INTRODUZIONE
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Con i tempi che corrono, una tesi su Laing è un fatto singolare, tanto più se, come nel caso in questione, si tratta di un lavoro che, pur con gli inevitabili limiti accademici, pone in luce una conoscenza diretta e una lettura partecipe di tutte le opere dell'autore. E' un caso che a scriverla sia stata una studentessa di filosofia, Tania Romagnoli, che si è brillantemente laureata da poco? Io penso di no. La comprensione del pensiero di Laing, di fatto, non può prescindere dai riferimenti filosofici - la fenomenologia, l'esistenzialismo - cui egli costantemente s'ispira. E' vero che tali riferimenti sono integrati con il sapere piscoanalitico prima e con la teoria relazionale poi, ma l'insistenza di Laing sul problema dell'identità (il falso io, l'io autentico) e del rapporto interattivo con l'altro come costitutivo dell'identità li rivela ampiamente. Certo, oggi il pensiero di Laing va valutato criticamente. Per quanto la valutazione possa essere obbiettiva e porre in luce dei nodi psicopatologici irrisolti (soprattutto in rapporto alla struttura profonda della personalità), rimane pur sempre vero che quel pensiero ha posto in luce in maniera definitiva le valenze filosofiche, e non solo psicologiche, di ogni esperienza soggettiva, che il disagio psichico fa affiorare in maniera trasparente. E' questo -presumo - il motivo della rimozione cui esso è andato incontro negli ultimi anni in nome di un rozzo organicismo che, sormontando le aspettative del materialismo più volgare, definisce l'esperienza soggettiva come null'altro che espressione dello stato cerebrale. Laing ha sempre rivendicato orgogliosamente la sua identità di psichiatra e di psicoterapeuta. Le valenze antipsichiatriche della sua opera, densa, tra l'altro, di un'esperienza clinica ricchissima, erano rivolte contro l'asfittica psichiatria dominante all'epoca. Esse valgono a maggior ragione oggi in rapporto alla neopsichiatria. Il modo migliore per tenerne conto è continuare a chiedersi se non sia ora che la psichiatria rinunci a considerarsi una branca specialistica della medicina, per organizzarsi sotto forma di una scienza interdisciplinare, il cui spettro di interessi dovrebbe andare dalla neurobiologia alla filosofia, comprendendo la psicoanalisi, l'antropologia culturale, la psicologia sociale, la sociologia, ecc. Ciò consentirebbe, tra l'altro, a persone dotate di un'attitudine specifica, com'è il caso della neo-dottoressa, di non vedersi precluso l'accesso ad un ambito di attività vocazionale. Sono lieto di ospitare nel mio sito questa tesi, e mi auguro che la sua lettura valga a rianimare l'interesse per un autore rimosso dalla storia della psichiatria in quanto troppo filosofico e dalla storia della filosofia in quanto troppo clinico. |
TESI DI LAUREA SU LAING DI TANIA ROMAGNOLI
Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Facoltà di Filosofia Corso di Laurea in Filosofia TESI DI LAUREA IN PSICOLOGIA GENERALE Laureanda: Tania RomagnoliMatricola: 10126371
LA CONOSCENZA DEL SOGGETTO IN RONALD D. LAING
RELATORE: Prof. Ernestina Giannattasio CORRELATORE: Prof. Stefania Mariani
ANNO ACCADEMICO 2002/2003
INDICE La formazione culturale di RONALD D. LAING LA VITA E LA PRODUZIONE SCIENTIFICA DI RONALD D. LAING LESITO LETTERARIO DELLA PRODUZIONE DI RONALD D. LAING LANTIPSICHIATRIA DI RONALD D. LAING E LA SUA CONCEZIONE DELLA MALATTIA MENTALE IV.2 LANTIPSICHIATRIA DI R. D. LAING IV.3 LA CONCEZIONE DELLA MALATTIA MENTALE IN R. D. LAING LESSERE NEL MONDO DEL SOGGETTO IN RONALD D. LAING II.1 LA NOZIONE DI INSICUREZZA ONTOLOGICA II. 2 LE TRE FORME DI ANSIETA CONNESSE CON LINSICUREZZA ONTOLOGICA LA FAMIGLIA IN RONALD D. LAING LANALISI CLINICA DELLA FAMIGLIA LANALISI DELLA FAMIGLIA IN R. D. LAING II.1 SANITY, MADNESS AND THE FAMILY II.2 LA CASISTICA CLINICA DI R. D.LAING E A.ESTERSON II.2.1 LA CASISTICA CLINICA DI SANITY, MADNESS AND THE FAMILY I rimandi bibliografici nel corso del testo individuano sempre lanno delledizione originale anche nel caso di opere tradotte, per le quali leventuale indicazione di pagina rinvia alledizione italiana segnalata in bibliografia.
Come è noto, lorientamento fenomenologico-esistenziale, nato in ambito filosofico, non è rimasto confinato entro la comunità di filosofi, ma ha contribuito a caratterizzare lintero clima culturale del nostro tempo ed ha agito in profondità in diversi campi della cultura, dallantropologia alla critica letteraria. Le posizioni della fenomenologia e dellesistenzialismo hanno trovato una vasta eco anche nella letteratura psichiatrica del 900, ed hanno dato luogo ad un ampio dibattito in una psichiatria che fino a quel momento era legata a impostazioni tipicamente ottocentesche. Se molteplici sono le difficoltà che si oppongono ad una definizione chiara della fenomenologia e dellesistenzialismo anche in un ambito specifico, risulta ancora più difficile fissare in maniera univoca ed essenziale i caratteri di quella psicologia che dallesistenzialismo e dalla fenomenologia deriva direttamente i suoi presupposti, sia in senso teorico- culturale sia in senso pratico operativo. Prendendo come punto di riferimento R.D. Laing, massimo esponente dellindirizzo fenomenologico-esistenziale in psichiatria, il presente lavoro, si propone di individuare e analizzare nellopera dello psichiatra scozzese, gli aspetti che richiamano e mettono in evidenza quell unità di fondo e quel punto di origine comune che lega la filosofia fenomenologico-esistenziale alla psichiatria dell900. ___________ Il lavoro si struttura in tre parti; nella prima parte (cap. I, II, III) viene introdotta la figura di R.D. Laing nel panorama psichiatrico della seconda metà del novecento in riferimento alla sua formazione culturale, alla sua produzione scientifica e allesito letterario della sua ricerca. Successivamente (cap. IV) viene esaminata la posizione di R.D. Laing nell ambito di quella corrente di pensiero che prende il nome di "Antipsichiatria": partendo infatti da una breve panoramica sul movimento dellAntipsichiatria dell900, inteso come critica radicale al concetto di malattia mentale e alle forme correnti di trattamento dei malati, si introduce la posizione e il ruolo svolto da R.D. Laing allinterno di essa, ossia quello di aver accostato ai temi propri del movimento dellAntipsichiatria un tipo di approccio fenomenologico-esistenziale. Avvalendosi infatti di una chiave di lettura filosofica R.D.Laing offre un diverso approccio allo studio della malattia mentale che permette di guardare al senso esistenziale dei sintomi e non alla considerazione di essi quali indizi di psicopatologie sottostanti. Dopo aver definito le modalità con cui R.D. Laing porta lindirizzo fenomenologico esistenziale in psichiatria, si passa ad analizzare in maniera più approfondita la sua concezione di malattia mentale: da questa analisi emerge che la follia è per R.D.Laing un modo diverso che determinati individui utilizzano per essere nel mondo ed essere con gli altri. Nella seconda parte del lavoro si passa ad analizzare The Divided Self, la sua prima opera fondamentale con lintento di ritrovare e sottolineare, attraverso la descrizione della lacerazione interiore presente nellio diviso, quellapproccio fenomenologico-esistenziale che proprio attraverso la concettualizzazione della nozione di essere nel mondo permette, secondo R.D.Laing, la comprensione del soggetto ( cap.I). In The Divided Self si ritrova quindi il tentativo da parte di R.D.Laing di rendere comprensibili la follia e le sue dinamiche. E proprio per limportanza dellintento si è scelto di dedicare ì capitoli successivi (I, II) a quelle nozioni che lautore individua come responsabili del processo di lacerazione interiore che porta alla schizofrenia: la nozione di insicurezza ontologica, le tre forme di ansietà da essa generate e la nozione del falso io. Analizzando The Divided Self R.D. Laing descrive la posizione dello schizoide indicando una possibile traiettoria che porta lindividuo a quel tipo di frammentazione interiore che prende il nome di schizofrenia. La terza parte ripercorrere il cammino che lo stesso R.D.Laing ha intrapreso nei suoi studi sullorigine della malattia mentale. Si procede quindi analizzando uno dei temi su cui si incentra lintera riflessione dello psichiatra: lanalisi clinica della famiglia (capp. I,II ). Partendo dalla premessa che ogni persona non è solo un oggetto nel mondo degli altri ma occupa una posizione nello spazio e nel tempo dalla quale vive il suo mondo, R.D. Laing si trova di conseguenza ad affrontare un analisi delle relazioni e dei rapporti esistenti allinterno del nucleo familiare di un individuo. Sanity, Madness and the Family (1964) rappresenta il punto di arrivo di questa ricerca; attraverso gli studi effettuati su undici famiglie di pazienti schizofrenici R.D. Laing evidenzia lipotesi che lo stato di alienazione generato in famiglia possa precedere la condizione dellesser malato e conferma il ruolo patogeno dellinsicurezza ontologica e del falso io. Gli studi sulla famiglia proseguono anche in The Politics of Family (1969), opera nata come una raccolta di discorsi tenuti dallautore in diverse occasioni che testimonia e rinforza ciò che in parte era emerso in Sanity Madness and the Family ossia il ruolo fondamentale che per R.D.Laing la famiglia e in particolar modo la sua struttura e le sue dinamiche assumono nella comprensione dellorigine della malattia mentale. Il capitolo conclusivo (III) ha come difficile compito quello di individuare se e in quale misura gli studi svolti da R.D. Laing sullorigine della malattia mentale abbiano lasciato un segno nella storia della psichiatria. Se si vuole parlare delleredità lasciata da R.D. Laing forse è giusto concludere con le parole di B. Mullan: "La vera eredità di Laing è contenuta nella vita di quelle persone che egli toccò con la sua intuizione, la sua azione, i suoi consigli e la sua presenza" (Mullan,B 1988 tr.it pag 18). Considerato il massimo esponente dell Antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta allinterno della psichiatria e della psicoanalisi negli anni sessanta come critica radicale del concetto di malattia mentale e delle forme correnti di trattamento dei malati, R. D. Laing fornì, attraverso i suoi studi e la sua attività di psichiatra, contributi di primo piano nello studio della psicopatologia della schizofrenia. Nel 1965 fondò a Londra insieme ad in gruppo di studiosi, la prima comunità terapeutica autogestita, la Kingsley Hall. Successivamente collaborò alla creazione di altre strutture antistituzionali e antiautoritarie con lo scopo di fornire un alternativa alla psichiatria tradizionale nella cura della malattia mentale. Tra le sue opere più conosciute e apprezzate per le implicazioni connesse alla psichiatria e alla psicopatologia, occorre ricordare The Divided Self (1959a), The Self and Others (1959b) e Sanity, Madnesse and the Family (1964) che, soprattutto alla fine degli anni sessanta, conquistarono una vasta popolarità anche fuori dellambito strettamente specialistico. Questultime nascono dalle elaborazioni concettuali di temi provenienti da due diverse scuole di pensiero; la prima è quella della tradizione fenomenologico - esistenziale, ripresa sia negli aspetti attinenti agli studi psicopatologici effettuati da E. Minkowski e da L.Binswanger, sia in quelli più strettamente filosofici che trovano in Sartre ed Heidegger i maggiori esponenti, la seconda è la scuola statunitense di Palo Alto, facente capo a D. Jacksons e G. Bateson, attenta allo studio della comunicazione e della sua patologia allinterno della famiglia, nonchè ai meccanismi relazionali che possono dar luogo allo sviluppo della schizofrenia. Partendo da queste premesse culturali, Laing propose una chiave di lettura alternativa ed interessante sullorigine e lo studio della malattia mentale; attraverso lanalisi dellesperienza psicotica egli dimostrò innanzitutto linadeguatezza dellapproccio fornito dalla psichiatria tradizionale tendente a separare la normalità dallanormalità, chi è sano da chi è malato, e conseguentemente, una volta liberato il mondo della malattia mentale da classificazioni e pregiudizi, propose una rivalutazione del significato del viaggio individuale nella follia. A posteriori ciò che viene riconosciuto a Laing è senzaltro il merito di aver gettato le basi per "Una psicopatologia dellintersoggettività attenta al tempo stesso allaspetto relazionale come a quello esperienzale, alla comunicazione come allesperienza, e più precisamente alla esperienza della comunicazione, nonché alle sue distorsioni, in particolar modo alla genesi della schizofrenia"(Galimberti, U. 1999 pag. 594). LA VITA E LA PRODUZIONE SCIENTIFICA DI RONALD D. LAING Ronald D. Laing, psichiatra e psicoanalista scozzese, rappresenta insieme a David Cooper uno dei massimi esponenti dellAntipsichiatria Inglese; la sua attività in psichiatria si concentrò soprattutto sullo studio della psicopatologia della schizofrenia. Per il carattere innovativo e rivoluzionario delle sue teorie fu considerato uno dei "padri della controcultura degli anni 60" (Galimberti,U. 1999, pag 594 ). R.D. Laing nacque a Glasgow nel 1927, la sua vita segue inizialmente un percorso lineare cui si contrappone uno sviluppo interiore travagliato che fin dalla giovinezza è seguito da momenti di depressione e dalla tendenza allalcolismo. La sua era una famiglia povera sia economicamente che affettivamente, come lui stesso racconta in Wisdom, Madness and Folly (1986): " Per la maggior parte del tempo a patto che dessi limpressione che tutto andava bene, purché i miei pensieri fossero buoni e la mia vita pura, ero libero come un uccello" (Laing, R. D. 1986 tr. it pag 13). Nel 1932 iniziò il suo primo ciclo di studi presso la Jhon Cuthbertson School, e tra il 1936 e il 1945 frequentò la scuola superiore con indirizzo umanistico, imparò il latino e il greco e iniziò le sue prime letture filosofiche, in particolar modo Nietzsche, Kierkegaard e Heidegger. Nel 1944 si scrisse alla facoltà di medicina dellUniversità di Glasgow. In questo stesso anno entrò per la prima volta in un ospedale psichiatrico partecipando insieme ad altri studenti ad una visita presso il Royal Gartnavel Hospital. All inizio delluniversità fu bocciato agli esami del primo semestre e contemporaneamente iniziò a lavorare a tempo pieno come interno nellospedale Stobhill di Glasgow, dove erano ricoverati ottanta pazienti, uomini e donne, cui era stata riscontrata lencefalite letargica, un epidemia che scoppiò in Europa in quegli anni. Dopo la laurea, nel 1944, non proseguì il corso di perfezionamento in chirurgia e medicina generale ma iniziò il tirocinio nel reparto di neurochirurgia di Killearn. Qui conobbe Joe Schorstein un neurochirurgo di diciotto anni più grande di lui, uomo di grande cultura che acquistò in breve tempo la stima di Laing, divenendone padre spirituale e una preziosa guida nella conoscenza della letteratura europea. Nel 1951 partì per il servizio militare e preferendo la psichiatria alla neurologia fu assegnato, dietro sua richiesta, al reparto psichiatrico della divisione per nevrotici e psicotici presso il Central Brithish Army Psichiatric Unit, ospedale militare dove Laing ebbe lopportunità di lavorare per molto tempo con pazienti con disturbi mentali. Il suo interesse per la psichiatria e in particolare per la problematicità dei rapporti umani si andava sempre più sviluppando. Concluso il servizio militare nel 1953, scelse la specializzazione in psichiatria e iniziò a lavorare presso il Royal Mental Hospital di Glasgow. Qui, a contatto con pazienti ospedalizzati da lungo tempo, iniziò con loro un nuovo tipo di terapia basata su attività di riabilitazione dei malati attraverso il loro coinvolgimento in attività ricreative create allinterno della struttura ospedaliera. Dopo due anni lasciò la clinica per accettare lincarico di Senior Registar offertogli dal Suothern General Hospital di Glasgow. In questo periodo iniziò a scrivere The Divided Self (1959), la sua opera fondamentale. Questopera, scritta alletà di ventotto anni, rappresenta il primo tentativo di Laing di porre le fondamenta di una scienza delle persone in grado di penetrare allinterno del mondo della psicosi. Questa intenzione la ritroviamo infatti annunciata dallo stesso Laing nella prefazione alla prima edizione del libro: "Lo scopo è qui quello di rendere comprensibile la pazzia e comprensibili i processi che ad essa conducono"(Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 13). Nel 1956 si trasferì alla Tavistock Clinic di Londra, una clinica ambulatoriale che offriva una psicoterapia sistematica sulla base del pensiero psicoanalitico. Qui intraprese con il suo terapeuta Winnicott un training psicoanalitico. Nello stesso periodo iniziò inoltre una serie di ricerche sulle dinamiche familiari di persone con disturbi mentali con lo scopo di trovare una risposta agli stati alienati schizoidi. Quesiti e risposte che si trovano raccolte in The Divided Self (1959 a ) e nel suo secondo libro The Self and Others (1959 b ) dove continua, come lui stesso afferma, le esplorazioni sulla natura dellesperienza individuale e interpersonale: "Qui intendo descrivere le persone allinterno del sistema sociale o nesso di persone, allo scopo di capire alcuni dei modi in cui ciascuna persona influenza lesperienza che laltro ha di sè, e come questa interazione prenda forma" ( Laing.R.D. 1959 b. tr. it pag 10 ). Alcuni anni dopo, nel 1966 Laing, in collaborazione con H. Phillipson e A. R. Lee, scrisse The Interpersonal Perception (1966) in cui, come Mullan afferma: "Per descrivere le relazioni umane sviluppa ulteriormente la psicologia percettiva della persona, già presentata in The Self and Others" (Mullan, B. 1998 tr.it pag 25). Con la pubblicazione dei suoi primi libri Laing iniziò ad esser conosciuto nellambiente medico e immediatamente nacquero le prime polemiche e critiche da parte della psichiatria tradizionale che in linea di principio non riconosceva come validi sia lapproccio sia il tipo di terapia alternativa che Laing proponeva per la malattia mentale. Polemiche che si accesero ancora di più quando nel 1964 Laing pubblicò insieme ad Esterson Sanity, Madness and the Family (Laing,R.D; Esterson, A 1964), libro in cui venivano raccolti i risultati di una ricerca effettuata dai due psichiatri su sette famiglie di pazienti donne con diagnosi di schizofrenia. Laing ed Esterson evidenziarono, sulla base dei loro studi, che le influenze patogene esercitate fin dalla prima infanzia, dalla famiglia potessero portare un individuo a sviluppare la schizofrenia. Scoprirono così che quei deliri di persecuzione che presentavano i loro pazienti erano in realtà una pittoresca risposta alla loro frantumazione di identità provocata dalla famiglia. Questo tipo di interpretazione sullorigine della schizofrenia fu giudicata dalla psichiatria tradizionale inaccettabile sia per la colpevolizzazione della famiglia, che per la innovatività della tesi. Nonostante la disapprovazione che le sue teorie raccoglievano, Laing continuò la sua attività e nel 1965 riuscì a realizzare un suo grande progetto: la realizzazione della Kinsley Hall. Grazie ai finanziamenti offerti dalla Tavistock Clinic infatti realizzò, insieme ad altri medici, la prima comunità autogestita in cui pazienti e medici convivevano al di fuori di ogni schema gerarchico. Per un breve periodo si impegnò nel creare un ambiente demedicalizzato lontano da ogni schema dove, come racconta in unintervista con B. Mullan: "Diversi di noi vivevano con un certo tipo di persone psicotiche, che altrimenti sarebbero state in manicomio o in unità psichiatriche, e trattate come di conseguenza. Tra noi non cera uno staff , né pazienti, né porte chiuse a chiave, né terapie psichiatriche per modificare o bloccare gli stati mentali" (Mullan,B. 1988. tr. it pag 198). Lesperimento della Kinsley Hall, che mirava a sviluppare nuovi metodi terapeutici, fallì dopo soli cinque anni per diverse ragioni tra cui la natura di per se caotica del progetto e la mancanza allinterno della organizzazione di un vero e proprio organo decisionale. Alle numerose difficoltà che Laing incontrò in ambito psichiatrico si contrappose il suo successo di pubblico. Gli anni sessanta e il libertarismo proprio di quel periodo accolsero pienamente le teorie psicopolitiche di Laing e i suoi libri che divennero in breve tempo notissimi. In quegli stessi anni Laing iniziò a sperimentare vari tipi di droghe. A livello internazionale la sua fama crebbe ulteriormente nel 1967 con la pubblicazione de The Politics of Experience. In questo libro Laing ribadisce la sua idea sullorigine della malattia mentale, affermando che lapparente irrazionalità della famiglia può trovare la sua razionalità solo nellirrazionalità della società e che di conseguenza lapparente incongruità del comportamento psicotico di un individuo può divenire intellegibile solo nel contesto della sua famiglia. Di questo libro faceva parte un breve scritto pubblicato in appendice intitolato A Bird of paradise (1967). Di questo saggio se ne parlò a lungo sia perché rappresenta la prima espressione poetica e letteraria di Laing sia perché, si ritiene sia stato scritto sotto leffetto dellLSD. Nel 1971 quando lesperimento della Kinsley Hall si stava avviando alla sua inevitabile conclusione, Laing partì per Ceylon e successivamente in India per approfondire il suo interesse per lo yoga e certe forme di meditazione buddista. Al suo ritorno, dopo un anno, pubblicò Knots (1972), un vivace volumetto che con un linguaggio poetico si occupava delle sfumature del comportamento interpersonale. Gli ultimi scritti di Laing furono, per sua stessa ammissione, legati più agli aspetti della biopolitica che a quelli psichiatrici, un esempio è The Facts of Life (1978) dove vengono descritte e analizzate le esperienze natali e prenatali con quesiti come questo:" Se doveste morire adesso ed essere riconcepiti stanotte, quale donna scegliereste per passare dentro di lei i primi nove mesi della vostra prossima vita? "(Laing,R.D. 1978 Tr.it pag 88). Sempre sulla stessa linea si colloca The Voice of Experience (1982 ) dove lautore esprime le stesse tematiche. Lultimo libro pubblicato da Laing fu Wisdom Madness and Folly (1985), un racconto autobiografico che giunge fino alla stesura del suo primo libro The Divided Self (1959a). Laing morì nel 1989 di attacco cardiaco mentre giocava una partita di tennis a Saint Tropez, con un fisico debilitato dalluso di alcool e di droghe. LESITO LETTERARIO DELLA PRODUZIONE DI RONALD D. LAING La produzione scientifico letteraria di Ronald. D. Laing è assai vasta. Negli anni 60 e 70 lo psichiatra scozzese ha raggiunto fama e notorietà grazie alla spontaneità di alcuni suoi testi "innovatori" e "anticonformisti"che si sono prestati a rappresentare il clima socio-culturale di quel periodo. In questo senso si può dire che l interesse da parte del grande pubblico per le opere di Laing ha riguardato essenzialmente quegli aspetti intrisi di tematiche socio-politiche e di spunti filosofici che hanno caratterizzato le sue opere. "Una chiave di lettura in termini quasi esclusivamente socio-politici è stata forse più dettata dal clima culturale e dalle mode e non da un reale interesse per le implicazioni più strettamente psicopatologiche dellopera di Laing" (Rossi Monti,M. Vitale.S 1980 pag 101). Di conseguenza, il privilegiare un certo tipo di opere come The Facts of Life (Laing,R.D. 1978) o The Politics of Experience (Laing,R.D 1968) che appartengono ad un ambito filosofico-letterario, ha inevitabilmente tolto lattenzione dalle prime opere di natura psichiatrica e psicopatologica che più lo legavano alla tradizione fenomenologico-esistenziale in psichiatria. Come notavano Rossi Monti e Vitale nel 1980 infatti "linteresse per la prima e forse più matura opera dellautore, Lio diviso si è andato sempre più rarefacendo, mentre linteresse del pubblico si è andato focalizzando, in sintonia con la dilagante interpretazione quasi esclusivamente sociogenetica della malattia mentale, sulle opere più recenti ma meno psichiatriche" (Rossi Monti,M; Vitale.S 1980 pag 101). Questo atteggiamento ha prodotto una confusione sull intera produzione di Laing tale da impedire una adeguata rilettura delle sue prime opere, quelle che lo legano alla tradizione fenomenologico-esistenziale in psichiatria. Così come lattuale interpretazione prevalente in campo psichiatrico, di tipo biologico, ha posto ai margini la riflessione di Laing. Per comprendere levoluzione della sua produzione scientifico letteraria è necessario, seppur sommariamente, ritornare e soffermarsi sul Laing psichiatra. Solo così con una visione dinsieme è possibile ricostruire levoluzione del suo pensiero. The Divided Self (Laing,R.D. 1959 a ) e The Self and Others (Laing,R.D. 1959 b) scritti alletà di 28 anni, rappresentano il primo tentativo di Laing di trovare una risposta sull origine della malattia mentale. Nella prefazione alla prima edizione di The Divided Self ( 1959 a ) Laing afferma: "Questo è il primo di una serie di studi di psicologia e di psichiatria esistenziale che riguarda in particolare individui schizoidi e schizofrenici e che ha lintento di rendere comprensibile la pazzia e comprensibili i processi che ad essa conducono " (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag. 5). Lo stesso intento di rendere comprensibile la malattia mentale si ritrova anche in The Self and Others ( Laing,R.D. 1959 b) e in The Politics of Experience (Laing, R.D. 1968). La risposta che si ritrova in quelle pagine nasce da una riflessione di tipo fenomenologico- esistenziale che offre a Laing una valida chiave di lettura della malattia mentale. Il primo passo, in questo senso, come scrive lo stesso Laing è stato quello di porre "Tutte le varie esperienze allinterno di un globale essere-nel-mondo." (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 25). Da qui Laing avanza due ipotesi; sia che lapparente o reale incongruità del comportamento di una persona psicotica possa essere intelligibile allinterno del contesto familiare, sia che lapparente o reale irrazionalità della famiglia possa trovare la sua spiegazione nellirrazionalità della società. Risposte irrazionali quindi, ma coerenti con il sistema di cui fanno parte. Ciò che Laing in queste prime opere ci presenta è una serie di contesti e microcontesti attraverso i quali diventa possibile rendere intelligibili e comprensibili situazioni apparentemente irrazionali. Seguendo questo tipo di ricostruzione si giunge al contesto di tutti i possibili contesti: "il Sistema Mondiale Totale". Questo viene definito da Laing come contesto-limite, folle e irrazionale in quanto non è possibile ricondurlo, come nel caso dei precedenti sistemi, allinterno di un contesto che lo renda intelligibile. A questo punto della riflessione, come notano Rossi Monti e Vitale: "Lirrazionalità del Tutto sembra rappresentare per Laing la spiegazione autolegittimante della razionalità dei singoli contesti, lestremo limite con cui si scontra quella che si può definire la sua tecnica di ampliamento progressivo del contesto" (Rossi Monti, M; Vitale,S. 1980 pag 102). La via duscita è indicata nella Politica dellesperienza (1967) dove Laing, come notano Rossi Monti e Vitale propone "una fuga nel mondo del misticismo, dellirrazionale e della poesia nel tentativo di riconquistare se stessi la vera sanità" ( Rossi Monti,M; Vitale,S. 1980 pag 102). In questo senso i due autori evidenziano come "lesser giunto ad occuparsi di letteratura e di poesia dopo molti anni di brillante attività psichiatrica non costituisca in alcun modo per lautore motivo di sorpresa ed anzi appaia ai suoi occhi come la naturale conclusione di un lungo processo di riflessione che prese le mosse dallo studio della persona. In effetti tale atteggiamento è giustificato dal graduale e progressivo evolversi dellopera di Laing. Dopo avere affrontato il mondo della malattia mentale da diversi vertici (fenomenologico-esistenziale, relazionale o transazionale e socio-politico) e in contesti sempre più ampi (il mondo del singolo individuo, il microcosmo familiare con le dinamiche che si instaurano al suo interno, il Sistema Mondiale Totale), Laing sembra ora rendersi conto di aver perso per sempre la possibilità di fondare una scienza delle persone mediante la quale rendere comprensibile anche il disagio del singolo individuo psicotico. La persona, punto focale ed elemento irrinunciabile de Lio diviso, si è andata sciogliendo, come una statua di cera, fra le mani dellautore: resta solo la possibilità di cantare in versi il motivo del proprio fallimento" (Rossi Monti, M.; Vitale, S. 1980 pag 104). La scelta di dedicarsi alla poesia e alla letteratura dopo anni di studi sulla malattia mentale è per Laing la naturale conclusione di un lungo processo di riflessione che è iniziato dallo studio della persona. LANTIPSICHIATRIA DI RONALD D. LAING E LA SUA CONCEZIONE DELLA MALATTIA MENTALE R.D. Laing è uno dei maggiori esponenti dellAntipsichiatria, un indirizzo che ha preso lavvio negli anni sessanta in America con E. Goffman e Th. S. Sasz, in Inghilterra con D. Cooper e lo stesso Laing, in Francia con F. Guattari e in Italia con F. Basaglia. Questa corrente di pensiero, sorta allinterno della psichiatria e della psicoanalisi, si presenta come una critica radicale al concetto di malattia mentale e alle forme correnti di trattamento dei malati. LAntipsichiatria, sostenendo infatti il rifiuto della concezione manicomiale e di ogni trattamento coatto o imposto da un autorità, in particolar modo per quanto riguarda listituzione di manicomi, luso massiccio delle terapie farmacologiche e la normalizzazione a priori della devianza, ha contribuito ad un importante rinnovamento nellimpostazione della psicopatologia tradizionale e dellassistenza psichiatrica. Partendo infatti dalla premessa teorica che la malattia mentale ha un origine sociogenetica e che le sofferenze mentali sono il risultato di condizionamenti ambientali o di contraddizioni sociali, lAntipsichiatria denuncia limpostazione e il metodo adottati dalla psichiatria tradizionale che, tralasciando il ruolo fondamentale dei condizionamenti psicologici e ambientali e adottando un metodo medico-biologico, ha erroneamente identificato e curato la malattia mentale come una malattia organica. In questo senso è proprio grazie allopera di ricontestualizzazione collettiva della follia nellambito della famiglia e della società, che si riconosce allAntipsichiatria il merito di aver messo in luce sia il carattere prettamente politico e ideologico con cui la psichiatria classica ha trattato la malattia mentale, sia i limiti del metodo scientifico incapace di sciogliere i nodi clinici connessi alla manifestazione e allo svolgimento della malattia mentale. IV.2 LANTIPSICHIATRIA DI R. D. LAING LAntipsichiatria di Laing riprende i temi caratterizzanti del movimento dellAntipsichiatria (critica della nosografia e dei metodi terapeutici della psichiatria ufficiale) e li inserisce in un approccio di tipo fenomenologico-esistenziale. Tale indirizzo rifiuta, come è noto, la possibilità di oggettivare il soggettivo, di considerare il soggetto umano conoscibile con i metodi di impronta fisicalista della scienze naturali, anziché in base ad una ermeneutica e allo strumento dellempatia. Nellindirizzo fenomenologico lanalisi è volta al senso esistenziale dei sintomi e non alla considerazione di essi quali indizi di psicopatologie sottostanti. In questo indirizzo il sintomo ha la funzione di indicare il modo di porsi del soggetto, il suo essere-nel-mondo, il significato profondo del suo vissuto interiore. Delineato da K. Jaspers questo indirizzo non si occupa dei sintomi, intesi come indizi di malattia, ma al senso che lesperienza psicopatologica ricopre nel vissuto soggettivo. Ripreso in seguito e perfezionato da L. Binswanger, lindirizzo fenomenologico-ermeneutico stabilisce e tematizza una relazione tra mondo interiore (Innenwelt), mondo degli altri (Mitwelt) e mondo-ambiente (Umwelt); questi tre contesti si intrecciano tra di loro, ma nel far questo non seguono le regole della casualità lineare, ma quelle del circolo ermeneutico dove il disturbo mentale è consegnato ad un orizzonte di senso. "Questo indirizzo, sostituendo alla spiegazione della malattia la comprensione del malato psichico, riesce a evidenziare aspetti qualitativi che sfuggono all analisi quantitativa dell indirizzo scientifico-naturalista"(Galimberti. U, 1999 pag 799). IV.3 LA CONCEZIONE DELLA MALATTIA MENTALE IN R. D. LAING Scrive Laing in Sanity, Madness and the Family: "Noi non assumiamo neppure lesistenza della schizofrenia, ne ladottiamo come ipotesi. Non proponiamo per essa alcun modello" ( Laing,R.D ; Esterson,A. 1964 tr.it. pag LIV). Questa frase sembra evidenziare bene la posizione di Laing nei confronti sia della nosografia psichiatrica che della malattia mentale, di cui non vengono considerati ne gli aspetti biochimici e neurofisiologici ne i quadri sintomatologici e tassonomici per quanto riguarda gli aspetti psicologici. Ciò che la psichiatria tradizionale considera follia è per Laing un modo diverso di essere, e più precisamente un modo diverso di essere-nel-mondo e di essere con gli altri. Tale modo di essere è preparato dal contesto familiare in cui lindividuo si sviluppa, acquisendo prima di tutto quella posizione di base che Laing ha ben espresso con la contestualizzazione dell insicurezza ontologica e dellacquisizione correlata del falso io. La famiglia è quindi il tema centrale dellanalisi di Laing, pur non essendo un analisi immediatamente centrata sul contesto familiare. In particolar modo allinterno della famiglia Laing analizza le modalità di comunicazione, rivisitando in modo originale le acquisizioni della scuola di Palo Alto e le indicazioni di Bateson e di Watzlawick. Non cè una casualità deterministica da parte della famiglia nei confronti dellalienazione del soggetto, ma certo cè una forma di casualità nel senso di situazioni che predispongono allalienazione. Proprio per linadeguatezza di un modello di casualità lineare e deterministica, lo strumento conoscitivo non può essere quello dello schema logico del metodo sperimentale, della spiegazione scientifica, ma quello della "comprensione empatica" di Jaspers. Laing sembra giungere al suo approdo più radicale, la dicotomia fra le due posizioni che in alternativa considerano la psicologia " una scienza dello spirito" o " una scienza della natura", secondo la nota formulazione di Dilthey. Si ritrova in Laing nei confronti della malattia mentale la posizione tradizionale del pensiero fenomenologico-esistenziale che, nellambito clinico applica la concettualizzazione Heideggeriana di "reificazione" (Heidegger. M. 1927), processo per cui una persona o un rapporto diventano res, cosa. Il dualismo tra modo di essere della coscienza, ovvero della persona, e modo di essere della cosa, è anche centrale nella filosofia di Sartre, autore di grande importanza nella formazione culturale di Laing. La malattia mentale, res per la psichiatria tradizionale, si rivela ad un analisi fenomenologico-esistenziale basata sull empatia e sullimmedesimazione, come il risultato di logica e conseguenziale derivazione di dinamiche relazionali e comunicazionali, caratterizzate dalla negazione dellinteriorità e dellautonomia del soggetto che poi svilupperà un essere-nel-mondo che la stessa famiglia dapprima, la società e la psichiatria poi, considereranno alienato. Laing vuole analizzare la malattia mentale secondo lapproccio fenomenologico-esistenziale, mettendo a fuoco lesperienza che il soggetto ha di se stesso e del suo ambiente affettivo, psicoterapeuta compreso, in antitesi al paradosso della psichiatria tradizionale che, per comprendere il soggetto lo snatura, reificandolo nel gelo delloggetto come Laing stesso dimostra in The Divided Self (1959 a). LESSERE NEL MONDO DEL SOGGETTO IN RONALD D. LAING Lessere nel mondo del soggetto è la concettualizzazione che permette la comprensione del soggetto nella riflessione di Laing, delineata sin dalla prima fondamentale opera scritta nel 1959: The Divided Self, che rappresenta il primo tentativo di Ronald D. Laing di rendere comprensibile la follia e le sue dinamiche. Ancora oggi viene considerato, come nota Rossi Monti nella presentazione dellopera Lio diviso " una delle pagine esemplari della tradizione fenomenologico-esistenziale in psichiatria, al di là del contesto storico politico in cui è nato"(Rossi Monti, M. 1991 ). Il merito di quest opera consiste soprattutto nel aver rotto violentemente con la rigidità storica della psichiatria tradizionale, con la critica alla distinzione tra normalità e anormalità e con la problematicizzazione del significato del termine "malattia mentale", secondo un tipo di approccio soggettivistico e interrelazionale. The Divided Self (1959 a ) non è un trattato sulla schizofrenia né si occupa di eventuali aspetti costituzionali della malattia mentale che vengono negati a favore di una spiegazione psico-genetica, ma, come lo stesso Laing afferma nella prefazione alla prima edizione: "Questo è il primo di una lunga serie di studi di psicologia e psichiatria esistenziale che riguarda individui schizoidi e schizofrenici e che ha lintento di rendere comprensibile la pazzia, e comprensibili i processi che ad essa conducono" (Laing, R. D, 1959 a. tr.it pag 13). Laing in queste pagine ripercorre un analisi e una descrizione della lacerazione interiore che caratterizza "lio diviso" di un individuo schizofrenico mettendo a fuoco non tanto quello che, in termini di clinica psichiatrica viene chiamata schizofrenia, quanto più precisamente la posizione dello schizoide. Il risultato di questo lavoro è una ricostruzione della possibile traiettoria che termina in quello stato di frammentazione ( di caotico non-essere) che viene abitualmente etichettato con il termine di schizofrenia. Per descrivere tutto questo Laing sceglie il linguaggio quotidiano, vicino allesperienza, e luso di termini esistenziali. The Divided Self si presenta come una lettura esistenziale e fenomenologica della malattia mentale, in cui si rintraccia facilmente il debito di Laing nei confronti della tradizione del pensiero esistenziale, sia per quanto riguarda lassunzione del metodo fenomenologico-esistenziale, sia per ladozione di concetti strettamente filosofici. Lo stesso Laing spiega già nelle prime pagine di The Divided Self (1959 ) che lapproccio fenomenologico-esistenziale alla psicosi è molto diverso da quello della psicopatologia classica. Innanzitutto non è nosografico né categorizzante. Infatti a differenza dello psichiatra clinico che, nel suo desiderio di essere scientifico e oggettivo si limita a considerare il comportamento "oggettivamente" osservabile del paziente che gli sta di fronte, lo psichiatra esistenziale non diagnostica il paziente secondo un quadro psicopatologico prestabilito, ma cerca di capire lesperienza del paziente ,di "porre tutte le varie esperienze all interno di un globale essere-nel-mondo" (Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 25). Questo tipo di approccio è necessario, perché l uomo non vive isolato dal resto, ma in continuo rapporto con se stesso e con gli altri. Spesso invece il vocabolario tecnico e la concettualizzazione cui si riferisce, usato sia in psichiatria che in psicoanalisi, ha avuto leffetto di separare ulteriormente dal contesto lessere umano; i termini infatti o si riferiscono ad un uomo considerato isolatamente rispetto agli altri e al mondo o si riferiscono ad aspetti falsamente elevati a sostanza di questa entità isolata. In questo modo: "invece delloriginario legame io-tu, si prende un singolo uomo isolato, e si concettualizzano i suoi vari aspetti: lIo, il Super-io, lEs" (Laing, R. D. 1959 a tr.it pag 7). Linadeguatezza della concettualizzazione psichiatrica e psicoanalitica ha fatto sì che il paziente venisse considerato non come un uomo ma come un organismo completamente staccato dal suo mondo. Laing a questo proposito sottolinea come "siamo tutti pronti a definire pazzo chi cerca di essere una macchina o una cosa, ma non siamo altrettanto pronti a ritenere pazzesca una teoria che di fatto riduce luomo a una macchina "(Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 28). Laing in The Divided Self (1959 ) riporta laffermazione di Brierley per il quale "Una teoria delluomo come persona è destinata a fallire se si ricade in una descrizione delluomo come meccanismo, o come sistema organico di processi di cose" (in Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 11). Allora diventa necessario adottare quel pensiero esistenziale che quantomeno tenta di esprimere lesperienza originale che si ha di se stessi in rapporto con gli altri, nel proprio mondo personale, con una nozione in grado di esprimere la globalità: lesistenza di un uomo intesa come il suo "essere- nel- mondo". Come notano Rossi Monti e Vitale infatti "Il rapporto con lAltro visto come persona e non come cosa è alla base di ogni teoria che voglia assurgere al rango di scienza delle persone. Ogni volta che si cade nellerrore di considerare laltro come oggetto, come cosa, si perde inevitabilmente ogni possibilità di comprenderlo come persona, di inserirlo in quella trama di rapporti più vasti e complessi che costituisce il suo mondo. Laing, in altre parole, rinnova al metodo clinico laccusa che la fenomenologia aveva già rivolto alle scienze naturali: lincapacità di pervenire alla comprensione dei fenomeni nella loro globalità e di essere invece costretta a frammentarli e scomporli, ad esaminare il singolo dato perdendo di vista il tutto. In questo senso latteggiamento clinico parte dal presupposto che una volta che si sia scomposto il fenomeno in una serie di parti giustapponibili fra loro sia legittimo affermare di averlo compreso; si tenta in tal modo di contrabbandare un semplice inventario come schema esplicativo e comprensivo della malattia mentale. Latteggiamento fenomenologico-esistenziale consente invece di considerare la persona nella sua totalità (e quindi anche in quegli aspetti che la clinica definisce come patologici) sullo sfondo di un particolare modo di essere- nel- mondo. Il compito della fenomenologia in psichiatria è quello di svelare la struttura del peculiare modo di essere- nel- mondo di quella persona che, a causa dei disturbi psichici di cui soffre, si rivolge allo psichiatra"(Rossi Monti,M. Vitale,S. 1980 pag 105). Lesperienza che la persona ha di sé è primaria nel senso che viene prima di ogni altra cosa. Per Laing "Essa è valida per sé" (Laing. R 1959 a tr.it pag 43). Questo è il motivo per cui una teoria delle persone che, in nome della scientificità voglia vivisezionare lesperienza del soggetto, rischia di essere pericolosa e inefficace. Secondo Laing "non si può comprendere la schizofrenia se non si comprende la disperazione" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 46) e non ci può essere una comprensione se non mettiamo in relazione gli atti di una persona con il suo modo di vivere, se misuriamo laltro con il nostro metro e con le nostre categorie o, come dice Laing "restando nel nostro mondo"(Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 48). In questo senso è fondamentale per Laing che il terapeuta abbia una plasticità sufficiente per trasporsi in un mondo diverso dal suo, attingendo alle sue potenzialità psicotiche, senza per questo rinunciare alla sua salute mentale. Solo così diventa possibile comprendere la non sostanziale differenza fra lessere nel mondo dello schizofrenico, dello schizoide o dellindividuo normale. Da queste premesse Laing inizia così lanalisi di quel processo di disgregazione e di spersonalizzazione che porta allorigine della schizofrenia . Servendosi di concetti come "linsicurezza ontologica" e "il sistema del falso io", Laing affronta in The Divided Self il mondo della malattia mentale sia da un punto di vista psicodinamico che fenomenologico. Riprendendo il concetto di falso io dalla tradizione psicoanalitica e rileggendolo in chiave fenomenologico-esistenziale Laing presenta una sua spiegazione sulla natura dei molti comportamenti, apparentemente incongrui e incomprensibili, dello schizofrenico. Al di là di qualsiasi giudizio se Laing in questa opera sia riuscito o meno a entrare veramente nel mondo della malattia mentale e a trovare una valida spiegazione sulla sua origine, a The Divided Self rimane il grande merito di aver rivelato come ciò che abitualmente viene relegato nellalienità e messo al di là del muro della comprensione sia in realtà molto più vicino a noi di quanto possiamo immaginare. Come evidenzia infatti Rossi Monti " nell Io diviso i confini tra normalità e psicosi si mostrano in tutta la loro labilità, facendo intravedere le potenzialità psicotiche insite in ogni esistenza" (Rossi Monti,M. 1991 ). II.1 LA NOZIONE DI INSICUREZZA ONTOLOGICA Il capitolo centrale di The Divided Self è dedicato alla concettualizzazione dell "insicurezza ontologica". Scrive Laing: " Un uomo può avere il senso della sua presenza nel mondo come una persona reale, viva, intera e, in senso temporale, continua. Come tale vive nel mondo e ne fa parte, e incontra gli altri; e sia questi che quello, vengono vissuti come altrettanto reali, vivi, interi e continui. Questa persona fondamentalmente sicura in senso ontologico, è in grado di affrontare la vita e le sue difficoltà di ordine sociale, etico, spirituale e biologico, armata di questo suo senso, solido e centrale, della realtà e della identità di se stessa e degli altri" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 31). Successivamente Laing precisa che il suo studio "riguarda le cose che succedono quando vi è un assenza o un difetto delle certezze derivanti da una condizione di insicurezza ontologica che ora possiamo chiamare sicurezza ontologica primaria, e quando al loro posto vi sono ansietà e pericoli che, come qui suggerisco, provengono soltanto da una insicurezza ontologica primaria; riguarda infine i tentativi, conseguenti a questa condizione, di affrontare quelle ansietà e quei pericoli" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 31). E necessario precisare, come fa lo stesso Laing in una nota, che il termine ontologico nella sua opera non è da intendere " nel senso filosofico, come per esempio si trova usato in Heidegger, Sartre o Tillich, ma nel suo significato empirico, cioè come avverbio o aggettivo della parola essere" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 31). Per focalizzare il contrasto fra una condizione esistenziale di sicurezza ontologica di fondo e una condizione di insicurezza ontologica, Laing riporta una lunga citazione di L. Trilling in cui il noto critico letterario confronta il mondo di Shakespeare e Keats da una parte e quello di Kafka dallaltra. Scrive Trilling: " Per Keats la consapevolezza del male esiste accanto a un senso fortissimo di identità personale, e per questo motivo è meno immediatamente apparente; ad alcuni lettori contemporanei potrà sembrare, per lo stesso motivo, anche meno intensa. Allo stesso modo può apparire ad un lettore contemporaneo che, se confrontiamo Shakespeare a Kafka trascurando le differenze di statura, e considerando entrambi come interpreti della sofferenza e della alienazione cosmica delluomo, sia quella di Kafka un esposizione più intensa e completa. E in realtà può anche darsi che si tratti di una valutazione giusta, proprio perché in Kafka il senso del male non è contraddetto dal senso dellidentità personale. Il mondo di Shakespeare, non meno di quello di Kafka, è quella prigione con cui Pascal definisce il mondo, dalla quale ogni giorno i condannati vengono condotti a morire; non meno di Kafka, Shakespeare ci costringe a vedere la crudele irrazionalità della condizione umana, la vita come un racconto detto da un idiota, gli dèi puerili che ci torturano non per punizione ma per divertirsi; non meno di Kafka, Shakespeare si sente rivoltare dal fetore della prigione, che nulla in lui è più caratteristico delle sue immagini di disgusto. Ma nella cella di Shakespeare, in quale miglior compagnia ci si trova! I capitani e i re, gli amanti e i buffoni di Shakespeare sono vivi e completi fino allora della loro morte. Ma in Kafka qualcosa di terribile è stato fatto ai suoi condannati già molto tempo prima che la sentenza venga eseguita, anzi molto tempo prima che si istituisca il maligno processo. E sappiamo tutti di che si tratta. Essi sono stati spogliati di tutto quello si addice ad un uomo, tranne la sua astratta umanità, che però, come i loro scheletri, non gli si addice mai del tutto. Sono senza parenti ,senza casa, senza moglie o figli, senza un impegno o appetito; sono a loro estranei il potere, la bellezza, lamore, lingegno, il coraggio, la lealtà , e la fama; e il senso di orgoglio che si prova nel possedere le cose. Così che possiamo dire che la conoscenza del male esiste in Kafka senza la conoscenza, con essa contrastante, dellio nella sua saldezza e validità; mentre in Shakespeare la conoscenza del male esiste accanto a questo contrasto, espresso il più fortemente possibile".(Trilling,L. 1955, in Laing, R.D. 1959 a tr. it pag 32). Laing spiega come il contrasto presentato in questo brano da L . Trilling tra le diverse tipologie di personaggi esprima lo stesso contrasto esistente tra una condizione di sicurezza ontologica di fondo e una condizione di insicurezza ontologica; infatti spiega che " i personaggi di Shakespeare mostrano chiaramente di sentirsi reali e vivi, per quanto possano essere tormentati da dubbi o combattuti; al contrario di quanto avviene in Kafka , dove viceversa si ha uno sforzo di comunicare cosa significa esser vivi senza averne la certezza ( ) La vita senza sentirsi vivi" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 33). Il tema dellinsicurezza ontologica presentato da Laing è la nozione fondamentale di The Divided Self (1959 ) in quanto rappresenta una condizione interiore che, se non individuata e corretta in tempo, costituisce il primo passo verso la malattia mentale. Laing infatti descrive linsicurezza ontologica come quella condizione in cui si trova un individuo che non ha potuto sviluppare il senso della propria identità e della propria autonomia. Identità e autonomia sono quegli elementi che permettono ad un essere umano sia di affrontare la vita e le sue difficoltà di ordine sociale, spirituale e biologico, sia di sentire se stessi come un essere reale, vivo e differenziato dal resto del mondo. Se un individuo, spiega Laing, dopo la sua nascita biologica non è riuscito a vivere completamente lesperienza della nascita esistenziale, ovvero a diventare vivo e reale ed ad avere il senso di essere un entità continua nel tempo e provvista del proprio spazio, allora nel corso della sua vita si sentirà "più irreale che reale" (Laing,R. D. 1959 a tr.it pag 34). Laing chiarisce ulteriormente il suo pensiero scrivendo: "Un individuo può avere un esperienza di se stesso come di una cosa viva, reale, intera; differenziata dal resto del mondo, in circostanze ordinarie, tanto chiaramente da non mettere mai in dubbio la propria identità e autonomia; un autonomia continua nel tempo; dotata di coerenza interna, di sostanzialità, di genuinità e di valore; spazialmente identica al proprio corpo; e , di solito, come qualcosa che ha avuto inizio con la nascita, o approssimativamente con essa, e che si estinguerà con la morte. Tutto questo rappresenta il solido nucleo della sicurezza ontologica" (Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 34). Ma ci sono situazioni diverse, come nota Laing: "Anche in circostanze di vita ordinarie, un individuo può sentirsi più irreale che reale; letteralmente più morto che vivo; differenziato in modo incerto e precario dal resto del mondo, così che la sua identità e la sua autonomia sono sempre in questione. Può mancargli la sensazione della continuità temporale;può fargli difetto il senso della propria coerenza o coesione personale. Si può sentire come impalpabile, e incapace di ritenere genuina, buona e di valore la stoffa di cui è fatto. Può sentire il suo io parzialmente disgiunto dal suo corpo" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 34). Laing evidenzia a questo punto dellanalisi come sia proprio nel rapporto con gli altri che linsicurezza ontologica riveli chiaramente la sua problematicità; infatti dal momento che non è in grado di riconoscere e vivere la propria identità e autonomia, la persona ontologicamente insicura è costretta a trovare dei modi per cercare di mantenersi viva. Il territorio dove inizia questo suo incessante lavoro per non perdersi è proprio quello dei rapporti con gli altri. Dal momento che ogni singolo atto diventa eccessivamente significativo perché contribuisce al sostegno del suo essere, o al contrario lo minaccia con il pericolo di non essere, lindividuo con uninsicurezza ontologica non riesce a vivere un rapporto piacevole con laltro, fondato su una genuina reciprocità. La mancanza del senso di autonomia implica che, al sano rapporto di attaccamento nei confronti dellaltro subentri la sensazione di essere in uno stato di dipendenza da quest ultimo. Questo tipo di dipendenza ontologica può assumere un doppio significato; infatti se da una parte è solo attraverso di essa che lindividuo sente di esistere, dallaltra essa rappresenta la minaccia di esser schiacciati ed annullati del tutto. In questa situazione lunica via duscita è quella di distaccarsi e allontanarsi dal mondo. II. 2 LE TRE FORME DI ANSIETA CONNESSE CON LINSICUREZZA ONTOLOGICA È proprio nellimpossibilità di vivere un rapporto non minaccioso con laltro che Laing trova lorigine di tre forme dansia di cui soffrono le persone ontologicamente insicure. Partendo dal presupposto che per avere un rapporto con un altro essere umano è necessario possedere un senso sufficientemente solido della propria autonomia e della propria identità, Laing spiega come per le persone ontologicamente insicure ogni rapporto rappresenti una minaccia di perdere la propria identità. Questo tipo paura può generare, secondo Laing, tre diverse forme dansia: a) "il risucchio", b) "limplosione", c) "la pietrificazione e la spersonalizzazione". a) "il risucchio" sopraggiunge, secondo Laing quando "un individuo teme ogni rapporto in quanto tale, con chiunque e persino con se stesso, perché lincertezza che prova, il senso di instabilità che ha nei confronti della sua autonomia, gli fa continuamente temere di perderla nel rapporto"(Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 36). Il risucchio rappresenta quindi per lindividuo un vero e proprio rischio di essere sopraffatto dallaltro, di essere completamente annientato. Per questo motivo la persona ontologicamente insicura vive ogni rapporto come se fosse una lotta in cui deve faticare per non lasciarsi annegare. Questo tipo di lotta diventa a lungo andare un attività stressante da sostenere. E la manovra principale e apparentemente meno faticosa cui si ricorre per conservare la propria identità è quella dellisolamento: alla completa perdita dellessere, attraverso lassorbimento in un'altra persona si preferisce la completa solitudine. Laing spiega come questo tipo di ansia generi spesso nelle persone una reazione terapeutica negativa che si verifica durante la terapia: qui, nel rapporto medico-paziente, la possibilità di esser compresi e capiti dal proprio terapeuta viene ,ancora una volta, vissuta dal paziente con un sentimento di paura esser risucchiati, annegati e soffocati dallabbraccio della sua presunta comprensione. Il rapporto con laltro, in questo caso con il terapeuta, viene visto come una minaccia a cui si reagisce spesso con disinteresse o addirittura con odio. A questo proposito Laing esemplificamente racconta quando durante una seduta di gruppo nacque una discussione tra due suoi pazienti, improvvisamente uno dei due interruppe la discussione dicendo allaltro: "Così non posso continuare. Lei discute per il piacere di avere la meglio su di me. A lei non succede niente, al massimo può perdere la discussione. Ma io combatto per la mia esistenza"( Laing,R. D. 1959 a tr.it pag 36). Laing evidenzia qui come per il paziente, un uomo giovane e apparentemente sano di mente, una semplice discussione può diventare una grande opportunità di difendere la propria esistenza. Se, come in questo caso, avere la peggio in una discussione significa per un individuo mettere in pericolo la propria vita, allora sicuramente quest uomo ha perso completamente il contatto con la realtà, e potrebbe diventare uno psicotico. Per intervenire in una simile situazione il terapeuta non deve, secondo Laing, sottoporre il paziente al tipo di intervista psichiatrica utilizzata dalla medicina tradizionale che se da un lato ha come fine quello di accertare la patologia del paziente, dallaltro è in grado di provocare proprio quei "segni psicotici" che andava cercando. Tali segni sono infatti facilmente provocabili in un individuo che ha una soglia di sicurezza talmente bassa da vedere in ogni rapporto con un'altra persona una minaccia di sopraffazione. Laing spiega che in terapia con un tipo di persona che ha paura di esser compreso dal proprio terapeuta, lunica cosa da fare è di non fingere più amore o interessamento di quanto ci sia in realtà; "Quanto più i motivi personali, necessariamente molto complessi del terapeuta per cercare di aiutare una persona di questo tipo, convergono verso una genuina preoccupazione a lasciarlo in pace, anziché verso il suo soffocamento di fatto, o verso una semplice indifferenza, tanto maggiori sono le speranze di riuscita" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 38). b) "limplosione". La seconda forma dansia è definita da Laing con un termine forte che indica una forma estrema di urto Questa parola descrive secondo Laing "il terrore di sentire il mondo come qualcosa che da un momento allaltro può sfondarci, e cancellare qualunque traccia della nostra identità come un gas che irrompe in un vuoto"( Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 38). Lindividuo si sente quindi vuoto, scrive Laing che: "Questo vuoto è lui stesso: sebbene, in altri modi, desideri che il vuoto venga riempito, egli teme la possibilità che ciò avvenga, perché si è andato convincendo di non essere nullaltro che questo vuoto spaventoso. Allora ogni contatto con la realtà viene sentito, in sé, come una terribile minaccia, perché questa, così come viene vissuta da lui, è necessariamente implosiva, e quindi, come i rapporti con gli altri minacciavano di inghiottire, anchessa è di per sé un pericolo per quel po di identità che lindividuo può ancora supporre di possedere. La realtà come tale, minacciando di inghiottire o implodere, è il persecutore" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 39). c) "La pietrificazione o spersonalizzazione". Questo termine ha tre diversi significati, come Laing sottolinea può essere, infatti intesa come: " a) una forma particolare di terrore o incubo, nel quale si è trasformati in pietra. b) il timore che ciò accada, cioè di diventare o essere trasformati, da persona viva, in una cosa morta: una pietra, un robot, un automa, una cosa senza soggettività e senza autonomia personale; c) Latto magico con il quale qualcuno può tentare di trasformare qualcun altro in pietra; e, per estensione, latto con cui uno nega o cancella lautonomia dellaltro, ignora i suoi sentimenti, lo considera un oggetto, uccide la vita e anche lui. In questo senso sarebbe forse meglio parlare di spersonalizzazione o di reificazione: si è trattati non come una persona o un libero agente, ma come una cosa" (Laing,R.D. 1959 a tr.it pag 39). Laing spiega come la spersonalizzazione dellaltro sia un meccanismo di uso comune; nella vita di tutti i giorni, infatti, si ricorre molto spesso alla spersonalizzazione dellaltro nel momento in cui un individuo sta diventando troppo noioso o reca disturbo; si può scegliere, infatti, di non rispondere più ai suoi sentimenti e di trattarlo come se addirittura non li avesse. In questo caso quindi laltro non viene più trattato secondo la consapevolezza che si ha di lui come persona, ma come se fosse un robot di forma umana. Questo tipo di spersonalizzazione dellaltro che, sebbene non sia molto desiderabile, viene considerata come una pratica normale, è molto diversa da quella riscontrata da Laing in persone schizofreniche: "Le persone che ci interessano qui hanno la tendenza sia a sentire se stesse più o meno spersonalizzate, sia a spersonalizzare gli altri, perchè temono costantemente di venire spersonalizzati da essi" (Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 39). Queste persone, nel momento che sentono laltro come un libero agente avvertono di conseguenza la paura di diventare loro stessi un oggetto dellesperienza dellaltro. La minaccia di essere un semplice oggetto nel mondo dellaltro ha come effetto immediato quello di far recepire agli individui ontologicamente insicuri qualsiasi contatto con un altro individuo come un atto potenzialmente suicida. Questo tipo di effetto viene descritto in modo brillante da Sartre nella terza parte di Lessere e il nulla. Ogni persona, seppur inoffensiva, rappresenta, in questottica, un pericolo per il proprio io, indipendentemente da quello che fa, per il semplice fatto che esiste. Per capire meglio le dinamiche della pietrificazione Laing porta come esempio la storia di un suo paziente, James, un chimico di ventotto anni. La difficoltà di questo ragazzo era quella di non riuscire a diventare una persona autonoma. Privo di una propria personalità sentiva di essere solo una risposta alle esigenze degli altri, e per questo motivo con il passare del tempo aveva sempre di più limpressione di diventare una persona "fantastica" e di non avere peso e sostanza. Di se stesso diceva : sono soltanto un sughero che galleggia nel mare. James confessava che il suo grande tormento era quello di non essere riuscito a diventare una persona autonoma e di questo imputava tutta la colpa alla madre: per lei ero soltanto un oggetto da mostrare, non ha mai riconosciuto la mia identità. A causa della forte insicurezza che James provava nei suoi confronti, si manifestò successivamente la paura di venir sopraffatto e schiacciato dalla forza della realtà che possedevano gli altri; di fronte al suo scarso peso e alla sua scarsa sostanza, gli altri apparivano solidi e decisi. Nonostante le paure e le inadeguatezze che avvertiva nel rapporto con gli altri, James non si lasciava sovrastare tanto facilmente; mise in atto due tecniche in grado secondo lui di garantire il mantenimento della sua soggettività. La prima consisteva nel fingere una ostentata docilità nei confronti degli altri, la seconda era quella di immaginare di possedere una testa di medusa in grado di pietrificare gli altri a sua volontà. James, fingendo di non essere altro che un sughero, neutralizzava il pericolo a cui era costantemente esposto, quello di diventare un oggetto posseduto da qualcun altro, ma contemporaneamente, con il suo potere magico di trasformare, ai suoi propri occhi, laltra persona in un oggetto, egli, in segreto, disarmava il nemico, distruggendolo come persona. Il meccanismo della pietrificazione e della spersonalizzazione, nelle persone ontologicamente insicure viene così riassunto da Laing: "Rinunciare alla propria autonomia diventa il mezzo di salvaguardare in segreto, e fare il morto diventa il mezzo per conservare la vita. Trasformarsi in pietra diventa un modo per non essere fatto in pietra da qualcun altro. Ma in un certo senso lesser duro come pietra, e come essa morto, scongiura il rischio di essere trasformati in una cosa morta da un'altra persona" (Laing,R.D 1959 a tr.it pag 45). La pietrificazione e la spersonalizzazione non sono altro che due forme di lesione della propria autonomia che portano a due grandi fallimenti: lincapacità di mantenere il senso di sé come persona quando si entra in contatto con un'altra persona, e lincapacità di mantenere questo senso quando si è da soli. Con la nozione di "falso io" Laing riprende quella di inautenticità della vita presente nella filosofia esistenzialista. " LIo interiore fantastica ed osserva: osserva i processi della percezione e dellazione. Lesperienza non tocca direttamente questo io, o almeno questa è lintenzione, e gli atti dellindividuo non ne sono espressione. I rapporti diretti con il mondo rientrano nella provincia del falso io" ( R. D. Laing 1959 a tr.it pag 92). Con questa definizione Laing introduce nel sesto capitolo di The Divided Self, la nozione di falso io che, insieme a quella dellinsicurezza ontologica, rappresenta uno dei concetti fondamentali per lo studio e la comprensione della malattia mentale. Il sistema del falso io è, come spiega lautore, un meccanismo molto complesso e contiene in se contraddizioni di diverso genere; Laing ne offre unanalisi che si riferisce specificamente al problema di quel modo particolare di essere-nel-mondo della persona schizoide. Il fine dellindagine è quello di arrivare alla formulazione di alcune delle sue caratteristiche generali, a tal scopo Laing ha scelto di procedere nella sua analisi confrontando tre diversi tipi di manifestazioni del sistema del falso io, quello a) della persona sana, b) dellisterico, c) dello schizoide. A) Nella persona sana il sistema del falso io si sviluppa come una naturale conseguenza della duplice dimensione dellidentità umana: ogni individuo infatti possiede una identità per se stesso e una per gli altri. Come lo stesso Laing spiega a tal proposito : "Se non esiste tanto oggettivamente quanto soggettivamente, ma possiede invece solo un entità oggettiva, solo un identità per se, allora questuomo non esiste"( Laing,R.D 1959 a tr.it pag 93). Tutti gli uomini nel momento in cui entrano in contatto con altre persone assumono dei comportamenti che rientrano nella normalità di una vita sociale: si può facilmente notare infatti che un individuo nella sfera dei suoi rapporti con gli altri indossi nella quotidianità una maschera e che compia una serie di azioni virtualmente meccaniche. Queste zone di comportamento meccanico non coprono però lintera attività delluomo, né impediscono lemergenza di azioni spontanee, né tantomeno vengono vissute dal soggetto come corpi ostili alloggiati nel proprio organismo con un forte potere di autonomia e di costrizione. In questo caso esiste quindi una armonia e una congiunzione tra lidentità per se stesso e quella per gli altri, non cè quindi nessuna spinta interna che porti lindividuo a combattere e distruggere la sua realtà esterna, che esiste dentro di sé come se avesse una realtà separata e quasi personale. B) Nel caso dellisterico si manifesta in una dissociazione del soggetto da gran parte delle sue azioni, la differenza con il caso precedente è che tale dissociazione ha come unico fine la gratificazione dellindividuo isterico che viene conseguita mediante il compimento di determinate azioni, delle quali non viene ammessa limportanza dal soggetto. Come spiega Laing infatti: " Le sue azioni gli procurano dei vantaggi , cioè gratificazioni degli impulsi aggressivi o libidici verso altre persone, ma di questi impulsi egli non può confessare a se stesso il significato"( Laing, R.D. 1959 a tr.it pag 94). Listerico quindi finge o si convince di credere che le sue attività, estremamente gratificanti, siano una finzione e che il loro compimento non comporti nessuna particolare implicazione, ma in realtà i suoi desideri vengono segretamente soddisfatti proprio grazie alle sue attività. C) Nella posizione dello schizoide va notato che latteggiamento di indifferenza e il distacco dalle implicazione di ciò che dice o ciò che fa, costituisce la prima differenza tra il sistema del falso io dellisterico e quello dello schizofrenico; questultimo non utilizza il sistema del falso io per procurarsi delle gratificazioni e delle soddisfazioni, anzi molto spesso lo schizofrenico, pur avendo perfettamente adattato il falso io, può rimanere insoddisfatto in senso primordiale, privo quindi di ogni gratificazione per il proprio io interiore. Negli individui schizoidi il sistema del falso io si forma nella sottomissione alle intenzioni o alle aspettative degli altri, ma tutto ciò non viene fatto per un desiderio positivo di fare le cose che risultano piacevoli per gli altri, ma ciò che muove il falso io è un conformismo negativo a norme non proprie, suggerito dal timore di non poter essere se stessi. Nel suo intento di fingere ciò che non è , lindividuo schizoide si presenta come la risposta a quello che gli altri chiedono che esso sia: il figlio modello, il marito ideale o un solerte lavoratore. In realtà lo schizoide sceglie di apparire in questo modo perchè ha paura : "Teme di non apparire come uno che persegue quegli scopi che si immagina che gli altri abbiano deciso per lui. I suoi scopi personali li persegue solo in senso negativo, e cioè nella misura in cui la sua sottomissione esteriore costituisce un tentativo di salvarlo da una estinzione totale" (Laing ,R.D.1959 a tr.it pag 98). La docilità del falso io appare quindi come la prima risposta alla paura di essere se stessi. La seconda reazione, provocata dal falso io dellindividuo schizoide, è la nascita di un forte sentimento di odio nei confronti di ciò che mette in pericolo il proprio io. Questo sentimento che spesso viene soffocato dal soggetto sfocia molto spesso - sotto forma dei classici deliri dello schizofrenico - in accuse di persecuzione contro quelle stesse persone verso le quali il suo falso io è stato per anni docile e compiacente. Questa non è la sola possibile manifestazione di odio; Laing ha riscontrato infatti in seconda istanza una forte tendenza del falso io "ad assumere sempre più le caratteristiche della persona o delle persone verso le quali è diretta la propria docilità. Questa adozione può arrivare fino ad un vero e proprio impersonificare laltro; lodio per tale interpretazione si fa evidente quando essa comincia a trasformarsi in una caricatura"( Laing,R.D 1959 a tr.it pag 99). In questo caso si può notare come lindividuo partendo da una prima identificazione con laltra persona, passi da una situazione di totale conformismo nei suoi confronti ad una umilissima soggezione, per arrivare infine ad esprimere, attraverso il suo stesso mezzo, sentimenti di ostilità e di disprezzo nei confronti di quella stessa persona che è stata oggetto della sua iniziale identificazione. Il soggetto schizofrenico sceglie quindi di vivere una vita non sua, modellata in base ad aspettative degli altri, piuttosto che rischiare di trovarsi direttamente di fronte al terrore, alla confusione di trovarsi di fronte a se stessi. Il sistema del falso io che nasce inizialmente come una forma di difesa per il proprio io interiore si rivela in realtà un fallimento; lio interiore odia le caratteristiche del falso io e le teme, perché lassunzione di una identità estranea viene vista come un pericolo per la propria. Il sistema del falso io produce quindi delle conseguenze catastrofiche perchè lintera attività dellindividuo finisce con lessere completamente alienata dallio segreto, fino a diventare un insieme di caricature, frammenti estranei e passeggeri di attività che non permettono un sano rapporto con se stessi e con gli altri. LA FAMIGLIA IN RONALD D. LAING LANALISI CLINICA DELLA FAMIGLIA La famiglia intesa come nucleo comunitario elementare che unisce due individui e la loro prole rappresenta il punto di intersezione di numerosi studi e ricerche, appartenenti a diversi campi di ricerca. Questo interesse nasce dal fatto che la famiglia è quasi universalmente riconosciuta "come via maestra per laccesso allindividualità, allorizzonte referenziale immediato, alle modalità reattive primarie che connotano il comportamento interindividuale; perciò essa opera, da un punto lato, come una specie di schema funzionale che costituisce il tramite tra lindividuo nella sua singolarità e lindividuo come elemento di quellinsieme complesso che è la società, e dallaltro come il correlato più o meno diretto di tutte quelle immagini che riguardano la formazione e la normalizzazione dei comportamenti individuali e, in rapporto a ciò, la determinazione genetica delle patologie psichiche" (Galimberti, U. 1999 pag. 412). La famiglia ritenuta responsabile della determinazione e della formazione del comportamento psichico è stata il centro di studi per diverse discipline psicologiche, ognuna delle quali ne ha dato una diversi significati ed interpretazioni. La psicologia sociale ed in particolar modo gli ambientalisti, partendo dagli studi di T. Parsons hanno evidenziato le influenze dellambiente nella formazione dellindividuo. La psicoanalisi considera la famiglia come la base dello sviluppo psichico di ogni individuo. Sigmund Freud a questo proposito ha elaborato quattro concetti che evidenziano le relazioni tra la famiglia e il suo effetto sullo sviluppo del singolo individuo. Freud elabora le seguenti teorie: "a) la teoria del trauma psichico che sostiene che intensi sentimenti di ira, di amore, o di paura, precisati nel corso degli eventi familiari, possono divenire lepicentro della formazione nevrotica; b) la teoria dello sviluppo psicosessuale prevede che le reazioni specifiche dei genitori e dei fratelli al comportamento del bambino nelle varie fasi, influenzino le capacità di questultimo nel risolvere le pressioni delle forze intrapsichiche contrastanti; c) una terza formulazione si raccoglie intorno al complesso di Edipo considerato nucleo della nevrosi; d) infine il concetto di identificazione stabilisce che lo sviluppo del Super Io, e in parte dellIo, ha luogo mediante un processo di interiorizzazione dei genitori e degli altri membri della famiglia come oggetto di una carica libidica e ostile" (Galimberti, U. 1999 pag. 413). E come nota Galimberti " Questi quattro concetti vanno letti a partire dalla premessa di Freud secondo cui la psiche del bambino non riflette esattamente la realtà famigliare, ma piuttosto una versione altamente elaborata e imprecisa di quella realtà distorta dai desideri, generati dalle forze pulsionali inconsce, difficili da gestire" (Galimberti,U. 1999 pag. 413). La psichiatria nello studio della famiglia si è concentrata su tre aspetti: a) le caratteristiche delle relazioni tra genitori e figli che si presumono alla base del disturbo mentale con individuazione dellaspetto patogeno dei genitori; b) la struttura della famiglia come ordine di nascita, il numero e il sesso dei fratelli, che si presume connessa con la psocopatologia; c) linfluenza dei fattori genetici o costituzionali sul bambino e la reazione corrispondente della famiglia" (Galimberti, U. 1999 pag. 413). H.S. Sullivan, partendo dalle riflessioni metodologiche della psichiatria ha inaugurato una nuova prospettiva dindagine sulla famiglia attraverso lintroduzione della nozione di "campo relazionale"; in questo modo H.S. Sullivan ha sancito uno spostamento nellanalisi delle psicopatologie dalla dimensione intrapsichica a quella interpersonale. Da questo momento in poi la riflessione psichiatrica, sensibile anche alle sollecitazioni psicanalitiche a questo studio, sviluppa il concetto di nevrosi familiare, nozioni fondamentale per la comprensione di quei casi in cui si rileva la presenza di disturbi psichici in più di un membro della famiglia. Questo tipo di studi, che prese piede soprattutto negli Stati Uniti, "abbinando osservazioni cliniche, pratiche psicoterapiche su soggetti schizofrenici, riflessioni psicoanalitiche e psicopedagogiche, è giunto a individuare specifiche funzioni familiari tese a garantire lo sviluppo di una personalità psichica stabile, e in particolare funzioni comunicative , di sostegno, di responsabilizzazione, di adattamento alla cui deficienza o stortura è almeno parzialmente imputabile lo sviluppo di alcune malattie mentali" (Galimberti, U. 1999 pag. 413). Unaltro settore che si è a lungo occupato dello studio della famiglia è lAntipsichiatria. Tale movimento psichiatrico, nato negli anni settanta negli Stati Uniti con E. Goffman e Th. S. Sasz e in Inghilterra con R. D. Laing e con D. Cooper, rappresenta ancora oggi una interessante alternativa alla psichiatria tradizionale. Questo movimento parte dalla tesi che i disturbi mentali non possono essere curati come si curano le malattie dellorganismo, perché in realtà questi non sono il risultato di malattie o di disfunzioni, ma di condizionamenti ambientali o di contraddizioni sociali. In questo senso tale movimento stabilisce che lorigine della malattia mentale si deve ricercare nella società che ha nella famiglia il suo strumento di mediazione e di trasmissione. In questottica la famiglia diventa il nucleo centrale delle riflessioni del movimento antipsichiatrico; come afferma D. Cooper infatti "Il potere della famiglia risiede nella sua funzione di mediazione sociale" ( Cooper, D. 1971 tr.it pag. 10). Della stessa linea di pensiero sono R. Laing e A. Esterson che in Sanity, Madnees and the Family (1964) sostituendo al modello individuale il modello familiare che ogni individuo ha interiorizzato, evidenziano come "si rendono visibili processi che prima non lo erano, processi che non vengono percepiti nellambito del paradigma psichiatrico corrente" ( Laing,R.D, Esterson, A. 1964 tr.it pag. 34). Se la famiglia rappresenta, come abbiamo già spiegato, la via maestra per laccesso allindividualità, allora è necessario analizzare le diverse terapie familiari che studiano la struttura e le dinamiche familiari. La psicoterapia familiare, pur presentando le caratteristiche proprie della psicoanalisi, della terapia di gruppo, e della psicoterapia infantile, si differenzia da queste per un importante aspetto: quello di occuparsi non solo del singolo individuo, ma della famiglia intesa come un nucleo comunitario elementare che comprende diversi individui che interagiscono. Il punto di partenza della psicoterapia è che uno dei membri sia considerato malato, anche se spesso durante lanalisi risulta che sono più membri della famiglia ad essere disturbati; quindi il terapeuta ha il compito di smascherare e affrontare, insieme alla famiglia, le morbose dinamiche familiari, e successivamente di trovare ladattamento della personalità del malato allambiente o la creazione di un nuovo modo di relazionarsi. Nellambito della psicoterapia familiare ci sono tre diversi approcci allo studio della famiglia; il primo è quello psicoanalitico che Ackerman ha adattato alla terapia familiare. Questultimo, partendo dallidea che alla base del trattamento psicoterapeutico ci sia il rafforzamento del "sé sociale" in grado sia di modificare il "sè interiore" sia di costituire un nesso dinamico tra società ed individuo, assegna al terapeuta quattro importanti compiti: "a) demolire le negazioni inopportune, gli spostamenti, le razionalizzazioni del conflitto; b ) far salire i conflitti interpersonali ad un livello di interazione interpersonale evidente; c) neutralizzare i modelli di ricorso ad un capro espiatorio, modelli che fortificano una parte della famiglia e ne vittimizzano unaltra; d) introdurre nella vita emotiva del gruppo atteggiamenti, emozioni, immagini di rapporti più adeguati che lunità familiare non aveva mai sperimentato fino ad allora; e) il terapeuta serve da strumento personale per lesame della realtà" (Galimberti,U. 1999 pag. 415). Per quanto riguarda invece lapproccio transazionale, rappresentato da J. Dewey e A. F. Bentley sul terreno filosofico e J.P. Spiegel e F. R. Klunckhohn sul piano applicativo, esso postula che: " Gli eventi che coinvolgono lindividuo malato e la sua famiglia hanno luogo entro un sistema totale di subsistemi interdipendenti, ciascuno dei quali ( per esempio lindividuo, la comunità, il sistema di valori condiviso dalla famiglia) può temporaneamente venir posto al centro dellattenzione nella supposizione che la modificazione di un subsistema comporti sempre la modificazione dellintero sistema" (Galimberti, U. 1999, pag. 415). In questo modo lapproccio transazionale non ha come intento quello di ricercare le cause della patologia di un individuo, ma di analizzare quali tra i processi che avvengono tra lindividuo e la sua famiglia sono collegati con i comportamenti patologici. Una volta abbandonato il principio di casualità lapproccio transazionale stabilisce che " La comprensione della malattia mentale non è più individuabile in un fattore singolo e neppure in una casualità sovradeterminata, ma nella reciproca influenza dei meccanismi omeostatici che non si equilibrano più. Il trattamento richiede la restaurazione dei controlli omeostatici sul piano culturale, sociologico, psicologico e somatico" (Galimberti,U. 1999, pag. 416). Terzo ed ultimo approccio alla terapia familiare è quello sistemico-prescrittivo. Questo orientamento nato dalla fusione, ad opera di M. Palazzoli Selvini, di strumenti strutturali derivanti dalla cibernetica, dalla teoria generale dei sistemi e dallo studio pragmatico della comunicazione, identifica la famiglia come: " Un sistema autocorrettivo basato su regole determinate, dove il terapeuta deve fare il possibile per portare alla luce le regole segrete, mediante le quali la famiglia perpetua la sua disfunsione" (Galimberti,U. 1999, pag. 416). Per M. Palazzoli Selvini quindi il terapeuta ha il compito fondamentale di cambiare tali regole, ovvero la modalità funzionale dellintero sistema della famiglia, e la terapia diventa il tentativo di introdurre una trasformazione in una struttura con proprietà cibernetiche. K. Lewin a questo proposito usa la metafora del gioco per spiegare il ruolo del terapeuta che si configura appunto come un giocatore nel sistema di cui si sta prendendo cura: " Qualsiasi mossa che abbia luogo in un gioco di rapporti funzionali non può non appartenere alluna o allaltra di due categorie. O è una mossa che prosegue il gioco in atto, o è una mossa che inaugura e invita a giocare un altro gioco (mossa meta-gioco). Evidentemente le mosse decisive del terapeuta devono appartenere alla categoria del meta-gioco" ( K. Lewin in Galimberti,U. 1999, pag. 416). LANALISI DELLA FAMIGLIA IN R. D. LAING
II.1 SANITY, MADNESS AND THE FAMILY
Negli anni settanta Ronald. D. Laing fu conosciuto dal grande pubblico come uno psichiatra rivoluzionario e innovatore in quanto si opponeva alla famiglia nucleare tradizionale considerandola, nei casi di schizofrenia, responsabile della disgregazione psichica dei suoi membri più deboli. Tale fama nasceva in parte da due libri pubblicati da Laing in quel periodo: Sanity, Madness and the Family (1964) scritto in collaborazione con A. Esterson e The Politics of experience (1967). In The Divided self (1959 a) Laing mette a fuoco la posizione dello schizoide attraverso un indicazione di quella possibile traiettoria che porta lindividuo in quello stato di frammentazione chiamata schizofrenia. In seguito, in The Self and Others (1959 b),il suo secondo libro, lautore abbandona lanalisi dello psicotico sulla base di categorie fenomenologiche individuali per concentrarsi sull insieme dei rapporti umani e delle loro dinamiche. Nel 1964 Laing ed Esterson pubblicano Sanity, Madness and the Family; questo libro è una raccolta di studi condotti su undici famiglie di pazienti donne, diagnosticate per unanime consenso da diversi psichiatri "schizofreniche" e consegnate allistituzione manicomiale.In Sanity, Madness and Family si raccontano quindi undici storie di famiglie diverse; ogni singola storia viene descritta ed esaminata in modo schematico e obiettivo, il commento degli autori è ridotto al minimo. In questo modo i due autori presentano con essenzialità il ritratto di ognuna delle famiglie analizzate, facendo emergere da una serie di dialoghi dinamiche familiari, ruoli, condizionamenti e reciproche aspettative. L esposizione sintetica delle dinamiche familiari rende chiaro come lintento in Sanity, Madness and the Family non sia stato quello di proporre un modello familiare per leziologia della schizofrenia; Laing ed Esterson non si chiedeno se esista o meno la malattia mentale né propone una teoria su ciò che essa può essere. Lo scopo è in realtà quello di dimostrare, attraverso i resoconti dei loro studi, che esiste un modo alternativo di prendere in considerazione la malattia mentale. Lo stesso Laing chiarisce a tal proposito in un intervista con Letizia Jervis Comba che "Questalternativa, della quale confidiamo che Normalità e Follia nella Famiglia costituisca una indicazione, rende visibili processi che prima non lo erano, processi che non vengono percepiti nellambito del paradigma psichiatrico corrente " (Comba.J. L. 1970 pag 13). Guardare la malattia mentale da questa prospettiva significa secondo Laing, far divenire socialmente intellegibili quelli che fino ad oggi vengono considerati "segni"e "sintomi" della "schizofrenia". Con queste premesse Laing propone in Sanity, Madness and the Family una analisi di undici famiglie di pazienti schizofrenici. Partendo dal presupposto che ogni persona non è solo un oggetto nel mondo degli altri ma occupa una posizione nello spazio e nel tempo dalla quale vive il suo mondo, lo rappresenta e vi agisce, Laing inevitabilmente si trova ad analizzare in Sanity, Madness and the Family le relazioni e i rapporti esistenti allinterno del nucleo familiare dei suoi pazienti. Questa scelta diventa un passaggio obbligatorio se si vuole rendere comprensibile la malattia mentale, infatti come Laing stesso spiega nellintroduzione del libro "Se si vuole venire a conoscenza dei modi con i quali una squadra di Foot-ball si concentra sulle azioni da svolgere nel corso della partita, non si penserà soltanto, ne per prima cosa, di parlare con i membri individuali della squadra ma si comincerà con il guardarli giocare insieme" (Laing.R.D , Esterson,A 1964 tr.it pag 10) Dopo aver analizzato le undici famiglie dei pazienti che avevano in cura, i due autori sembrano suggerire al lettore che le dinamiche familiare, alcune volte insane e condizionanti, siano in qualche maniera responsabili della disgregazione psichica presente nei malati di schizofrenia. Ricostruendo infatti liter della malattia mentale Laing ed Esterson si rendono conto di come in realtà uno "stato di alienazione" generato in famiglia preceda di fatto la condizione "dellesser malato". Lalienazione in altre parole è quella condizione in cui un individuo viene posto dai suoi genitori in una posizione falsa in cui si è incapaci di poter proporre per se stessi un altra alternativa. Alla fine dell analisi i due psichiatri sembrano suggerire al lettore, come nota Letizia Jervis Comba che " La famiglia si rivela colpevole di un delitto preciso; quello di aver costretto uno dei suoi membri alla follia . Essa è al tempo stesso inconsapevole del fatto, eppure attenta a rendere impenetrabili quelle maglie che come impediscono verso linterno, al malato, di uscire dalla trappola, così impediscono anche verso lesterno, allosservatore impaziente, di leggere oltre il volto troppo abituale della cortesia che regola i rapporti del gruppo " (Comba.J.L 1970 pag 15). La famiglia quindi intesa come crogiuolo di mistificazioni, conflitti e confusione si carica di una violenza che invece di sfociare altrove, si riversa allinterno del nucleo familiare che prosegue le sue dinamiche chiudendosi sempre di più in se stessa. In questo modo come nota Letizia Jervis Comba "Il delitto in realtà è già avvenuto. Vi è una vittima, un colpevole: lo schizofrenico, la persona destinata a una carriera separata , che prima era normale, poi cattiva e infine pazza, malata e quindi nuovamente innnocente, consegnata al mondo impescrutabile degli eventi clinici di cui la famiglia, definitivamente liberata, si vale per confermare a se stessa la propria innocenza"(Comba,J.L ,1970 pag. 15). Laing ed Esterson in Sanity, Madness and the Family presentano, seppur non palesemente, una appassionata denuncia dei meccanismi di esclusione messi in opera dalla famiglia. Il loro merito è quello di aver dimostrato come sostituendo la prospettiva clinico-individuale in favore di quella clinico-sociale diventa possibile, almeno in parte, individuare e comprendere lorigine e le cause della malattia mentale.
II.2 LA CASISTICA CLINICA DI R. D.LAING E A.ESTERSON
II.2.1 LA CASISTICA CLINICA DI SANITY, MADNESS AND THE FAMILY
Come si è detto, Sanity, Madness and the Folly (1964), è un libro scritto in collaborazione con A. Esterson, in cui vengono analizzate undici storie di famiglie di pazienti schizofrenici. Tale analisi conferma, secondo Laing ed Esterson, il ruolo patogeno dell insicurezza ontologica e del falso io.Della moltitudine di casi analizzati dai due psichiatri nei cinque anni precedenti alla pubblicazione del libro, vennero selezionate le famiglie in cui i pazienti rispondessero a precise condizioni: dovevano essere di sesso femminile, avere unetà compresa tra i quindici e i quaranta anni, con una sindrome di "schizofrenia diagnosticata da almeno due psichiatri anziani, non dovevano avere un intelligenza subnormale, né essere affette da condizioni organiche che potessero compromettere quelle funzioni che nella schizofrenia vengono considerate disturbate, e infine non dovevano aver ricevuto più di cinquanta elettroshock durante lanno precedente allinizio della ricerca. Per quanto riguarda la famiglia era sufficiente che almeno uno dei due genitori fosse vivo e che abitasse nel Regno Unito. Per le pazienti era indifferente se fossero figlie uniche o meno, e se erano sposate con figli. Per tutte le famiglie analizzate nel libro, sono stati applicati questi criteri e seguito il medesimo piano generale. A questo proposito infatti R. Laing e A. Esterson spiegano come: " Per prima cosa, in ciascuno dei casi studiati, veniva detto alla paziente che si desiderava parlare con lei e con i suoi familiari. Allinizio alcune pazienti manifestavano ansia, ma nessuna si rifiutò. Di solito i familiari con i quali si entrava in contatto per primi erano i genitori. Si spiegava loro che eravamo alla ricerca di fatti che ci aiutassero a comprendere perché la paziente aveva dovuto esser ricoverata. In tutti i casi studiati la risposta fu praticamente la stessa: i familiari erano disposti a fare qualcosa che potesse risultare di qualche giovamento. A questo punto dicevamo che era nostro desiderio conoscere meglio la vita familiare della paziente; che a questo scopo pensavamo di incontrarci più volte con uno solo dei parenti , o con più di essi, alla presenza della paziente o senza di lei; e che inoltre volevamo vedere i parenti a casa loro perché questo ci avrebbe aiutato a capire più chiaramente la situazione. Questo primo scambio avveniva con il registratore nella stessa stanza, acceso e ben visibile: spiegavamo che esso era la nostra memoria , che ci permetteva di seguire le cose dette senza bisogno di cercare allo stesso tempo di ricordare tutto" ( Laing, R.D; Esterson, A. 1964 tr.it pag 12). Dopo questo colloquio iniziale si iniziava la terapia. Le famiglie venivano viste in diverse ore del giorno, poteva così capitare che la paziente si trovasse in uno stato catatonico più acuto, in questo caso lattenzione dei due psichiatri era rivolta sia alle reazioni della famiglia intesa nel suo insieme , sia a quelle di ogni singolo membro in relazione ai miglioramenti o ai peggioramenti della paziente. Seguendo i criteri fin qui esposti i due autori hanno cercato di dimostrare come le esperienze e la condotta degli schizofrenici possano essere socialmente intellegibili se lette allinterno della propria situazione familiare: "In ogni singolo caso abbiamo cercato di rispondere a questa domanda: in quale misura lesperienza e la condotta di una persona, che ha già iniziato la sua storia ufficiale di paziente schizofrenica, sono intellegibili, qualora vengano considerate alla luce del suo nesso familiare visto come prassi e come processo?" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 15). Passando allanalisi dei singoli casi si nota come in Sanity, Madness and the Family (1964) viene applicato lo stesso schema per ognuna della undici famiglie: si descrive il quadro clinico, la struttura della ricerca, annotando le persone della famiglia intervistate e il numero dei colloqui avvenuti, la situazione familiare, in cui vengono descritte le dinamiche familiari , e infine lappendice una sorta di elenco di opinioni e giudizi contrastanti da parte della madre , del padre e della stessa paziente.
Maya Abbott, paziente di Laing e di. Esterson, ha ventotto anni ed è figlia unica. Ha vissuto fino a otto anni con i genitori poi, durante la guerra, si trasferì in campagna a casa di unanziana coppia di coniugi. Al suo ritorno visse quattro anni con i suoi genitori, fino a quando alletà di diciotto anni fu ricoverata per la prima volta in ospedale. La diagnosi è di schizofrenia paranoide, comparsa in maniera del tutto improvvisa. Dopo dieci anni di malattia trascorsi nellospedale psichiatrico, alla prima diagnosi si aggiunsero le seguenti attribuzioni cliniche: allucinazioni uditive e spersonalizzazione, segni di catatonia, impoverimento affettivo, isolamento acustico. Laing ed Esterson rileggono lanalisi clinica di Maya utilizzando una diversa chiave di lettura, quella fenomenologicoesistenziale. E spiegano come in realtà : "La paziente si sentiva più come una macchina che come una persona; le mancava il senso di coerenza tra i suoi motivi , i suoi atti, le sue intenzioni; provava molta confusione nei riguardi della sua identità e autonomia. Credeva necessario parlare e muoversi con una correttezza studiata e scrupolosa; a volte aveva limpressione che i suoi pensieri venissero controllati da altre persone, e diceva che non era lei che pensava, ma le sue voci"( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 18). Lanalisi della situazione familiare rilevava che i genitori fossero due persone stabili ed equilibrate. In realtà la storia della loro famiglia è intricata a causa di dinamiche insane e complesse che vengono puntualmente messe in atto: i signori Abbott raccontano, infatti, ai due psichiatri che Maya fino agli otto anni era una bambina adorabile e spensierata, con un bel rapporto con il padre. Dopo il periodo di allontanamento da casa della figlia, i due genitori notano come al suo ritorno Maya fosse improvvisamente cambiata: "Non era più la loro bambina di una volta. Ora voleva studiare. Non voleva più nuotare o fare le passeggiate con il padre, non voleva più dire preghiere con lui, ma voleva leggere la Bibbia per conto suo. Protestava se suo padre manifestava il suo affetto sedendosi vicino a lei a tavola, e andava a sedersi più lontano. Non voleva più andare al cinema con la mamma. In casa voleva fare tutto da sè, per esempio si metteva a lavare i vetri senza dir niente a nessuno" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 20). Questi cambiamenti che in realtà rappresentano i primi sintomi di crescita e di conquista della propria autonomia, non venivano visti come tali dai suoi genitori. I signori Abbott consideravano lesercizio autonomo della mente, da parte di Maya, sinonimo di malattia e come rifiuto nei loro confronti. Così, la bambina perfetta era diventata per i due genitori una ragazza difficile, furba e ribelle che non seguiva più i loro consigli nè desiderava più la loro compagnia. Maya studiava molto e usava lo studio come alibi per sfuggire alle intrusioni dei genitori il cui atteggiamento era diventato estremamente ambiguo. Confusione e mancanza di una vera comunicazione in famiglia portarono a un interpretazione forviante dei comportamenti di Maya: infatti per dieci anni questa ragazza era stata descritta dai medici e dai genitori come una persona apatica , isolata e carente nella vita affettiva e povera di emozioni, in realtà come ci spiegano R. Laing e A. Esterson " A Maya sembrava invece di non aver mai ricevuto dellaffetto, nè di aver mai potuto manifestarlo spontaneamente: e le pareva che la sua esasperazione o frustrazione su questo punto fosse proprio il motivo, in gran parte, della sua impulsività" (Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 22). "Si sentiva spaventata dal mancato riconoscimento, e reagiva aggredendo i genitori in un tentativo di autodifesa" ( Laing,R.D; Esterson, A 1964 tr.it pag 22). La malattia di Maya seguendo lanalisi di R. Laing e A. Esterson sembra riconducibile quindi al mancato riconoscimento da parte dei suoi genitori di una qualche validità delle sue manifestazioni emotive, per cui Maya non riusciva più a riconoscere cosa ci fosse di reale o di immaginario in tutto quello che le stava intorno. Lo studio di questa famiglia ci rivela come tutto il problema ruota intorno al fatto che per Maya non era possibile fidarsi dei genitori. Laing e Esterson attraverso la ricostruzione storica della famiglia Abbott mettono in luce come: "I fenomeni di spersonalizzazione, i sintomi catatonici e paranoidei, limpoverimento della vita affettiva, lisolamento acustico, le allucinazioni auditive e la confusione dei limiti dellio, siano il risultato delle esperienze e delle azioni intercorrenti tra paziente e genitori, e che essi siano del tutto coerenti con la realtà sociale nella quale la paziente ha vissuto" ( Laing,R.D; Esterson,A 1964 tr.it pag 34). In realtà il vero problema è che i genitori hanno deciso, seppur inconsciamente, di considerare come sintomo di malattia il normale sviluppo della personalità e dellautonomia della figlia. "Questi genitori hanno sentito come un problema non già la perdita, ma lo sviluppo dellio della paziente" ( Laing,R.D; Esterson,A 1964 tr,it pag 35).
A differenza della storia precedente qui è stato subito riconosciuto dai medici che la famiglia Blair rappresentasse per la paziente Lucie un ambiente sfavorevole. Lucie è una donna di trentotto anni, ricoverata in ospedale psichiatrico da dieci anni. Il quadro clinico la descrive come una paziente con allucinazioni auditive, deliri di persecuzione non sistematici, scarso controllo della sessualità, una gravidanza interrotta. Non era mai stata sposata, ma durante la guerra era rimasta incinta di una bambina che successivamente fu data in affidamento. La situazione familiare risulta molto complessa: il signor Blair allepoca del primo incontro con R. Laing e A. Esterson aveva sessantotto anni e seppur immobilizzato dallartrite manteneva ancora il ruolo di padrone di casa. Aveva sposato la signora Blair e insieme avevano avuto due figlie Lucie e Manie, di quattro anni più giovane, morta dopo il primo ricovero in ospedale della sorella. I signori Blair erano vissuti per molto tempo insieme alla madre e alla sorella del signor Blair. Dai racconti fatti durante i colloqui emerge limmagine di una famiglia malata sia per quanto riguarda il rapporto tra i due coniugi sia per linstabilità psicologica dei suoi membri. Questi due aspetti emergono chiaramente dalle parole della signora Blair nella descrizione che dà della famiglia del marito: "Ebbene, anchio ho provato quello che hai provato tu, Lucie, secondo loro tutto quello che fai è sbagliato. Stanno sempre in cattedra. per qualche motivo si sentono superiori a tutti gli altri " (Laing,R.D; Esterson,A. 1964, tr.it pag 43).La signora Blair messa in una posizione subalterna dal marito e dalla sua famiglia veniva trattata, per sua stessa ammissione, alla stregua di una governante; leducazione delle sue figlie era stata affidata, per volontà del padre, a sua cognata. In casa non aveva nè potere decisionale nè rispetto , molte volte aveva pensato di andar via, ma non era abbastanza forte per compiere questo passo. Lucie appare durante il corso della terapia come una persona con profonde incertezze sullimportanza o serietà di alcuni argomenti, e con una scarsa capacità di stabilire il confine tra la realtà e limmaginazione. Infatti come lei stessa afferma durante un colloquio : "Non mi fido di quello che vedo. Non è tenuto in piedi, non è confermato da niente è come una foglia al vento. Forse è questo il mio guaio. Qualunque cosa mi viene da dire non è sostenuta da niente ( ) Che posso fare? Che posso fare per rimettermi in piedi? Non sono mai sicura di niente. Non sono sicura di quello che dicono gli altri e nemmeno se dicono qualche cosa. Non so che cosa ho io, e non so nemmeno se ho qualche cosa" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 45). Nonostante la mancanza di fiducia nelle proprie percezioni Lucie vedeva la madre come una persona forte ma, come notano Laing ed Esterson: " I soli consigli che poteva dare la madre si fondavano su ciò che lei stessa sapeva. Sua figlia stava cercando di essere una persona, voleva avere fiducia in se stessa, lottava per conquistare la propria lautonomia, ma la signora Blair aveva già rinunciato da anni a tutto questo, se pure ne aveva mai avuto lidea" (Laing,R.D;. Esterson,A. 1964 tr.it pag 47). In realtà infatti la signora Blair pur essendo infelice della condizione di sottomissione nella quale viveva, aveva il terrore di mandare in collera il marito, quindi rinunciava così ad ogni tipo di reazione. Allo stesso tempo Lucie aveva paura di perdere il contatto con la madre, anche se era molto difficile riuscire a mantenerlo. Nella ragazza si svilupparono nel corso degli anni due diverse forme dansia. Una trovava origine nella paura di essere fatta a pezzi dal padre, laltra dalla paura di perdere un legame che sentiva di avere con la madre. Credeva che se avesse perso entrambi non sarebbe potuta vivere.Il rapporto con la madre sembra offrire la chiave di lettura per capire lorigine della malattia di Lucie; come notano R. Laing e A. Esterson a proposito di questo "Sua madre le faceva pena ( ), non poteva decidersi a mettere insieme i diversi atteggiamenti della madre, ne le sue proprie contrastanti risposte alle mutevoli posizioni di lei" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 56).Dallanalisi di R. Laing e A.Esterson emerge come il problema in questa famiglia sia nato dal fatto che né il signore né la signora Blair sono state due persone in grado di rendersi indipendenti dai rapporti con i rispettivi genitori. Entrambi avevano così sostituito al mondo della realtà quello della loro fantasia senza essersene resi conto. Lucie in passato aveva fatto molte affermazioni che indicavano e denunciavano una situazione anormale in cui percepiva che le esperienze e la condotta dei genitori si svolgevano in una modalità fantastica, ma come notano i due psichiatri: "Se una percezione non è confermata da un'altra persona chiunque può avere una certa tendenza a dubitarne e a chiedersi: chissà che non sia stata immaginazione" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 61). Ora alla luce dellanalisi effettuata da R. Laing e A. Esterson sulla famiglia Blair appare chiaro come i deliri di Lucie, la sua grande incertezza, o i suoi dubbi su fatto che certi avvenimenti siano accaduti o meno, trovano una spiegazione se contestualizzati nel clima confuso e ambiguo in cui la paziente è cresciuta.
Clara è una donna di trentasei anni ricoverata da cinque nellospedale psichiatrico. E considerata dai medici una schizofrenica paranoide, con deliri, allucinazioni ed un impoverimento della vita affettiva.Uno dei deliri più frequenti era quello di pensare che avesse una bomba atomica dentro. Spesso aveva manie di persecuzione e i suoi scatti erano diretti per la maggior parte delle volte verso persone sconosciute che secondo lei la tormentavano chiamandola prostituta o torturandola in mille modi. Per quanto riguarda lanalisi della sua famiglia, i due autori si sono concentrati sul rapporto madre-figlia responsabile probabilmente dellimpoverimento affettivo di Clara e del suo apparente distacco dalle cose che dice. Clara negava che i signori Church fossero i suoi veri genitori, non credeva che fossero neanche sposati, ma soltanto una coppia di soci in affari. Durante i suoi deliri diceva delle cose molto interessanti a questo proposito: "Mia madre non mi ha permesso che crescessi, non voleva che avessi le mie idee personali su niente".(Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag84). In questo caso, come nel primo analizzato ci troviamo di fronte ad un genitore che in maniera inconscia ha impedito alla figlia di crescere e di sviluppare in piena libertà la sua personalità. Questo ha provocato il timore da parte della figlia di esprimere i propri sentimenti e le proprie idee.
Sara è una ragazza di ventitre anni; alletà di diciassette anni ci fu la prima comparsa della malattia quando improvvisamente cominciò a non alzarsi più dal letto durante il giorno e a star sveglia solo la notte per leggere la Bibbia o per pensare. A poco a poco la ragazza perse qualsiasi interesse per la vita quotidiana e prese ad occuparsi solo di problemi religiosi. Iniziò a non andare più a scuola fino a quando decise di interrompere gli studi. Sara, alletà di ventuno anni cominciò ad esprimere idee bizzarre: credeva di essere controllata da tutti, che nelle trasmissioni televisive si parlasse di lei e che qualcuno avesse messo il telefono sotto controllo per spiarla. Iniziò a dare in escandescenza contro i suoi familiari e dopo lennesima lite con la madre scappò di casa per una notte. Al suo ritorno la famiglia decise di ricoverarla in ospedale dove rimase in osservazione per due settimane. Una volta tornata a casa apparve assente, apatica e priva di ogni stimolo. La sua situazione non appariva eccessivamente grave nè alla famiglia nè ai medici. Così Sara, sotto consiglio dei familiari, iniziò a lavorare nellazienda del padre. Dopo un anno ebbe una grave ricaduta: ricominciò ad esprimere idee bizzarre e manie di persecuzione sempre più forti. Dopo essersi lamentata ripetute volte con il padre decise di non andare più a lavoro, ricominciò a starsene a letto tutto il giorno ed a uscire dalla sua stanza solo di notte, si svegliava per leggere la Bibbia. Con la sua famiglia non comunicava più se non per accusarli che la stavano spiando; era diventata aggressiva e irritabile sopratutto con il padre. Dopo lennesimo scatto dira nei suoi confronti fu ricoverata in ospedale per la seconda volta. Lo studio di R. D. Laing e A. Esterson su questo caso inizia con unanalisi ed una interpretazioni dei deliri e delle varie manifestazioni psicotiche della paziente durante la sua degenza in ospedale. Aveva paura di venire abbandonata in ospedale e di non poter più tornare a casa per riabbracciare la madre. Parlando dei genitori riteneva che la colpa del suo ricovero fosse interamente del padre che con le sue bugie e i racconti distolti aveva incoraggiato i medici a trattenerla in ospedale. La paura dell abbandono che avvertiva Sara fu un tema di discussione ricorrente durante le sedute di terapia. Da queste conversazione emerse con chiarezza un problema di comunicazione e di mistificazione nella famiglia; la madre e il fratello di Sara pur trattando la ragazza durante le sedute in modo tenero e rassicurante ripetendole la necessità della sua permanenza in ospedale per la sua salute, erano in realtà ben contenti che Sara non fosse più in casa con loro, perchè rappresentava una continua fonte di attrito e di discussione in famiglia. La famiglia era ben lontana dalla comprensione della malattia di Sara, quando gli fu chiesto di spiegare secondo loro in che modo si manifestava la malattia della figlia affermarono che : "Sara era pigra, ostinata, sciattona, terribilmente impudente nei confronti del padre, ribelle, volgare"( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 99). Da queste parole sembra chiaro come in realtà la famiglia di Sara percepisse i suoi comportamenti non come sintomo di una malattia ma come una perversione morale. La rabbia e lirrazionalità dei comportamenti della ragazza divennero intellegibili nel corso dei vari colloqui. Con lausilio della testimonianza della madre, è stato possibile capire come lostilità di Sara fosse una reazione comprensibile a certi comportamenti del padre che erano insostenibili anche per il resto della famiglia. Divenne chiaro a questo punto che il rancore che Sara provava nei confronti del padre non era poi troppo lontano da quello che la madre e il fratello nutrivano nei confronti del signor Danzig; lunica differenza è che in Sara il sentimento di ostilità esplose, mentre in loro era stata interiorizzata a tal punto che, ogni reazione di Sara nei confronti del padre provocava in loro risentimento e rabbia. Sara venne inconsciamente scelta dalla famiglia come lunica persona che doveva cedere ai voleri del padre. Come notano Laing e Esterson : "Questo non le veniva detto esplicitamente ma ciascuno dei suoi familiari si rendeva conto, dentro di sè, che Sara veniva messa in una posizione particolare. Essi non erano pienamente consapevoli, però, delle conseguenze che questo fatto aveva su di lei: se Sara non riusciva ad andare daccordo con il padre , così ragionavano, era malata" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 100). Laing e Esterson spiegano a questo proposito come le alleanze "Servivano da protezione contro ideali che non era possibile mettere in pratica. Da Sara, che non aveva alleati, si pretendeva invece che sapesse conformarsi sempre e comunque a regole che tutti gli altri riuscivano ad infrangere" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 104). Da una approfondita analisi sulle dinamiche in atto nella famiglia Danzig emerge che l esclusione e la mistificazione messe in atto per anni nei confronti di Sara abbiano contribuito alla nascita della malattia.
Ruby venne ricoverata in ospedale alletà di diciassette anni, in uno stato di stupore catatonico pressoché inaccessibile, con un appiattimento della vita affettiva e incoerenza tra pensiero e vita affettiva. Dai racconti della ragazza completamente incoerenti e contraddittori i due psichiatri non riuscirono ad avere un quadro completo della famiglia. La ragazza aveva completamente perduto il senso della realtà: diceva di essere la Vergine Maria o la moglie di Cliff Richard. Ogni volta che si trovava in mezzo alla gente aveva paura che la terra sprofondasse sotto ai suoi piedi. Per i due psichiatri fu quindi molto difficile ricostruire la situazione familiare della ragazza: Ruby viveva con la madre, gli zii e suo cugino Alistar, ma non era minimamente a conoscenza dei reali rapporti di parentela presenti allinterno della sua famiglia. Come nei casi precedenti Laing ed Esterson procedono con una descrizione ed unanalisi dei deliri della paziente: Ruby, durante episodi paranoidei, diceva che tutta la sua famiglia la odiava, che la disprezzavano e la schernivano. Non appena tornata in sé provava un grande rimorso per quello che aveva pensato e si convinceva che la sua era in realtà una bella famiglia e che tutti le volevano bene. Importante notare latteggiamento della famiglia durante le crisi e gli sfoghi di Ruby: i parenti colpevolizzavano la ragazza per quello che aveva pensato su di loro. In realtà Ruby durante i suoi sfoghi di ira manifestava una sua reale intuizione; dietro all atteggiamento benevolo i parenti, coalizzati in alleanze tra di loro, nascondevano rabbia e disistima nei confronti della ragazza, e ogni qualvolta Ruby lo percepiva, si difendevano etichettandola come matta o cattiva. Al messaggio confuso e mistificatore mandato ripetutamente dalla famiglia si aggiunse un episodio che aggravò ancora di più la situazione: Ruby rimase incinta e per la famiglia fu un vero e proprio dramma. La famiglia Eden, come quelle analizzate precedentemente, aveva una vera e propria fobia di venir giudicata dai vicini. In realtà come affermano Laing e Esterson: "Lintera famiglia si sentiva soffocare dalla vergogna e dalla paura dello scandalo, e lo ripetevano a non finire a Ruby, pur dicendole che era la sua immaginazione che le faceva credere che la gente parlasse male di lei. La ragazza divenne il centro della vita familiare: le stavano sempre dietro con le loro attenzioni assillanti, ma, nello stesso tempo la accusavano di essere viziata e capricciosa; e, se cercava di sottrarsi alle loro attenzioni, le dicevano che era un ingrata, che aveva bisogno delle loro cure, che era ancora una bambina ecc.." ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964, tr.it pag 123). Questi sono solo alcuni esempi delle dinamiche e delle mistificazioni rintracciati nella famiglia Eden. Ruby, trovandosi a vivere in questa situazione fatta da giudizi contraddittori, di incoerenze e di conflitti, e non avendo la possibilità di confrontarsi con lesterno, "Non era più in grado di distinguere cosa era vero e cosa non lo era, non era in grado di formarsi un quadro coerente della relazione che aveva con se stessa e con gli altri, né delle relazioni che gli altri avevano con lei" ( Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 131).
June Field, è una ragazza di quindici anni. Quando fu ricoverata in ospedale versava in uno stato di stupore catatonico. Dalla sua cartella clinica si legge che in June non si era manifestato nessun segno di malattia fino a sei mesi prima del ricovero, quando improvvisamente divenne aggressiva e scortese. Tre giorni prima del ricovero aveva accusato dei disturbi nell addormentarsi ed era entrata in uno stato di agitazione, dicendo che udiva voci minacciose che laccusavano di aver distrutto il mondo. La famiglia di June è composta dai due genitori e dalla sorella Sylvia di diciannone anni. Lanalisi di R. Laing e A. Esterson si concentra soprattutto sul rapporto madre e figlia. Nellintento di ricostruire la storia della malattia di June gli autori hanno scelto di dividerla in fasi successive. Sembra a questo proposito che entrambi i genitori vedano i primi 14 anni della vita della figlia nel medesimo modo; cosa che non accade successivamente, quando solo alla madre sembrò che June stesse per ammalarsi, mentre il padre ignorava questa possibilità. Per quanto riguarda invece latteggiamento di Sylvia, la sorella della paziente, si nota chiaramente il distacco e lantipatia nei confronti di June. Durante i primi colloqui la signora Field descrive l infanzia della figlia come quella di una bambina serena pur essendo costretta a vivere con un handicap all anca. Per limpossibilità di poter camminare da sola la bambina trascorse gran parte della sua infanzia a stretto contatto con la madre, in un rapporto di stretta dipendenza e di simbiosi. La signora Field raccontando linfanzia della figlia la descrive come una bambina deliziosa, molto felice ed esuberante, ma dalle sue parole sicure e decise emerge un quadro estremamente limitato e parziale di June: da parte della madre non cè infatti nessuna parola che possa far pensare che a volte la vista di sua figlia potesse procurarle una stretta al cuore né una parola sul fatto che June potesse sentirsi infelice, disgraziata e triste. Come notano Laing ed Esterson infatti: "Per tutta la durata della ricerca, la signora Field ha sempre dimostrato di non saper vedere la figlia altro che in due modi: o era la mia June, felice, affettuosa, esuberante , o era malata " (Laing,R.D; Esterson,A. 1964. tr.it pag 137). All età di quattordici anni la ragazza decise di trascorrere le vacanze estive in un campeggio con delle sue amiche. A proposito di questesperienza è importante notare come madre e figlia labbiano vissuta in maniera completamente diversa; June durante la vacanza ebbe la possibilità di fare nuove scoperte su se stessa e sugli altri, divenne più consapevole della sua sessualità. Per la madre invece June era completamente cambiata, era diventata scortese, aggressiva, sfrontata, insolente in casa e isolata e timida a scuola. Laing ed Esterson sottolineano come limmagine che la signora Field aveva della figlia non corrisponde assolutamente alla realtà: " La vita di June era completamente ignota alla madre. La ragazza si sentiva timida, a disagio con gli altri, poco sicura di sé ( ). Pur essendo vivace ed attiva, non era autonoma perché, come disse a noi, si era sempre sottomessa alla madre e raramente aveva osato andare contro alla sua volontà" (Laing, R.D; Esterson,A 1964, tr.it pag 139). Il cambiamento di June dopo il campeggio era probabilmente un sintomo di crescita, ma la madre lo recepì in realtà come il sintomo della malattia e più la ragazza cresceva e si allontanava da lei, più si sentiva confermata nella sua convinzione. Successivamente per un periodo di tre settimane June era diventata catatonica, e la madre iniziò a prendersi cura di lei come se fosse una bambina in fasce. La malattia della figlia fece di nuovo intensificare il loro rapporto e i conflitti iniziarono nel momento in cui June cominciò a star meglio. La fase successiva è quella in cui June inizia una lenta guarigione che immancabilmente viene osteggiata dalla signora Field. E infine June è riuscita a resistere, nonostante i problemi provocati dalla madre; attraverso la terapia ha capito che ciò a cui sua madre si opponeva era la sua indipendenza, ed è riuscita a comprendere le ragioni per cui i genitori hanno bisogno di vederla sempre in un certo modo. "Tuttavia è costretta a mantenere sempre un controllo costante su di sé, perché se grida, se strilla, se dice le parolacce, se mangia troppo, o troppo poco, se legge o dorme troppo o troppo poco, sua madre le dice che è malata" (Laing,R.D; Esterson,A 1964, tr.it pag 146).
Ruth è una ragazza di ventotto anni, a ventanni è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico sei volte. Durante il primo anno di degenza in ospedale le furono attribuite alternativamente diagnosi di isteria e di schizofrenia; successivamente venne confermata quella di schizofrenia. Negli otto anni trascorsi in ospedale Ruth manifestò sintomi diversi, ma in tutti i referti medici venne descritta come paranoie. Il signore e la signora Gold hanno esattamente la stessa opinione su Ruth; una bambina molto buona, giudiziosa e rispettosa. In questo quadro, la malattia di Ruth era per i genitori un qualcosa di inspiegabile che era sopraggiunto improvvisamente nella vita della figlia. Come è successo nei casi analizzati precedentemente, Laing ed Esterson rintracciano, anche qui, una tendenza da parte dei signori Gold ad esprimere una serie di giudizi contraddittori e altamente significativi sul conto di Ruth, giudizi che nascondono, senza mai renderla esplicita, la loro disapprovazione ; ogni cambiamento delle abitudini della ragazza, la voglia di frequentare nuove persone o di cambiare modo di vestire, veniva descritto dai genitori come manifestazioni di una condotta incontrollabile da parte di Ruth. I signori Gold non accettavano ne si rendevano conto che Ruth non era più una bambina adorabile ed affettuosa. Di conseguenza la ribellione e il risentimento che la ragazza provava verso di loro, piuttosto che esser inteso come sintomo di crescita, venivano interpretato come sintomi della malattia. Laing ed Esterson riassumono il tipo di dinamiche presenti nella famiglia Gold evidenziando che: "quando Ruth è veramente se stessa, vale a dire quando sta bene, non deve interessarsi seriamente di scrittori né di arte né di musica jazz nei ritrovi, portare amici a casa, e rimanere fuori fino a tardi. Solo di tanto in tanto cerca di affermare se stessa contro questa essenza fuori dal tempo che i suoi genitori le attribuiscono, e allora indossa abiti di gusto e insiste, con violenza, nellandare dove e con chi vuole. Ma ecco che sua madre lavverte che sta venendole un attacco, e le dice che non ha giudizio, che è difficile, poco rispettosa e sconsiderata a procurare tanta ansia ai suoi genitori, i quali, però, non gliene fanno una colpa, né la considerano responsabile perché sanno che è un po strana e malata. In questo modo la mettono in una posizione insostenibile, tutto diventa molto confuso, e la ragazza, agitatissima e disperata, muove folli accuse ai suoi genitori, dicendo che non vogliono che essa viva, e fugge di casa come una forsennata" (Laing,R.D; Esterson,A. 1964 tr.it pag 156). Alla fine della terapia Ruth è "guarita", pur avendo rinunciato ai vestiti, agli amici e a tutte quelle cose che i suoi genitori non approvano, è riuscita a mantenere un proprio equilibrio e a capire che fino a quando vivrà con i suoi genitori dovrà adeguarsi al loro modo di pensare. Come lei stessa afferma: "Beh, se non mi adeguo, di solito finisco allospedale" (Laing, R.D Esterson, A, 1964 tr.it pag 163).
Laing ed Esterson conobbero Jean Head subito dopo un episodio psichiatrico acuto di tipo schizofrenico. Al ricovero la ragazza appariva confusa, non era in grado di portare avanti una conversazione con i medici, alternava riso a pianto e parlava con il tono di una bambina. Tre anni prima di questepisodio Jean aveva avuto un collasso nervoso durante il quale era convinta che i genitori ed il marito fossero morti. Ricoverata immediatamente in un ospedale non psichiatrico guarì dopo poche settimane. Successivamente, tornata a svolgere una vita normale, iniziò a credere di sentire frammenti di conversazione che indicavano che vi era un complotto contro di lei da parte di colleghi di lavoro per derubarla. Poi, cominciò a sentirsi spiata anche per strada da uomini che avevano secondo lei intenzione di violentarla. Con il passare del tempo queste due sensazioni si cristallizzarono in veri e propri deliri. La malattia raggiunse il suo culmine il giorno in cui Jean venne ricoverata, quando "capì" che suo marito era morto e, in preda al panico, chiamò la polizia. Laing ed Esterson iniziarono la ricerca quando la paziente fu ricoverata la seconda volta durante la fase psicotica. Come per i casi precedenti lo scopo dei due autori è stato anche qui quello di rendere intellegibili la condotta e le esperienze di Jean collocandoli allinterno del suo contesto familiare. La famiglia Head era composta da Jean, allora ventiquatrenne, da David, suo marito, dai suoi genitori e dal fratello di ventotto anni. Sia Jean che il marito provenivano da una famiglia di ferventi cristiani di orientamento fondamentalista ma non conformisti. Entrambi erano credenti e vivevano in conformità con gli ideali cristiani. Il fatto che questa famiglia abbia uno stile di vita non conformista e fondamentalista rappresenta uno dei punti su cui i due psichiatri si sonno maggiormente soffermati per comprendere lorigine e lo sviluppo della malattia mentale di Jean. Il senso di religione così forte e la scelta di vivere in conformità a precisi ideali ha un peso molto forte nella determinazione del tipo di condotta, di ideali e di pensieri e porta ad una inibizione dei propri sentimenti. Come affermano Laing ed Esterson: "Luomo è una creatura debole ma ha il dovere di essere perfetto. Meglio sposarsi che bruciare di passione. Prima del matrimonio e al di fuori di esso, e in buona misure entro il matrimonio, bisogna soffocare la passione, ma non del tutto, perchè occorre mantenersi abbastanza potenti sessualmente da procreare figli. Bisogna avere sempre e soltanto pensieri puri, ma si ha a che fare con figli impuri. Il fine ultimo della vita è glorificare il Signore" (Laing,R. D, Esterson,A. 1964 tr.it pag 168). Jean cresciuta in conformità con questi ideali sviluppa nel corso della sua vita una serie di contraddizioni e di conflitti interiori molto gravi; infatti durante un colloquio psichiatrico Jean rivela ai due medici di sentirsi controllata dai suoi genitori nei pensieri e nelle azioni. Questa sensazione è la conseguenza del fatto che la ragazza da molto tempo aveva una doppia vita, che le permetteva di avere da un lato maggior libertà di agire secondo la propria indole, ma dallaltro sensi di colpa e un maggior controllo da parte della famiglia. Jean aveva così una vita dalla quale teneva volontariamente fuori i suoi genitori, si truccava, andava al cinema e usciva con i ragazzi. Come ricordano Laing ed Esterson a tal proposito: "Come corollario allo sdoppiamento della sua vita, la ragazza favorì anche la divisione del suo io in un io interiore ed io esteriore. Allio interiore, però, rimaneva uno spazio troppo limitato. la ragazza infatti continuava a provare rimorso per la sua doppiezza, perché, pur facendo queste cose, non era riuscita a liberarsi dal controllo interiore che suo padre in particolare, esercitava su di lei: si sarebbe certamente vergognata e sentita in colpa qualora egli fosse venuta a conoscenza delle sue attività" (Laing, R.D , Esterson,A 1964, tr.it pag 170). Questo tipo di dinamiche venivano ripetute in maniera inconscia dalla paziente anche nel rapporto con il marito; questultimo infatti non era a conoscenza di ciò che realmente succedeva in lei. Anche con David infatti Jean si era messa in una posizione falsa: era diventata complice del marito assumendo lidentità che egli le attribuiva ed allo stesso tempo continuava ad autoingannarsi cercando di dimenticare il suo passato. Sia il marito che i genitori le attribuivano un identità che contrastava con ciò che Jean provava dentro di se, implicitamente le imponevano degli ideali ma negavano allo stesso tempo di averglieli imposti, dandole la colpa di volersi sacrificare troppo per essere allaltezza di questi ideali, e la causa della sua malattia era secondo loro da attribuire al suo eccesso di perfezionismo. Dalla ricostruzione di Laing ed Esterson appare chiaro come in realtà a Jean veniva attribuita dalla sua famiglia una identità che non era la sua: " E certo che non cè nulla che provoca confusione quanto il fatto che ad una persona così chiaramente alienata dal suo io autonomo, venga attribuita autonomia proprio da coloro che perpetuano il suo stato di alienazione" (Laing,R.D; Esterson,A 1964 tr.it pag 175).Jean si era ritrovata per molti anni in una posizione falsa e, ogni volta che cercava di ribellarsi, la sua famiglia le consigliava di riposarsi perchè per loro la reazione della ragazza era dettata dalla stanchezza. Il lavoro che ha portato Jean alla guarigione è stato quello di far tornare la paziente allo stato precedente la patologia, ovvero esattamente quando, durante le crisi e prima di adottare il punto di vista dei genitori e del marito, Jean riusciva a dare libera espressione ai suoi sentimenti. Naturalmente ogni tentativo di affermazione costituiva per la famiglia un aggravamento della malattia. Durante la degenza in ospedale infatti i comportamenti clinicamente sani, cioè autonomi, di Jean costituivano motivo di tristezza per i genitori. Per riassumere il decorso della malattia Laing ed Esterson spiegano come: "Non osando respingere i suoi genitori o ribellarsi in maniera diretta non le rimaneva altra possibilità che farlo altrettanto chiaramente, ma con una modalità che viene definita schizofrenica" (Laing, R.D. Esterson,A 1964 tr.it pag 176).
Mary era una graziosa ragazza di venti anni, Laing ed Esterson la incontrarono per la prima volta durante il suo terzo ricovero in ospedale. Il decorso della sua malattia ha seguito liter tipico della demenza precoce; fino ai quindici anni era stata bene, poi aveva iniziato a perdere interesse per lo studio e il suo apprendimento scolastico era via via peggiorato. Terminata la scuola non sapeva che cosa le sarebbe piaciuto fare, seguendo il consiglio dei genitori decise di iniziare a lavorare in un ufficio, ma dopo due anni si licenziò perché il lavoro non la interessava più. Seguirono, sempre sotto sollecitazioni dei genitori, altri tentativi lavorativi finiti sempre con il licenziamento a causa del suo scarso impegno. Dopo poco fu ricoverata in ospedale. Si riscontrarono nella ragazza deliri di persecuzione, incontrollabili stati di eccitazione e di violenza. Durante la degenza in ospedale era stata tenuta in isolamento, perché quando si trovava in uno stato di eccitazione aveva degli attacchi di furia distruttiva. Per calmarla i medici ricorrevano quotidianamente allelettroshock. La storia di Mary rappresenta per Laing ed Esterson un caso di particolare interesse; la paziente è stata studiata con particolare attenzione sia perché in Mary cera il forte sospetto di un processo encefalitico antecedente alle prime manifestazioni psicotiche, sia perché la storia della sua famiglia non sembrava spiegare, come è avvenuto per i casi precedenti, la malattia e, non suggeriva in alcun modo lesistenza di una relazione tra i diversi sintomi e lambiente. Laing ed Esterson prendendo in esame le esperienze e la condotta di Mary, e il modo in cui queste vengono lette rispettivamente dalla madre, dal padre e anche dagli psichiatri che lhanno avuta in cura, dimostrano ancora una volta la forza di quel meccanismo, messo in atto dalla famiglia e dagli psichiatri, secondo cui una malattia che viene arbitrariamente attribuita ad un individuo finisca per diventare un fatto reale. Secondo Laing ed Esterson la paziente finisce per convincersi della sua stessa malattia: " Ed è tale la forza di convinzione che emana da questa sorta di finzione per cui tutti la trattano da malata, che bisogna costantemente darsi dei pizzicotti, per così dire, per ricordarsi che non esistono le prove che sostanzino questa presupposizione, se non appunto le azioni delle persone che circondano la paziente. Le quali, agendo come se tale supposizione corrispondesse alla realtà, riescono a far nascere la certezza che lesperienza e le azioni in questione siano il prodotto inintelligibile di un processo, anziché lespressione del tutto intelligibile della prassi della paziente, in un area interpersonale in cui la posizione è insostenibile e in cui ogni sua mossa viene spiegata in base allassunto che essa tragga origine da un processo patologico misterioso, della cui esistenza non si può dubitare, ma che rimane tuttavia indefinibile" (Laing,R.D ; Esterson,A. 1964, tr.it pag 192). Tornando allanalisi specifica della famiglia Irwin, Laing ed Esterson si soffermano su due atteggiamenti particolari che la signora Irwin aveva nei confronti della figlia: per prima cosa la signora sosteneva che lei e Mary rappresentavano una "coppia ideale" e di conseguenza lei stessa credeva di essere una "madre perfetta", in secondo luogo si rapportava alla figlia come se fosse la sua infermiera, considerandola una bambina piccola ed ammalata che lei doveva curare. Il loro rapporto andò nel modo migliore fino a quando Mary non si ammalò e allora iniziò, secondo la madre, ad allontanarsi da lei, diventando ogni giorno sempre più egoista e ribelle. A questo proposito il punto di vista della figlia era completamente diverso; Mary racconta infatti ai due psichiatri che stava cercando in tutti i modi di affermarsi come persona, specialmente nei confronti della madre, perché le sembrava che le stesse uccidendo la personalità. Mary pensava che sua madre le avesse, fin da piccola, messo in testa i suoi pensieri senza permetterle di ragionare con la sua testa; per tale motivo da quando aveva sedici anni aveva sempre cercato di allontanare la madre dalla sua vita. Naturalmente questa reazione veniva presa dalla madre come ingratitudine ed egoismo di Mary, e addirittura come un sintomo della malattia. Laing ed Esterson spiegano come la ragazza si trovasse in una situazione insostenibile in famiglia. Le uniche strategie possibili per difendersi da un ingerenza da parte della madre erano quindi quelle di isolarsi da tutto, di stare immobile, di irrigidirsi dentro e di bloccare i suoi pensieri. Seguendo lanalisi condotta da Laing ed Esterson si dimostra in quale misura le esperienze e le azioni di Mary, che venivano considerate sintomi e segni di un processo patologico psichico siano invece spiegabili come prassi sociale, una volta che vengano contestualizzate nel sistema della sua famiglia.
Hazel è una ragazza di sedici anni. Quando venne ricoverata la prima volta in ospedale si trovava in uno stato catatonico, non parlava, non si muoveva e aveva uno sguardo impaurito. Quando iniziò a parlare confessò ai medici il timore che sua madre volesse avvelenarla e che a scuola le sue compagne la insultavano dicendole che era una pazza perché voleva uccidere i suoi fratelli. Dopo tre mesi in ospedale e una forte terapia farmacologia Hazel apparve guarita, tornò a casa e dopo poco ebbe di nuovo una crisi. Lo studio di questa famiglia durò allincirca due anni, nel corso dei quali vennero alla luce nuovi ed interessanti dati. Fu solo quando Laing ed Esterson incontrarono i nonni materni e la sorella della madre che riuscirono ad avere un quadro chiaro della costellazione familiare della paziente. Fin qui, analizzando le precedenti famiglie, Laing ed Esterson hanno spiegato che le famiglie di schizofrenici costituiscono, nella maggior parte dei casi, un sistema chiuso in cui, il membro che diventerà schizofrenico, risulta essere particolarmente incapsulato in questo sistema. Nel caso della famiglia King questo aspetto è particolarmente evidente. Questultima si presenta infatti agli occhi dei due psichiatri, come un sistema chiuso i cui membri forti sono i nonni e la madre di Hazel che si contrappongono a figure deboli e sottomesse quali il signor King e Hazel. La madre e la nonna della paziente non hanno permesso al signor King di instaurare, nel corso di tutti questi anni, un rapporto personale con la figlia, né tantomeno hanno lasciato libera questultima di crescere e di sviluppare liberamente la sua personalità. A questo proposito Laing e Esterson spiegano che: " In tutta la sua vita, Hazel non ha mai neppure messo piede in strada, senza che qualcuno laccompagnasse. Non ha mai avuto contatti con le ragazze e i ragazzi altro che nella scuola o in chiesa: non ha mai invitato un amica o un amico a casa sua. Dato che la madre e la nonna non parlano praticamente con nessuno, la situazione è, si può dire, a chiusura ermetica. Il signor King pensa che questo non sia un bene per la figlia, ma non sa come rimediarvi, è molto difficile, dice" (Laing,R.D; Esterson, A 1964, tr.it pag 214). Un altro elemento importante per la ricostruzione della storia della malattia di Hazel è lidea contraddittoria e irreale che la signora King aveva nei riguardi di sua figlia; durante linfanzia e ladolescenza di Hazel infatti, la madre non aveva mai avuto limpressione che la ragazza potesse essere infelice. Il suo cattivo umore veniva arbitrariamente associato ad una presunta gelosia di Hazel nei confronti dei fratelli più piccoli. O ancor peggio veniva data la colpa al padre che, secondo lei non era stata in grado di instaurare un rapporto con la figlia. Latteggiamento della signora King nei confronti della figlia rifletteva chiaramente un ambivalenza che metteva a disagio gli estranei: la ragazza in questo senso, se da in lato si sentiva iperprotetta dalla famiglia, era anche completamente ignorata e trattata con disprezzo. La figura della signora King, così autoritaria e contraddittoria nasconde una personalità fortemente disturbata; come notano Laing ed Esterson a questo proposito: " La signora King è chiaramente isterica, dissociata e soffre di numerose forme di ansia che essa controlla riducendo al minimo la percezione delle sue sensazioni" (Laing,R.D ;Esterson,A. 1964 tr.it pag 219). Le due crisi di Hazel diventano, alla luce di quanto detto finora, molto più intellegibili se inserite nel contesto di contraddizioni e di confusione che abbiamo notato sussistere allinterno della famiglia King.
Agnese Lawson, aveva diciannove anni quando fu ricoverata per la prima volta in un ospedale psichiatrico. La sua diagnosi fu di schizofrenia paranoie e, durante la sua permanenza in ospedale, fu sottoposta cinquanta volte a coma insulinico. Dopo sei mesi fu dimessa dallospedale, continuò a ricevere assistenza ambulatoriale per due anni, fino a quando fu definitivamente dimessa. Agnese fu ricoverata nellarco di pochi anni diverse volte ; ogni volta infatti che ritornava a casa e riprendeva la sua vita, era soggetta ad una nuova crisi. Durante il suo ultimo ricovero Agnese si lamentava con lo psichiatra che i genitori non la volevano più con loro, diceva che era spaventata , si sentiva insicura e rifiutata da tutti e che spesso sentiva delle voci immaginarie. Dallesame clinico al momento del ricovero risultò che la paziente presentava i seguenti disturbi: allucinazione auditive, idee di tipo paranoideo, impulsi aggressivi, disturbi del pensiero ed incoerenza tra pensiero e vita affettiva. La diagnosi finale di schizofrenia paranoidea fu trattata con una terapia a base di psicofarmaci. Durante i colloqui con la paziente, Laing ed Esterson notarono che i disturbi del pensiero che le erano stati diagnosticati come sintomo della malattia, si presentavano solo in determinati momenti ben individuabili e solo in rapporto a certi contenuti. La vaghezza e le contraddizioni che le erano state clinicamente attribuite sembravano in realtà espressioni del conflitto tra il desiderio di ragionare con la sua testa e linsicurezza che provava sulla fondatezza delle sue percezioni e dei suoi giudizi. Alla serie di deliri che Agnese presentava e che sembravano apparentemente privi di qualsiasi significato, e di conseguenza sintomi della malattia, Laing ed Esterson trovano una spiegazione ed una loro coerenza. Agnese credeva infatti che i suoi colleghi di lavoro la denigrassero, o immaginava che i suoi genitori non volessero che si sposasse. A questi due deliri Laing ed Esterson trovano una spiegazione che ha origine nella scarsa fiducia che Agnese aveva delle sue percezioni e nella difficoltà che riscontrava nel valutare le indicazioni che le venivano dalla condotta degli altri. Per esempio, il contenuto sessuale di certe sue allucinazioni erano una chiara dimostrazione della paura della propria sessualità. Dopo una serie di confronti tra Agnese e i suoi genitori, Laing ed Esterson hanno notato che lo stato di confusione in cui si trovava Agnese derivava essenzialmente dalla sua difficoltà nel vedere se stessa e nel capire come la percepissero gli altri. La confusione, responsabile del disagio della ragazza, sembra essere il riflesso della situazione contraddittoria in cui era vissuta inconsapevolmente per anni. Lerrore che è stato commesso su Agnese, come sulle altre pazienti, è stato quello di considerarla affetta da un misterioso processo patologico assolutamente incomprensibile. Ma, secondo Laing ed Esterson, se si ricostruisce il quadro della situazione concreta in cui Agnese viveva, si comincia ad intravedere che ciò che viene chiamata malattia non è altro che il tentativo disperato della ragazza di trovare un senso in una situazione che apparentemente, dal suo punto di vista, ne è priva. The Politics of Family and Others Essay pubblicato da Laing nel 1969 è una raccolta di discorsi tenuti da Laing in diverse occasioni durante il 1967 e il 1968.Nello studio di Laing sulle origine della malattia mentale la famiglia assume un ruolo fondamentale perchè la sua struttura e le sue dinamiche hanno un grande peso nella formazione della personalità di un individuo. Nel primo capitolo in particolare si analizzano le relazioni che intercorrono tra le strutture visibili della famiglia e le strutture che perdurano come parte della "famiglia" in quanto insieme di relazioni e operazioni. La famiglia rappresenta un sistema molto complesso e di difficile comprensione come lo stesso Laing afferma: "Parliamo delle famiglie come se noi tutti sapessimo che cosa sono le famiglie. Identifichiamo come famiglie gruppi di persone che convivono per determinati periodi di tempo, che sono unite da legami di matrimonio e di parentela. Quanto più si studiano le dinamiche familiari, tanto più oscuri appaiono i modi in cui le dinamiche familiari si confrontano e si contrappongono alle dinamiche di altri gruppi non definiti dalle famiglie, per non parlare dei modi in cui le famiglie stesse differiscono tra di loro. Ciò che è vero per le dinamiche lo è anche per le strutture (ossia per quegli schemi più costanti e durevoli degli altri): ancora una volta i paragoni e le generalizzazioni devono fondarsi sullesperienza" (Laing, R.D 1969 tr.it pag 5). Laing identifica la famiglia come un sistema e, in quanto tale, viene interiorizzata dallindividuo. Ciò che viene interiorizzato non sono elementi isolati ma le relazioni e le operazioni che sussistono tra questi elementi, per esempio si interiorizzano i genitori come intimi o estranei, congiunti o separati. E quindi la famiglia nel suo complesso ad esser interiorizzata. Allinterno della famiglia ogni membro crea con gli altri un rapporto particolare, diverso da quello che si instaura con persone che non fanno parte della famiglia, questo rapporto è formato da un insieme di elementi che seppur separati e disgiunti, formano un io unito con gli altri che lo contengono in se stessi. Limportanza dellinteriorizzazione quindi sta proprio nel fatto che ciò che si interiorizza non sono oggetti isolati, ma schemi di rapporto. "linteriorizzazione di un insieme di rapporti da parte dellindividuo trasforma la natura degli elementi, i loro rapporti e linsieme stesso, in un gruppo di un genere molto particolare. Questo insieme familiare di rapporti può venir applicato al corpo, ai sentimenti, ai pensieri, alle immaginazioni, ai sogni,alle percezioni; può diventare lo scenario che avvolge le nostre azioni, e può essere applicato a qualunque aspetto del cosmo"(Laing, R.D 1969 tr.it pag 23). Il gruppo interiore che si crea in ogni famiglia ha, come si può facilmente intuire, il potere di condizionare il rapporto di una persona con se stessa; Laing ha, in altre occasioni dimostrato a questo proposito come in individui gravemente disturbati esiste un collegamento facilmente riconoscibile tra le loro strutture deliranti e le rispettive situazioni familiari. Secondo Laing per comprendere il grado di incisività che esercita il gruppo interiore su un individuo non basta la psicoanalisi; proprio perchè nella famiglia sono presenti operazioni e continue trasformazione non è sufficiente prendere in considerazione un unico oggetto isolato dal suo contesto ma è necessario cercare una sequenza di eventi in cui si scoprono, in un contesto più ampio i ruoli che ogni elemento ha scelto di giocare. Un altro elemento che rende più difficile lanalisi della famiglia è quello della funzione difensiva. Laing per spiegare questo meccanismo afferma che: " Se lio dipende dalla integrità della famiglia, essendo questa una struttura condivisa, lintegrità dellio dipende allora dal senso che lio ha della sua famiglia in quanto struttura condivisa con altri. Una persona si sente al sicuro , se immagina lintegrità della struttura familiare negli altri" (Laing,R.D. 1969 tr.it pag 16). La funzione difensiva trova la sua spiegazione nel fatto che ogni membro della famiglia incarna una struttura derivata dai rapporti tra i suoi familiari, e la famiglia, intesa come presenza di gruppo condivisa, esiste nella misura in cui ciascun membro la possiede dentro di sè. Dal momento che lidentità di ciascun individuo si fonda in gran parte sulla famiglia che è situata allinterno degli altri è facile capire perchè ogni membro esiga che gli altri custodiscano in se stessi l imago della famiglia. Ciò che può mettere in crisi una famiglia può essere, per esempio, la scelta di un membro di andarsene escludendo così la famiglia dal suo sistema o distruggendo la famiglia che è in se stesso. In questo caso i familiari possono mettere in atto il meccanismo difensivo, una reazione inconscia contro il crollo totale la disintegrazione , il vuoto e altri terrori. Il meccanismo difensivo nasce quindi dal fatto che preservazione della famiglia è assimilata dai componenti della famiglia alla preservazione dellio e del mondo, la sua dissoluzione è di conseguenza assimilata al crollo dellio e del mondo. Limportanza della famiglia per un individuo viene evidenziata molto bene dalle parole di Laing quando afferma che "In un modo o nellaltro lombra della famiglia oscura la visione del singolo. Fino a che non si riesce a vedere la famiglia in se stessi, non si riesce a vedere se stessi nè alcuna famiglia con chiarezza" (Laing,R.D. 1969 tr.it pag 18). Una volta definita la famiglia come un sistema di interiorizzazioni molto complesso Laing, entrando nello specifico della questione, si chiede quale siano le modalità di studio e di intervento dello psichiatra o dellassistente sociale in una situazione in cui un componente della famiglia ha dei problemi di carattere mentale. "Nel nostro genere di lavoro nessuno sa in anticipo quale sia la situazione. Bisogna scoprirla. Quando uno degli elementi della situazione è una testimonianza sulla stessa, offerta da alcuni dei protagonisti per segnalare che una delle persone coinvolte nella situazione ha dei problemi, questa si presenta già come una situazione delicata che merita un indagine attenta"(Laing, R. D 1969 tr.it pag 35). Nella maggior parte dei casi gli psichiatri non prendono in esame lintera famiglia ma ascoltano solo la persona che ha bisogno del loro aiuto, non vengono così prese in considerazione le dinamiche degli altri membri della famiglia. In realtà la famiglia di un malato ha, secondo Laing, un ruolo fondamentale per far scoprire allo psichiatra la situazione in cui si trova il suo paziente; le persone coinvolte infatti pur non essendo in grado di rivelare con chiarezza la situazione sono al tempo stesso delle testimonianze della situazione stessa: "Si possono avere buone ragioni, dopo averle accertate, per prestare fede a certe storie. Quelle che ci raccontano o che raccontiamo noi sono sempre parti significative della situazione che si deve scoprire, ma il loro valore di verità è spesso trascurabile" (Laing, R. D. 1969 tr.it pag 38). La diagnosi medica non fornisce secondo Laing una valida strategia di intervento perchè, una volta stabilita la diagnosi si limita a prescrivere una terapia adatta. Riferendosi alla diagnosi medica Laing afferma che il medico "Non dà inizio al suo intervento, non mette in atto il suo proposito di modificazione, fino a che non comincia la cura, dopo aver compiuto tutto il necessario per formulare la diagnosi. Invece noi assistenti sociali e psichiatri, interveniamo e modifichiamo una situazione , non appena ci troviamo coinvolti in essa" (Laing, R.D 1969 tr.it pag 45). La differenza tra una diagnosi medica e una clinico-sociale sta nel fatto che questultima viene intesa come un discernere la scena sociale e ha il suo inizio nel momento in cui lo psichiatra entra per la prima volta in contatto con quella particolare situazione e non finisce mai. La diagnosi sociale è quindi il frutto non di un singolo momento ma di un intero processo di conoscenza in cui non esistono sequenze temporali ma fasi diverse che si contrappongono tra di loro. Inevitabilmente quindi il processo di interazione tra medico e paziente si trova quindi a subire numerose trasformazioni; in un primo momento lo psichiatra può definire la situazione in un particolare modo che in secondo tempo si può rivelare non valido. Laing, attraverso lanalisi delle differenze tra la diagnosi medica e quella sociale, delinea e stabilisce i ruoli che psichiatri e assistenti sociali devono avere nella cura dei casi di schizofrenia , entrambi devono scoprire la storia che cè dietro ad ogni paziente,e mentre il lavoro dello psichiatra si concentra sulla cura del paziente, quello dellassistente sociale è di aiutare i familiari a convivere con una persona affetta da disturbi mentali. E difficile sintetizzare il peso delleredità lasciata da Laing; dopo circa venti anni dalla sua scomparsa ci sono molte opinioni discordanti su di lui e diverse sono le idee che gli sono state attribuite, altrettanto differenti risultano le opinioni di specialisti e non, riguardo al suo valore intellettuale. Da un analisi sugli effetti che lintera opera di Laing ha lasciato durante questi anni si può supporre che la controversia su Laing sia legata al grande successo che il poeta - psichiatra raggiunse alla fine degli anni sessanta e linizio dei settanta. In quegli anni infatti i suoi libri divennero un classico nei campus americani e Laing conseguentemente lo psichiatra più controverso del mondo; ancora oggi intorno allopera di Laing si è aperto un ampio dibattito che coinvolge, proprio per la presenza nelle sue opere di tematiche socio-politiche, un pubblico insolitamente vasto. Ad inquinare e paradossalmente ad aumentare la sua fama hanno sicuramente contribuito le voci e gli aneddoti che circolavano sulla sua vita e sul suo stato mentale e il modo di condurre la sua attività psichiatrica; tutta la gamma di opinioni spesso contraddittorie tra di loro,che sono state attribuite a Laing possono trovare una spiegazione se accostate allesperienza dei ciechi nel racconto di Rumi ripreso da B. Mullan (1998): quando fu loro fatto toccare un elefante, ciascuno ne diede una descrizione secondo la parte del corpo che la sua mano aveva toccato, a uno lelefante dava limpressione di un trono, ad un altro di un ventaglio , a qualcuno di una colonna. Nessuno riuscì ad immaginare quale fosse laspetto dellintero animale. La stessa cosa avvenne per Laing, del quale un ritratto coerente e completo per tanti motivi non è ancora emerso. Dalle sue analisi della schizofrenia, immaginative ed appassionate, alle sue battaglie libertarie a proposito dei diritti dei malati mentali, alle spiegazioni dei modelli di relazione familiari, sia normali sia potenzialmente distruttivi, fino alla poesia psicologica di Knots, cè sempre stato un largo seguito di polemiche. Forse quello per cui Laing oggi viene ricordato e giudicato è soltanto la sua critica alla psichiatria tradizionale. La cosa che non depone a suo favore è stato il fallimento di un esperimento al quale Laing credeva molto: la Kinsley Hall, il primo manicomio demedicalizzato è finito nel giro di cinque anni nel caos. Il fallimento di questo esperimento ha costituito per molti una dimostrazione della sua irrilevanza. A suo tempo sono state poche le persone che si sono soffermate ad immaginare di quale coraggio e di quale innovazione assoluta si trattasse: nelloccidente moderno dove, in alternativa alla cultura del farmaco, Laing ha tentato di offrire un modo diverso di curare e di interagire con persone con disturbi mentali. Il suo desiderio di curare i suoi pazienti con metodi differenti da quelli convenzionali non convinse allora e neanche oggi la psichiatria tradizionale, che pur non avendo trovato ancora una cura definitiva alla schizofrenia, rifiuta categoricamente lapproccio metodologico e terapeutico proposto da Laing. E quindi difficile stabilire se e quanto le idee espresse nei libri di Laing abbiano in qualche misura influito sul modo abituale di curare chi soffre di disturbi mentali. Sicuramente le sue critiche e le sue battaglie nel campo della psichiatria mossero le acque ,e indubbiamente un suo grande merito è stato quello di aver proposto una chiave di lettura in grado di guardare il mondo della malattia mentale da una diversa angolazione. In ambito più strettamente specialistico probabilmente molti terapeuti e operatori, attraverso le idee e i libri di Laing, sono stati sensibilizzati riguardo alle questioni sulla libertà di ogni individuo e all importanza del contesto sociale della malattia. Ma come sottolinea B. Mullan :"La vera eredità di Laing è contenuta nella vita di quelle persone che egli toccò con la sua intuizione, la sua azione, i suoi consigli e la sua presenza " (Mullan,B 1998, tr.it pag18).FREUD, S.(1899). Die traumdeutung. Imago Publishing C.O London. (tr.it Linterpretazione dei sogni, 2002 Boringhieri, Torino). FREUD, S. (1915-1917/1932). Vorlesungen zur Einfuhrung in die psychoanalyse. 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