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Comprendere l'Islam non è solo ormai un obbligo culturale legato all'incidenza del radicalismo islamico sullo scenario internazionale e nell'immaginario collettivo, bensì un passaggio necessario sulla via di una comprensione più profonda dei fenomeni religiosi, che hanno segnato la storia, del problema dell'identità culturale e di alcuni aspetti della natura umana.
L'Islam viene da lontano, ha quattordici secoli di storia alle spalle, ma a differenza del Cristianesimo, che ha trovato modo di convivere con una società occidentale che, dal Rinascimento in poi, si è progressivamente laicizzata e secolarizzata, definendo un sistema di valori ad esso alternativo, sembra per molti versi impenetrabile alla sirena della modernizzazione, che implica, almeno per alcuni aspetti, un'occidentalizzazione del sistema politico, del diritto, del costume e dello stile di vita.
Il libro in questione fornisce un valido aiuto sulla via della comprensione dell'Islam e molteplici spunti di riflessione.
Sul piano dell'informazione - va subito detto - si tratta di un testo molto ricco e dettagliato. Esso segue le vicende dell'Islam dalla nascita sino ai nostri giorni secondo una partizione tradizionale (Le religioni dell'Arabia preislamica e Muhammad; L'Islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI secolo); L'Islam della transizione (XVII-XVIII secolo); L'Islam contemporaneo) e riserva un ampio capitolo finale alle Confessioni scismatiche, eterodossie e nuove religioni sorte nell'Islam.
Il primo capitolo, dedicato alla fondazione dell'Islam da parte di Maometto, ha il pregio di ricostruire una straordinaria avventura umana, esitata in un originariamente imprevedibile trionfo, su di uno sfondo storico che ne restituisce il significato più profondo. Investito del ruolo di Profeta, Maometto porta avanti una battaglia che ha due finalità: restaurare la fede nell'unico Dio biblico che, attraverso Ismaele, si è rivelato agli Arabi, promettendo loro un futuro glorioso; e scalzare dal potere le classi abbienti e parassitarie della Mecca, dedite all'idolatria, per sostituire un sistema sociale iniquo con un regime teocratico atto ad organizzare una comunità ugualitaristica e solidale. L'intento religioso e quello socio-politico rappresentano, dunque, nell'avvio dell'Islam, le due facce di una stessa medaglia. Il monotesimo implica che gli uomini, in quanto figli di Dio, sono uguali e accomunati da un vincolo di fraternità.
La restaurazione si realizza teologicamente attraverso le rivelazioni di Dio a Maometto, espresse dalle 148 Sure che verranno a costituire il Corano.
La lotta al potere meccano si avvale di un indomabile spirito combattivo, che non disdegna di utilizzare anche metodi di guerriglia, e di una grande capacità diplomatica.
Il vero "miracolo" di Maometto, però, a posteriori sta nell'avere fondato a Medina, luogo del suo lungo esilio, una comunità che, unendo i residenti e gli esuli in un legame fraterno, dà luogo ad una società giusta ed ugualitaristica. Per questo aspetto, Maometto è riuscito a dimostrare ciò che non era riuscito a Gesù: la possibilità di tradurre i principi della religione in un'esperienza sociale e politica teocratica.
Di fatto, l'esperienza di Medina rimarrà, nell'immaginario islamico, come un modello di riferimento al quale ricondursi: un modello che, nonostante le vicissitudini successive, rappresenterà il nocciolo duro di una nostalgia inestinguibile riferita ad una comunità raccolta nella fede e totalmente subordinata al volere di Dio. E' questo riferimento che permette di comprendere l'impermeabilità dell'Islam alle influenze esterne. L'Islam non ha nulla da apprendere dalle altre civiltà poiché la sua dottrina implica la possibilità di una società giusta e fraterna, che è la realizzazione del sogno più profondo dell'umanità. Ma questo sogno, verso il quale ancora oggi si protende vanamente l'Occidente, non è per l'Islam un'utopia, in quanto esso si è già realizzato in un remoto passato.
Questa convinzione, che non è mai venuta meno nel corso dei secoli, nonostante i periodi di crisi e la decadenza esitata nella colonizzazione occidentale dei paesi arabi dopo la fine della prima guerra mondiale, è la matrice del conservatorismo e del fondamentalismo islamico. Identificare in questi aspetti una sorta di ristagno evolutivo di tipo medievale rappresenta però una lettura distorta della storia dell'Islam alla luce della storia occidentale. Il capitolo sull'Islam sunnita, che ricostruisce la trasformazione di un messaggio religioso in una civiltà dinamica, dotata di un grande potere espansivo e capace di unificare, culturalmente e politicamente, popoli i più diversi. E' in tale periodo che l'Islam assume la configurazione di un sistema totalizzante, che coinvolge l'intera esperienza del credente pubblica, privata e interiore. Ma, non dandosi un potere centrale ecclesiale né una cristallizzazione dogmatica delle verità rivelate, ciò avviene sulla base di una straordinaria flessibilità dialettica che, posto il riferimento alla fede nell'unico Dio, comporta una capacità di adattamento alle circostanze storico-sociali molto maggiore rispetto al Cristianesimo.
Giusto l'insegnamento di Maometto, l'Islam è una religione semplice, nella misura in cui adotta un monoteismo radicale. Il suo intento di coinvolgere l'intera esperienza del credente e di permeare tutta la vita e l'organizzazione sociale non si fonda però su di una precettistica pedante, bensì su di una benevola considerazione delle debolezze umane. I cinque "pilastri" dell'Islam (la professione di fede, la preghiera, il digiuno, l'elemosina, il pellegrinaggio alla Mecca) bastano a sopperire a quella debolezza e ad assicurare la salvezza.
Uni di questi pilastri - l'elemosina -, a mio avviso, ha avuto e ha una particolare importanza nell'organizzazione della civiltà islamica. Espressione dell'originaria vocazione ugualitaristica di Maometto, l'elemosina ha rappresentato nel corso dei secoli uno strumento di redistribuzione del reddito che, se non ha impedito il sopravvenire di rilevanti differenze sociali, ha sempre mantenuto una tensione finalizzata alla giustizia sociale. Dopo la fine dell'Impero Ottomano e la formazione di Stati nazionali, l'elemosina ha perso il suo significato religioso convertendosi in esazione fiscale. L'inadempienza redistributiva dei governi, i cui vertici sono in gran parte occidentalizzati, ha riattivato però, negli ultimi decenni, il significato originario dell'elemosina, versata nuovamente all'autorità religiosa e utilizzata per fini sociali. Per questo aspetto, l'Islam non rinuncia all'originaria utopia medinese, non può accettare le differenze sociali proprie delle società occidentali, rifiuta radicalmente l'usura, vale a dire l'interesse sui capitali. Questo è, forse, l'ostacolo più rilevante sulla via dell'occidentalizzazione.
Per quanto impermeabile, soprattutto sotto il profilo religioso, l'Islam però non vive fuori del mondo. Il capitolo dedicato all'Islam contemporaneo, di fatto, è il più denso e complesso del libro. Esso, il cui autore è Khaled Fouad Allam, ricostruisce la storia dell'Islam contemporaneo a partire dalla crisi d'identità intervenuta nel mondo islamico in seguito al contatto con l'Occidente e dei ripetuti tentativi da parte di questo d'introdurre in esso i suoi valori politici e culturali, l'ultimo dei quali, legato alla globalizzazione , è ancora in atto. Tali tentativi hanno lacerato la società islamica, determinando una sorta di ricorrente ambivalenza nei confronti dell'Occidente visto nel doppio aspetto dell'oppressione per un verso e dell'ideale politico o della modernita come meta da raggiungere per un altro.
Il riferimento all'oppressione e all'omologazione è, ovviamente, la matrice dell'integralismo islamico, la cui origine risale al 1929, anno in cui fu fondata l'associazione dei Fratelli Musulmani il cui motto era che 'l'Islam è dogma, culto, patria e nazionalità, religione e stato, spiritualità e azione, Corano e sciabola". Da allora in poi il sogno di una rinascita islamica, in opposizione all'influenza occidentale, non è mai venuto meno, anche se si è espresso attraverso una miriade di movimenti. L'autore osserva giustamente che questo sogno è impropriamente ricondotto solo al fondamentalismo, vale a dire alla riproposizione di un rigido ritorno alle fonti (Corano e Sunna) e alle tradizioni. In realtà si è dato e si dà anche il radicalismo islamico, che non rifiuta di acquisire la scienza e la tecnologia dell'Occidente, ma si propone di islamizzarle. Questo più che quello rappresenta, di fatto, un pericolo. Esso infatti comporta non solo un'orgogliosa rivendicazione dell'identità islamica, ma anche una critica radicale alla civiltà occidentale, colta nei suoi aspetti decadenti e imperialistici, che promuove una lotta senza quartiere contro di essa. Nelle sue espresioni più estremistiche, il radicalismo islamico giunge a concepire l'Islam come la religione degli oppressi e ad attribuire, di conseguenza, ad esso una valenza terzomondista.
Il riferimento alla necessità di una modernizzazione è riconducibile più che a movimenti a singoli pensatori che, dal '700 in poi, hanno avvertito la necessità di un adattamento degli statuti legali implicati dalla rivelazione ai mutamenti e all'evoluzione della società. Da questo punto di vista, un assoluto rilievo ha il pensiero di Muhammad Iqbal che è giunto ad ipotizzare l'idea di una possibile sintesi tra Islam e Occidente. Anche questa sintesi però non prescinde dal considerare i valori islamici, sostanzialmente religiosi, superiori a quelli occidentali, che sono semplicemente umanitaristici.
A cosa si deve il diffondersi negli ultimi anni dell'integralismo presso le masse, che si pone come un fenomeno inquietante per i vertici politici inclini in maggioranza a cercare un qualche tipo di accordo con l'Occidente? La risposta, fornita nel libro quasi di sfuggita, ma estremamente interessante, è da ricondurre ad una nuova strategia adottata dai gruppi fondamentalisti e radicali. Preso atto della difficoltà di scalzare i vertici politici (rivoluzione dall'alto realizzatasi solo in Iran), la nuova strategia mira a costruire dalla base una società islamica. Questa reislamizzazione dal basso utilizza tutti i canali dell'associazionismo e della solidarietà, investe enormi somme nell'assistenza sanitaria, nell'istruzione scolastica, nei sussidi. Essa si rivolge ai gruppi sociali più disagiati e più deculturati, e mira a dimostrare, in opposizione all'Occidente, che nella cultura islamica esiste un netto primato dell'etica su tutti gli altri aspetti dell'esistenza umana. Mira, in altri termini, a riattualizzare, a distanza di secoli, il modello della comunità medinese e a provare che una buona società islamica può realizzarsi solo sulla base di un rifiuto radicale dei valori dell'Occidente.
Questa strategia travalica i confini delle nazioni e tende ad unificare l'umma, la comunità di coloro che si riconoscono fratelli in nome di Allah e del suo Profeta.
Essendo un testo di storia delle religioni, il libro tenta di evitare il più possibile giudizi sulla lunga avventura dell'Islam. Letto con attenzione, suggerisce però almeno una riflessione di interesse. In quanto religione comunitaristica ed ugualitaristica, l'Islam ha una naturale vocazione socialista. Esso di fatto, considerato sotto l'aspetto ideologico e culturale, è, non diversamente dal cristianesimo delle origini, una visione del mondo, uno stile di vita e un modo di considerare i rapporti tra gli esseri umani socialista. A differenza del socialismo storico, che ha promesso il paradiso sulla terra, esso, non enunciando tale promessa, può convivere anche con una relativa miseria, purché essa sia equamente suddivisa. Questo è forse l'ostacolo maggiore che si oppone alla penetrazione occidentale. Tra i valori dell'Occidente poi è la concezione liberale dell'individuo, che non riconosce alcuna autorità suprema su di lui che possa limitare la sua autorealizzazione, assolutamente incompatibile con l'Islam. Anche etimologicamente, l'Islam richiama alla sottomissione dell'individuo ad un potere e ad un ordine che lo trascende: la volontà di Dio e la comunità di coloro che si assoggettano alla sua Legge.
Maggio 2003