TOTEM E TABU'(1912-13)

Opere vol. 7 pp. 3 -166

L'enorme contributo che la scoperta dell'inconscio avrebbe potuto arrecare alle scienze umane e sociali è attestata, tra l'altro, dall'uso che di essa hanno fatto nell'ambito dell'antropologia, Lévi-Strauss e, nell'ambito storico, gli studiosi della Scuola de Les Annales. Freud stesso, di fatto, consapevole della portata di quella scoperta, ha tentato di applicarla all'antropologia (Totem e tabù), alla religione (Il destino di un'illusione) e alla sociologia (Il disagio della civiltà). Purtroppo però questi tentativi hanno risentito fortemente della teoria pulsionale, che Freud ha sempre difeso con una determinazione dogmatica.

Ci si può chiedere quale sarebbe stato il destino della psicoanalisi se Freud, anziché radicalizzare le sue ipotesi pulsionali, si fosse aperto alle critiche portate al sistema da Jung, Adler, Rank, Ferenczi, nessuno dei quali ha mai negato la validità della scoperta dell'inconscio come attività mentale altra rispetto alla coscienza né la paternità freudiana di essa. Ci si può chiedere anche quale sarebbe stato il contributo della psicoanalisi alla cultura umana se essa, nella sua storia, anziché frammentarsi in una serie di scuole e di correnti, tutte caratterizzate dalla difesa pervicace di prinicipi differenziali ideologici o dommatici, avesse mantenuto una plasticità atta ad alimentare un dialogo e uno scambio con tutte le altre scienze umane e sociali.

Dato che la storia non si fa con i se, e pur pensando che un'integrazione del genere, nell'ambito di una panantropologia, sia ancora possibile, occorre prendere atto di come le cose sono andate di fatto. Da questo punto di vista, Totem e Tabù è un documento prezioso.

Esso non nasce da un intento conoscitivo, ma polemico. All'epoca, il rapporto con Jung si va incrinando. Al di là dei motivi personali, vale a dire il sostanziale autoritarismo di Freud e lo spiccato narcisismo di Jung, il nodo del dissenso riguarda la teoria pulsionale e il rapporto tra psicologia individuale e psicologia collettiva. Jung sta imboccando la strada che lo porterà a disinvestire la libido di significati immediatamente sessuali e comincia a valorizzare l'esistenza a livello inconscio di archetipi simbolici che, con la loro potenza, sottendono e catturano la psicologia individuale. Freud rimane fermo alla teoria pulsionale e al principio per cui la psicologia collettiva è null'altro che la somma della psicologia dei singoli individui, la cui trama è assicurata dalle vicissitudini pulsionali. Totem e Tabù nasce con l'intento di confermare questi assunti e di dimostrare che l'Edipo, già identificato come momento di passaggio cruciale ontogenetico, rappresenta la chiave filogenetica del passaggio dallo stato di natura allo stato di cultura. Posta questa dimostrazione, Freud ritiene che ogni critica alla teoria pulsionale non abbia più senso. Il destino dell'uomo, e dell''umanità, rimane vincolato all'imbrigliamento di una sessualità che, nella sua originaria anarchia, comporta l'ostilità cieca nei confronti di qualunque limite alla sua soddisfazione. E, dato che questo limite è rappresentato nella fase edipica dal Padre, che ostacola l'accesso alla Madre, è il superamento del parricidio lo snodo del passaggio dalo stato di natura a quello di cultura, avvenuto filogeneticamente nella notte dei tempi, ma destinato a ripetersi all'interno di ogni esperienza individuale.

E' importante delineare la struttura concettuale dell'opera per capire in quale misura Freud, sicuro di procedere oggettivamente, piega alle sue convinzioni il materiale antropologico che utilizza. La struttura concettuale si può ricostruire nei seguenti termini.

Freud parte dall'assunto che la psicologia dei popoli primitivi, che conserva le tracce dei primordi dell'umanità, e quella degli psiconevrotici, caratterizzata dalla fissazione a stadi primari dello sviluppo, riconoscano delle singolari concordanze, sulla base dei quali l'antropologia e la psicoanalisi possono illuminarsi vicendevolmente. Avendo già definito il significato edipico della fissazione nevrotica, egli è dunque spinto ad analizzare il tabù dell'incesto. Si tratta di un tabù universale che si intreccia con il totemismo, vale a dire con una pratica culturale che assegna ad ogni clan un totem, da cui esso prende il nome. Il totem è di solito un animale che rappresenta il capostipite del clan e, nello stesso tempo, il suo nume tutelare. I membri del clan soggiacciono all'obbligo sacro di non uccidere il loro totem e di astenersi dal consumare la sua carne. Un altro obbligo connesso al totem è l'esogamia, in virtù del quale i "membri di uno stesso totem non possono avere rapporti sessuali tra di loro e non possono quindi contrarre matrimonio" (p. 13).

Il tabù dell'incesto rientra in un più vasto ambito di divieti rituali che rappresentano nel loro insieme, per le popolazioni primitive, quello che il codice penale rappresenta per le nostre. Che cosa attestano i tabù se non che l'umanità ha avvertito originariamente la necessità di arginare con un rigido dispositivo di controllo sociale tutte le attività per le quali esisteva, nella natura umana, una forte inclinazione? Ciò è comprovato dal fatto che al rigore dei tabù corrisponde, ove essi vigono, una forte ambivalenza soggettiva. Li si rispettano, insomma, per paura dela punizione, ma forte rimane il desiderio di trasgredirli. Freud rileva l'ambivalenza in rapporto a tre tabù di particolare interesse, che riguardano i nemici uccisi, i sovrani e i morti. In tutti e tre i casi, una forte ostilità latente viene compensata da forme di rispetto sacrale.

Tutti i tabù implicano la categoria del sacro, che è il fondamento della magia. Il potere magico fa riferimento ad una concezione animistica della realtà e alla credenza nell'onnipotenza del pensiero. Quest'ultima implica né più né meno un'equivalenza, a livello inconscio, tra desideri, fantasie e azioni.

Questi dati, secondo Freud, permettono di intravedere un'affinità tra l'esperienza psichica dei primitivi, dei soggetti psiconevrotici e dei bambini. I rituali ossessivi, di fatto, si riconducono ad una logica superstiziosa simile a quella che sottende le pratiche magiche. Le zoofobie, frequenti nei bambini, pongono in luce il fatto che l'animale temuto rappresenta simbloicamente il padre. In conseguenza di questo è "giustificato introdurre, nelle nostre formulazioni sul totemismo, il padre in luogo dell'animale totemico" (p. 135). Ma "se l'animale totemico è il padre, i due comandamenti fondamentali del totemismo, le due prescrizioni tabù che ne costituiscono il nucleo - non uccidere il totem e non avere rapporti sessuali con una donna appartenente allo stesso totem - coincidono quanto a contenuto con i due delitti di Edipo, che uccise il padre e prese in sposa la madre, e con i due desideri primordiali del bambino, la cui insufficiente rimozione o il cui ridestarsi formano forse il nucleo di tutte le psiconevrosi" (p. 136). Questa equazione, che pone a fondamento del culto totemico, il desiderio incestuoso è avvalorata dal fatto che quel culto comporta ritualmente il sacrificio dell'animale totemico, che viene ucciso e mangiato dai membri del clan.

Su questa base è possibile, secondo Freud, ricostruire la genesi del totemismo riconducendola ad una situazione originaria caratterizzata da un'orda primitiva all'interno della quale il Padre possedeva tutte le femmine. Questa situazione avrebbe costretto i figli ad ucciderlo, ad impossessarsi delle donne e a sancire tra di loro un'alleanza fondata sul culto riparativo del totem, rappresentante del padre ucciso. Il tabù dell'incesto è una conseguenza dell'alleanza tra fratelli destinata ad impedire il ripetersi di un conflitto grave per il possesso delle donne. In questo senso esso definisce il passaggio da uno stato di natura, caratterizzato dall'incoercibilità del desiderio sessuale, ad uno stato di cultura caratterizzato da regole che ne rendono lecite alcune e non altre forme di realizzazione.

Oggi si può francamente ironizzare sul fatto che Freud, la cui grandezza intellettuale è fuori di discussione, abbia potuto prendere come buona l'ipotesi dell'orda primordiale. Posto che, presumibilmente, non si verrà mai a capo dei numerosi misteri concernenti l'antropogenesi, vale a dire il lentissimo passaggio che ha permesso alla specie umana di definrsi come specie dotata di autoconsapevolezza, di capacità simbolica e di cultura, è fuori di dubbio che, non solo quel passaggio, ma la sopravvivenza stessa della specie umana implicano una qualche forma di socialità affettiva e un qualche grado di cooperazione all'interno del gruppo.

Lo scimpanzé, l'animale più vicino all'uomo geneticamente, che condivide con lui un antenato comune, è un animale radicalmente sociale, che vive in gruppi dotati di una certa stabilità all'interno dei quali i vincoli parentali vengono riconosciuti vita natural durante e nei quali l'incesto rappresenta un'eccezione assoluta, venendo tra l'altro sanzionato vivacemente dalle femmine investite da un illecito interesse e dagli altri membri del gruppo. Questo dato, ormai acquisito dall'etologia, significa né più né meno che il "tabù" dell'incesto preesiste all'avvento della cultura umana, che sembra solo averlo tradotto in una legge culturale.

Oltre all'etologia, occorre tenere conto anche della biologia. La competizione animale per il possesso della femmina ricettiva in fase estrale si è fortemente ridotta a livello umano in virtù del fatto che la donna è divenuta perennemente ricettiva.

Nessuna scienza sociale infine, dall'antropologia alla sociologia, accetta oggi un rigido evoluzionismo culturale in conseguenza del quale la cultura si è sviluppata passando univocamente da forme primitive a forme superiori secondo una progressione tale per cui le prime rappresenterebbero la cultura allo stato nascente e le seconde conterrebbero i residui delle prime. Nessuna scienza sociale riconosce, infine, la pertinenza si una metodologia che assume la psicologia individuale come chiave di spiegazione dei fenomeni sociali.

Alla luce di questi dati, la teoria esposta da Freud in Totem e tabù si può ritenere sostanzialmente infondata. Essa attesta ancora una volta un'ossessione dogmatica, il cui fondamento è ideologico, che mortifica la genialità freudiana. Se è vero però che i geni, anche quando sbagliano, rimagono tali, Totem e tabù presenta non pochi spunti di interesse.

L'universalità del tabù dell'incesto, che Freud ha vigorosamente sottolineato, non può di certo essere considerato casuale. Esso, che regola e assoggetta a norme la riproduzione sociale nel suo aspetto più immediato (la riproduzione della vita), è, con il culto dei morti, un aspetto costante e specifico di qualunque cultura umana. La soluzione data al problema da Lévi-Strauss, che vede in esso l'unico modo di regolare lo scambio di donne tra gruppi che, in virtù di questo s'imparentano, ha il vantaggio, rispetto alla ipotesi freudiana, di essere molto più esplicativo riguardo alla complessità delle regole che, presso i primitivi, caratterizza il tabù dell'incesto. Questa soluzione riconduce tra l'altro alla necessità dello scambio, vale a dire ad una necessità comunicativa che si associa allo scambio linguistico e a quello economico, la nascita della cultura umana.

Giustamente Freud rileva che il tabù dell'incesto rientra in un quadro di regole rituali molto più vasto le più importanti delle quali concernono il trattamento dei nemici, il rapporto con il potere (capi, sovrani) e il culto dei morti. In tutti e tre i casi, Freud identifica l'origine del tabù in un'ambivalenza la cui matrice prima è l'ostilità che viene riparata dalle regole rituali. Considerando solo il primo aspetto e tenendo conto della misura in cui il progresso civile, con l'avvento degli eserciti professionali, ha dissacrato i nemici che vengono uccisi denza remore e rispetto ai quali non si sviluppa alcun rimorso, l'ambivalenza dei primitivi sembra attestare, al contrario di quanto pensa Freud, piuttosto che un eccesso di sadismo, dovuto all'essere essi rappresentanti meno condizionati della natura umana, un indizio di un'identificazione con l'altro che, nel corso dei secoli, è andato perduto. Il nemico come estraneo o addirittura come cosa sembra un portato della cultura più che della natura.

Ad analoghe considerazioni si giunge considerando l'ambivalenza nei confronti del Totem, animale sacro e intoccabile che viene periodicamente sacrificato. Il totemismo, riguardo al quale ancora una volta Lévi-Strauss ha scritto le pagine più pregnanti, sembra comportare piuttosto che il riferimento al Padre sacrificato e sacralizzato l'intuizione di un legame tra tutti gli esseri viventi tale che il sacrificio necessario degli animali da parte degli uomini ai fini della sopravvivenza determina, nei primitivi, l'esigenza di una riparazione. Da questo punto di vista, la cultura primitiva sembra molto più umana rispetto alla nostra, se solo si considera l'indifferenza con cui i contemporanei entrano nelle macellerie senza provare alcun brivido per gli animali sacrificati in nome dei loro bisogni. D'altro canto, nell'ottica di una concezione del mondo animistica, all'interno della quale praticamente, la morte non è che una trasformazione, sia il culto degli animali sacrificati che quello dei morti assume una comprensione immediata.

Il parallelismo che Freud pone tra pratiche magiche e rituali ossessivi è, infine, interessante. Di fatto la necessità di eseguire i rituali, anche quando ciò avviene da parte di persone lucide, razionali e laiche, implica sempre il riferimento ad una logica susperstiziosa. Eseguendo i rituali, il soggetto coscientemente tiene sotto controllo l'ansia e si affranca dalla paura che possa accadere del male a lui stesso o ai suoi cari. Lo sappia o meno, egli deve rendere conto a "qualcuno" che lo controlla, dotato di un potere di rappresaglia senza limite. Che la soggezione ai rituali implichi dei sensi di colpa rispetto ai quali essi rappresentano una riparazione è fuor di dubbio, come pure che i sensi di colpa corrispondono a quote di rabbia represse. Ma che senso ha quest'esperienza? Freud non ha dubbi: "Un nevrotico ossessivo può essere gravato da un senso di colpa che si attaglierebbe al colpevole di una strage, anche se egli si è comportato verso il suo prossimo come il più riguardoso e scrupoloso dei compagni fin dall'infanzia. Eppure il suo senso di colpa è fondato: è radicato negli intensi e frequenti desideri di morte che inconsciamente si ergono in lui contro il suo prossimo" (p. 92). Ma perché infine le fantasie aggressive vengono identificate con colpe commesse? Secondo Freud perché a livello inconscio nei nevrotici vige lo stesso principio che sottende le pratiche magiche, vale a dire il riferimento all'onnipotenza del pensiero. Ora questo pincipio non sembra affatto presente nella magia, laddove la possibilità di interferire e di volgere a proprio favore le "forze" che trascendono l'uomo non si basa sull'onnipotenza del pensiero ma semplicemente sull'efficacia dei smboli nella misura in cui essi sono condivisi da una comunità. Non è l'onnipotenza del pensiero che destina a morte colui che è condannato a morte dallo sciamano: è che egli crede nella potenza dello sciamano.

Negli ossessivi non si dà parimenti il riferimento all'onnipotenza del pensiero, bensì la paura, conscie e inconscia, di potere perdere il controllo sulle fantasie. Ma allora occorre ammettere almeno che egli sia impreganto di fantasie distruttive? Certamente, ma per il motivo opposto a quello addotto da Freud, identificabile in un bagaglio pulsionale particolarmente intenso. La rabbia infinita degli ossessivi è dovuta al fatto che essi, in nome della loro scrupolosità, la reprimono, non la usano mai anche nelle forme lecite e necessarie.

Ho già detto che la teoria pulsionale può essere comprovata dall'analisi se non si tiene conto del principio di ridondanza. Freud non ne ha mai tenuto conto, e, in conseguenza di questo, ha sempre scambiato la fenomenologia dei contenuti inconsci per un'espressione immediata e primaria della natura umana. Al di là della scoperta dell'inconscio, l'ossessione pulsionale grava un macigno sull'edificio analitico.