1.
Nel 1932 Freud sente il bisogno di tornare sulla sua opere più compiuta, L'introduzione allo studio della psicoanalisi, per integrarla con le nuove scoperte effettuate successivamente. A tal fine, egli scrive una nuova serie di lezioni numerate come un appendice della opera più antica. La forma colloquiale è fittizia: le lezioni non saranno mai pronunciate di fronte ad un pubblico. Probabilmente l'éscamotage è dovuto al fatto che Freud si rende conto che quella forma gli è congeniale: mettendosi nei panni di ascoltatori interessati ma, per dir così, non di mestiere, egli può far sue le loro obbiezioni, i dubbi, le perplessità, e procedere nell'esposizione e nelle argomentazioni in maniera socratica.
E' evidente che l'interesse maggiore di Freud sta nell'illustrare il punto di vista strutturale sulla personalità umana e nel definire perentoriamente l'esistenza e il ruolo psicodinamico della pulsione di morte. Entrambi questi aspetti sono stati teorizzati infatti a distanza di alcuni anni dalla prima serie di lezioni.
Il punto di vista strutturale, come ormai noto, identifica nella personalità tre istanze, parti o funzioni fondamentali: l'Es, l'Io e il Super-Io. Per quanto quest'ultima sia stata "scoperta" tardivamente, a partire dal 1920, essa ha catturato l'attenzione di Freud e ha assunto un significato essenziale nel suo sistema teorico: "Da quando ho concepito l'idea che la separazione di una parte dal resto dell'Io potrebbe essere un tratto regolare nella struttura dell'Io, quest'idea non mi ha più abbandonato e mi ha spinto ad indagare gli ulteriori caratteri e relazioni di questa istanza in tal modo separatasi" (p. 172).
Sulla genesi del Super-io, Freud non ha dubbi: "La funzione che più tardi assume il Super-io viene prima svolta da un potere esterno, dall'autorità dei genitori. I genitori esercitano il loro influsso e governano il bambino mediante la concessione di prove d'amore e la minaccia di castichi; questi ultimi dimostrano al bambino la perdita dell'amore e sono quindi temuti per se stessi. Questa angoscia reale precorre la futura angoscia morale; finché essa domina, non c'è bisogno di parlare di Super-Io e di coscienza morale. Solo in seguito si sviluppa la situazione secondaria - che noi siamo disposti a ritenere quella normale -in cui l'impedimento esterno viene interiorizzato e al posto dell'istanza parentale subentra il Super-Io, il quale ora osserva, guida e minaccia l'Io, esattamente come prima facevano i genitori col bambino" (pp. 174 - 175).
Il fondamento del Super-Io è dunque l'identificazione originaria del bambino con i genitori: un'identificazione fondata sull'amore e sulla soggezione che viene ad un certo punto ad urtare contro il complesso edipico. Il superamento del complesso edipico fa sì che il Super-Io giunge a rappresentare l'erede del rapporto originario con i genitori. Occorre anche tenere conto che "nel corso dello sviluppo il Suepr-Io accoglie anche gli influssi di quelle persone che sono subentrate al posto dei genitori, cioè educatori, insegnanti e modelli ideali. Normalmente esso si allontana sempre più dalle individualità originarie dei genitori, diventa per così dire più impersonale" (p. 177).
Ma che cosa infine viene di fatto interiorizzato? A riguardo Freud fa una notazione di straordinario interesse: "Di solito i genitori e le autorità analoghe seguono, nell'educazione del bambino, i precetti del proprio Super-Io Così, in realtà. Il Super-Io del bambino non viene costruito secondo il modello dei genitori, ma su quello del loro Super-Io; si riempie dello stesso contenuto, diventa il veicolo della tradizione, di tutti i giudizi di valore imperituri che per questa via si sono trasmessi di generazione in generazione L'umanità non vive interamente nel presente: il passato, la tradizione della razza e quella del popolo, che solo lentamente cedono alle influenze del presente, a nuovi cambiamenti, sopravvivono nelle ideologie del Super-Io e, finché agiscono per mezzo di esso, hanno nella vita umana una parte possente" (pp. 178 - 180). Se a questo si aggiunge "la scoperta, in effetti scomoda, che anche zone dell'Io e del Super-Io sono inconsce nel senso dinamico", la teoria del Super-Io giunge ad avere una grande complessità e ad esercitare una grande suggestione.
Se, infatti, si mette tra parentesi l'ipotesi del parricidio originario e dell'Edipo, che Freud peraltro ritiene indispensabili al fine di giustificare la nascita della moralità da uno scontro implacabile tra la natura umana pulsionale e la cultura, Il Super-Io diventa per un verso uno stratagemma fondamentale alla replicazione culturale, per un altro un'istanza che si modella sulla base del Super-Io genitoriale anche nei suoi aspetti inconsci, e infine un meccanismo potentissimo di conservazione dei valori culturali: in breve, una funzione che attesta il primato del sociale nella mente umana e lega immediatamente l'esperienza di un qualunque soggetto alla storia sociale. Se si considerano questi aspetti, che sono al centro di tutti i miei scritti, ci si può chiedere in quale misura sia possibile ignorare che l'interiorizzazione del Super-Io e la sua persistente influenza nella vita mentale individuale riesce letteralmente incomprensibile se non si ammette un bisogno sociale che ne consente l'attecchimento.
En passant, è importante aggiungere che l'essere rimasta ferma la psicoanalisi ortodossa alla teoria freudiana del Super-Io ha comportato delle conseguenze teoriche di grande importanza. Venuto meno il principio di autorità e la società repressiva e gerarchica in cui s'incarnava, in breve liberalizzatisi i costumi e le pratiche educative, parecchi analisti sono stati spinti a sostenere che il ruolo del Super-Io a livello soggettivo, e particolarmente giovanile, si sarebbe di gran lunga ridotto. Esso residuerebbe solo come istanza che permette il superamento del complesso edipico. Si tratta di un arretramento teorico che impedisce di capire molti aspetti della psicopatologia giovanile che, esplorata alla luce di una nuova teoria del Super-Io, pone in luce, oggi con maggiore evidenza che in passato, il primato dinamico del sociale nell'organizzazione della soggettività.
Riguardo alle altre due istanze, l'Es e l'Io, Freud non dice nulla più di quanto abbia già detto in opere precedenti. Rimane fermo il fatto che nell'Es non si dà altro che "investimenti pulsionali che esigono la scarica" (p. 186), che l'Io si differenzia dall'Es in virtù del suo contatto con il mondo esterno che lo civilizza ("Per dirla alla buona, l'Io è il paladino, nella vita psichica, dell'avvedutezza e della ragionevolezza, l'Es rappresenta invece le passioni sfrenate" (p. 188), che "il rapporto dell'Io con l'Es potrebbe essere paragonato a quello del cavaliere con il suo cavallo. Il cavallo dà l'energia per la locomozione, il cavaliere ha il privilegio di determinare la meta, di dirigere il movimento del poderoso animale. Ma tra l'Io e l'Es si verifica troppo spesso il caso, per nulla ideale, che il cavaliere si limiti il destriero laddove quello ha scelto di andare" (p. 188). Sicché il povero Io "è costretto a servire tre severissimi padroni, deve sforzarsi di mettere d'accordo le loro esigenze e le loro pretese I tre tiranni sono: il mondo esterno, il Super-Io e l'Es" (p. 188).
2.
Nel capitolo 32, dedicato a Angoscia e vita pulsionale, il discorso viene ripreso: "abbiamo accolto come un'auspicata corrispondenza il fatto che le tre principali forme d'angoscia - l'angoscia reale, quella nevrotica e quella morale -possano essere messe in relazione senza sforzo con le tre forme di dipendenza dell'Io: dal mondo esterno, dall'Es e dal Super-Io" (p. 195).
La tirannia dell'Es è dovuta alla sua costituzione ciecamente pulsionale, riconducibile a "due specie essenzialmente diverse di pulsioni: quelle sessuali, intese nel senso più ampio - l'Eros, se preferite questa denominazione, - e quelle aggressive, la cui meta è la distruzione" (p. 211). L'esistenza della pulsione di morte appare ormai a Freud a tal punto indubitabile che egli ritiene illusorio ogni tentativo di negare questa verità: "la fede nella bontà dell'umana natura è una di quelle tristi illusioni da cui gli uomini si aspettano che la loro vita risulti abbellita e alleviata, mentre in realtà non provocano che danni" (p. 212).
Il mondo esterno è, però, troppo esigente nei confronti delle spinte pulsionali verso la felicità: "Abbiamo preso l'abitudine di dire che la nostra civiltà è costituita a spese di tendenze sessuali che la società inibisce, che vengono in parte rimosse, e che però sono rese parzialemnte utilizzabili per nuove mete. Siamo ormai d'accordo che, nonostante l'orgoglio per le nostre conquiste civili sia grande,, non c riesce facile assolvere le richieste di questa civiltà, sentirci a nostro agio in essa, perché lelimitazioni pulsionali imposteci significano per noi un grave onere psichico. Ebbene, ciò che abbiamo riconosciuto valido per le pulsioni sessuali vale in uguale e forse maggiore misura per le altre pulsioni, quelle aggressive. Sono queste soprattutto che rendono difficile la convivenza degli uomini e che ne minacciano la continuità; la limitazione della propria aggressività è il primo e forse più difficile sacrificio che la società deve esigere dal singolo. L'istituzione del Super-Io, che attira su sé i pericolosi impulsi aggressivi, introduce in certo qual modo un presidio nei luoghi ove ribolle la sommossa. Per contro, da un punto di vista puramente psicologico, si deve riconoscere che l'Io non si sente a suo agio quando viene così sacrificato ai bisogni della società, quando deve sottomettersi alle tendenze distruttive dell'aggressività, che avrebbe volentieri esercitato contro gli altri" (p. 218).
La dipendenza dal Super-Io è attestata dai sensi di colpa, tanto più temibili quanto più essi si traducono spesso in un bisogno di punizione difficile da sormontare. Freud dichiara onestamente d'avere scoperto questo aspetto con una certa sorpresa. La sopresa non è tanto da ricondurre alla presa d'atto che il bisogno inconscio di punizione è "implicato in ogni affezione nevrotica" (p. 216), ma all'ostacolo che esso oppone al trattamento analitico: esso, infatti, e "il peggior nemico dei nostri sforzi terapeutici" (p. 216) in quanto "viene soddisfatto dalla sofferenza collegata alla nevrosi, e per questo si tiene aggrappato alla malattia" (p. 216).
Il masochismo morale scoperto da Freud, di fatto, si è posto sempre e continua a porsi come un ostacolo insormontabile per la psicoanalisi ortodossa, che giustifica il protrarsi nel corso degli anni del trattamento e i suoi esiti sostanzialmente deludenti. Non c'è da sorprendersi di questo. La teorizzazione di Freud a riguardo, secondo la quale il Super-Io si fa carico e agisce contro l'Io l'aggressività inibita, è logicamente coerente con l'ipotesi della pulsione di morte ma psicologicamente e culturalmente poco o punto credibile. Se egli non fosse stato accecato dal pregiudizio, non avrebbe avuto difficoltà a capire il senso del paradosso per cui persone che in genere agiscono un tasso di aggressività inferiore alla media passano la vita a soffrire e a punirsi di colpe non commesse. Che cosa non si perdonano se non di essere, per qualche aspetto, in guerra con il mondo? Se questo è vero, che cos'altro significa se non che il bisogno sociale è un bisogno primario della natura umana?
Nel capitolo finale, Freud dichiara la sua adesione alla Weltaschauung scientifica contro la religione e l'utopia (del marxismo). Il problema è che, laddove la scienza ha come oggetto l'uomo e i fatti umani, il ricercatore deve sempre interrogarsi sui presupposti impliciti, pregiudiziali, culturali e ideologici, che sottendono la sua indagine. Nonostante la sua genialità, Freud non è mai stato in grado di fare questo.