1.
Scritto a venticinque anni, nella temperie dello Sturm und Drang che precede l'esplosione del Romanticismo, il romanzo descrive, attraverso le lettere inviate ad un amico, l'esaltante e infelice amore di Werther per una giovane d'incantevole grazia, Carlotta, già destinata ad un altro uomo, che si conclude con il suicidio. La magia del testo, che comporta di continuo aperture liriche e filosofiche di grande suggestione, nonché la finezza di un'analisi psicologica capace di descrivere con sottigliezza l'insorgere dell'innamoramento e il suo radicarsi tirannico nell'anima del protagonista hanno qualificato, sin dalla sua comparsa il romanzo come un capolavoro.
Werther è un giovane introverso che si ritira dal mondo nobiliare e borghese, nel quale non si riconosce, e si rifugia in campagna per trovare pace nel contatto con la natura e alimento alla sua creatività figurativa. Il ritiro dal mondo sembra funzionare: "La solitudine stilla da questi luoghi paradisiaci un balsamo prezioso nel mio cuore"; "Una serenità incantevole avvolge tutta la mia anima, come una di queste dolci mattine di primavera che qui mi godo con tutto il cuore. Sono solo e mi rallegro di vivere da queste parti, che sembrano fatte apposta per anime come la mia." Si tratta però di una serenità che non argina una natura romatica, che tende alla passione e all'estasi:" Quando l'amorosa vallata rigurgita attorno a me di tutti i fumi della terra e il sole alto si posa sopra la volta delle tenebre impenetrabili del mio bosco e solo qualche raggio s'intrufola all'interno di questo santuario, io me ne sto nell'erba alta accanto al ruscello gorgogliante e, più vicino alla terra, mi rendo conto con stupore delle svariate erbette mai notate prima; quando il brulichio del minuscolo mondo fra gli steli, le innumerevoli, indistinguibili forme dei vermi e dei moscerini fanno breccia nel mio cuore e sento in tutta la sua presenza qui l'Onnipotente che ci creò a sua immagine, qui nel respiro dell'amore immenso che ci sostiene e ci culla in una voluttà infinita... quando, amico mio, il mio sguardo s'incupisce e il mondo e il cielo calano nella mia anima sotto forma di una donna amata... allora c'è spesso in me un pensiero struggente, un ardente desiderio: oh, potessi mai dare corpo a tutto ciò, potessi soffiare nella carta tutto quanto vive in me così pieno, così palpitante, tanto da diventare lo specchio della mia anima come la mia anima è lo specchio del riflesso infinito di Dio! amico mio, ecco, io... Ma poi stramazzo, soccombo sotto la violenza della magnificenza di queste visioni."; "Quante volte cullo il mio sangue in ebollizione fino a calmarlo, e non ti capiterà mai di trovare qualcosa di più disuguale, di più instabile di questo mio cuore. Caro, ma devo proprio dirlo a te che così spesso hai dovuto sopportare di vedermi passare dalla titubanza all'eccesso e dalla malinconia più dolce alla passione più sfibrante?"
Anche il contatto con la gente semplice del luogo funziona come un balsamo rispetto alle vanità e alle ipocrisie del mondo nobiliare e borghese da cui Werther è fuggito: "La gente umile del posto ormai mi conosce e mi vuole bene, specialmente i bambini."; "Lo so benissimo che non siamo uguali né che possiamo esserlo, però sostengo che chi crede necessario stare alla larga dalla cosiddetta plebe per incutere il dovuto rispetto, è non meno biasimevole del vigliacco che si nasconde al nemico per paura di soccombere."
E' su questo sfondo di serenità e di contatto autentico con la natura e con le persone, sotteso da un'irrequietezza romantica, che si definisce l'incontro con Carlotta, figlia dell'"intendente e funzionario giudiziario del principe, una persona schietta e cordiale". Si tratta di un colpo di fulmine: "Raccontarti per filo e per segno come ho conosciuto una delle creature più adorabili non è affare da poco. Sono contento, sono felice, quindi un pessimo storico. Un angelo! uffa! questo lo dice ognuno della sua bella, no? Tuttavia non sono in grado di dirti quanto sia perfetta, perché sia perfetta; insomma, si è accattivata tutta la mia attenzione. Una tale semplicità unita a una tale intelligenza, una tale bontà con tale fermezza d'animo, e la calma dell'anima aggiunta alla pienezza della vita e all'operosità." Nel viaggio in carrozza verso un ballo, l'innamoramento diventa estatico: "Come mi sperdevo in quegli occhi neri durante la conversazione, come attiravano a sé tutta la mia anima quelle labbra tumide e quelle guance sbarazzine! immerso nella splendida sensatezza del suo discorso, spesso non sentivo neppure le parole con cui si esprimeva - conoscendomi, puoi benissimo fartene un'idea. Per farla breve, quando ci arrestammo davanti al padiglione smontai dalla carrozza come trasognato, ed ero così sperduto nei miei sogni, mentre il sole calava, che feci appena caso alla musica che risuonava sino a noi dalla sala illuminata." Il ballo completa l'opera: " Avere fra le braccia quell'amorevole creatura e vorticare con lei come un turbine, e ogni cosa che si dileguava intorno". Al momento del commiato, l'anima di Werther è già completamente conquistato: "Allora la lasciai con la preghiera di poterla vedere quello stesso giorno, lei acconsentì, e ci sono tornato; e da allora sole, luna e stelle possono tranquillamente farsi le loro faccende, io non so più se è giorno o notte, e il mondo intero svanisce intorno a me." L'esaltazione che subentra ("Vivo dei giorni felici come quelli che Dio riserva ai suoi santi; e qualunque cosa mi succederà, non potrò più dire di non aver colto le gioie, le gioie più autentiche della vita.") è priva di fondamento. Carlotta ha già messo Werther al corrente di essere promessa ad un uomo, Alberto. Data la sua integrità morale e la sua autenticità, nulla lascia pensare che possa andare inconreo ad un ripensamento.
Werther non può tenere conto di una prospettiva relazionale a vicolo cieco. Egli sente solo il bisogno di vedere Carlotta, di starle vicino, di bearsi dei suoi sguardi, della voce, dei gesti. Intuisce che l'amore si sta trasformando in una dipendenza morbosa ("Come si può essere così bambini? Come si può cercare con tanta avidità uno sguardo? Come si può essere così bambini?"), ma non riesce ad arginare questo bisogno incoercibile. Anche l'entrata in scena di Alberto, con cui s'istaura un rapporto di reciproca stima, non induce Werther a distogliersi da un amore impossibile.
Egli ha, ad un certo punto, l'intuizione di di doversi sottrarre ad una trappola. E' proprio l'acme della passione ad animarla: "Infelice! Non sei forse pazzo? Non ti stai ingannando a bella posta? Che significa questa furente passione senza fine? Non ho preghiere che per lei; alla mia immaginazione non appare altra figura della sua, e tutto il mondo che mi sta attorno non lo considero se non in rapporto a lei. E questo mi rende felice alcune ore - fino a che non devo di nuovo strapparmi da lei. Ahimè, Guglielmo, a cosa mai mi spinge il cuore? Quando sono rimasto seduto accanto a lei per due, tre ore e mi sono imbevuto della sua figura, del suo contegno, dell'espressione celestiale delle sue parole, i miei sensi a poco a poco si tendono, gli occhi mi si annebbiano, odo vagamente e mi sento stringere alla gola come dalla mano di un assassino e allora il mio cuore cerca di pompare ossigeno con battiti selvaggi ai miei sensi soggiogati, con il risultato di accrescerne lo sconcerto... Guglielmo, spesso non so nemmeno più di essere al mondo! E se talvolta la malinconia ha il sopravvento e Lotte non mi concede la magra consolazione di sfogare i miei affanni piangendo sulla sua mano, ecco che devo scappare, fuori! e prendo a vagare inoltrandomi nei campi attorno; la mia gioia, allora, è scalare un erto monte, aprirmi un varco in un bosco impraticabile, attraverso i rovi che mi feriscono, attraverso le spine che mi lacerano. Allora mi sento un po' meglio. Un po'! e quando dalla stanchezza e dalla sete mi fermo per strada, talvolta a notte fonda, quando la luna piena è fissa su di me, mi siedo nel bosco disabitato su un albero ricurvo per accordare un po' di sollievo ai piedi rigonfi e spossato mi lascio prendere da un sonno leggero che s'inoltra sino all'aurora. Oh Guglielmo! la solitudine di una cella, un ruvido saio e il cilicio sarebbero i refrigeri cui anela la mia anima. Adieu! Non vedo fine a questa miseria se non nella tomba." Werther decide ai allontanarsi e di dedicarsi al lavoro di segretario di un ambasciatore. Il contatto con l'ipocrita mondo della nobiltà riesce però intollerabile, e riattiva la nostalgia del mondo semplice che egli ha abbandonato e soprattutto di Carlotta. cede alla nostalgia, riprende a frequentare Carlotta e la passione, mai sopita, avvampa di nuovo portandolo alla disperazione: "Ah, questo vuoto, questo vuoto spaventoso che sento qui nel petto! Spesso penso che se potessi una volta, una volta sola, stringermela al cuore, questo vuoto verrebbe colmato per sempre." La catastrofe di fatto precipita in seguito ad un abbraccio, al quale Carlotta reagisce sdegnata: "Si gettò ai piedi di Lotte in preda alla disperazione più totale, le prese le mani, se le portò sugli occhi, poi sulla fronte, e a lei parve di sentir entrare nell'anima come un presentimento del suo terribile proposito. Si sentì mancare, gli strinse le mani, se le premette al seno, si chinò con un gesto di compassione su di lui, e le loro guance infuocate si sfiorarono. Il mondo per essi svanì. La prese fra le braccia, se la serrò al petto e coprì di baci furiosi le sue labbra tremanti e balbettanti. "Werther!" gridò ella con voce soffocata divincolandosi, "Werther!" e con una debole pressione della mano lo scostò da sé; "Werther!" gridò ancora con il tono autoritario di un animo integerrimo. Egli non oppose resistenza, la liberò dalla stretta e cadde ai suoi piedi come impazzito. Lei si alzò e, sconvolta e angosciata, oscillando fra amore e sdegno, disse: "Questa è l'ultima volta! Werther! Lei non mi vedrà mai più." E con uno sguardo pieno d'amore per lo sventurato corse nella stanza adiacente e vi si rinchiuse. Werther protese le braccia verso di lei, ma non osò trattenerla."
In conseguenza dell'abbraccio, Werther scopre una verità prima solo sospettata: Carlotta lo ama. Questa verità gli rende infine impossibile vivere senza di lei.
2.
La storia è lineare e fatale. Certo, l'amore di Werther è morboso, nella misura in cui l'innamoramento si trasforma in una passione che svuota di senso l'esistenza senza l'amata. Si tratta di un amore romantico descritto come se l'intensità del sentimento non comportasse un confine al di là del quale l'idealizzazione della persona amata, assegnando alla relazione con essa un significato di vita o di morte, rivela una patologia dell'identità che non ha un rapporto autonomo e significativo con il mondo nella sua totalità. Ciò detto, occorre riconoscere che Goethe ha colto una trappola universale presente nell'anima umana, che si attiva ancora oggi di continuo. L'ha colta, tra l'altro, anche nei suoi aspetti più sottilmente psicodinamici.
Il romanzo si avvia all'insegna di un sottile senso di colpa che grava nell'anima di Werther, dovuto alla sua scarsa sensibilità nei confronti di una ragazza innamorata di lui: "Come sono contento di essermene andato via! Dimmi un po' tu, amico caro, se non è strano il cuore dell'uomo. Lasciare te, che mi sei tanto caro, da cui non potevo separarmi un momento, e rallegrarmene. Mi perdoni, vero? E quegli altri legami! il destino non è forse andato a cercarseli proprio per mettere scompiglio nel mio cuore? Prendi Eleonora, poveretta. Eppure non ne avevo nessuna colpa. Che cosa potevo farci io se lei, mentre mi lasciavo imbambolare dalle grazie smorfiosette di sua sorella, andava covando una passione nel suo povero cuore? Però, a ben pensarci, sono innocente proprio del tutto? Non ho dato più di un'esca ai suoi sentimenti? Non mi sono, in fondo, fin troppo deliziato di fronte a quelle espressioni così ingenue e istintive che tanto spesso ci facevano ridere, quando invece non sarebbe stato affatto il caso? non ho forse..." Il rapporto con Carlotta rovescia i ruoli. Essa agisce con assoluta innocenza, ma, in fondo, alimenta in Werther un amore che vede crescere di continuo e da cui è gratificata. Lo frustra solo quando si rende conto che egli non è in grado di rispettare il ruolo assegnato dell'amante segreto e il confine al di là del quale il suo onore potrebbe essere compromesso. Il suo tracollo dopo il suicidio di Werther, per cui si giunge a temere della sua sopravvivenza, rivela, forse, non solo la conseguenza della perdita affettiva, bensì anche un senso di colpa più drammatico rispetto a quello nutrito originariamente da Werther.
Significativa è anche la tragica vicenda di un famiglio, tessuta anch'essa da un'impossibile passione, che ha uno svolgimento raccontata da due brani: " Un famiglio è arrivato da una casa vicina e si è messo ad armeggiare attorno all'aratro che ho disegnato di recente, forse per rimettere in sesto qualcosa. Dato che mi piaceva, gli ho rivolto la parola, gli ho chiesto che cosa faceva; in breve tempo ci siamo presentati e, come al solito mi capita con questa gente, siamo diventati amici. Mi ha raccontato di essere a servizio da una vedova che lo tratta molto bene. Parlava così diffusamente di lei e ne tesseva lodi così altisonanti, che ben presto mi accorsi che le era devoto anima e corpo. La vedova non era più tanto giovane, disse, e il suo primo marito l'aveva trattata male, e lei non voleva più sposarsi, e da come raccontava si capiva chiaro e tondo quanto lei fosse bella e affascinante ai suoi occhi, quanto lui bramasse che lei facesse cadere la sua scelta su di lui, per cancellare il ricordo dei torti del primo marito, tanto che io dovrei ripetere parola per parola per darti un'idea dell'affetto assoluto, dell'amore e della devozione di quest'uomo. Anzi, dovrei possedere il talento di un grande poeta per poter rappresentarti l'espressione dei suoi gesti, l'armonia della sua voce, il fuoco sotterraneo dei suoi sguardi in tutta la sua vividezza. Ma che dico, non ci sono parole per descrivere la tenerezza che traspariva da tutta la sua persona e dalle sue espressioni, non direi che una goffaggine dietro all'altra se tentassi di farlo. La cosa che mi ha commosso di più è stato il timore che io potessi interpretare male il suo rapporto con lei e dubitassi della condotta irreprensibile della donna. Solo nel più profondo dell'anima riesco a ripetere l'incanto provato nel sentire come parlava della sua figura, del suo corpo che, pur privo delle seduzioni della gioventù, lo attirava e lo legava violentemente a sé. In tutta la mia vita non ho mai visto il dispiegarsi del desiderio e la calda, struggente bramosia d'amore in una simile purezza, anzi, direi proprio che in tanta purezza non l'avrei né supposto né sognato. Non sgridarmi se ti dico che al ricordo di questa innocenza e verità qualcosa prende ad ardere nel più profondo dell'anima e che l'immagine di questa devozione e dolcezza mi segue dappertutto, e che spasimo e languo come se io stesso fossi stato appiccato da quel fuoco. Adesso vorrei al più presto vedere anche lei, no, anzi, a ben pensarci, voglio evitarlo. Molto meglio che continui a vederla con gli occhi del suo innamorato; forse vista con i miei non mi apparirebbe come la vedo adesso, e per quale ragione dovrei sciupare questa immagine così bella?"; "Non ti ho scritto una volta di un giovane famiglio, subito dopo essere arrivato qui? Mi sono di nuovo informato sul suo conto a Wahlheim; mi è stato detto che è stato scacciato e che nessuno vuole più aver niente a che fare con lui. Ieri, per caso, l'ho incontrato sulla strada per un altro villaggio, gli ho rivolto la parola, e lui mi ha raccontato la sua storia, che mi ha commosso oltre ogni dire, come comprenderai facilmente una volta che te l'avrò ripetuta. Ma a che scopo tutto ciò? Perché non tenere per me quel che mi sgomenta e mi offende? Perché affliggere anche te? Perché darti ogni volta motivo di compiangermi o di sgridarmi? Non importa, forse anche questo fa parte del mio destino. Sulle prime il giovane ha risposto alle mie domande con una mesta inerzia, nella quale mi è parso di notare una certa ritrosia; ma poi, molto apertamente, come se improvvisamente avesse riconosciuto se stesso e me nello stesso istante, mi ha confessato il suo errore, lagnandosi della sua sventura. Potessi, amico mio, sottoporre ogni sua parola al tuo giudizio! Ha ammesso, anzi, ha raccontato con una specie di godimento e di felicità, visto che gli veniva data occasione di ricordare, che la passione per la sua padrona era ingigantita di giorno in giorno, e che da ultimo non sapeva più quello che faceva né, per dirla con lui, dove sbattere la testa. Non riusciva più né a mangiare né a bere né a dormire, come se fosse sempre sul punto di soffocare, faceva quello che non doveva fare e dimenticava di fare quello che gli si ordinava; era come perseguitato da uno spirito maligno, finché un giorno, sapendola di sopra in camera, l'aveva seguita, anzi, qualcosa l'aveva trascinato dietro a lei; poiché non gli aveva dato retta, lui aveva cercato di prenderla con la forza, non sapeva come gli fosse successo, e prendeva Dio a testimone che le sue intenzioni nei suoi confronti erano sempre state oneste, e che quello che aveva desiderato più ardentemente era che lei accettasse di sposarlo, che lei volesse trascorrere la sua vita con lui. Dopo aver parlato per un bel po', cominciò a impappinarsi, come uno che ha ancora dell'altro da dire però è incerto se buttarlo fuori o no; infine mi confessò timidamente anche quante piccole familiarità lei gli avesse consentito e quale intimità gli avesse concesso. Si interruppe due, tre volte, e ripeté con le proteste più ferme che non diceva queste cose per metterla in cattiva luce, che non ne aveva mai fatto parola con nessuno prima di allora e che lo diceva solo a me per convincermi che non era affatto né un uomo corrotto né un insensato."
Scacciato dalla casa, l'esito di questa vicenda è tragico. Il famiglio uccide la donna amata, intenzionata a sposare un altro: " Mentre si avvicinava all'osteria, davanti alla quale si era adunato tutto il villaggio, s'alzò improvvisamente un grido. Da lontano si vide una truppa d'uomini armati e tutti gridavano che l'assassino era stato preso. Werther guardò e i suoi dubbi furono immediatamente dissipati. Sì! era proprio il famiglio innamorato della vedova, quello che aveva incontrato qualche tempo prima mentre si aggirava nei dintorni con quella rabbia repressa, con quella sorda disperazione."Cosa hai fatto, sciagurato!" gridò Werther slanciandosi sul prigioniero. Costui lo guardò in silenzio e dopo un po' rispose calmo: "Non l'avrà nessuno, non avrà nessuno." Il prigioniero fu condotto nell'osteria e Werther se ne andò di corsa."
Un altro amore morboso, insomma, che esita però nell'uccisione dell'amata.
3.
L'amore dunque può diventare una patologia, tanto più pericolosa quanto più esso viene vissuto come espressione di un sentimento incoercibile e reale. In che cosa consiste la patologia che Goethe descrive in maniera impareggiabile? Gli elementi psicodinamici sono tre: l'idealizzazione della persona amata, alla quale vengono attribuite infinite qualità positive, che trasforma l'innamoramento, che comporta normalmente l'idealizzazione, in un'esperienza persistente e vieppiù crescente; la dipendenza dalla persona amata, tale che il contatto con essa giunge a funzionare come una droga in difetto della quale sopravviene un senso di svuotamento totale dell'esistenza e del mondo; la confusione tra il bisogno affettivo e un diritto di possesso, che implica il non potere in alcun modo rinunciare alla persona amata, che viene incorporata come una parte di sé.
L'amore è, dunque, una medaglia a due facce. Non si tratta solo di prendere atto che esso è fonte di gioia se contraccambiato, e di dolore se respinto, bensì anche di considerare la possibilità che il decentramento sentimentale contiene un'intrinseca potenzialità pericolosa se esso, al di là dell'innamoramento, dà luogo allo slittamento in una dipendenza vieppiù profonda.
Su quale base avviene questo slittamento? Sulla base - verrebbe da dire - di una patologia dell'identità il cui precario statuto comporta une protesi relazionale che, in conseguenza della passione, si configura come un bisogno assoluto. Ma, seppure è lecito pensare ad una patologia dell'identità, non si può negare che essa si attiva laddove il soggetto avverte inconsciamente l'esigenza di colmare lo scarto tra la propria finitezza e il ricatto dell'infinito che, come ho detto in Abracadabra, alligna al fondo dell'anima umana. E' insomma la mancanza ad essere costitutiva dell'esistenza umana che, attraverso la passione, promuove l'attribuzione alla persona amata di un potere che essa non ha mai: il potere di colmare quella béance e di realizzare la pienezza dell'essere.