e dalle convinzioni correnti nell'ambiente d'interazione, la nostra epoca sembra caratterizzata piuttosto da mediocri ideologie e da una diminuzione del potere critico delle coscienze che dalla morte delle ideologie.

La scuola dei nuovi storici francesi ha, ormai da settant'anni, rivalutato e approfondito il tema delle ideologie sociali, vedendo in esse il calco della soggettività individuale. L'articolo di Duby si può ritenere, da questo punto di vita, un piccolo capolavoro di sintesi e di lucidità intellettuale. Quello che segue è un riassunto che trae da esso i punti più utili e suggestivi nell'ottica di una nuova teoria della coscienza umana che ne rivaluti la storicità e consenta di sormontare il mito dell'uomo fatto da sé.

E'‘ chiaro - scrive Duby - che la storia delle società deve fondarsi su di un’analisi delle strutture materiali. L’organizzazione dei gruppi, delle comunità familiari o di vicinato, delle associazioni, delle bande, delle compagnie, delle sette, la natura e la forza dei legami che li hanno raccolti, la posizione degli individui in questa rete di relazioni, la loro posizione all’interno di una complessa gerarchia di strati sovrapposti, la distribuzione dei poteri tra questi individui non possono essere messe chiaramente in luce senza che siano riuniti preliminarmente tutti gli elementi che permettono di ricostruire le componenti dello spazio che gli uomini hanno occupato, sistemato e sfruttato, di percepire il senso dei diversi movimenti che hanno determinato l’evoluzione demografica, di determinare il livello delle tecniche di produzione e di comunicazione, di intendere la maniera in cui (sono) ripartiti i compiti, le ricchezze e i profitti e in cui (sono stati) utilizzati i surplus...

(Però) per comprendere l’organizzazione delle società umane e per riconoscere le forze che le fanno evolvere occorre prestare ugualmente attenzione ai fenomeni mentali, il cui intervento indiscutibilmente non è meno determinante di quello dei fenomeni economici e demografici. Gli uomini infatti regolano il loro comportamento in funzione non della loro reale condizione, ma dell’immagine che se ne fanno e che non ne è mai il rispecchiamento fedele. Si sforzano di conformarla a modelli di comportamento che sono il prodotto di una cultura, e che, nel corso della storia, possono adattarsi più o meno bene alle diverse realtà materiali. L’articolarsi dei rapporti sociali, il movimento che li fa trasformare si operano così nel quadro di un sistema di valori...(che) governa il comportamento di ciascun individuo nei confronti degli altri membri del gruppo di cui fa parte. Su di esso si basano i condizionamenti che ciascuno accetta o tenta di trasgredire, ma di cui ciascuno sa bene che sono rispettati dagli altri. All’interno di questo sistema si sviluppa o si indebolisce la coscienza che la gente prende della comunità, del ceto, della classe di cui fa parte, della sua distanza nei confronti delle altre classi, ceti o comunità; una coscienza più o meno chiara...

E’ proprio questo sistema di valori a far tollerare, o a rendere intollerabili, le regole del diritto e i decreti del potere. Proprio in esso, infine, risiedono i principi di un’azione che pretende di animare il divenire del corpo sociale, in esso si radica il senso che ogni società attribuisce alla sua storia, e si accumulano le sue riserve di speranza. Esso (alimenta) i sogni e le utopie...le passività e le rassegnazioni, ma contiene in germe anche tutti i tentativi di riforma, tutti i programmi rivoluzionari, e la molla di tutti i bruschi mutamenti. Uno dei compiti che toccano oggi alle scienze dell’uomo è quindi quello di misurare, in seno ad una totalità indissociabile di azioni reciproche, la rispettiva pressione delle condizioni economiche, e, dall’altra parte, di un insieme di convenienze e di precetti morali, dei divieti che essi pongono e degli ideali che propongono...

I sistemi di valori, che i procedimenti educativi trasmettono in diversi modi senza cambiamenti apparenti da una generazione all’altra, non per questo sono immobili: hanno la loro storia, di cui l’andamento e le fasi non coincidono con quelli della storia della popolazione e dei modi di produzione. E’ proprio attraverso tali discordanze che si possono discernere nella maniera più chiara le correlazioni tra le strutture materiali e le mentalità. Si offre quindi allo studio degli atteggiamenti mentali, nella lunga come nella breve durata, un’area singolarmente vasta... (nella quale) si inserisce necessariamente lo studio delle ideologie.

Intendiamo per ideologia, alla maniera di Louis Althusser, "un sistema (che possiede una propria logica e un proprio rigore) di rappresentazioni (immagini, miti, idee o concetti a seconda dei casi) dotato di un esistenza e di un ruolo storico in seno a una data società". Così definite, le ideologie presentano un certo numero di caratteristiche che è opportuno mettere subito in evidenza:

1. appaiono come sistemi completi e sono naturalmente globalizzanti, dal momento che pretendono di offrire alla società, del suo passato, del suo presente, del suo futuro, una rappresentazione di insieme integrata alla totalità di una visione del mondo...

2. Le ideologie, che hanno come prima funzione quella di rassicurare, sono, altrettanto naturalmente, deformanti. L’immagine che esse offrono dell'organizzazione sociale si costruisce su di un incastro coerente di inflessioni, di deformazioni, su di una prospettiva, su un gioco di chiaroscuri che tende a velare certe articolazioni proiettando tutta la luce su altre, per meglio servire interessi particolari.

3. In una società data, coesistono molteplici sistemi di rappresentazione che, naturalmente, sono concorrenti... Un certo numero di tratti comuni avvicinano queste ideologie, dal momento che le relazioni vissute di cui esse offrono l’immagine sono le stesse, e si costruiscono in seno allo stesso insieme culturale e si esprimono negli stessi linguaggi. Tuttavia di solito le une si presentano come le immagini rovesciate delle altre, a cui si contrappongono

4. Totalizzanti, deformanti, concorrenti, le ideologie si dimostrano anche stabilizzatrici... E’, ovviamente, il caso dei sistemi di rappresentazioni che mirano a conservare i vantaggi acquisiti dagli strati sociali dominanti; ma questa osservazione è ugualmente valida per quelli, antagonisti, che riflettono, rovesciandoli, i primi... Questa inclinazione alla stabilità deriva dal fatto che le rappresentazioni ideologiche partecipano alla pesantezza insita in tutti i sistemi di valori, la cui ossatura è fatta di tradizioni. La rigidezza dei diversi organi di educazione, la permanenza formale degli strumenti linguistici, la potenza dei miti, l’istintiva reticenza nei confronti dell'innovazione che si radica nel più profondo dei meccanismi della vita ostacolano la possibilità che esse si modifichino sensibilmente nel corso del processo che le trasmette ad ogni nuova generazione. La paura del futuro fa sì che le ideologie si appoggino naturalmente alle forze di conservazione, di cui ci si accorge che sono in realtà predominanti nella maggior parte degli ambienti culturali che si giustappongono e si compenetrano in seno al corpo sociale...

Il conservatorismo si appoggia sulla stessa gerarchia sociale. I ceti dominanti, i cui interessi sono serviti da modelli ideologici più agguerriti degli altri, in genere, e nella misura in cui la loro superiorità materiale sembra loro più sicura, si concedono il lusso di incoraggiare le innovazioni nel campo dell’estetica e della moda. Tuttavia, nel profondo, si mostrano molto attenti a difendersi contro tutti i cambiamenti meno superficiali che potrebbero mettere in discussione i poteri e i vantaggi che detengono...

Infine, la tendenza al conservatorismo viene ad essere ancora accentuata dal movimento che, in tutte le società, porta i modelli culturali a spostarsi di grado in grado, dal vertice della gerarchia sociale in cui hanno preso forma in risposta ai gusti e agli interessi dei gruppi dirigenti, verso ambienti progressivamente più estesi e più umili, da essi affascinati e che lavorano a farli propri. Questo processo di continua volgarizzazione si accompagna ad una lenta deformazione delle rappresentazioni mentali, ma prolunga pur sempre per molto tempo la sopravvivenza di certi atteggiamenti. In tal modo contribuisce a mantenere, sotto la vernice di modernità che gli strati dominanti ostentano per distinguersi dalla gente comune, un solido fondo di riferimento alle tradizioni che fornisce allo spirito conservatore il più fermo degli appoggi.

Tuttavia, tutti i sistemi ideologici (basano) su una memoria dei tempi trascorsi, oggettiva o mitica, il progetto di un avvenire che dovrebbe vedere l’avvento di una società più perfetta. Essi sono tutti portatori di speranza, e incoraggiano all’azione. Tutte le ideologie sono pratiche e per questo contribuiscono ad animare il movimento della storia. Ma nel corso di questo movimento, esse stesse si trasformano e questo per tre ragioni principali:

1. in primo luogo esistono, tra le relazioni vissute e la rappresentazione che la gente se ne fa, relazioni abbastanza strette perché la seconda subisca in misura maggiore o minore le ripercussioni dei cambiamenti che colpiscono le prime;

2. d’altra parte, nella rivalità permanente che oppone le une alle altre le classi d’età o le categorie separate da interessi divergenti... le ideologie devono adattarsi per meglio resistere o per meglio vincere. Di fronte alle ideologie avverse, esse si tendono o si allentano, si affermano o si dissimulano, si mascherano sotto il velo di nuove apparenze. Quando si trovano in una posizione di forza, arrivano a integrare in parte al sistema che esse costituiscono le immagini o i modelli che venivano a minacciarle dall’esterno, li addomesticano, sottomettono, utilizzano per consolidare le loro posizioni... In questi processi di conflitto, di contestazione, di recupero, di integrazione, che formano la trama della storia delle ideologie, alcuni ambienti sociali hanno un ruolo preponderante... Si tratta in primo luogo di tutti gli specialisti a cui le società costituite delegano le funzioni dell’educazione e dell’insegnamento... E’ il caso (inoltre) di numerosi intellettuali che i ceti dirigenti prendono al loro servizio e di cui essi diventano i servi.

3. Accade infine che dei sistemi ideologici si trasformino quando nell’insieme culturale che li racchiude penetra l’influenza di culture straniere e vicine, dalle quali è difficile che esso sia del tutto isolato...

Certo, i movimenti che liberano le ideologie dalla loro naturale inerzia sono in genere molto lenti e senza scosse: di solito essi si piegano con grande flessibilità per adattarsi ai cambiamenti più bruschi che si verificano sul piano dell’economia o della politica. Ma questi sistemi appaiono in costante evoluzione. Le ideologie sono incontestabilmente un oggetto della storia.

A quanto detto da Duby, mi permetto di aggiungere che le ideologie sono incontestabilmente anche un oggetto di una psicologia critica e di una psicopatologia dialettica.