Una recensione critica de L'interpretazione dei sogni, dato il numero di problemi che in essa vengono affrontati, richiederebbe un libro a parte. In questa sede mi limiterò a illustrare la struttura concettuale del saggio, nell'intento di distinguere ciò che di esso si può ritenere importante e imperituro da ciò che, invece, è caduco.
L'esordio del saggio definisce con chiarezza l'intento scientifico di Freud: "Dimostrerò nelle pagine seguenti che esiste una tecnica psicologica che consente di interpretare i sogni e che, applicando questo metodo, ogni sogno si rivela come una formazione psichica densa di significato, che va inserita in un punto determinabile dell'attività psichica della veglia. Tenterò inoltre di chiarire i processi da cui derivano la stranezza e l'oscurità del sogno e di dedurre la natura delle forze psichiche dalla cui cooperazione o dal cui contrasto il sogno trae origine" (p. 11). Il significato epistemologicamente rivoluzionario di questo intento è immediatamente evidente. Se il sogno esprime un'attività psichica produttrice di senso, se questo senso può essere decodificato a partire da un'apparenza che oscilla tra il caotico e il banale, se il senso decodificato risulta decisivo per la comprensione dell'esperienza psicologica soggettiva, e se, infine, il sogno rivela una conflittualità intrinseca alla mente umana, tutto ciò comporta un decentramento nello studio dell'uomo dal livello della coscienza a quello inconscio. Pienamente consapevole di questo, Freud scrive alla fine del saggio: "La rinuncia alla sopravvalutazione della quantità di coscienza diventa condizione prima indispensabile per qualsiasi visione esatta dello svolgimento dello psichico L'inconscio è il cerchio maggiore che racchiude in sé quello minore del conscio; tutto ciò che è conscio ha un gradino preliminare inconscio, mentre l'inconscio può restare fermo a questo gradino e pretendere tuttavia al pieno valore di prestazione psichica. L'inconscio è lo psichico reale nel vero senso della parola, altrettanto sconosciuto nella sua matura più intima quanto lo è la realtà del mondo esterno, e a noi presentato dai dati della coscienza in modo altrettanto incompleto, quanto il mondo esterno dalle indicazioni dei nostri organi di senso" (p. 557).
Per quanto il cognitivismo abbia tentato, negli ultimi decenni, di rivalutare la coscienza, la scoperta freudiana di un'altra mente, rispetto a quella a noi nota, che lavora incessantemente ed è depositaria di un patrimonio di memorie d'infinita ricchezza, rimane epocale. Una nuova scienza della mente dovrà necessariamente tentare di integrare queste due prospettive che fanno capo a due universi mentali intimamente correlati.
L'intento di Freud è, di fatto, molto più ambizioso rispetto a quello enunciato nell'esordio del saggio. A pag. 501, Freud allude alla possibilità che "il sognare sia, nel suo insieme, un tipo di regressione verso le più antiche situazioni del sognatore, una rianimazione della sua infanzia, delle spinte pulsionali in lui allora dominanti, e dei modi espressivi allora disponibili. Dietro quest'infanzia individuale, poi, ci è promesso uno sguardo sull'infanzia filogenetica, lo sviluppo del genere umano, di cui quello del singolo è in verità una ripetizione abbreviata, influenzata dalle circostanze fortuite della vita Si è indotti a sperare di arrivare, con l'analisi dei sogni, a riconoscere ciò che è in lui psichicamente innato. Sembra che sogno e nevrosi ci abbiano conservato, delle antichità psichiche, più di quanto fosse lecito supporre, così che la psicoanalisi può pretendere ad alta dignità fra le scienze che si sforzano di ricostruire le fasi più antiche e più oscure dei prmordi dell'umanità". Anche questo intento - di giungere a cogliere attraverso l'analisi dell'inconscio alcuni aspetti fondamentali della natura umana - potrebbe assumere una valenza scientifica. Il problema, come si vedrà, è che esso in Freud è compromesso da un presupposto ideologico: quello per cui, nel suo fondo arcaico, la natura umana non può essere animata che da una cieca tendenza pulsionale orientata a soddisfare il desiderio egoistico individuale.
La contraddizione tra l'intento scientifico, animato da una sorprendente onestà intellettuale, e il presupposto ideologico sottende tutto il libro e determina una continua oscillazione tra intuizioni assolutamente geniali e teorizzazioni precarie e criticabili.
Il capitolo primo è dedicato alla rassegna tematica della letteratura sul sogno. Essa pone in luce il fatto che per quanto su singoli aspetti o caratteristiche dell'attività onirica, alcuni autori hanno avuto delle intuizioni notevoli (come per esempio Robert, secondo il quale "I sogni sono eliminazioni di pensieri soffocati in germe" p.82, Burdach, che identifica nel sogno "l'attività naturale della psiche, che non viene limitata dalla forza dell'individualità, né turbata dall'autocoscienza, né indirizzata dall'autodeterminazione; ma è la vitalità dei punti centrali sensibili in libero gioco" p. 85, o Scherner, secondo il quale "l'attività psichica definibile come fantasia, libera da ogni controllo dell'intelletto e quindi esente da rigide delimitazioni, regna sovrana nel sogno" p. 86, apparendo dotata di una straordinaria capacità di rappresentazione plastica, attraverso immagini), nessuno ha fornito una teoria completa del sogno. L'importanza di questa, da un punto di vista psicopatologico, consiste nella sovversione del punto di vista tradizionale secondo il quale il sogno, strettamente imparentato con i disturbi mentali, "rappresenta un processo inutile e perturbatore ed è l'espressione di un'attività psichica ridotta" (p.95). Freud ritiene invece che "una mutata concezione del sogno sia destinata ad influenzare le nostre opinioni sul meccanismo intimo dei disturbi mentali" (p. 95) fino al punto che "quando ci sforziamo di chiarire l'enigma del sogno, lavoriamo per la spiegazione della psicosi" (p. 95).
La spiegazione dei fenomeni psicopatologici, che irrompono nella coscienza spesso con la stessa caratteristica di irrazionalità, di oscurità e di assurdità dei sogni, implica che tutto ciò che avviene nello spazio mentale, escluse ovviamente malattie del cervello in senso proprio (infezioni, intossicazioni, tumori, degenerazioni, ecc.), ha un senso. La psicopatologia attesta una dissociazione tra i livelli di esperienza cosciente e quelli inconsci, vale a dire il patrimonio delle memorie personali, che i sintomi denunciano e, a modo loro, tentano di rimediare. Ancora oggi, questa rivendicazione di senso dei fenomeni psicopatologici è fondamentale per qualunque teoria psicodinamica.
Nel secondo capitolo l'interpretazione dei sogni si avvia sulla base dell'analisi di un sogno freudiano, il sogno più celebre di tutta la letteratura psicoanalitica, quello di Irma. Si tratta di una paziente ancora giovane, vedova, amica di famiglia, che Freud ha avuto in cura senza grande successo. Egli le ha suggerito, per guarire, una "soluzione" - presumibilmente il matrimonio - che non è stata accettata. Per questo, Freud la rimprovera, addossandole la colpa di stare ancora male. Nel sogno, che anticipa un ricevimento in casa di Freud a cui avrebbe preso parte la paziente, questa risulta di fatto malata: è pallida, gonfia, ha delle placche e delle croste sulla gola, e un infiltrato sulla spalla sinistra che allude a qualche affezione polmonare. La visitano, dopo Freud, due medici, suoi amici, uno dei quali, M., pronostica la guarigione in virtù di una dissenteria che eliminirà il veleno. L'altro, Otto, è, nel sogno, il responsabile dell'infezione avendo somministrato ad Irma un prodotto con una siringa non pulita.
Utilizzando una serie di libere associazioni, che riguardano in pratica tutti gli eventi e i particolari del sogno, Freud giunge alla conclusione che esso serve sostanzialmente a spostare la colpa della mancata guarigione da se stesso a Otto: "il sogno rappresenta un certo stato di cose così come lo vorrei; il suo contenuto è dunque un appagamento di desiderio, il suo motivo un desiderio" (p. 118).
In un seminario (cfr.), ho sottoposto ad una revisione critica l'interpretazione freudiana giungendo alla conclusione che il contenuto del sogno è più complesso rispetto a quello individuato dall'autore. Ciò che è in gioco non sono solo le potenzialità teraputiche della psicoanalisi, che Freud difende attribuendo la mancata guarigione alla paziente e spostando infine la colpa su di una malattia fisica e sull'incompetenza di un medico, bensì il valore culturalmente liberatorio o, viceversa, inquinante e moralmente disgregativo della teoria che egli sta edificando. Il retroterra del sogno fa capo a due circostanze inerenti Freud. L'una, rievocata dalle libere associazioni, riguarda la "scoperta" freudiana, precedente la psicoanalisi, del valore terapeutico della cocaina: scoperta che, all'epoca della redazione del libro sull'interpretazione dei sogni, si era già rivelata catastrofica, inducendo in Freud un acuto senso di colpa per coloro che erano rimaste vittime della droga. La seconda, assente, riguarda l'ipotesi, sostenuta pervicacemente negli Studi sull'isteria, secondo la quale la nevrosi, sia quella isterica che quella ossessiva, fossero da ricondurre a violenze sessuali perpetrate dagli adulti, compresi i parenti, sui bambini. Freud sa di avere sbagliato e di essersi esposto alla critica sociale. Si sente in colpa anche per questo e, presumibilmente, teme inconsciamente che le "soluzioni" proposte dall'analisi, che mirano ad incidere sui costumi sessuali, possano conseguire un effetto disgregativo della moralità e dell'ordine sociale.
Si tratta insomma di un sogno nel quale appaiono con sorprendente chiarezza le due "anime" di Freud: quella conservatrice, sempre molto attenta nei confronti della propria reputazione, dell'opinione pubblica e dei valori culturali dominanti, e quella rivoluzionaria, preda di una tendenza a "èpater le bourgois" e a dissacrare le convinzioni abituali, catturata nietzschianamente dall'amore della verità quale che essa sia, e incline, in nome della scienza, a portare il pensiero alle estreme conseguenze. Oggi non si dà alcuna difficoltà a decifrare questo conflitto, la cui matrice ultima è il rapporto di Freud con il contesto socio-culturale, in termini psicologici. Il conservatorismo è dovuto ad un super-io rigidamente normativo, un super-io durkheimiano, che predilige l'equilibrio sistemico, l'ordine sociale alla libertà individuale; l'anima rivoluzionaria, viceversa, è riconducibile ad un io spiccatamente critico, che odia le ipocrisie, al di sotto del quale preme un io antitetico animato da una rabbia sacrosanta.
Le matrici biografiche di questo io antitetico Freud le fornisce in un inciso del libro (pp. 185-187). Analizzando una serie di sogni nei quali si esprime l'ardente desiderio di visitare Roma, egli rievoca la sua adolescenziale identificazione con Annibale: "Annibale era stato l'eroe favorito dei miei anni di ginnasio; al pari di molti coetanei, durante le guerre puniche avevo rivolto le miei simpatie non ai Romani ma al Cartaginese. Quando poi, nel ginnasio superiore, capii meglio che cosa vuol dire appartenere ad una razza straniera, e l'atteggiamento antisemita dei miei compagni mi costrise a prendere una posizione definita, la figura del condottiero semita s'innalzò anco più ai miei occhi. Annibale e Roma simboleggiavano, per me adolescente, il contrasto tra la tenacia dell'ebraismo e l'organizzazione della Chiesa cattolica, mentre la screscente importanza assunta dal movimento antisemitico sulla nostra vita contribuiva a fissare i pensieri e i sentimenti di quei lontani giorni. Così il desiderio di andare a Roma è diventato, per la vita del sogno, pretesto e simbolo di molti altri ardenti desideri, la cui realizzazione potrebbe essere perseguita con la costanza e la dedizione del Cartaginese, benché il loro appagamento sembri per il momento tanto poco favorito dal destino, quanto la suprema aspirazione di Annibale di entrare in Roma" (pp.185-186). L'identificazione è completata da un ricordo infantile legato ad un'offesa subita dal padre in quanto ebreo, che egli aveva subito passivamente, rievocando il quale Freud si abbandona ad un commento estremamente significativo: "A questa situazione, che non mi soddisfaceva, ne contrapposi un'altra, molto meglio rispondente alla mia sensibilità, la scena in cui il padre di Annibale, Amilcare barca, fa giurare il figlio davanti all'ara domestica che si vendicherà dei Romani. Da allora in poi Annibale ha avuto un posto nelle mie fantasie" (p. 186).
Se è illecito, su questa base, come peraltro qualcuno ha fatto, giungere alla conclusione che la teoria psicoanalitica freudiana rappresenta l'espressione della vendetta di un ebreo frustrato contro la civiltà cristiana, è fuor di dubbio però che essa attesta l'intima conflittualità della psicologia e della cultura di Freud, ossessivamente interessato ad integrarsi socialmente e, nello stesso tempo, sollecitato ad assumere un atteggiamento critico e spesso eversivo nei confronti del perbenismo borghese. Questa ambivalenza permette di comprendere come e perché la teoria freudiana sia andata incontro, come capita a tutte le teorie innovative, non solo a feroci critiche, ma anche a sviluppi culturali e ideologici di destra e di sinistra.
Il tragitto freudiano non implica una grande consapevolezza riguardo a questo conflitto. Esso anzi attesta che le spinte culturalmente eversive, che rappresentano i momenti scientificamente intuitivi, sono state sempre poi elaborate in una direzione ideologicamente conservatrice. Questo carattere è evidente anche ne L'interpretazione dei sogni. La formula alla quale Freud perviene attraverso l'analisi del sogno di Irma, per cui il sogno rappresenta l'appagamento di un desiderio, è una formula molto riduttiva. Una formula più appropriata avrebbe dovuto fare riferimento al fatto che il sogno è, univocamente, l'espressione di un conflitto tra doveri o aspettative sociali e diritti, bisogni, aspirazioni individuali: conflitto inesorabilmente irretito, allorchè doveri sociali e diritti individuali risultano incompatibili, dalla categoria dell'attribuzione di colpa, che nel sogno in questione, infatti, oscilla tra il sentirsi in colpa e l'incolpare (Irma e l'amico Otto). Alla luce di questa formula, l'inconscio sarebbe risultato come l'ambito più privato dell'esperienza soggettiva, ma anche il più riccamente indiziario di quel conflitto. La decodificazione del conflitto avrebbe di conseguenza richiesto di interrogarsi, di volta in volta, sul carattere umanizzante o alienante dei doveri sociali, vale a dire della cultura, e complementarmente sul carattere rivendicativo di libertà o dereistico dei bisogni e delle aspettative individuali.
Adottando la formula per cui il sogno rappresenta l'appagamento di un desiderio Freud ingabbia la teoria dell'inconscio in uno schema che consente di attribuire ad esso una comprensibilità e una logica da sempre negate, ma preclude la possibilità di coglierne la struttura che è univocamente riferita al conflitto tra adattamento sociale e individuazione, necessità di essere per gli altri e rivendicazione di libertà personale. Tale struttura è più vicina alla natura umana rispetto alla coscienza, e rivela il sottofondo proprio di ogni esperienza soggettiva, come pure di ogni cultura.
La ristrettezza di quella formula non è ignota a Freud, per quanto egli si impegni a convalidarla. Nel terzo capitolo, dedicato alla deformazione del sogno, vale a dire alla censura per cui i pensieri inconsci possono essere rappresentati solo in virtù di un travestimento che li rende, almeno in parte, accettabili alla coscienza, Freud si affanna a dimostrare che "una volta interpretati, anche i sogni penosi e angosciosi si rivelano appagamenti di desideri" (p. 132). La deformazione onirica porta a pensare che, nella strutturazione del sogno, agiscano "due forze (istanze) psichiche (corenti, sistemi), una delle quali plasma il desiderio espresso dal sogno, mentre l'altra esercita una censura su questo desiderio, provocando necessariamente una deformazione della sua espressione" (pp. 139-140). In base a quale potere funziona la seconda istanza? "Ricordando che i pensieri latenti nel sogno non sono coscienti prima dell'analisi, mentre il contenuto manifesto che da essi deriva viene ricordato coscientemente, risulta ovvio supporre che la prerogativa della seconda istanza consista appunto nel consentirne l'ammissione alla coscienza. Nulla giungerebbe alla coscienza del primo sistema che non sia passato prima attraverso la seconda istanza, mentre quest'ultima nulla lascerebbe passare senza esercitare i suoi diritti e imporre all'elemento che vuole entrare nella coscienza i mutamenti che le sono più graditi" (p. 140).
I sogni penosi attestano solo che "in ogni uomo esistono desideri che non vorrebbe comunicare agli altri e desideri che non vuole neppure confessare a se stesso" (p 153). In conseguenza di questo essi "sono così deformati, e l'appagamento del desiderio è mascherato sino al punto da essere irriconoscibile, perché esiste una ripugnanza, un'intenzione di rimozione, di fronte all'argomento del sogno o al desiderio che da esso deriva" (p. 153). Per i sogni penosi la formula dell'appagamento del desiderio va espressa nel modo seguente: "il sogno è l'appagamento (mascherato) di un desiderio (represso, rimosso)" (p. 154). Per quanto riguarda i sogni di angoscia, essi "sono sogni di contenuto sessuale, la cui libido si è trasformata in angoscia" (p. 155).
Solo nel sesto capitolo, analizzando gli stati affettivi nel sogno, Freud confessa che "esiste una categoria di sogni che hanno un particolare diritto alla definizione di "ipocriti" e che mettono a dura prova la teoria dell'appagamento di desiderio" (p. 433). Si tratta dei sogni di punizione, che vengono sbrigativamente accantonati: "A questo proposito si può ricordare che nella vita psichica esistono tendenze masochistiche" (435) che mortificano il desiderio e lo traducono nel suo contrario: "Non potrei fare obiezione se questo tipo di sogni, in quanto sogni di punizione, venissero separati dai sogni di appagamento di desiderio. Non vedrei in ciò alcuna limitazione della teoria del sogno finora sostenuta, ma semplicemente una compiacenza linguistica nei confronti di coloro cui appare strana la coincidenza degli opposti" (p.436). Il problema viene ripreso ulteriormente, e Freud infine deve riconoscere che l'ipotesi originaria va almeno riformulata: "Sogni spiacevoli possono essere anche sogni di punizione. Bisogna ammettere che, riconoscendoli come tali, si aggiunge in un certo senso qualche cosa di nuovo alla teoria del sogno. Ciò che essi appagano è sempre un desiderio inconscio, il desiderio cioè di una punizione inflitta al sognatore per un moto di desiderio illecito, rimosso. Questi sogni corrispondono all'esigenza qui sostenuta, in quanto la forza motrice che presiede alla loro formazione deve essere stata fornita da un desiderio appartenente all'inconscio. Ma un'analisi più sottile consente di riconoscere la differenza fra questi e gli altri sogni di desiderio. Nei casi del gruppo b, il desiderio inconscio formatore del sogno faceva parte del materiale rimosso; nei sogni di punizione, si tratta sempre di un desiderio inconscio, che però dobbiamo attribuire non al materiale rimosso, bensì al'"Io". I sogni di punizione indicano dunque la possibilità di una più intima partecipazione dell'Io alla formazione del sogno. Il meccanismo di questa formazione diventa in genere più trasparente, se al posto dell'antitesi "conscio"-"inconscio" si pone quella fra "Io"-"materiale rimosso"" (pp. 508-509).
All'epoca Freud non ha ancora elaborato il concetto di Super-io. L'Io in questione, come Freud aggiunge in una nota, è manifestamente il Super-io, vale a dire il rappresentante della società e della cultura nella soggettività inconscia.
Il riconoscimento che i sogni di punizione sono qualche cosa di nuovo rispetto all'ipotesi originaria viene piuttosto smorzata dal riconoscere che essi appagano comunque un desiderio inconscio. Ma si può ammettere che nell'uomo esista un tale desiderio, se con questo termine si fa riferimento a "una corrente, all'interno dell'apparato (psichico), che parte dal dispiacere e mira al piacere" (p. 545), se i desideri sono sostanzialmente espressione della "superata vita psichica infantile" (p 517), se "il bambino è assolutamente egoista, sente intensamente i suoi bisogni e, senza curarsi di altro, tende a soddisfarli" (p 233), dal che si deduce che i sogni "sono tutti assolutamente egoistici" (p. 248)? Ammettere qualcosa del genere significa attribuire comunque alla natura umana una sensibilità sociale, poiché la punizione rappresenta il riconoscimento dei diritti degli altri violati a livello di fantasia. L'alternativa ovviamente consiste nell'ammettere che, via via che la personalità cresce, i desideri originari vengono sottoposti al vaglio del Super-io, colpevolizzati e puniti. Ma, in questo secondo caso, sembra almeno azzardato parlare di un desiderio di punizione: si tratterebbe infatti di un bisogno sociale interiorizzato. Tutto si semplificherebbe se si ammettesse che, negli strati più profondi dell'inconscio, sia i diritti degli altri (vale a dire i doveri dell'individuo nei confronti degli altri) che i diritti dell'individuo (vale a dire i doveri degli altri nei suoi confronti) sono entrambi potentemente rappresentati. Ciò comporterebbe la necessità di attribuire alla natura umana due bisogni intrinseci: un bisogno di socialità e un bisogno d'individuazione. Questo assunto porterebbe a riconoscere nei sogni l'espressione di un conflitto tra bisogni che potrebbe esprimere, di volta in volta, la quota di bisogni frustrati. In questa ottica, i sogni di punizione, che sono ancora oggi quantitativamente equivalenti a quelli di appagamento di desiderio, esprimerebbero il bisogno di socialità frustrato, che si ripaga attraverso l'angoscia punitiva, mentre i sogni di appagamento di desiderio esprimerebbero il bisogno d'individuazione frustrato, che si ripaga attraverso una rivendicazione di libertà anarchica.
Fermo ideologicamente al principio di una natura fondamentalmente e radicalmente egoistica, Freud non può arrivare a questa conclusione. Quel principio pertanto lo forza a procedere verso ipotesi radicali.
La prima, che è una conseguenza della teoria dell'appagamento di desiderio, esita nell'ammissione che la matrice originaria dei sogni sia sempre da ricondurre ad eventi infantili: "Quanto più a fondo si penetra nell'analisi dei sogni, tanto più spesso si è condotti sulla traccia di vicende infantili che nel contenuto latente del sogno fungono da fonti del sogno" (p. 187). "Se mi è lecito generalizzare il mio pensiero, ogni sogno implicherebbe nel suo contenuto manifesto un collegamento con un fatto vissuto recente, mentre nel contenuto latente implicherebbe un collegamento con un fatto vissuto più remoto" (p. 205). L'ipotesi viene poi sancita come una verità di ordine assoluto: "Spesso il sogno sembra avere più di un significato; non soltanto, come mostrano gli esempi, possono trovarsi riuniti, uno accanto all'altro, vari appagamenti di desiderio; ma un significato o un appagamento di desiderio possono coprirne altri via via, sinché alla fine s'incontra l'appagamento di un desiderio della prima infanzia. E anche in questo caso ci si chiede se non sarebbe più giusto sostituire "spesso" con "regolarmente"" (p. 205).
Posta questa premessa, riesce evidente che per Freud il sogno rappresenta non solo una via privilegiata di accesso al patrimonio delle memorie e all'inconscio che le conserva, bensì anche uno strumento che consente di accedere agli aspetti arcaici della mente umana sia sotto il profilo ontogenetico che filogenetico. Tra questi aspetti, uno secondo Freud merita un rilievo particolare: quello che si può ricavare dall'analisi dei sogni tipici riguardanti la morte di persone care. Tali sogni vanno divisi in due classi : "gli uni, nei quali non si è colpiti da tristezza, tanto che al risveglio ci si meraviglia della propria insensibilità; gli altri, nei quali si prova profondo dolore per il decesso, anzi lo si manifesta durante il sonno con calde lacrime" (p. 231). I primi non possono essere considerati tipici perché analizzandoli "si trova che significano altra cosa da quel che contengono e che sono destinati a coprire qualche altro desiderio" (p. 231). Per quanto concerne i secondi, essi "significano ciò che enuncia il loro contenuto, il desiderio cioè che la persona indicata muoia" (p.232). Per dare senso a questa affermazione apodittica e del tutto contrastante con il senso comune, occorre tenere conto solo che "se qualcuno sogna, con manifestazioni di dolore, che il padre o la madre, il fratello o la sorella sono morti (ciò non significa) che ora egli ne desideri la morte. La teoria del sogno non esige tanto: si accontenta di concludere che egli - una volta, nell'infanzia - ha loro augurato la morte" (p. 232).
Il bambino, in nome del suo radicale egoismo, elimina con la fantasia tutti coloro che lo infastidiscono. Per lui, augurare la morte non ha il significato terribile che ha per gli adulti: "essere morti equivale a "essere via", non disturbare più i superstiti" (p. 237). Ora se le rivalità, le gelosie, le ostilità tra fratelli, consentono di soprendersi ben poco che si diano fantasie di morte tra di essi, "in che modo si spiega il desiderio di morte nei confronti dei genitori, che per il bambino sono i dispensatori d'amore e coloro che appagano le sue esigenze e la cui conservazione dovrebbe quindi stargli a cuore per ragioni di egoismo?" (p. 238). La risposta è univoca: "I sogni della morte dei genitori si riferiscono in grande prevalenza al genitore che ha lo stesso sesso del bambino che sogna, di modo che il maschio sogna la morte del padre, la femmina la morte della madre Grosso modo, è come se si facesse valere precocemente una predilezione sessuale, come se il bambino vedesse nel padre, la bambina nella madre, il rivale in amore, dalla cui eliminazione può derivare loro solo un vantaggio" (p. 238). E' questa la prima formulazione del complesso edipico che, come Freud annota, "ha assunto in studi successivi un grande e insospettato significato per la comprensione della storia dell'umanità e lo sviluppo della religione e della moralità" (245).
Il complesso edipico chiarisce che l'esperienza originaria del bambino è fortemente vincolata e condizionata dalla sessualità. Per questo, non c'è da sorprendersi, essendo i sogni vincolati nella loro matrice più profonda all'esperienza infantile, se i simboli che in essi vengono utilizzati sono spessissimo di natura sessuale. Freud ne fornisce un elenco parziale da pagina 325 a pagina 330, e rimanda all'Introduzione alla psicoanalisi per un'esposizione più esauriente.
E' inevitabile che queste ipotesi, correlate tra loro, portino ad una conclusione univoca: "Quanto più ci si occupa della soluzione dei sogni, tanto più si deve essere pronti a riconoscere che la maggior parte dei sogni di adulti tratta di materiale sessuale e porta a espressione desideri erotici" (p.364). "Nell'interpretazione del sogno non bisogna mai dimenticare quest'importanza dei complessi sessuali e naturalmente non bisogna neppure esagerarla fino all'esclusività" (p. 364). "L'asserzione che tutti i sogni esigono un'interpretazione sessuale - contro la quale si polemizza instancabilmente nella letteratura - è estranea alla mia Interpretazione di sogni" (p. 364).
In linea di principio, l'asserzione è vera. L'interpretazione del sogno di Irma, nonostante il simbolo della siringa si presterebbe, è di fatto fornita senza alcun riferimento alla sessualità. Ma non è meno vero che, degli oltre duecento sogni analizzati nel libro, l'80% sono interpretati in termini direttamente o indirettamente riferiti alla sessualità.
La realtà, come si è già accennato, è che, fin dai primi anni della ricerca, Freud è letteralmente irretito sia dall'idea che la mente umana riconosca una struttura stratificata evoluzionisticamente, per cui l'inconscio è arcaico, sia dalla convinzione che la psicologia, attraverso lo studio dell'inconscio, possa portare a scoprire qualche verità di ordine universale sulla natura umana. Il primo aspetto ha pesato ideologicamente inducendo a ritenere che, nell'inconscio, fossero residuati gli istinti che governano la vita degli altri animali, trasformati in pulsioni. Ciò si può ritenere smentito dal fatto che il passaggio evoluzionistico all'uomo è avvenuto sulla base di un allentamento critico degli istinti. Il secondo aspetto ha pesato ugualmente orientando Freud a scoprire nel complesso edipico il momento di transizione tra l'ordine della natura e quello della cultura, sia in riferimento alla specie che al singolo individuo. Se però si fa riferimento all'allentamento degli istinti come aspetto differenziale tra la specie umana e quella degli altri animali, è evidente che quella transizione è avvenuta nel nome non già di reprimere pulsioni incompatibili con l'assetto civile bensì in forza della necessità di incanalare l'infinita libertà conseguente a quell'allentamento.
Questa infinita libertà non è di ordine pulsionale, anche se comporta la possibilità, a livello mentale, di mettere in gioco e sovvertire tutti i valori culturali. Essa rappresenta la matrice dell'intuizione di infiniti modi di essere e di infiniti mondi possibili per l'umano, e, nello stesso tempo, di una tensione verso la differenziazione individuale. Non è sorprendente che questa libertà si mantenga viva a livello inconscio, visto che il suo definirsi ha caratterizzato l'antropogenesi, e che essa si traduca in fantasie che minacciano l'ordine della coscienza e della cultura cui essa fa riferimento, denunciandone il carattere repressivo o alienante. Che questa denuncia assuma, a livello inconscio, una configurazione anarchica (attestata dall'appagamento di desiderio), che, a sua volta, mette in moto la colpevolizzazione superegoica (attestata dai sogni di punizione), si può spiegare facilmente senza alcuna necessità di fare ricorso ad una presunta pulsione. Basta fare riferimento ad un principio - quello di ridondanza -, ignorato da Freud - in nome del quale qualunque bisogno primario, sia esso di ordine fisiologico o psicologico, viene ad essere frustrato nel suo dispiegamento, si infinitizza.
Tale principio, per assumere un valore esplicativo in rapporto al sogno e ai fenomeni psicopatologici, richiede solo di considerarne un altro: quello per cui un bisogno frustrato tende ad infinitizzarsi regressivamente, imboccando la via più semplice di appagamento offerta dai bisogni primari. E' in nome di questo principio, per esempio, che un regime di mortificazione o di "stress", che reprime la libertà individuale su piani molteplici, può tradursi in un'appetizione senza limite per il cibo. E' in nome di questo principio che una donna, ostacolata nella sua realizzazione dallo status femminile (molteplici esempi del genere sono forniti dalla casistica freudiana), può essere spinta, a livello inconscio, a rivendicare la sua libertà sotto forma di anarchia sessuale.
Se si tiene conto di questo, riesce evidente che gran parte delle interpretazioni dei sogni fornite da Freud, nonostante alcuni spunti indubbiamente suggestivi, attestano solo che la decodificazione di un materiale altamente simbolico corre sempre il rischio di trovare ciò che si cerca. Un'eccezione è rappresentata dai sogni personali di Freud che, nel loro complesso, permetterebbero di delineare una biografia interiore dell'autore forse più sottile di quella alla quale egli stesso è pervenuto. Ma non è un caso che i sogni personali sono interpretati con scarsissimi riferimenti alla sessualità. Per motivi di riservatezza senz'altro: nonché incomplete, però, le interpretazioni che vertono su motivazioni non sessuali risultano più persuasive e in una certa misura più profonde delle altre. Anche Freud ha subito, come tutti all'epoca, la repressione sessuale, ma il suo inconscio denuncia più spesso un bisogno d'individuazione e di riconoscimento sociale frustrato dal suo essere ebreo, una rabbia smisurata per le ingiustizie subite in nome di questo, e la minaccia costante di un senso di colpa per la sua temeraria e eversiva ambizione.
Se la documentazione fornita da Freud per corroborare la sua teoria del sogno è poco attendibile o comunque confutabile, in nome del fatto che i sognatori vivono tutti in un ambiente storico-culturale caratterizzato da una morale sessuale repressiva e sono, di conseguenza, quasi tutti sollecitati ad esprimere i loro bisogni frustrati attraverso la sessualità, ciò non significa però che L'interpretazione dei sogni sia un libro sostanzialmente privo di credibilità scientifica. Mettendo tra parentesi l'ossessione interpretativa freudiana, rimane il fatto che sia il concetto di inconscio che l'illuminazione delle logiche che lo animano e sono rese visibili dall'attività onirica rappresentano una delle conquiste più elevate del pensiero umano. Per essere pienamente apprezzata, questa conquista va analizzata con cura nei suoi diversi aspetti.
Il primo concerne il rapporto tra inconscio e memorie. L'inconscio, alla luce dell'analisi, risulta essere una miniera praticamente inesauribile di ricordi. Qualcosa del genere era stato già intuito. Nel primo capitolo, passando in rassegna la letteratura, Freud cita una frase di Scholtz ("nulla di ciò che una volta abbiamo posseduto intellettualmente può andare del tutto perduto" p. 28) e un'analoga affermazione di Delboef ("ogni impressione, anche la più insignificante, lascia una traccia inalterabile, capace all'infinito di ricomparire" p. 28). Ma l'analisi non si limita solo a confermare l'entità del patrimonio mnesico inconscio ("I nostri ricordi, non esclusi quelli più profondamente impressi in noi, sono di per sé inconsci. Possono essere resi coscienti, ma non v'è dubbio che essi sviluppano tutti i loro effetti nello stato inconscio" p. 493). Essa consente anche di rilevare che tale patrimonio, come peraltro Freud ha già scritto negli Studi sull'isteria, è organizzato in catene complesse, stratificate, ramificate, che riconoscono comunque dei nodi, riferiti ad eventi o insiemi di ebventi particolarmente significativi. Si tratta dunque di un sistema in senso proprio, le cui parti (gli elementi mnesici) sono correlate e riconoscono un qualche ordinamento.
Nessuno, ovviamente, ha mai dubitato dell'importanza psicologica delle memorie. Tradizionalmente però si riteneva che le memorie rappresentassero degli archivi a cui la coscienza poteva, in una certa misura, attingere, rimanendo comunque vincolata e calata nel presente. Ciò che l'analisi dei sogni consente a Freud di scoprire è la quantità smisurata di memorie depositate a livello inconscio e il loro significato dinamico, vale a dire la loro onnipresenza e incidenza a livello di coscienza. Lo scarto che questa crea tra presente e passato è, a livello inconscio, inesistente. Il presente è costantemente una ricapitolazione del passato. Non per caso, Edelman, pur senza avere mai espresso giudizi sulla psicoanalisi, ha titolato un suo libro come "Il presente ricordato".
Se la quantità e l'incidenza dinamica delle memorie nel modo di essere della coscienza è fuori di dubbio, c'è da chiedersi però se il nesso tra presente e passato è univoco o dialettico. Freud lo definisce come univoco, ammettendo che i ricordi, una volta registrati, si mantengono vivi e fissi fuori del tempo. Ci può essere qualcosa di vero in questo, tenendo conto che un vecchio di ottant'anni può sognare l'amichetto di banco della prima elementare e ridargli vita. Il quantum di emozionalità associato alle memorie può senz'altro giustificare la loro permanenza a livello inconscio nel corso del tempo. Ma è pur vero: primo, che le memorie corrispondono al modo in cui il soggetto ha interpretato gli eventi nel momento in cui questi sono accaduti e sono stati registrati; secondo, che il presente induce di continuo una ristrutturazione del capitale mnesico, in parte a livello cosciente, in parte a livello inconscio. Se le memorie mantengono una straordinaria importanza nell'assetto della personalità, che letteralmente galleggia e naviga su di esse, non c'è dubbio che il loro ripescaggio a livello analitico, attraverso i sogni, i sintomi e i vissuti, non possa prescindere dagli strumenti interpretativi in virtù dei quali esse sono state registrate e dal lavoro di ristrutturazione intervenuto successivamente.
E' strano che Freud, che già si è imbattuto nei falsi ricordi di violenza sessuale infantile riferiti dagli isterici, non si renda conto di questo. Strano ma comprensibile. Ricostruendo, attraverso le memorie oniriche, il passato individuale, egli è letteralmente preda dell'ossessione per cui l'arcaico individuale riflette l'arcaico filogenetico, ed apre dunque uno spiraglio sulla natura umana in sé e per sé. Se egli ammettesse che memorie di questo genere, espressive immediatamente della natura umana e del tutto indipendenti dalla cultura, non esistono, l'obbiettivo che persegue risulterrebbe compromesso. Potrebbe casomai capire che i falsi ricordi degli isterici sono tali nei contenuti sessuali, ma non nelle loro matrici, che sono da ricondurre a violenze psicologiche realmente subite e interpretate come se esse fossero state perpetarate sul corpo. Ma è proprio questo che Freud rifiuta: che l'inconscio, come nel suo caso, serbi tenacemente ricordi riferiti alla violenza, anche inconsapevole, della cultura sulla natura umana, e che la rivendicazione "pulsionale" che lo anima fa riferimento piuttosto alla dignità, alla giustizia, alla libertà e alla felicità che non al desiderio sessuale.
Freud interroga dunque l'inconscio alla ricerca della chiave univoca che confermi il suo presupposto ideologico, pregiudiziale, sulla natura umana. Nell'interrogarlo attraverso i sogni, egli si imbatte nelle logiche radicalmente diverse rispetto a quelle della coscienza che lo caratterizzano. E' questo indubbiamente l'aspetto in assoluto più rilevante epistemologicamente de L'Interpretazione dei sogni. Per valutarlo appieno criticamente, occorre però seguire il discorso freudiano.
Attraverso l'interpretazione dl sogno di Irma, Freud è giunto ad una conclusione univoca secondo la quale "il sogno è un fenomeno psichico pienamente valido e precisamente l'appagamento di un desiderio; va inserito nel contesto delle azioni psichiche della veglia, a noi comprensibili; è frutto di un'attività mentale molto intensa" (p. 121). Posto ciò, si tratta di capire: primo, perché l'apparenza del sogno non lascia immediatamente trasparire il desiderio il cui appagamento ne rappresenta la matrice; secondo, qual è il tipo di attività mentale che lo produce.
Data la conclusione cui Freud è già arrivato, la risposta al primo problema è scontata e riduttiva: "la nostra teoria non si basa sulla valutazione del contenuto manifesto, ma si basa sul contenuto di pensieri che il lavoro d'intepretazione riconosce dietro il sogno. Noi contrapponiamo contenuto manifesto a contenuto latente" (p. 132). Il contenuto manifesto è sempre più o meno deformato rispetto a quello latente. La spiegazione della deformazione va ricondotta ad una difesa: "Dove l'appagamento di desiderio è irriconoscibile, dove è travestito, là dovrebbe esistere una tendenza alla difesa contro il desiderio, e in seguito a questa difesa il desiderio non potrebbe esprimersi se non deformato" (p 138). Occorre dunque "supporre, come cause della strutturazione del sogno, due forze (istanze) psichiche (correnti, sistemi), una delle quali plasma il desiderio espresso dal sogno, mentre l'altra esercita una censura su questo desiderio, provocando necessariamente una deformazione della sua espressione" (p. 140). La prima istanza, per Freud, fa riferimento allo strato più profondo dell'inconscio, laddove si muovono desideri che tendono ciecamente ad esprimersi. La censura è invece dovuta al preconscio, laddove si danno criteri più o meno integrati con la moralità e la cultura della coscienza, e si realizza in virtù del fatto che "in ogni uomo esistono desideri che non vorrebbe comunicare agli altri e desideri che non vuole neppure confessare a se stesso" (p. 153). In conseguenza di questo "l'appagamento del desiderio è mascherato sino al punto di essere irriconoscibile, perchè esiste una ripugnanza, un'intenzione di rimozione, di fronte all'argomento del sogno o al desiderio che da esso deriva" (p. 153).
Ignorando il principio di ridondanza e quello, ad esso correlato, della regressione del desiderio, Freud non ha dubbi che ciò che viene censurato sia di fatto inconfessabile e riprovevole. Il fondamento di questa convinzione è fornito dall'analisi che egli fa delle fonti del sogno, che sono sempre due: la prima, che funziona attivando il sogno, è recente ("in ogni sogno è possibile trovare un collegamento con le vicende del giorno prima" p. 158, sia reali che mentali); la seconda, più importante, che viene evocata dalla prima riguarda costantemente "impressioni appartenenti alla primissima infanzia, delle quali la memoria vigile non sembra disporre" (p. 179). Secondo Freud "l'analisi ci dimostra che il desiderio stesso che provoca il sogno - rappresentazione dell'appagamento di quel desiderio - ha origine nella vita infantile, per cui abbiamo la sorpresa di ritrovare nel sogno il bambino che continua a vivere con i suoi impulsi" (p. 181). Si tratta degli impulsi primitivi, ancestrali, anarchici, egoistici propri della psicologia infantile, nei quali si esprime il fondo arcaico della natura umana, e controllando i quali la coscienza raggiunge uno statuto compatibile con la vita di relazione sociale. Insomma, il solito circolo vizioso in conseguenza del quale le capacità intuitive, l'onestà intellettuale e la genialità creativa di Freud rimangono mortificate.
Fatta eccezione per il sottocapitolo E, dedicato alla rappresentazione per simboli, il capitolo sesto, dedicato al lavoro onirico, è il più importante del libro. Il compito che in esso Freud affronta è quello "di esaminare i rapporti tra contenuto manifesto e pensieri onirici latenti e di indagare per quali processi da questi ultimi abbia a risultare il primo" (p. 257). Il lavoro del sogno consiste appunto nel produrre il contenuto manifesto, vale a dire nell'operare "una traduzione dei pensieri del sogno in un altro modo di espressione, di cui dobbiamo imparare a conoscere segni e regole sintattiche, confrontando l'originale con la traduzione" (p. 257).
Posto che l'originale, per i motivi esposti in precedenza, non è detto che si riduca a ciò che Freud ritiene essere - un insieme di desideri inconfessabili, in gran parte sessuali e comunque disdicevoli -, l'illuminazione della logiche affatto particolari che vigono a livello inconscio è di straordinaria importanza.
Quattro fattori concorrono alla formazione del sogno: la condensazione, lo spostamento, la considerazione della raffigurabilità e l'elaborazione secondaria.
La condensazione è un fattore immediatamente evidente: "La prima cosa che appare chiara a chi confronti contenuto e pensieri del sogno è che è stato fatto un enorme lavoro di condensazione. Il sogno è scarno, misero, laconico, in confronto alla mole e alla ricchezza dei pensieri del sogno" (p. 259). Tenendo conto che anche le interpretazioni più approfondite lasciano intuire qualche altro significato che potrebbe celarsi dietro i contenuti manifesti, risulta chiaro che "la quota di condensazione è - a stretto rigore - indeterminabile" (p. 259). In virtù della condensazione, "le intensità delle singole rappresentazioni diventano capaci di defluire nella loro totalità e passano da una rappresentazione all'altra, di modo che si formano singole rappresentazioni dotate di grande intensità. Ripetendosi più volte il processo, l'intensità di tutta una serie di pensieri può infine trovarsi raccolta in un unico elemento rappresentativo" (p. 542). In conseguenza della condensazione "ogni elemento del contenuto onirico si rivela come "sovradeterminato", come rappresentato più volte nei pensieri del sogno" (p. 263). "Non solo gli elementi del sogno sono più volte determinati dai pensieri del medesimo, ma anche i singoli pensieri sono rappresentati nel sogno da più elementi. Il percorso delle associazioni conduce da un elemento del sogno a più pensieri del medesimo, da un pensiero a più elementi" (p. 263).
Il secondo fattore è lo spostamento, in virtù del quale "ciò che nei pensieri del sogno è palesemente il contenuto essenziale, non viene necessariamente rappresentato nel sogno. Il sogno è per così dire diversamente centrato: il suo contenuto è imperniato su altri elementi, diversi dai pensieri del sogno" (p. 282). Ciò significa che "nel lavoro onirico si manifesta una forza psichica che da un lato spoglia della loro intensità gli elementi dotati di alto valore psichico e dall'altro crea, dagli elementi di minor valore, mediante la sovradeterminazione, nuovi valori che giungono poi nel contenuto del sogno. Se le cose stanno in questo modo, nella formazione del sogno hanno luogo una traslazione e uno spostamento delle intensità psichiche dei singoli elementi, donde deriva la differenza esistente tra il testo del contenuto e quello dei pensieri del sogno. Il processo che qui supponiamo è addirittura la parte essenziale del lavoro onirico: esso merita il nome di spostamento onirico" (p. 284). "Il risultato di questo spostamento è che il contenuto onirico non somiglia più al nucleo dei pensieri del sogno e che il sogno riflette soltanto una deformazione del desiderio onirico esistente nell'inconscio" (p. 283).
Se i contenuti latenti del sogno sono "un complesso di pensieri e di ricordi, di intricatissima struttura, con tutte le caratteristiche delle successioni di idee che ci sono note dalla veglia" (p. 287), e se "tutta la massa di questi pensieri del sogno soggiace alla pressione del lavoro onirico - per cui le singole parti vengono girate, frammentate, accostate, pressapoco come del ghiaccio galleggiante - allora sorge la domanda: che ne è dei legami logici, che sino a quel momento formavano la struttura? In che modo vengono raffigurati nel sogno i "se", perchè, come se, benché, o-o" e tutte le altre preposizioni senza le quali non possiamo comprendere una frase o un discorso?" (pp. 287-288). La risposta di ordine generale è che "il sogno non dispone di alcun mezzo per raffigurare le relazioni logiche esistenti" (p. 288). Esso "rende giustizia al nesso, che innegabilmente esiste fra tutti i brani dei pensieri del sogno, riassumendo questo materiale in una singola situazione o avvenimento. Il sogno riproduce un nesso logico come simultaneità" (p. 289).
I nessi causali vengono raffigurati o "nel porre la proposizione secondaria come sogno preliminare e aggiungere quindi la proposizione principale come sogno principale" (p. 290) o attraverso la "trasformazione durante il sogno di un'immagine, sia di persona sia di oggetto, in un'altra" (p.291). L'alternativa "o-o" non può essere espressa nel sogno: "esso di solito ne accoglie i termini in un nesso, come fossero equivalenti" (p.291). Quanto al contrasto e alla contraddizione, "questa viene semplicemente trascurata, i "no" sembra non esistere per il sogno. I contrasti vengono riuniti con singolare predilezione in unità o rappresentati insieme. Inoltre il sogno si prende anche la libertà di rappresentare qualsiasi elemento con il suo desiderio antitetico" (p. 293). In virtù dell'inversione, in realtà, una qualche capasità di esprimere il contrasto si esprime nel sogno. Tra le relazioni logiche, "una sola si avvantaggia straordinariamente del meccanismo di formazione del sogno. E' la relazione della somiglianza, della concordanza, della connessione, il come se, che a differenza di tutte le altre può essere raffigurata nel sogno con molteplici mezzi" (p. 294), e in particolare "per concentrazione in un'unità che è già presente nel materiale onirico oppure viene creata ex-novo. Il primo caso può essere definito identificazione, il secondo formazione mista. L'identificazione viene applicata nel caso di persone; la formazione mista, nel caso in cui siano cose a comporre il materiale della mescolanza, per quanto si diano anche formazioni miste di persone" (p. 295).
I mezzi espressivi di cui si serve il sogno sono le parole e le immagini. Sia le une che le altre sono selezionate in base alla loro capacità espressiva. Per quanto riguarda le parole, ciò significa che si realizza spesso uno spostamento, uno scambio dell'espressione linguistica del pensiero corrispondente: "Lo spostamento avviene di regola nel senso che un'espressione incolore e astratta del pensiero onirico viene scambiata con un'altra, plastica e concreta" (p. 312). In conseguenza di questo, "tutto il campo dei giochi di parole viene così posto al servizio del lavoro onirico Come punto nodale di molteplici rappresentazioni, la parola è, per così dire, un polisenso predestinato" (p. 313).
Con la condensazione e lo spostamento, la raffigurazione attraverso immagini rappresenta il terzo fattore determinante nella formazione del sogno. La capacità del sogno di rappresentare sotto forma di immagini pensieri anche complessi non implica però "alcuna particolare attività di simbolizzazione da parte della psiche, nel lavoro onirico; il sogno si serve delle simbolizzazioni già pronte nel pensiero inconscio" (p. 321).
La formazione dei sogni si avvale costantemente dell'uso dei simboli. Questi in parte si presentano come "i segni della stenografia, con un significato fissato una volta per sempre" (p. 323) in quanto essi appartengono, prima che al sogno, "alla rappresentazione inconscia, soprattutto del popolo" (p.323) tal che essi si ritrovano nel folklore, nei miti, nelle leggende, nelle locuzioni, nella saggezza dei proverbi e nelle battute popolari correnti" (p.323); in parte, sono creati ex-novo, attestando una creatività dell'inconscio che ha raro riscontro nella coscienza. Purtroppo, nell'esemplificazione, come già accennato, Freud si limita quasi esclusivamente alla simbologia sessuale.
Un aspetto particolare del sogno è legato al rapporto tra i contenuti rappresentati e gli affetti: "L'analisi ci insegna che i contenuti rappresentativi hanno subito spostamenti e sostituzioni, mentre gli affetti sono rimasti fissi. Non c'è dunque da meravigliarsi se il contenuto rappresentativo, trasformato dalla deformazione onirica, non concorda più con l'affetto rimasto intatto" (pp. 422-423). "in molti sogni l'affetto rimane quanto meno collegato col contenuto rappresentativo che ha sostituito quello che gli era pertinente. In altri, la dissoluzione del complesso procede oltre. L'affetto appare completamente slegato dalla rappresentazione corrispondente e si trova collegato in qualche altro punto del sogno, dove esso ben si inserisce nel nuovo ordinamento degli elementi onirici" (p. 424). Oltre che slegato, l'affetto nel sogno appare anche sistematicamente impoverito ("Il sogno è in generale più povero di affetti del materiale psichico, dalla cui elaborazione trae origine Per mezzo del lavoro onirico, viene raggiunta una repressione degli stati affettivi" (p. 427), o trasformato nel suo contrario.
Il quarto fattore determinante nella formazione del sogno è l'elaborazione secondaria, resa evidente dal fatto che "non tutto ciò che è contenuto nel sogno proviene dal pensiero del medesimo" (p. 448): "una funzione psichica, non dissimile dal nostro pensiero vigile, può contribuire al contenuto onirico " (p. 448). Tale funzione "procede come il filosofo nella maliziosa asserzione del poeta: con le sue pezze e le sue toppe tura le lacune esistenti nella struttura del sogno. Il suo sforzo fa sì che il sogno perda l'apparenza dell'assurdità e dell'incoerenza e si avvicini al modello di un'esperienza comprensibile" (449). A tale fine, essa si avvale di una facoltà - la fantasia - in virtù della quale "cerca di plasmare, a partire dal materiale offertogli, qualche cosa come un sogno ad occhi aperti" (p. 451).
Alla fine del capitolo sul lavoro onirico, dedicato all'analisi dei quattro fattori determinanti la formazione del sogno, Freud ne fornisce una sintesi in questi termini: "Nella formazione del sogno, il lavoro psichico si scompone in due operazioni: produzione dei pensieri del sogno, e loro trasformazione in contenuto del sogno. I pensieri del sogno sono formati in modo perfettamente corretto e con tutta l'energia psichica di cui siamo capaci: appartengono al pensiero che non è divenuto cosciente, dal quale derivano, attraverso una determinata trasformazione, anche i pensieri coscienti L'altra parte del lavoro, invece, l'operazione che trasforma i pensieri inconsci in contenuto onirico, è peculiare e tipica della vita del sogno. Ora questo lavoro onirico vero e proprio si stacca dal modello del pensiero vigile molto più di quanto abbiano supposto perfino i denigratori più accesi dell'opera della psiche enella creazione del sogno. Non che esso sia più sciatto, più scorretto, più smemorato, più incompleto del pensiero vigile: è qualcosa di interamente diverso qualitativamente, e perciò non immediatamente confrontabile con esso. Non pensa, non calcola, non giudica affatto. E' possibile farne una descrizione esauriente, tenendo presenti le circostanze cui deve sottostare la sua creazione, Questo prodotto, il sogno, dev'essere anzitutto sottratto alla censura e a questo scopo il lavoro onirico si serve dello spostamento delle intensità psichiche, fino alla trasmutazione di tutti i valori psichici; i pensieri devono essere resi, esclusivamente o prevalentemente, come tracce mnesiche visive o acustiche e da questa esigenza sorge per il lavoro onirico la considerazione della raffigurabilità, cui esso risponde con nuovi spostamenti. Debbono essere prodotte, probabilmente, intensità maggiori di quelle che sono a disposizione di notte nel sogno e a questo scopo serve la intensa condensazione cui vengono sottoposti gli elementi di questi pensieri. Scarsa considerazione tocca poi alle relazioni logiche del materiale ideativo; alla fine esse trovano una velata rappresentazione nelle peculiarità formali dei sogni. Gli stati affettivi dei pensieri del sogno sottostanno a mutamenti minori di quelli del loro contenuto rappresentativo. Di regola, vengono repressi; se permangono, vengono staccati dalle rappresentazioni e connessi secondo la loro affinità. Soltanto una porzione del lavoro onirico, la rielaborazione - di misura variabile - effettuata dal pensiero vigile parzialmente desto, si adatta grosso modo alla concezione che gli studiosi hanno voluto far valere per l'intera attività della formazione del sogno" (pp. 462-464).
Questa sintesi allude chiaramente all'inconscio come ad un sistema mentale retto da regole logiche diverse rispetto a quelle che vigono a livello cosciente. Un sistema mentale, su cui la coscienza galleggia, ricco e articolato al punto che, nel capitolo finale del libro, Freud scrive: "La rinuncia alla sopravvalutazione della quantità di coscienza diventa condizione prima indispensabile per qualsiasi visione esatta dello svolgimento dello psichico L'inconscio è il cerchio maggiore che racchiude in sé quello minore del conscio; tutto ciò che è conscio ha un gradino preliminare inconscio, mentre l'inconscio può restare fermo a questo gradino e pretendere tuttavia al pieno valore di prestazione psichica. L'inconscio è lo psichico reale nel vero senso della parola, altrettanto sconosciuto nella sua matura più intima quanto lo è la realtà del mondo esterno, e a noi presentato dai dati della coscienza in modo altrettanto incompleto, quanto il mondo esterno dalle indicazioni dei nostri organi di senso" (p. 557).
L'esistenza dell'inconscio e di logiche ad esso proprie diverse rispetto a quelle della coscienza si può ritenere un fatto indubbio. Un discorso critico sulla natura e sulla funzione dell'inconscio, nonché delle logiche che lo governano, non può prescindere però da due considerazioni. La prima riguarda il fatto che il lavoro onirico, come peraltro Freud chiarisce in più momenti, è il prodotto dell'interazione tra contenuti inconsci che tendono ad esprimersi e istanze censorie preconscie che ne ostacolano l'espressione. Dato che il preconscio veicola alcune esigenze proprie della coscienza e della cultura, la deformazione onirica non va posta a carico dell'inconscio ma del bisogno di coesione e di coerenza proprio della coscienza. A livello onirico, come peraltro a livello psicopatologico, l'inconscio invia messaggi che vengono distorti nel primo caso e male interpretati nel secondo.
Messaggi inaccettabili perché pulsionali? Se si fa riferimento ai sintomi psicopatologici, si è spinti a dire di no. Si tratta di messaggi che attestano la necessità di un'organizzazione della coscienza più adeguata in rapporto al patrimonio delle memorie inconsce e ai bisogni autentici del soggetto. Ma - si dirà - il sogno è un fenomeno normale, psicofisiologicamente necessario. Si può dunque pensare che esso normalmente serva a fare circolare contenuti che, altrimenti, si estinguerebbero, e a mantenere un certo grado di plasticità delle strutture neuronali, nell'attesa che la coscienza si apra ad un rapporto più integrato e dialettico con il suo patrimonio mnesico.
Nonché una dimensione meramente pulsionale, l'inconscio rappresenterebbe dunque il depositario dei bisogni intrinseci - di appartenenza e d'individuazione - e premerebbe sulla coscienza per assicurare ad essa un'evoluzione sia nella direzione sociale che in quella della differenziazione individuale. Un conflitto tra questi bisogni, che viene registrato a livello inconscio sempre in anticipo rispetto alla coscienza, si riflette in sogni di rivendicazione della libertà frustrata dalla socializzazione e in sogni di colpa e di autopunizione, così come in sintomi che hanno lo stesso significato.
Il collo di bottiglia rappresentato dal preconscio e dalla coscienza rispetto all'emergenza dei contenuti inconsci non va considerato però solo come effetto di una repressione. Se il patrimonio praticamente infinito delle memorie inconsce si riversasse nella coscienza la conseguenza sarebbe uno stato confusionale permanente. Lo scarto qualitativo tra coscienza e inconscio è da ricondurre al fatto che la coscienza ha un'organizzazione analitica, lineare, mentre l'inconscio riconosce un'organizzazione sintetica e sistemica: i contenuti inconsci sono condensati e correlati secondo nessi infiniti.
Una teoria moderna dell'inconscio non può prescindere dal fatto che la natura, creando un congegno capace di registrare infinite memorie, ha corredato la mente umana di potenzialità che non possono essere utilizzate che parzialmente. L'inconscio è un universo che non sarà mai possibile conoscere pienamente. Basterebbe recepire i suoi messaggi come indizi non già di pulsioni, bensì di sollecitazioni ad allargare e plasticizzare l'organizzazione della coscienza.