INTRODUZIONE ALLA LINGUISTICA E ALLA SEMIOTICA |
1. L'importanza della Linguistica sotto il profilo panantropologico è difficile da minimizzare. Essa è la prima disciplina, il cui oggetto è culturale, ad avere raggiunto uno statuto universalmente riconosciuto come scientifico, sì da porsi come modello di riferimento per tutte le scienze umane e sociali. L'oggetto in questione, codificato e analizzabile indipendentemente dall'uso dei parlanti, è la causa prima di questo salto di qualità metodologico che, sinora, nessun'altra scienza umana e sociale è riuscita a fare. Il linguaggio è un'istituzione sociale, un prodotto della vita in comune, funzionale al bisogno di comunicare per simboli proprio della specie umana, retto da regole vincolanti per tutti i parlanti, e che, nonostante la sua rigidità, evolve e si modifica nel corso del tempo. Un prototipo, insomma, della cultura, vale a dire d'ogni sistema di valori che la vita associativa produce, e che s'impone poi ai singoli membri come una legge. Identico nelle sue funzioni e nelle regole che ne sottendono l'uso sociale, il linguaggio differisce da una comunità all'altra. Esso implica dunque un ordito universale che vincola la creatività culturale dell'uomo senza sopprimerla. La dialettica tra universale e particolare si realizza poi anche all'interno di ogni comunità linguistica. Una lingua è un patrimonio comune ad una comunità di parlanti, nessuno dei quali può incidere su di esso più di tanto. Ogni soggetto però parla una sua lingua, l'idioletto, che egli senza sapere ritaglia sullo sfondo del patrimonio comune a tutti gli altri parlanti. Il Linguaggio pone di fronte ad un aspetto proprio di ogni sistema di valori culturali. Prodotto dagli esseri umani, esso si aliena rispetto ai produttori: si pone di fronte ad essi come un insieme di regole vincolanti che devono essere scrupolosamente rispettate per comunicare. Nello stesso tempo, consente a ciascuno un grado relativo di libertà che si esprime in un uso personale, in una certa misura individuante. Lo stile di un autore, che talvolta è riconoscibile d'emblée ad apertura di pagina, è la massima espressione della dialettica intrinseca al linguaggio, che è un codice universale e vincolante il quale limita ma non mortifica la creatività individuale, ha un carattere inerziale che però non ne impedisce l'evoluzione impercettibile nel corso del tempo. Il rispetto delle regole vincolanti del Linguaggio si realizza in virtù della pratica sociale. Posto che ogni essere umano è predisposto all'acquisizione di un linguaggio, egli apprende, di fatto, quella usata dal gruppo di appartenenza. Quest'apprendimento pone però di fronte ad un altro aspetto di grande interesse. L'uso del linguaggio a fini comunicativi richiede l'interiorizzazione di regole grammaticali, sintattiche e semantiche la cui complessità riesce evidente dallo studio delle discipline specifiche (grammatica, sintassi, semantica). Ora, in genere, tali regole non sono note, se non in misura minimale, né agli adulti che insegnano né agli infanti che apprendono a parlare. Il Linguaggio dunque fornisce la prova che la cultura è essenziale ai fini dell'organizzazione della coscienza e della società, ma è un'iceberg il cui corpo appartiene all'inconscio sociale e individuale.
2. Identificare nella linguistica una disciplina che ha raggiunto uno statuto scientifico non significa però presumere ch'essa abbia risolto tutti i problemi.La scientificità riguarda la fonetica - la descrizione fisica (in termini di acustica) e la descrizione fisiologica (in termini articolatori) dei suoni delle lingue - e soprattutto la fonologia.Questa muove dai monemi (le parole), isola al loro interno i segmenti minimi la cui variazione cambia il significato del monema - i fonemi, appunto - e poi ricostruisce sulla base di questi il sistema fonologico della lingua in questione. Per quanto la fonetica sia una disciplina altamente specialistica, la sua importanza non può essere minimizzata. Essa, infatti, dimostrando che un sistema complesso quale quello della lingua ha una struttura profonda riconducibile ad unità minime e irriducibili in opposizione tra loro ha fornito alle scienze umane un modello epistemologico alle quali tutte hanno tentato di ricondursi, senza avere conseguito finora risultati analoghi. La suggestione però rimane. Lo studio della linguistica sembra ancora oggi confortare l'idea che i fenomeni culturali riconoscano tutti un livello profondo di ordine strutturale. Al di là della fonologia, la linguistica si è imbattuta in problemi inerenti il linguaggio non facili da risolvere.Questo vale per la sintattica, vale a dire per lo studio della struttura della frase, che, nonostante gli sforzi degli studiosi e la suggestione legata all'opera di Chomsky, non ha ancora raggiunto uno statuto teoricamente unificato, e soprattutto per la semantica, lo studio delle significazioni linguistiche. Che l'espressione fonica della lingua. il significante, implichi un significato e che sia questo in ultima analisi il contenuto che viene trasmesso da chi parla e decodificato da chi ascolta, è noto fin da Saussure. Cionondimeno, i tentativi di costruire una scienza dei significati, parallela alla descrizione scientifica dei significanti fornita dalla fonologia e dalla sintassi, hanno conseguito finora risultati solo parziali.Sia l'approccio formale (che fa riferimento alle marche studiate dalle grammatiche tradizionali: desinenze, flessioni, ecc.), sia quello logico (che mira ad evidenziare i tratti semantici pertinenti per cui, per esempio, "auto" = "veicolo" + "trazione a motore" + "quattroruote" + "per il trasporto di persone"), sia quello contestuale (per cui "il senso di una parola non si lascia definire che per mezzo di una media degli usi linguistici, da una parte, e gli individui e i gruppi di una stessa società, dall'altra"), sia infine quello situazionale (per cui il significato di un'unità non è che "la situazione in cui il parlante la enuncia, e la risposta che essa provoca da parte dell'ascoltatore"), non colgono che degli aspetti parziali della semantica. Più proficuo sembra l'approccio orientato a costruire campi semantici sulla base della parentela tra un certo numero di significati di monemi. Anche la teoria dei campi semantici però non riesce a trovare criteri oggettivi per giustificare le relazioni che si stabiliscono tra i termini. In breve, la Linguistica è una scienza in senso proprio per quanto riguarda i significanti, ma è lungi dall'avere raggiunto uno statuto scientifico per quanto concerne i significati. Lacuna, questa, di non poco conto, se è vero che la funzione essenziale della lingua, che è quella comunicativa, consiste nel trasmettere e nel ricevere significati.
3. In un'ottica panantropologica, il problema si complica ulteriormente se si tiene conto che il linguaggio è un mezzo elettivo di comunicazione tra gli esseri umani, ma non è l'unico. La tradizione filosofica che considera come sinonimi linguaggio e comunicazione è fondamentalmente sbagliata, in quanto essa postula che lo stesso fine implichi gli stessi mezzi. Ora, mentre il linguaggio ha mezzi specifici - riconducibili ad una doppia articolazione per cui si danno in superficie i monemi e in profondità i fonemi - il cui uso è caratterizzato dall'intenzione comunicativa, è da dimostrare che ogni altro tipo di comunicazione utilizzi mezzi analoghi e riconosca quella stessa intenzione. Il campo della comunicazione di fatto sconfina dalla Linguistica, di cui questa è una parte, e fa capo alla semiologia, il cui oggetto è "ogni sistema di segni che può servire da mezzo di comunicazione". Anche la semiologia riconosce la sua matrice nella linguistica: è stato, infatti, Saussure a suggerire la possibilità di una scienza dei segni linguistici e non linguistici. Essa però ha assunto, particolarmente negli ultimi decenni, uno statuto autonomo e un'importanza fondamentale, fino ad identificarsi con un nuovo approccio alla cultura tout-court. Questo è assolutamente evidente nel Trattato di Semiotica generale di Umberto Eco, il cui oggetto è "qualsiasi cosa possa essere assunta come segno", posto che per segno s'intenda "ogni cosa che possa essere assunto come un sostituto significante di qualcos'altro". Data questa definizione, i fenomeni semiotici sono coestensivi ai fenomeni culturali in genere. La Semiotica generale comporta una Semiotica della Significazione, che viene svolta dalla teoria dei codici ("c'è sistema di significazione (e pertanto codice) quando esiste una possibilità socialmente convenzionata di generare funzioni segniche, indipendentemente dal fatto che i funtivi di tali funzioni siano unità discrete dette segni oppure vaste porzioni discorsive, purché la correlazione sia stata posta precedentemente e preliminarmente da una convenzione sociale"); e una Semiotica della Comunicazione, che riguarda la produzione di segni ("si ha processo di comunicazione quando le possibilità provviste da un sistema di significazione sono sfruttate per produrre fisicamente delle espressioni e per diversi fini pratici"). Date queste definizioni di ordine generale, il campo semiotico riguarda tutti i processi comunicativi, sia quelli più apparentemente "naturali", come il comportamento comunicativo tra gli animali non umani (zoosemiotica), sia quelli ascritti all'area dei fenomeni culturali complessi, come per esempio le ideologie e le tipologie culturali. In questo vasto ambito - ed è qualcosa di grande interesse ai fini di una nuova scienza del disagio psichico - rientrano tutte le comunicazioni interpersonali (quindi anche il campo delle interazioni patologiche) e la stessa semiotica medica che concerne "lo studio dei segni almeno sotto due aspetti: da un lato studia il rapporto motivabile tra determinate alterazioni esterne e alterazioni interne e dall'altro studia il rapporto comunicativo e i codici impiegati tra medico e paziente". 4. Riguardo a questi ultimi aspetti, occorre dire qualcosa. Lo studio delle comunicazioni interpersonali patologiche è stato esplorato a lungo dalla teoria dei sistemi comunicativi, dando luogo all'approccio che va sotto il nome di terapia familiare. Il limite di questo approccio, tale per cui l'annunciata rivoluzione epistemologica in campo psichiatrico non si è mai realizzata, risulta chiaro se lo si affronta sotto il profilo della semiotica. L'ossessione dei teorici del sistema comunicativo, funzionale a scongiurare la ricaduta nelle interpretazioni arbitrarie della psicoanalisi, è stata quella di attenersi ai fenomeni comunicativi nella loro oggettività ponendo tra parentesi i problemi inerenti la struttura della soggettività. Questa opzione è però incompatibile con il fatto, sancito definitivamente dalla semiotica, per cui la comunicazione postula la significazione, vale a dire il riferimento a codici che la rendono possibile. Ora la significazione a livello soggettivo coincide con la presenza, all'interno della soggettività, a livello cosciente e inconscio, di sistemi di significati che, nel loro complesso, definiscono un'ideologia. L'analisi delle comunicazioni patologiche riesce, pertanto, significativa solo se si tiene conto di questo livello inapparente e non oggettivabile, che però può essere ricostruito. Quello che è vero a livello comunicativo, è vero a maggior ragione a livello soggettivo. Ogni soggettività si fonda e si regge su di una trama di significati, consci e inconsci, che si esprimono nel modo di vedere, di sentire e di agire del soggetto. E' l'esplorazione di questa trama di significati il cuore della pratica psicoterapeutica, che dunque può essere identificata con una pratica di decodificazione e ricodificazione di quella rete di significati in ciò che essa ha di disfunzionale. Ma, se si ammette che tale rete non può essere esclusivamente il prodotto dell'attività soggettiva d'interpretazione del mondo, riesce evidente che la pratica terapeutica non può prescindere dal tenere conto anche dei codici culturali interiorizzati dal soggetto. Sotto questo profilo, si coglie immediatamente il nesso tra soggettività e storia sociale. La semiotica neopsichiatrica si può ritenere sterile nella misura in cui essa assume i sintomi come segnali che, attestando la disfunzione delle strutture cerebrali, non hanno alcun intento comunicativo. La restituzione ai sintomi del loro autentico valore di segni implica intanto che essi sono emessi dall'inconscio per segnalare uno stato di equilibrio instabile, riconducibile all'attività di un conflitto psicodinamico, e che, in secondo luogo, essi sono interpretati dalla coscienza in nome dei codici interpretativi di cui questa dispone. Se questo è vero, l'assunto psicoanalitico secondo il quale il paziente di fatto già sa come stanno le cose e deve essere aiutato solo a sormontare la rimozione, appare ingiustificato. Un aspetto proprio della psicoterapia consiste nell'illuminare i codici di significazione presenti a livello soggettivo e di fornire al soggetto altri strumenti che consentano una ricodificazione dell'esperienza soggettiva. L'apprendimento è dunque un momento essenziale della pratica terapeutica. Io ritengo che non solo il disagio psichico possa essere riformulato in termini semiotici ma che la stessa pratica teraputica sia un processo semiotico, ricco di valenze emozionali, nel corso del quale il terapeuta non deve mai dare per scontato che il fatto di parlare la stessa lingua significa dare lo stesso significato alle parole. Una certa finezza linguistica, semantica e semiotica è indispensabile all'esercizio della psicoterapia. Oserei dire che è indispensabile ad una più profonda comprensione dell'uomo e dei fatti umani. |