L’inchiesta presso l’Ospedale psichiatrico Don Uva di Potenza, nel 1969, ha rappresentato il mio rito di iniziazione al movimento antistituzionale. Nel 1971, nonostante avessi vinto il concorso statale per Assistente Ordinario, posi termine alla carriera accademica e feci domanda per entrare all’Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà di Roma (en passant, con uno stipendio del 60% inferiore a quello universitario). Per motivi burocratici, il concorso procedette con tempi a tal punto lenti che l’assunzione avvenne solo nel marzo del 1975. Nel lungo intervallo, portai a termine la mia formazione di terapeuta e mi dedicai alla pratica privata.
All’epoca, il Manicomio romano era ancora una fossa dei serpenti. C’erano solo due primari – Franco Paparo e Massimo Marà – che avevano avviato nei loro padiglioni, in un clima generale di scetticismo e di ostilità, un’esperienza antistituzionale. Decisi di collaborare con il prof. Paparo (di cui serbo uno splendido ricordo), che dirigeva il Pad XVII.
Era, notoriamente, il Padiglione delle “malatacce”, quello in cui venivano scaricate le pazienti croniche, poco o punto sensibili alle terapie (psicofarmaci, elettroschok, contenzioni, e, nei casi estremi, lobotomia) e per di più contestatarie, ribelli, aggressive.
Nel marzo del 1975 c’erano circa 140 ricoverate, parecchie delle quali, nonostante gli sforzi del Prof. Paparo e della sua équipe (della quale facevano parte alcune infermiere “comuniste”, votate alla causa antistituzionale), ancora bisognose di contenimento, sia pure in un’atmosfera generalmente non repressiva.
Mentre la dott.ssa Di Francesco, entrata in Ospedale contemporaneamente a me, si dedicava all’accettazione e alla cura dei nuovi casi, cercando di reinserirli il più rapidamente possibile nel loro contesto di vita quotidiana, per evitare la cronicizzazione, io mi assunsi il compito di “riabilitare” le pazienti più istituzionalizzate e più difficili. Ebbi la fortuna di ritrovarmi a lavorare con un Assistente Sociale (Fiore Bruno), divenuto poi un amico fraterno, e con alcune tirocinanti psicologhe di grandi qualità (tra le quali non posso non citare Elvira Rossi, a cui mi lega ancora oggi un solido affetto).
Tra le attività di riabilitazione avviate c’era anche la terapia di gruppo, condotta in collaborazione con il dottor Jules (uno psicoanalista che lavorava in Manicomio come volontario): una sorta di happening senza regola alcuna, che consentiva comunque alle pazienti di esprimersi e di comunicare (a modo loro).
Il documento che viene pubblicato è, per l’appunto, il resoconto di un incontro di gruppo tenutosi il 16. 11. 1976, registrato su cassetta e trascritto dalla dott.ssa Rossi.
Non sono in grado di prevedere le reazioni che esso susciterà nel lettore.
Data la singolarità del documento, che dà appena un’idea del carico di sofferenza prodotto dall’istituzionalizzazione e del tasso di umanità ancora vivo in persone trattate per anni come bestie, mi sembra opportuno fornire qualche informazione sulle pazienti.
L’età media del ricovero superava i dieci anni. Tutte avevano subito cicli prolungati di elettroshock e trattamenti con neurolettici ad alte dosi. Tre di esse erano state addirittura lobotomizzate. L’estrazione sociale era modesta, eccezion fatta per Maresca che, non per caso, viene identificata, con un’accezione negativa, come la “signora” del gruppo.
L’indigenza era un dato comune, anche se quasi tutte le pazienti godevano di una pensione di invalidità amministrata dai parenti, che, tranne qualche eccezione, la utilizzavano per sé (abuso al quale, nel giro di un anno, ponemmo fine).
L’indigenza giustifica il costante riferimento a bisogni primari (sigarette, caffè, ecc.), ma sarebbe ingenuo non identificare nella fitta rete di richieste e di scambi il riferimento ad un’aspettativa di solidarietà rivolta all’altro, che assume poi, nel discorso sulla “cura” e nel rapporto con i terapeuti, un significato più ampio.
Rileggendo il documento, oltre a intense emozioni dovute al ricordo vivissimo che ho delle pazienti (delle quali, parafrasando Lévi-Strauss, mi verrebbe da considerarmi testimone ed allievo), mi è tornato alla mente il cruccio di un libro “poetico” scritto sull’esperienza manicomiale, mai pubblicato e andato perduto, il cui titolo era La fontana d’Amleto. Pubblicherò a breve i pochi frammenti che sono riuscito a recuperare, tra i quali c’è il resoconto di un altro incontro di gruppo, ancora più intenso di quello che segue.
Maresca
Dottore mi guardi sono ventun anni che sto qui al Manicomio, non ce la faccio più, che ci sto a fare, perché non mi mandate via a casa? Le mie sorelle mi vogliono lasciare alla casa dei matti, per il resto non ci sentono, hanno invidia, hanno detto “ti lasciamo qui dentro… ti faccio restare qui dentro e così non ti faccio uscire”… Mi vogliono per forza tenere qui dentro. Io voglio spiegare, dottore mi mandi al 3°…non glie ne importa niente, non glie ne frega niente, io sono qui che soffro. Desidero tanto morire, ci stanno i barbiturici qui dentro a quest’ospedale? Io, in poche parole, ho detto tutto, ci stanno qui dentro i barbiturici? Voglio morire, mi uccido, voglio morire, risponda dottore! Non risponde
Di Marco
Io ti domando che cerchi, Maresca
Mimma
Chi ti ha capito, manco ho capito niente di quello che hai detto.
Maresca
Io sono ventun anni che sto qui dentro, ventun anni che mi hanno fatto soffrire e mi hanno rovinato, adesso che devo fare, se aveste una malattia inguaribile cosa fareste? Vi uccidereste, no? Io ho tentato cinque volte il suicidio, come ve lo devo dire… Una volta al mare, una volta al Lungotevere, una volta a Ostia, un’altra volta mi volevo buttare dalla finestra, una volta col coltello…allora che devo fa’ io?
(Lea tocca la maglietta di Maresca per abbottonargliela)
Maresca
E ferma, e ferma con le mani addosso,
Lea:
Hai un bottone sbottonato qui, giù da piedi…(abbottona) basta, basta, non ci stanno più.
Maresca
Grattami la schiena, un pochino, qui
Lea
Qui, qui?Ti gratto le spalle? (Lea le gratta le spalle)
Maresca
Pure più su.
(Silenzio)
Maresca
Dottore, che devo fa’, mi devo butta’ dalla finestra? Che devo fa’, mi devo strozza’? Sto parlando come una malata, come una malata a un dottore, io in lei non cerco un uomo, cerco un dottore. Dottore che devo fare, cosa devo prendere? Una cibalgina, qualcosa…
(Entra Romoli)
Maresca (a Romoli)
Aspetta, non chiude
Lea
Dove vai Mare’
Maresca
Vado a prendere la Cibalgina dalla suora.
Lea
che ore sono, dottore? Le otto, le nove?
(Silenzio)
(Lea si sbottona la vestaglia e la maglietta e si guarda la camicia da notte, si palpa il corpo, poi si riabbottona il golfino e la vestaglia. Lina mangia delle fette biscottate)
Luigi
Mi sembra che il gruppo ha una certa difficoltà a rispondere al quesito che poneva Maresca, che significato ha, dopo tanti anni, dopo tanti anni di sofferenza, stare qui insieme a parlare dei suoi problemi. Quando c’è una malattia incurabile, cioè quando non c’è più nulla da fare, che senso ha cercare di curarsi; perché questo, in fondo, è un modo per curarsi. Sembra che il gruppo ha delle grosse difficoltà a rispondere al problema che Maresca ha espresso.
(Maresca rientra mentre Luigi parla)
Maresca (insieme a Luigi)
Dottore cosa stava dicendo? Ho chiesto una Cibalgina.
Romoli
Maresca mi dai cento lire?
Maresca
Non ce l’ho, chi me le dà, ho speso tutto.(rivolta a Luigi), stava parlando di me, che voleva dire?
Lina
Maresca, quando stavi a letto… Stava vicino a me, mi chiamava di notte e io le dicevo: “ma che vuoi da me, che vuoi, non mi molestà, che ho da fa’ io”. Essa mi diceva:”prendimi un bicchiere d’acqua, mi metti la cosa, mi metti il lenzuolo tra le cosce?” Io dico ma scusami tanto, chiama l’assistente no? Chiama…
Maresca
Dottore mi fa mettere la mutandona questa sera, come si mette a Romualdi, eh?
Romoli
Dottor Anepeta, buon giorno, dov’è stato tutto questo tempo?
Maresca
E’ mancato tanto tempo, mi è mancato tanto…
Romoli
Ci è mancato, che pasticcio…hanno i tumori, tutta gente che ha pronto il trasferimento firmato; le faccia trasferire che stanno meglio. (Guardando Luigi) Io mi alzo, vediamo se parla.
Maresca
Chi è che si vuole trasferire, tu ti vuoi trasferire, io no… (incomprensibile)… Signore, aiutaci! Dottore, mi sento male, mi aiuti!
Lina
Dottor Anepeta io mi sento male eppure mi faccio forza, gli altri non vogliono chiedere le medicine, non vogliono. Io l’ho prese, invece, le medicine, però non le prendo, sa perché? Io ho troppo da fa’, ho troppo.
Maresca
Lo sa dottore, sono scoppiata a piangere… l’altro ieri era aperta la porta d’ingresso, io ho tentato di uscire… mi ha preso per i capelli e mi ha portato indietro, capito?
Lina
Mio fratello mi ha detto, dice, “ti porto da quest’altra parte, al parlatorio”; io non ci so’ voluta anda’, non mi so voluta fa manco tocca’, mi abbraccicava, io non ci volevo sta’, sa perché? Perché non voglio mangia’. Non me fido di lui, non me fido di lui.
(Rientra Rina)
Rina
Mi hanno portato un pezzetto di pizza con la ricotta, così, non l’ho potuta offrire a nessuno, era troppo poca.
Maresca
Dottore, perché non mi porta con lei. Mi porta a morire…nell’acqua., mi porta a morire, io non ce la faccio più, non ce la faccio più, io mi avveleno, dottore, m’avveleno dottore. (Piange) Non ce la faccio più, non ce la faccio più, ho passato tutta la vita al manicomio, non ce la faccio più, non ce la faccio più…
(Rina e Maresca insieme, incomprensibile)
Rina
Ma tu l’hai pure passata, bene o male,in qualche maniera l’hai passata la vita tua.
Maresca
Ventun anni di Manicomio…
Rina
Sono vent’anni pure io che…
Maresca
Io sono ventuno invece, un anno di più (piange)… dottore, ventun anni di sofferenza, non ce la faccio più, non ce la faccio più…
Rina
Sempre con le lacrime agli occhi, sempre.
Maresca
Ma io soffro…
Rina
ma vattene…
Maresca
Mica sono lacrime di gioia, queste sono lacrime di dolore.
Rina
Lascia stare, lacrime di dolore, però, sempre così…perché avrei tanto da piangere pure io, per conto mio, per conto di tutti.
(Maresca piange)
Lina
Lo sai, Jules, che mio fratello, quello che sta al Ministero delle Finanze, mi ha detto:”Vuoi veni’ a casa?”… ma io non ci vengo a casa perché tu mi perseguiti a me, non mi lasci mai in pace, non mi devi dire… parlare…(incomprensibile)…
Maresca
Cos’è, il registratore?
Luigi
Mi sembra che il dolore di Maresca, anche il pianto di Maresca ha messo molta paura nel gruppo tanto che Di Marco ha fatto…
Di Marco (interrompendo)
Ma per carità, per carità, lei tutto quello che vede, vuole, il suo non lo dà, lo vende tutto.
Mimma
Si vende tutto il “parlatorio”.
Luigi
Di Marco ha fatto presente che il pianto bisogna controllarlo perché, altrimenti, può anche contagiare, tutti possono mettersi a piangere. Forse questo è il pericolo che il gruppo vive “di disperarsi tutti quanti insieme”. C’è stata anche la risposta di Lea che le ha accarezzato i capelli (a Maresca), come se volesse dire che, in fondo, nel gruppo c’è anche la possibilità di alleviare la sofferenza degli altri attraverso gli atteggiamenti, comunicazioni di affetto…
(Mazza, fuori dal gruppo, canta “Addio bella Cecilia”; Anna Maria esce sbattendo la porta)
Maresca
Senta, davvero, in passato mi prendeva di petto, mi tirava i capelli… mi odia, mi odia questa, non mi può vedere, è vero Lea?
Lea
No, chi l’ha detto?
Maresca
Come no
Lea
No, chi io? No.
Rina
E’ rabbiosa, è rabbiosa; ha un principio di…la signorilità, ti sei fatta la serva, tu sei signora.
Maresca
Senti, io non sono né ignorante né…
Rina (interrompendo)
Non sono ignorante neanche io, non so ignorante neanche io, so molto più di te, so. Maresca, tu invece sei servita da tutti, qui dentro, ma chi hai cercato qui dentro?
Maresca
Ho cercato di guarire.
Rina
Ma che cercato di morire…(incomprensibile) …gli altri.
Maresca:
Di guarire.
Rina
Di guarire…come ieri sera, era appena andata a letto,ha cercato un bicchiere d’acqua, era appena andata a letto ha cercato un bicchiere d’acqua.
(Mazza continua a cantare sempre la stessa strofa”Addio bella Cecilia la cerco e non la trovo e trovo suo marito la, la, la,la, la”)
Maresca
Mi metto a letto, quando mi metto a letto mi sento male, non ce la faccio ad alzarmi…
Rina
Alzati e vattelo a prendere da te; ma no, non si fanno queste cose, ma allora che uomo sei, che uomo sei…
Maresca (incomprensibile)
Rina
Sei uomo o sei donna
Maresca
come sarebbe…
Rina
No, perché…hai il cervello da uomo o da donna?
Maresca
So’ donna, non lo vedi? Ho anche le mestruazioni.
Jules
Mi sembra chiaro che quello che diceva il dottore, cioè, davanti alla paura di essere contagiati dalla sofferenza degli altri
Rina
Sicuro, sicuro
Jules
E’ come se ognuno ha il suo modo di proteggersi. Una serie di persone sono andate via, Mazza canta , è come se tentasse di buttarci nella confusione piuttosto che affrontare quelli che possono essere i nostri problemi.
Maresca(insieme a Jules)
Mazza non si canta in assembLea, si parla.
Mazza
Eh?
Maresca
Si parla, non si canta.
Mazza:
Si parla? Si parla con la bocca o col culo?
Maresca
Vieni qui, vicino a me, vieni.
Mazza
No
Lina
Ci sta Mazza che fa le pirulé, fa. A me non mi deve stuzzicà a di’ delle ciglia,della bocca, del naso, perché questi riguardano a me, riguardano.
Maresca
Dottore, mi porti via…a morire…capito? Volevo andare giù al sotterraneo, non m’hanno voluto.
Mazza (sempre fuori dal gruppo, sul motivo di Addio bella Cecilia)
”Il mondo è grande, grande,noi siamo piccini, piccini, e a me che me ne frega di stare all’assembLea, voglio andare a casa mia… La mia bocca non lo so di chi è, la mia bocca non lo so di chi è, la mia bocca non lo so di chi è…E mo me ne vado via e va a morì amMazzata la, la, la, la, la … (va via e sbatte la porta).
Maresca(mentre Mazza canta, piange)
…Dio me ne liberi…si mettono d’accordo anche con il professor Paparo, non vogliono portar via, Silvana non mi vuole vicino a sé, mi volevano portare giù al sotterraneo… non m’ha voluto mia sorella. Perché le mie sorelle non mi vogliono portar via; io mi sono sciupata, pesavo…chili, adesso peso sessanta chili, mi so’ sciupata, so’ dimagrita, senza denti, guardi, chi posso innamorare io, sono finita, non le pare? Quando una non è più signoRina, non la guardano in faccia; prima ci si divertono, quando sta bene, poi, quando non è più signoRina, l’abbandonano a se stessa. Un uomo che fa così…
Rina
Ma a quell’uomo, s’è sposato pure quest’uomo o ha fatto l’amore solamente, l’amante solamente, (a Maresca) è stato amante solamente?
Maresca (incomprensibile)…
Rina
Ci stanno gli amanti che durano fino alla vecchiaia, come se sposassi…
Maresca
Non mi pare… Mi hanno fatto un’iniezione al cuore…tutto il sangue bollente…la circolazione del sangue è veloce, no? Tutto il sangue alle gambe,tutto il sangue ai piedi, tutta la parte circolare, come si dice, mi si è riscaldata, bollente tutta quanta…sono caduta, mi hanno preso e mi hanno portato al S. Gallicano, lì ci sono stata otto mesi, sei mesi. Poi mi hanno fatto la terapia alle braccia, sa prima non le potevo muovere come adesso, non posso muovere né la sinistra né la destra, ma non mi posso mettere a fare i raggi come una volta. Mi capisce,dottore, che sfortuna per una donna, una massaia, e siccome tutte le cose io non le posso fare a casa, mia sorella non m’accetta...io non le faccio…
Rina
Lavori a maglia, no, lavori, sai lavorare a maglia?
Maresca
No, o tu sei sana e allora ti vuole bene, se sei ammalata sei condannata a morire, per lei è così.
Rina
Condannata a morte.
Maresca
Non ha quell’affetto profondo di aiutarti proprio quando ti senti male, ti aiuta dopo, quando già ti sei ammalata.
Mimma
Dottore, le infermiere fanno le iniezioni insieme alla altre, a che cosa servono? A che cosa fanno bene?
Maresca(dice qualcosa di incomprensibile sui dottori)
Luigi
Sembra che Mimma sta chiedendo…
Rina(interrompendo)
Si mangia e si beve qui dentro.
Luigi
Sembra che Mimma ha chiesto,chiaramente, che tipo di cure noi diamo qui, come se ci fosse una certa diffidenza… delle cure che diamo che non sono ben conosciute.
Maresca: (mentre Luigi parla)
Dottore m’accende la sigaretta, m’accende la sigaretta, m’accende la sigaretta.
Rina
Vieni qui, t’accendo io.
Maresca
…Io ne ho incontrati tanti che mi piacevano e che mi hanno fatto proposte di matrimonio, il dottor Guidi mi voleva sposare, mi voleva portare con lui, quattro, cinque giorni a Napoli, non ci sono voluta andare… mi hanno rovinata qui dentro, mi hanno rinchiusa, mica è giusto. E’ uno sbaglio che non dovevano fare, capisce com’è, io adesso ho perduto gli uomini, ho perduto la felicità, lo scopo della vita; allora se non ho più vita, che ci sto a fare. Che devo fa’, non posso parla’, non posso fa’ nulla, non posso fa’nulla,che devo fa’, non posso guadagnà, non posso fa’ nulla, non posso fa’ nessun lavoro, è finita la vita mia.
Lina
A me mi serve l’armadio, se me lo vuoi dare, ma le chiavi…non so aprì io, come faccio a aprì?
Rina
Lina, vuoi una sigaretta, Lina?
Lina
Eh?
Rina
Vuoi una sigaretta?
Lina
Se me la vuoi da’.
Maresca
Dammela a me una, va. Di Marco, se ce l’hai, danne una anche a me.
Rina
No, no.
Maresca
Sii buona, domani ti regalo i biscotti.
Rina
Ma stai fumando, Maresca, ma ora stai fumando, vai cercando un’altra sigaretta; io le tengo per tutto il giorno,queste mi devono durare. Dottore, una sigaretta? Lei, Jules? Vede io non ci penso, sono sbadata, sono.
Maresca
Loro hanno troppo orgoglio, non si abbassano a vedere le malate che soffrono, passano.. non (incomprensibile)...professionale, invece un dottore come il dottor Massenti tutti lo rispettavano perché ogni giorno passava e a ogni malata le domandava”come stai?” “come stai?”…Il male dell’ammalata, dico bene? Io le rimprovero solo questo, che lei non passa tutti i giorni; se no le voglio tanto bene, io a lei, dottore, le voglio tanto bene, lo sa? Lo capisce? Lo capisce questo?
Rina
A me levatemi tutto ma non mi levate le sigarette.
Jules
Mi sembra che Maresca ha espresso una certa rabbia nei nostri confronti, questi dottori che passano così, che non si commuovono…
Maresca(interr.)
Io mi sento male, so di passaggio qui, non mi vengono a vede’, purtroppo, poi sotto al letto mio, sotto al letto…
Lina(stringendo la mano a Di Marco)
Un bacetto, un bacetto, bella!
Maresca.
Un approfittatore di donne, le pare giusto che io…un approfittatore di donne, non le pare, non le pare?Mi dovrebbero liberare, se mi levassero quello io starei benissimo tutto il giorno, quello è il letto che mi addormenta gli occhi, mi chiude gli occhi… si chiama Enzo.
Rina
Emma?
Maresca
No, Enzo, sì la dott.ssa Di Francesco dice, ci penso io a menargli, a farli andar via…forse quelli so’ completi sul personale, i portantini…forse so’ pochi letti…me ne possono liberare, dico bene…Lei dottore…dietro le spalle…a me no. Io apposta me ne voglio liberare.
Di Marco
Siamo condannati da una malattia che, purtroppo, ci siamo nati e ci nascono tutti e ci nasceranno tutti…
Maresca
Ma perché tu vuoi essere lasciata, io, invece, voglio essere ripresa.
Di Marco
Io non sono niente meglio di te.
Maresca
Non sai? Non sai quello che vuoi?
Di Marco
Non sono niente meglio di te, io.
Maresca
Lo so che non sei meglio ma non per questo devi essere presa nei confronti degli altri… di considerare me che sto male.
Rina ….(incomprensibile)
Maresca
Non tutte se ne sono accorte, capito? C’è chi finge di non capire, c’è chi finge di non vedere, c’è chi finge di non sentire quello che dico io, come mi esprimo, cosa esprimo…sono stanca di vivere…troppi torti.. Rina
Vedi, Maresca, ieri è venuta mia figlia, mi ha portato le pastarelle, le ho distribuite tutte, lei, siccome io l’avevo già promessa ad un’altra, per forza la voleva lei. Io non sapevo come fare, ho detto, o lei o un’altra. Ormai l’avevo promessa a quell’altra, l’ho data a quell’altra e a lei le ho dato le caramelle. Ma mi pare una cosa un po’ troppo…Quando ti si dice che una persona ha promesso ad un’altra e gliela dà ad un’altra… me ne è rimasta una sola.
Maresca
Ma che cosa, che cosa…
Rina
La pastarella, ieri…
Maresca
Sì, grazie, grazie, scusa eh,
Rina
No, sei noiosa, sei, perché tu, quando venivano i tuoi, non davi niente a nessuno.
Maresca
non è vero, non di’ bugie.
Rina
Sono di uno stampo temperamentale che non vogliono nessuno, non vogliono contaminarsi con altre persone…
Maresca
Non è vero, non è vero…
Rina
Sì, siete signori, signori, signori, signori..
Maresca
Chi te l’ha detto che siamo signori, chi te l’ha messo in testa. >
Rina
Tu sei più alla mano degli altri, delle tue sorelle ma le tue sorelle non sono…
Maresca
Le mie sorelle? Che dici? Io so’ a modo e le mie sorelle no? Le mie sorelle mi hanno fatto tante mascalzonate, mi hanno messo uomini e donne contro, tutti contro, tutti a rovinarmi, io mi so’ stufata di esse’ rovinata da tutti, di essere trattata come un giocattolo, di essere lo zimbello di tutti, dico bene? Sono stanca…
Rina
Non c’è mica da disperarsi però, non c’è mica da disperarsi. Io ho visto una donna, l’altro giorno, sono andata a fare una passeggiata, che zoppicava ad una gamba e camminava, portava la spesa, stava… si vede che era stata malata. Vedi quella pure zoppica, insomma… ma pure sta in vita. Insomma la vita ha un’atmosfera anche per lei, un’abitudine, anche per lei, di muoversi, di fronteggiare la vita, in qualche modo, ecco. Va bene, ci saranno pure i sacrifici perché tutte le cose non vengono mica così, a portata di mano. Ci vogliono i sacrifici, ci vuole il lavoro; apposta io dico, anche se mi porta qualcosa mia figlia che io do via, do via quello che ho, tutto del mio, i miei pure lavorano e spendono; pure loro hanno spese, hanno questo, hanno quell’altro.
Maresca (dal bagno chiama Mazza ad alta voce).
Rina
Ieri è venuta mia figlia, vedevo che aveva gli occhi un po’ giù, ho detto “figlia mia , vattene”, è stata mezz’ora sola.
Luigi
A me sembra che il gruppo ha una certa difficoltà ad aspettarsi che l’aiuto possa venire dall’esterno, dai dottori che Maresca prima ha detto “in fondo non sono molto sensibili, non curano molto bene…
Rina (interr.)
No, non è vero questo.
Luigi
Prima Goggi anche chiedeva “che tipo di medicine diamo”, o dai parenti. Sembra che il gruppo avverta quasi questa condizione di essere abbandonati, di non poter contare né sui parenti, né sui dottori e tenta di…
Rina (interr.)
No, scusi una cosa, ho detto “i dottori ci vogliono, le infermiere ci vogliono, le donne di servizio ci vogliono, ci vuole tutto questo”, allora con chi mangiano, come fanno a mangiare tutta questa povera gente se non hanno lavoro, non hanno guadagno, non hanno tutto.
[Romoli va dietro a Maresca e le chiedo cento lire]
Maresca
Non ce l’ho, levati, Dottore, dottore mi leva di mezzo Romoli?
Romoli
Dammi cinquanta lire
Maresca (quasi urlando)
Non ce l’ho, levati, vattene. Dottore, mi manda via Romoli?
Romoli
Dottore, mi dà cento lire?
Rina
Cento lire, ma vattene un po’, vattene.
Maresca
Dottore, l’altra sera…
Rina
Dottore, vuole un caffè dottore? Le pago un caffè, dottore? Le pago un caffè.
Romoli
Me lo paghi pure a me un caffè?
Rina
Aspetta…[esce con Romoli]
Maresca
Chi mi paga un caffè? Dottore mi paga un caffè per il cuore? Dottore mi presta cento lire per il caffè? Me le presta, dottore? Jules mi presta cento lire? Glie le restituisco.
Lina
Dammi cento lire in America voglio anda’(ride).
[Silenzio]
Lina
Ma al gruppo non c’è nessuno, dove so’ andate? A me non mi piacciono ‘ste cose…
Mimma
Il gruppo con tre persone.
Lina
Siccome che ci vedono tutti, io non ci vedo più niente, allora tolgo l’occasione di sta’ qui con lui.
Romoli
Prenda il caffè, non lo vuole? Lo prendo io, dottore?
Mimma
Ma perché, Di Marco l’ha pagato al dottore, te lo prendi te, meno male…
Luigi
Sembra che il gruppo ha vissuto però questo pericolo di non poter contare su nessuno che aiuta, questo pericolo di essere abbandonati e ha tentato quasi di vedere quali possibilità ci sono, all’interno del gruppo, di aiutarsi. C’è stato uno scambio di sigarette, Lea è andata a prendere l’acqua per Maresca, Lina ha detto a Di Marco “quanto sei bella” e le ha dato un bacio, c’è stato un tentativo…
[Entra Nuccitelli]
Nuccitelli
Scusate…
Rina
Io, no, perché ho sempre timore di Lina, io.
Lina
Lo sa che, lo sa che, ‘sto tempo addietro, mi stava a fa’ ‘na confusione che non si sa. Perché diceva che io…io dicevo “state buone”, esse dicevano, come trovo, come trovano le infermiere, che forse le infermiere stanno a guarda’ me sola, stanno a guarda’. Semo tutte uguali…
Maresca ( che è andata di nuovo al bagno chiama prima Lea, poi Mazza, chiedendo di portarle la borsa)
Datemi la borsa, datemi.
Lea(a Mazza)
Vuole la borsa, tie’ dagliela.
Mazza (prende la borsa e va verso il bagno)
Mare’ va’ a fan culo Mare’.
[Mazza e Maresca continuano a parlare vicino al bagno]
Luigi
C’è stato, mi sembra, questo tentativo del gruppo di vedere se non era possibile aiutarsi direttamente, tra di voi, con degli atteggiamenti di affetto, di solidarietà, di vedere se non era possibile liberarsi dalla disperazione espressa all’inizio da Maresca, con i vostri mezzi. Poi, via via che il gruppo si è quasi sfaldato, perché alcune persone sono uscite, sembra che il gruppo ha sentito, ancora di più, questo pericolo di essere abbandonato anche dalle persone che hanno la propria condizione e ha dovuto, attraverso Di Marco che ha offerto il caffè a noi, ai dottori, quasi dire “perlomeno voi, non ci abbandonate”, ecco…
Rina
Oh Dio mio, per carità!
Lina
Il caffè lo comanda quello che viene con la macchina, tutti i giorni viene.
Mimma
Cosa c’entra quello della macchina.
Lina
Quello del caffè.
Nuccitelli
Perché comanda…
Lina
Perché ha un grado d’istruzione, comanda.
Nuccitelli
Comanda più dei dottori?
Lina
Comanda le persone, comanda che gli danno i soldi…
Mimma
Certo, noi diamo le mille lire e lui ci dà gli spicci.
Di Marco
Tuo fratello non ti lascia gli spiccioli, niente.
Lina
Io mio fratello lo ricevo quando mi pare.
Nuccitelli
Guardate che bel bracciale che ha Mimma.
Romoli
Bello eh?
Di Marco
E’ la fine del mondo, è.
[Mazza, davanti alla finestra aperta, canta]
Lina (a Mazza)
Chiudi quella finestra, chiudi.
Mimma
Mazza, chiudi.
Mazza
Perché?
Mimma
Perché si sente freddo.
Mazza
Si respira, c’è il sole.
Lina
Ma chiudi.
Mazza (chiude)
Devo senti’ l’aria, me ne vado.
Lina
Ma va’ fan culo.
Mazza
non ti posso vede’, sei brutta come una scimmia, sei brutta.
Lina (urla, incomprensibile) ……
Maresca
Dottor Anepeta mi offre un goccettino di caffè, dottor Anepeta? Jules mi può offrire un goccetto di caffè per sentirmi meglio? Poi glie lo pago io, me lo dà un goccettino, per favore?
[Maresca beve il caffè]
Romoli
Mi dai un goccettino pure a me?
Mimma(a Rina)
Hai pagato il caffè, ora lo devono tutto.
Rina
Per carità, per carità…
Lina
Mi dai un goccetto, Mare’?
Maresca
A te sì.
Rina
Maresca è una furbacchiona, Maresca.
Maresca
E’ caruccia, lei, ogni volta che andavo di corpo a letto, ne faccio tanta di cacca, però sono cose che si fanno, è la digestione la cacca, è, come dire, dottore, la cacca che cos’è? E’ la digestione che si tramuta in cacca, non le pare? Insomma, girando per il corpo, per l’organismo, diventa cacca…una conseguenza, ecco è una conseguenza della digestione la cacca, una conseguenza della digestione che si tramuta in cacca. Ritornando al discorso di prima, io la cacca la faccio come tutte l’altre ma la perdo facilmente, Lina mi mette la traversa in mezzo alle gambee tutto quanto; io apposta le ho dato il caffè. Sono stata un po’ nervosa in questi giorni, vero?
Mimma(a Lea)
E smettila con quel…
Maresca
Piantala
Lea
C’è il zucchero?
Mimma
E smettila
Lea
C’è il zucchero, il zucchero.
Maresca
Io insomma son ventun anni, dottore, io non rido che sono ventun anni, non riesco a farmi una risata che sono ventun anni,è ventun anni che sono qui, che mi si è ristretto il cuore…
Nuccitelli
Io devo andare a casa perché l’altra volta mi sono comportata bene quando ci sono andata e mia madre mi vuole, allora lui dice che viene a prendermi tutti i lunedì però se lunedì è occupato mi viene a prendere anche gli altri giorni della settimana…
Maresca Dottore, mia sorella ha detto che si ucciderebbe pure se mi portassero a casa, mia sorella non mi vuolee mio fratello dice…
[Nuccitelli e Romoli parlano tra loro coprendo la voce di Maresca]
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
Stai fumando, ce l’hai, cosa vai cercando, vuoi prendere un po’ di botte? Un po’ di botte…
Romoli
Mi dai una sigaretta?
Nuccitelli
Vatti a pettinare
Romoli
Mi sono pettinata, con la spazzola.
Nuccitelli
Quale spazzola, quale spazzola?
Romoli
Quella che sta nel coso là…
Nuccitelli
Portala un po’ qui che è mia, la spazzola di ferro? Mannaggia alla miseria!
Rina
La maggior parte delle persone qua sono tutte conservatrici.
Nuccitelli
Con…?
Rina
Conservatrici
Nuccitelli
Tu no
Rina
Io pure, però son diversa da voi altri. Anche lei, anche lei se può offre, conservatrici, se hanno, hanno tutto per sé, non vogliono essere toccate, non vogliono essere… danno poco e niente del loro, del proprio.
Nuccitelli
Perché adesso ho negato una sigaretta a Romoli?
Rina
No, no
Nuccitelli
Si doveva pettinare , si doveva pettinare.
[Romoli rientra pettinata]
Nuccitelli
Dov’è la spazzola, Romoli?
Romoli
L’ha presa la…la Kruscev… la Markovich
Nuccitelli
La Markovich
Romoli
E, mi offri una sigaretta?
Nuccitelli
Ma che è una spazzola di ferro?
Romoli
Sì
Nuccitelli
E’ mia, vieni qui, dai andiamo a vedere.
[Nuccitelli e Romoli escono]
Rina
E’ ubriaca, alla sera è ubriaca di sigarette, va via così, cammina così, è ubriaca proprio delle sigarette. Va be’ sarà stanca pure, sta tutto il giorno come una cavalla, in piedi, tutto il giorno in piedi, quando è sera è stanca. Ma io dico, pure a casa sua, avrà pure un momento di riposo, di mettersi seduta, no? Sempre con la sigaretta accesa a fumà, sempre, sempre, sempre, sempre.
Luigi
Ho l’impressione che Di Marco esprime un po’ la rabbia di tutti nei confronti di alcune persone del gruppo che tendono a prendere tutto per sé come Maresca…
Rina(interr.)
Non dà un cerino, un cerino. Le ho dato cento lire, a lei, vero Maresca? Mica adesso va a prendere una scatola di cerini per accendere le sigarette, no, no; a me viene sempre a chiedere i cerini e non chiede mai “per favore” come se uno fosse obbligato ad accendere…
Maresca
Chi ti ci ha obbligato, Di Marco…Di Marco…
Di Marco
Tutto il giorno stanca, e poi è già uno sgarbo…del suo non dà niente a nessuno. Questa mattina aveva un pacco di biscotti così, io, grazie a Dio, non ne ho bisogno perché ce l’ho, ma insomma del suo non dà niente a nessuno. Perciò lei vuole e se lei la tocca, in qualche maniera o, con gli occhi le facessi uno sguardo un po’ che a lei non piace, si avventa con , con…
Maresca
Con furia
Di Marco
Con furia, ha capito? Io non so che…
Maresca
E’ schizofrenica
Rina
Che ne so io?
Maresca
Dico bene, dottore, è schizofrenica, vero dottore? E’ schizofrenica
Rina
Sono schizofrenica pure io ma però…
Maresca
Pure tu? No, tu no, col ragionamento sei sana.
[Le voci di Maresca e Rina si sovrappongono, rientra Nuccitelli]
Nuccitelli
Quella dell’Osservazione ha detto che l’ha presa lei e non me la vuole restituire la spazzola.
Maresca
io ne ho una vecchia, se vuoi te la posso regalare tanto a me…
Nuccitelli
Una spazzola di ferro ce l’hai?
Maresca
ce n’ho una vecchia, se la vuoi..
Nuccitelli
Ma è di ferro?
Maresca
Sì, sì.
Nuccitelli
Fammela vedere >
[Maresca si alza per andare a prendere la spazzola]
Lea
Maresca dove vai, dove vai?
Lina
A me non mi chiamate…’sti chiassi così volgari, perché non chiamano tutte, non chiamano; a me mi chiamano, decisamente non voglio che mi chiamano, perché io ho antipatia contro di lei, di lei,di lei. Ho l’antipatia.
Luigi
Mi sembra che anche Lina esprime un po’ quello che prima esprimeva Di Marco; il fatto che nel gruppo non si riesce a stare bene perché c’è qualcuno che viene avvertito quasi come pericoloso, qualcuno pronto a prendere tutto, a divorare tutto. Forse questo è un po’ quello che viene temuto…è la paura che il gruppo ha di non poter mettere fuori qualcosa di sé, anche i pensieri, anche le parole, perché c’è qualcuno pronto a prendersi tutto, a divorare tutto , come è stato fatto qui con…
Rina (interr.)
Tu che sei tanto intelligente, lei che è tanto intelligente, superiore a tutti gli altri…
Lina (interr.)
Come dicono che io…è fuori, è fuori, ma che scherzate che è fuori, io mica so’ ‘na donna maritata che ho figli… che alla notte mi tocco sotto, io non mi tocco mai, com’è fuori, com’è fuori il bacino..
Nuccitelli
Perché se ti tocchi da te ti metti incinta da sola?
Romoli
Mi lasci la cicca?
Rina
No.
Lina
Io incinta non ci so’ stata mai, tu, può esse’ che ci stai tu fuori invece che io.
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
Ha avuto un figlio e non lo sa, ha avuto un figlio (dà uno schiaffo sulla mano a Romoli che le vuole prendere la cicca). Vergognati di fare la scema “mi dai la cicca?” Vergognati una buona volta.
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
L’ha finito, da stamattina ha finito il pacchetto di sigarette, quante, quante ce ne ho io? Guarda, guarda quante ce ne ho io, vattene via. Se tu sei tornata indietro con l’età, non crede di fa’ tanto il ragazzino, di fa’ tanto il ragazzinetto; perché, secondo me, io ho l’impressione diversa da come penso che sia tornata indietro con l’età, questa.
Romoli
Che fai la psicoanalista?
Rina
Sì, vattene in pace, psicanalista.
[Romoli e Rina si sovrappongono]
Maresca (rientrando, a Nuccit.)
Ti vogliono al bagno.
Nuccitelli
Ah, sì.
[Voci confuse]
Nuccitelli
Meno male che ho i pidocchi così…
Maresca
Ecco il dottore, il dottore è mio, dottore si ricorda che sono anni che sto sotto cura sua, eh dottore si ricorda, prendo le cure che passa lei, sperando che mi guarisca. Lo sa che le medicine, quelle che mi ha dato lei, mi fanno tanto bene. Il professor Paparo sa che m’ha detto? Ha detto alle infermiere di darmi due pillolette di…Le infermiere non me le vogliono dare. Ieri sera, per esempio quando mi hanno portato le medicine a letto, perché non mi sentivo molto bene, non mi hanno dato le bustine per lo stomaco, m’ha capito, dottore? Dottore, mi segue? Dottore, mi segue?
Romoli
Per me questa è scema perché le medicine…
Maresca
Mi vogliono dare… per forza, perché non mi lascia quelle, eh? Perché non mi lascia quelle, dottore?
Luigi
mi sembra che nel gruppo ci sono queste due tendenze; da una parte c’è chi cerca di prendere tutto per sé, Maresca che dice “il dottore è mio”, è come se volesse dire “deve curare solo me”, anche Lea che mi si aggrappa è come se volesse quasi appropriarsi e volesse dire “il dottore è mio e cura solo me”. Da una parte c’è questa tendenza, nel gruppo, da parte di qualcuno, di prendere tutto, di non dividere niente con gli altri. Dall’altra parte c’è Di Marco che esprime anche la rabbia nei confronti di questi atteggiamenti che lei dice che sono “bambini” e che sono atteggiamenti che impediscono al gruppo di unirsi, di sentirsi uniti, perché sono atteggiamenti che tendono a fratturare. Ciascuno allunga le mani, vuol prendere tutto per sé e non c’è la possibilità di scambiare qualcosa all’interno del gruppo.
Maresca
Posso parlare? Dottore io , io a lei le voglio tanto bene, dottore, però vorrei cambiare padiglione, vorrei cambiare padiglione.
Nuccitelli
Maresca , a chi scrivi tutto il giorno, a chi scrivi?
Maresca
Ho scritto a mio fratello, ho scritto a mio zio, ho detto che voglio morire, ma non mi risponde nessuno, perciò sto in ansia…
Nuccitelli
Ma tu che ci fai con queste lettere?
Maresca
Le imbuco.
Nuccitelli
Dove?
Maresca
Le mando all’indirizzo…
Nuccitelli
Ma dove le imbuchi? Come fai ad imbucarle?
Maresca
Le faccio imbucare dalla suora.
Nuccitelli
ah, sì.
Maresca
Perché guardi per aria?
Nuccitelli
No, sto guardando te.
Maresca
Io mica sto lassù nel soffitto? Io sto qui.
Nuccitelli
Io sto guardando te, Maresca.
Maresca
No, fai così…
Nuccitelli
No, no, perché sto con la mano così, allora…
Maresca
Va be’.
Nuccitelli
Hai scritto pure ad Anepeta, glie l’hai data quella lettera ad Anepeta?
Maresca
Sì, glie l’ho mandata… Io qui sto sotto cura sua, mi deve, mi deve, per favore, se mi curava lei, appunto, fino a quando sono guarita del tutto.
Rina
Guarda, figlia mia, quando io…te soffri d’ansia pure, perché è possibile che sempre con le mani fai così, così…
Maresca
E’ nervosismo, non è ansia.
Rina
Hai l’abitudine di fare così…
Maresca (parole confuse)
…la sinistra adesso la posso muovere così, prima invece, con la sinistra vado bene
(alza la mano sinistra).
Mimma
Fai il saluto fascista, fai.
Maresca
No, il fascista lo fa col destro, il sinistro i comunisti; non so’ buoni, so’ cattivi i fascisti, per carità, il fascismo è una schiavitù.
[Nuccitelli, Lina e Lea parlano insieme]
Lina:
E’ più di un anno, ho una vena ritirata, ho e mi…
Nuccitelli
Ha la vena ritirata…
Lina
E mi sento la debolezza sulle braccia…
Maresca
Dottore le posso dare un bacio alla mano?
Mimma
A me mi s’è fatta una bolla perché prima m’aiutava Cardarella a piegare il bucato, la sera; la mattina sono stanca, prima m’aiutava Cardarella, poi non m’ha aiutato più. Guardi mi s’era fatta una bolla, adesso s’è levata.
[Mimma e Maresca parlano insieme, incomprensibile]
Maresca
Dottore Anepeta, mi rivolgo a lei, sia buono, dottore mi faccia baciare la mano, sia buono, la voglio ringraziare…
Jules
Mi sembra che questo affrettarsi a prendere ognuno qualcosa dal dottore, è come se…
Maresca
Ma lei non è dottore…
Nuccitelli
Zitta, fallo parlare, zitta.
Jules
E’ come se fra questa rabbia e il desiderio di prendere qualcosa, come se è difficile trovare il modo, di prendere qualcosa in un altro modo. O si prende tutto, cioè andare dal dottore a chiedere qualcosa, o di essere arrabbiati, di ritirarsicome hanno fatto molte persone che sono andate via, che non hanno parlato.E’ come se non c’è o è difficile un modo di stare insieme, di scambiare tra noi.
Nuccitelli
Perché il dottore, per noi, è la parte sana di noi stesse
Maresca
Ecco hai detto bene
Nuccitelli
La parte sana, la parte che noi cerchiamo di mantenerci sana e che si mantiene sana malgrado lui stia a contatto con noi. Per questo noi crediamo che stare a contatto con lui ci porti ad essere come lui: sane di mente, sane di corpo, felici. Tutto quello che ci manca, praticamente, ce lo deve dare una persona sana; allora noi idealizziamo il dottore che, per noi è come il sole quando fa freddo e sentiamo il bisogno di scaldarci, capito?
Maresca
Ecco sì, è come il sole il dottore, che ci riscalda il cuore.
Nuccitelli
Perché il sole è sempre lo stesso, eppure qualche volta c’è e qualche volta non c’è, allora noi ne sentiamo la mancanza e, quando c’è, uno tende a scaldarsi, ad avvicinarsi di più al sole.
[Maresca in sottofondo mentre parla Nuccitelli]
Nuccitelli
Invece noi siamo un po’ come le nubi, ci sciogliamo a contatto del sole e non possiamo…
[Il nastro del registratore finisce]
Nuccitelli (continua)
Non possiamo stare insieme, non possiamo amalgamarci tra di noi.
[Maresca abbraccia Lea, le poggia la testa sulla spalla]
Nuccitelli
Dobbiamo amalgamarci con il dottore, nonostante siamo piene di male, non intacchiamo queste persone sane.
Maresca (accarezzando la mano di Luigi) E’ anche un bell’uomo ma è un bravo dottore, m’ha rimesso in piedi.
[Luigi interviene sulla disperazione di Maresca all’inizio del gruppo e sul bisogno di essere curati. Maresca piange, Lea si alza, il gruppo finisce].
Uno scenario manicomiale
Introduzione alla lettura
L’inchiesta presso l’Ospedale psichiatrico Don Uva di Potenza, nel 1969, ha rappresentato il mio rito di iniziazione al movimento antistituzionale. Nel 1971, nonostante avessi vinto il concorso statale per Assistente Ordinario, posi termine alla carriera accademica e feci domanda per entrare all’Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà di Roma (en passant, con uno stipendio del 60% inferiore a quello universitario). Per motivi burocratici, il concorso procedette con tempi a tal punto lenti che l’assunzione avvenne solo nel marzo del 1975. Nel lungo intervallo, portai a termine la mia formazione di terapeuta e mi dedicai alla pratica privata.
All’epoca, il Manicomio romano era ancora una fossa dei serpenti. C’erano solo due primari – Franco Paparo e Massimo Marà – che avevano avviato nei loro padiglioni, in un clima generale di scetticismo e di ostilità, un’esperienza antistituzionale. Decisi di collaborare con il prof. Paparo (di cui serbo uno splendido ricordo), che dirigeva il Pad XVII.
Era, notoriamente, il Padiglione delle “malatacce”, quello in cui venivano scaricate le pazienti croniche, poco o punto sensibili alle terapie (psicofarmaci, elettroschok, contenzioni, e, nei casi estremi, lobotomia) e per di più contestatarie, ribelli, aggressive.
Nel marzo del 1975 c’erano circa 140 ricoverate, parecchie delle quali, nonostante gli sforzi del Prof. Paparo e della sua équipe (della quale facevano parte alcune infermiere “comuniste”, votate alla causa antistituzionale), ancora bisognose di contenimento, sia pure in un’atmosfera generalmente non repressiva.
Mentre la dott.ssa Di Francesco, entrata in Ospedale contemporaneamente a me, si dedicava all’accettazione e alla cura dei nuovi casi, cercando di reinserirli il più rapidamente possibile nel loro contesto di vita quotidiana, per evitare la cronicizzazione, io mi assunsi il compito di “riabilitare” le pazienti più istituzionalizzate e più difficili. Ebbi la fortuna di ritrovarmi a lavorare con un Assistente Sociale (Fiore Bruno), divenuto poi un amico fraterno, e con alcune tirocinanti psicologhe di grandi qualità (tra le quali non posso non citare Elvira Rossi, a cui mi lega ancora oggi un solido affetto).
Tra le attività di riabilitazione avviate c’era anche la terapia di gruppo, condotta in collaborazione con il dottor Jules (uno psicoanalista che lavorava in Manicomio come volontario): una sorta di happening senza regola alcuna, che consentiva comunque alle pazienti di esprimersi e di comunicare (a modo loro).
Il documento che viene pubblicato è, per l’appunto, il resoconto di un incontro di gruppo tenutosi il 16. 11. 1976, registrato su cassetta e trascritto dalla dott.ssa Rossi.
Non sono in grado di prevedere le reazioni che esso susciterà nel lettore.
Data la singolarità del documento, che dà appena un’idea del carico di sofferenza prodotto dall’istituzionalizzazione e del tasso di umanità ancora vivo in persone trattate per anni come bestie, mi sembra opportuno fornire qualche informazione sulle pazienti.
L’età media del ricovero superava i dieci anni. Tutte avevano subito cicli prolungati di elettroshock e trattamenti con neurolettici ad alte dosi. Tre di esse erano state addirittura lobotomizzate. L’estrazione sociale era modesta, eccezion fatta per Maresca che, non per caso, viene identificata, con un’accezione negativa, come la “signora” del gruppo.
L’indigenza era un dato comune, anche se quasi tutte le pazienti godevano di una pensione di invalidità amministrata dai parenti, che, tranne qualche eccezione, la utilizzavano per sé (abuso al quale, nel giro di un anno, ponemmo fine).
L’indigenza giustifica il costante riferimento a bisogni primari (sigarette, caffè, ecc.), ma sarebbe ingenuo non identificare nella fitta rete di richieste e di scambi il riferimento ad un’aspettativa di solidarietà rivolta all’altro, che assume poi, nel discorso sulla “cura” e nel rapporto con i terapeuti, un significato più ampio.
Rileggendo il documento, oltre a intense emozioni dovute al ricordo vivissimo che ho delle pazienti (delle quali, parafrasando Lévi-Strauss, mi verrebbe da considerarmi testimone ed allievo), mi è tornato alla mente il cruccio di un libro “poetico” scritto sull’esperienza manicomiale, mai pubblicato e andato perduto, il cui titolo era La fontana d’Amleto. Pubblicherò a breve i pochi frammenti che sono riuscito a recuperare, tra i quali c’è il resoconto di un altro incontro di gruppo, ancora più intenso di quello che segue.
Gruppo terapeutico
martedì 16/11/1976
Maresca
Dottore mi guardi sono ventun anni che sto qui al Manicomio, non ce la faccio più, che ci sto a fare, perché non mi mandate via a casa? Le mie sorelle mi vogliono lasciare alla casa dei matti, per il resto non ci sentono, hanno invidia, hanno detto “ti lasciamo qui dentro… ti faccio restare qui dentro e così non ti faccio uscire”… Mi vogliono per forza tenere qui dentro. Io voglio spiegare, dottore mi mandi al 3°…non glie ne importa niente, non glie ne frega niente, io sono qui che soffro. Desidero tanto morire, ci stanno i barbiturici qui dentro a quest’ospedale? Io, in poche parole, ho detto tutto, ci stanno qui dentro i barbiturici? Voglio morire, mi uccido, voglio morire, risponda dottore! Non risponde…
Di Marco
Io ti domando che cerchi, Maresca
Mimma
Chi ti ha capito, manco ho capito niente di quello che hai detto.
Maresca
Io sono ventun anni che sto qui dentro, ventun anni che mi hanno fatto soffrire e mi hanno rovinato, adesso che devo fare, se aveste una malattia inguaribile cosa fareste? Vi uccidereste, no? Io ho tentato cinque volte il suicidio, come ve lo devo dire… Una volta al mare, una volta al Lungotevere, una volta a Ostia, un’altra volta mi volevo buttare dalla finestra, una volta col coltello…allora che devo fa’ io?
(Lea tocca la maglietta di Maresca per abbottonargliela)
Maresca
E ferma, e ferma con le mani addosso,
Lea:
Hai un bottone sbottonato qui, giù da piedi…(abbottona) basta, basta, non ci stanno più.
Maresca
Grattami la schiena, un pochino, qui
Lea
Qui, qui?Ti gratto le spalle? (Lea le gratta le spalle)
Maresca
Pure più su.
(Silenzio)
Maresca
Dottore, che devo fa’, mi devo butta’ dalla finestra? Che devo fa’, mi devo strozza’? Sto parlando come una malata, come una malata a un dottore, io in lei non cerco un uomo, cerco un dottore. Dottore che devo fare, cosa devo prendere? Una cibalgina, qualcosa…
(Entra Romoli)
Maresca (a Romoli)
Aspetta, non chiude
Lea
Dove vai Mare’
Maresca
Vado a prendere la Cibalgina dalla suora.
Lea
che ore sono, dottore? Le otto, le nove?
(Silenzio)
( Lea si sbottona la vestaglia e la maglietta e si guarda la camicia da notte, si palpa il corpo, poi si riabbottona il golfino e la vestaglia. Lina mangia delle fette biscottate)
Luigi
Mi sembra che il gruppo ha una certa difficoltà a rispondere al quesito che poneva Maresca, che significato ha, dopo tanti anni, dopo tanti anni di sofferenza, stare qui insieme a parlare dei suoi problemi. Quando c’è una malattia incurabile, cioè quando non c’è più nulla da fare, che senso ha cercare di curarsi; perché questo, in fondo, è un modo per curarsi. Sembra che il gruppo ha delle grosse difficoltà a rispondere al problema che Maresca ha espresso.
(Maresca rientra mentre Luigi parla)
Maresca (insieme a Luigi)
Dottore cosa stava dicendo? Ho chiesto una Cibalgina.
Romoli
Maresca mi dai cento lire?
Maresca
Non ce l’ho, chi me le dà, ho speso tutto.(rivolta a Luigi), stava parlando di me, che voleva dire?
Lina
Maresca, quando stavi a letto… Stava vicino a me, mi chiamava di notte e io le dicevo: “ma che vuoi da me, che vuoi, non mi molestà, che ho da fa’ io”. Essa mi diceva:”prendimi un bicchiere d’acqua, mi metti la cosa, mi metti il lenzuolo tra le cosce?” Io dico ma scusami tanto, chiama l’assistente no? Chiama…
Maresca
Dottore mi fa mettere la mutandona questa sera, come si mette a Romualdi, eh?
Romoli
Dottor Anepeta, buon giorno, dov’è stato tutto questo tempo?
Maresca
E’ mancato tanto tempo, mi è mancato tanto…
Romoli
Ci è mancato, che pasticcio…hanno i tumori, tutta gente che ha pronto il trasferimento firmato; le faccia trasferire che stanno meglio. (Guardando Luigi) Io mi alzo, vediamo se parla.
Maresca
Chi è che si vuole trasferire, tu ti vuoi trasferire, io no… (incomprensibile)… Signore, aiutaci! Dottore, mi sento male, mi aiuti!
Lina
Dottor Anepeta io mi sento male eppure mi faccio forza, gli altri non vogliono chiedere le medicine, non vogliono. Io l’ho prese, invece, le medicine, però non le prendo, sa perché? Io ho troppo da fa’, ho troppo.
Maresca
Lo sa dottore, sono scoppiata a piangere… l’altro ieri era aperta la porta d’ingresso, io ho tentato di uscire… mi ha preso per i capelli e mi ha portato indietro, capito?
Lina
Mio fratello mi ha detto, dice, “ti porto da quest’altra parte, al parlatorio”; io non ci so’ voluta anda’, non mi so voluta fa manco tocca’, mi abbraccicava, io non ci volevo sta’, sa perché? Perché non voglio mangia’. Non me fido di lui, non me fido di lui.
(Rientra Rina)
Rina
Mi hanno portato un pezzetto di pizza con la ricotta, così, non l’ho potuta offrire a nessuno, era troppo poca.
Maresca
Dottore, perché non mi porta con lei. Mi porta a morire…nell’acqua., mi porta a morire, io non ce la faccio più, non ce la faccio più, io mi avveleno, dottore, m’avveleno dottore. (Piange) Non ce la faccio più, non ce la faccio più, ho passato tutta la vita al manicomio, non ce la faccio più, non ce la faccio più…
(Rina e Maresca insieme, incomprensibile)
Rina
Ma tu l’hai pure passata, bene o male,in qualche maniera l’hai passata la vita tua.
Maresca
Ventun anni di Manicomio…
Rina
Sono vent’anni pure io che…
Maresca
Io sono ventuno invece, un anno di più (piange)… dottore, ventun anni di sofferenza, non ce la faccio più, non ce la faccio più…
Rina
Sempre con le lacrime agli occhi, sempre.
Maresca
Ma io soffro…
Rina
ma vattene…
Maresca
Mica sono lacrime di gioia, queste sono lacrime di dolore.
Rina
Lascia stare, lacrime di dolore, però, sempre così…perché avrei tanto da piangere pure io, per conto mio, per conto di tutti.
(Maresca piange)
Lina
Lo sai, Jules, che mio fratello, quello che sta al Ministero delle Finanze, mi ha detto:”Vuoi veni’ a casa?”… ma io non ci vengo a casa perché tu mi perseguiti a me, non mi lasci mai in pace, non mi devi dire… parlare…(incomprensibile)…
Maresca
Cos’è, il registratore?
Luigi
Mi sembra che il dolore di Maresca, anche il pianto di Maresca ha messo molta paura nel gruppo tanto che Di Marco ha fatto…
Di Marco (interrompendo)
Ma per carità, per carità, lei tutto quello che vede, vuole, il suo non lo dà, lo vende tutto.
Mimma
Si vende tutto il “parlatorio”.
Luigi
Di Marco ha fatto presente che il pianto bisogna controllarlo perché, altrimenti, può anche contagiare, tutti possono mettersi a piangere. Forse questo è il pericolo che il gruppo vive “di disperarsi tutti quanti insieme”. C’è stata anche la risposta di Lea che le ha accarezzato i capelli (a Maresca), come se volesse dire che, in fondo, nel gruppo c’è anche la possibilità di alleviare la sofferenza degli altri attraverso gli atteggiamenti, comunicazioni di affetto…
(Mazza, fuori dal gruppo, canta “Addio bella Cecilia”; Anna Maria esce sbattendo la porta)
Maresca
Senta, davvero, in passato mi prendeva di petto, mi tirava i capelli… mi odia, mi odia questa, non mi può vedere, è vero Lea?
Lea
No, chi l’ha detto?
Maresca
Come no
Lea
No, chi io? No.
Rina
E’ rabbiosa, è rabbiosa; ha un principio di…la signorilità, ti sei fatta la serva, tu sei signora.
Maresca
Senti, io non sono né ignorante né…
Rina (interrompendo)
Non sono ignorante neanche io, non so ignorante neanche io, so molto più di te, so. Maresca, tu invece sei servita da tutti, qui dentro, ma chi hai cercato qui dentro?
Maresca
Ho cercato di guarire.
Rina
Ma che cercato di morire…(incomprensibile) …gli altri.
Maresca:
Di guarire.
Rina
Di guarire…come ieri sera, era appena andata a letto,ha cercato un bicchiere d’acqua, era appena andata a letto ha cercato un bicchiere d’acqua.
(Mazza continua a cantare sempre la stessa strofa”Addio bella Cecilia la cerco e non la trovo e trovo suo marito la, la, la,la, la”)
Maresca
Mi metto a letto, quando mi metto a letto mi sento male, non ce la faccio ad alzarmi…
Rina
Alzati e vattelo a prendere da te; ma no, non si fanno queste cose, ma allora che uomo sei, che uomo sei…
Maresca (incomprensibile)
Rina
Sei uomo o sei donna
Maresca
come sarebbe…
Rina
No, perché…hai il cervello da uomo o da donna?
Maresca
So’ donna, non lo vedi? Ho anche le mestruazioni.
Jules
Mi sembra chiaro che quello che diceva il dottore, cioè, davanti alla paura di essere contagiati dalla sofferenza degli altri
Rina
Sicuro, sicuro
Jules
E’ come se ognuno ha il suo modo di proteggersi. Una serie di persone sono andate via, Mazza canta , è come se tentasse di buttarci nella confusione piuttosto che affrontare quelli che possono essere i nostri problemi.
Maresca(insieme a Jules)
Mazza non si canta in assembLea, si parla.
Mazza
Eh?
Maresca
Si parla, non si canta.
Mazza:
Si parla? Si parla con la bocca o col culo?
Maresca
Vieni qui, vicino a me, vieni.
Mazza
No
Lina
Ci sta Mazza che fa le pirulé, fa. A me non mi deve stuzzicà a di’ delle ciglia,della bocca, del naso, perché questi riguardano a me, riguardano.
Maresca
Dottore, mi porti via…a morire…capito? Volevo andare giù al sotterraneo, non m’hanno voluto.
Mazza (sempre fuori dal gruppo, sul motivo di Addio bella Cecilia)
”Il mondo è grande, grande,noi siamo piccini, piccini, e a me che me ne frega di stare all’assembLea, voglio andare a casa mia… La mia bocca non lo so di chi è, la mia bocca non lo so di chi è, la mia bocca non lo so di chi è…E mo me ne vado via e va a morì amMazzata la, la, la, la, la … (va via e sbatte la porta).
Maresca(mentre Mazza canta, piange)
…Dio me ne liberi…si mettono d’accordo anche con il professor Paparo, non vogliono portar via, Silvana non mi vuole vicino a sé, mi volevano portare giù al sotterraneo… non m’ha voluto mia sorella. Perché le mie sorelle non mi vogliono portar via; io mi sono sciupata, pesavo…chili, adesso peso sessanta chili, mi so’ sciupata, so’ dimagrita, senza denti, guardi, chi posso innamorare io, sono finita, non le pare? Quando una non è più signoRina, non la guardano in faccia; prima ci si divertono, quando sta bene, poi, quando non è più signoRina, l’abbandonano a se stessa. Un uomo che fa così…
Rina
Ma a quell’uomo, s’è sposato pure quest’uomo o ha fatto l’amore solamente, l’amante solamente, (a Maresca) è stato amante solamente?
Maresca (incomprensibile)…
Rina
Ci stanno gli amanti che durano fino alla vecchiaia, come se sposassi…
Maresca
Non mi pare… Mi hanno fatto un’iniezione al cuore…tutto il sangue bollente…la circolazione del sangue è veloce, no? Tutto il sangue alle gambe,tutto il sangue ai piedi, tutta la parte circolare, come si dice, mi si è riscaldata, bollente tutta quanta…sono caduta, mi hanno preso e mi hanno portato al S. Gallicano, lì ci sono stata otto mesi, sei mesi. Poi mi hanno fatto la terapia alle braccia, sa prima non le potevo muovere come adesso, non posso muovere né la sinistra né la destra, ma non mi posso mettere a fare i raggi come una volta. Mi capisce,dottore, che sfortuna per una donna, una massaia, e siccome tutte le cose io non le posso fare a casa, mia sorella non m’accetta...io non le faccio…
Rina
Lavori a maglia, no, lavori, sai lavorare a maglia?
Maresca
No, o tu sei sana e allora ti vuole bene, se sei ammalata sei condannata a morire, per lei è così.
Rina
Condannata a morte.
Maresca
Non ha quell’affetto profondo di aiutarti proprio quando ti senti male, ti aiuta dopo, quando già ti sei ammalata.
Mimma
Dottore, le infermiere fanno le iniezioni insieme alla altre, a che cosa servono? A che cosa fanno bene?
Maresca(dice qualcosa di incomprensibile sui dottori)
Luigi
Sembra che Mimma sta chiedendo…
Rina(interrompendo)
Si mangia e si beve qui dentro.
Luigi
Sembra che Mimma ha chiesto,chiaramente, che tipo di cure noi diamo qui, come se ci fosse una certa diffidenza… delle cure che diamo che non sono ben conosciute.
Maresca: (mentre Luigi parla)
Dottore m’accende la sigaretta, m’accende la sigaretta, m’accende la sigaretta.
Rina
Vieni qui, t’accendo io.
Maresca
…Io ne ho incontrati tanti che mi piacevano e che mi hanno fatto proposte di matrimonio, il dottor Guidi mi voleva sposare, mi voleva portare con lui, quattro, cinque giorni a Napoli, non ci sono voluta andare… mi hanno rovinata qui dentro, mi hanno rinchiusa, mica è giusto. E’ uno sbaglio che non dovevano fare, capisce com’è, io adesso ho perduto gli uomini, ho perduto la felicità, lo scopo della vita; allora se non ho più vita, che ci sto a fare. Che devo fa’, non posso parla’, non posso fa’ nulla, non posso fa’nulla,che devo fa’, non posso guadagnà, non posso fa’ nulla, non posso fa’ nessun lavoro, è finita la vita mia.
Lina
A me mi serve l’armadio, se me lo vuoi dare, ma le chiavi…non so aprì io, come faccio a aprì?
Rina
Lina, vuoi una sigaretta, Lina?
Lina
Eh?
Rina
Vuoi una sigaretta?
Lina
Se me la vuoi da’.
Maresca
Dammela a me una, va. Di Marco, se ce l’hai, danne una anche a me.
Rina
No, no.
Maresca
Sii buona, domani ti regalo i biscotti.
Rina
Ma stai fumando, Maresca, ma ora stai fumando, vai cercando un’altra sigaretta; io le tengo per tutto il giorno,queste mi devono durare. Dottore, una sigaretta? Lei, Jules? Vede io non ci penso, sono sbadata, sono.
Maresca
Loro hanno troppo orgoglio, non si abbassano a vedere le malate che soffrono, passano.. non (incomprensibile)...professionale, invece un dottore come il dottor Massenti tutti lo rispettavano perché ogni giorno passava e a ogni malata le domandava”come stai?” “come stai?”…Il male dell’ammalata, dico bene? Io le rimprovero solo questo, che lei non passa tutti i giorni; se no le voglio tanto bene, io a lei, dottore, le voglio tanto bene, lo sa? Lo capisce? Lo capisce questo?
Rina
A me levatemi tutto ma non mi levate le sigarette.
Jules
Mi sembra che Maresca ha espresso una certa rabbia nei nostri confronti, questi dottori che passano così, che non si commuovono…
Maresca(interr.)
Io mi sento male, so di passaggio qui, non mi vengono a vede’, purtroppo, poi sotto al letto mio, sotto al letto…
Lina(stringendo la mano a Di Marco)
Un bacetto, un bacetto, bella!
Maresca.
Un approfittatore di donne, le pare giusto che io…un approfittatore di donne, non le pare, non le pare?Mi dovrebbero liberare, se mi levassero quello io starei benissimo tutto il giorno, quello è il letto che mi addormenta gli occhi, mi chiude gli occhi… si chiama Enzo.
Rina
Emma?
Maresca
No, Enzo, sì la dott.ssa Di Francesco dice, ci penso io a menargli, a farli andar via…forse quelli so’ completi sul personale, i portantini…forse so’ pochi letti…me ne possono liberare, dico bene…Lei dottore…dietro le spalle…a me no. Io apposta me ne voglio liberare.
Di Marco
Siamo condannati da una malattia che, purtroppo, ci siamo nati e ci nascono tutti e ci nasceranno tutti…
Maresca
Ma perché tu vuoi essere lasciata, io, invece, voglio essere ripresa.
Di Marco
Io non sono niente meglio di te.
Maresca
Non sai? Non sai quello che vuoi?
Di Marco
Non sono niente meglio di te, io.
Maresca
Lo so che non sei meglio ma non per questo devi essere presa nei confronti degli altri… di considerare me che sto male.
Rina ….(incomprensibile)
Maresca
Non tutte se ne sono accorte, capito? C’è chi finge di non capire, c’è chi finge di non vedere, c’è chi finge di non sentire quello che dico io, come mi esprimo, cosa esprimo…sono stanca di vivere…troppi torti.. Rina
Vedi, Maresca, ieri è venuta mia figlia, mi ha portato le pastarelle, le ho distribuite tutte, lei, siccome io l’avevo già promessa ad un’altra, per forza la voleva lei. Io non sapevo come fare, ho detto, o lei o un’altra. Ormai l’avevo promessa a quell’altra, l’ho data a quell’altra e a lei le ho dato le caramelle. Ma mi pare una cosa un po’ troppo…Quando ti si dice che una persona ha promesso ad un’altra e gliela dà ad un’altra… me ne è rimasta una sola.
Maresca
Ma che cosa, che cosa…
Rina
La pastarella, ieri…
Maresca
Sì, grazie, grazie, scusa eh,
Rina
No, sei noiosa, sei, perché tu, quando venivano i tuoi, non davi niente a nessuno.
Maresca
non è vero, non di’ bugie.
Rina
Sono di uno stampo temperamentale che non vogliono nessuno, non vogliono contaminarsi con altre persone…
Maresca
Non è vero, non è vero…
Rina
Sì, siete signori, signori, signori, signori..
Maresca
Chi te l’ha detto che siamo signori, chi te l’ha messo in testa.
Rina
Tu sei più alla mano degli altri, delle tue sorelle ma le tue sorelle non sono…
Maresca
Le mie sorelle? Che dici? Io so’ a modo e le mie sorelle no? Le mie sorelle mi hanno fatto tante mascalzonate, mi hanno messo uomini e donne contro, tutti contro, tutti a rovinarmi, io mi so’ stufata di esse’ rovinata da tutti, di essere trattata come un giocattolo, di essere lo zimbello di tutti, dico bene? Sono stanca…
Rina
Non c’è mica da disperarsi però, non c’è mica da disperarsi. Io ho visto una donna, l’altro giorno, sono andata a fare una passeggiata, che zoppicava ad una gamba e camminava, portava la spesa, stava… si vede che era stata malata. Vedi quella pure zoppica, insomma… ma pure sta in vita. Insomma la vita ha un’atmosfera anche per lei, un’abitudine, anche per lei, di muoversi, di fronteggiare la vita, in qualche modo, ecco. Va bene, ci saranno pure i sacrifici perché tutte le cose non vengono mica così, a portata di mano. Ci vogliono i sacrifici, ci vuole il lavoro; apposta io dico, anche se mi porta qualcosa mia figlia che io do via, do via quello che ho, tutto del mio, i miei pure lavorano e spendono; pure loro hanno spese, hanno questo, hanno quell’altro.
Maresca (dal bagno chiama Mazza ad alta voce).
Rina
Ieri è venuta mia figlia, vedevo che aveva gli occhi un po’ giù, ho detto “figlia mia , vattene”, è stata mezz’ora sola.
Luigi
A me sembra che il gruppo ha una certa difficoltà ad aspettarsi che l’aiuto possa venire dall’esterno, dai dottori che Maresca prima ha detto “in fondo non sono molto sensibili, non curano molto bene…
Rina (interr.)
No, non è vero questo.
Luigi
Prima Goggi anche chiedeva “che tipo di medicine diamo”, o dai parenti. Sembra che il gruppo avverta quasi questa condizione di essere abbandonati, di non poter contare né sui parenti, né sui dottori e tenta di…
Rina (interr.)
No, scusi una cosa, ho detto “i dottori ci vogliono, le infermiere ci vogliono, le donne di servizio ci vogliono, ci vuole tutto questo”, allora con chi mangiano, come fanno a mangiare tutta questa povera gente se non hanno lavoro, non hanno guadagno, non hanno tutto.
[Romoli va dietro a Maresca e le chiedo cento lire]
Maresca
Non ce l’ho, levati, Dottore, dottore mi leva di mezzo Romoli?
Romoli
Dammi cinquanta lire
Maresca (quasi urlando)
Non ce l’ho, levati, vattene. Dottore, mi manda via Romoli?
Romoli
Dottore, mi dà cento lire?
Rina
Cento lire, ma vattene un po’, vattene.
Maresca
Dottore, l’altra sera…
Rina
Dottore, vuole un caffè dottore? Le pago un caffè, dottore? Le pago un caffè.
Romoli
Me lo paghi pure a me un caffè?
Rina
Aspetta…[esce con Romoli]
Maresca
Chi mi paga un caffè? Dottore mi paga un caffè per il cuore? Dottore mi presta cento lire per il caffè? Me le presta, dottore? Jules mi presta cento lire? Glie le restituisco.
Lina
Dammi cento lire in America voglio anda’(ride).
[Silenzio]
Lina
Ma al gruppo non c’è nessuno, dove so’ andate? A me non mi piacciono ‘ste cose…
Mimma
Il gruppo con tre persone.
Lina
Siccome che ci vedono tutti, io non ci vedo più niente, allora tolgo l’occasione di sta’ qui con lui.
Romoli
Prenda il caffè, non lo vuole? Lo prendo io, dottore?
Mimma
Ma perché, Di Marco l’ha pagato al dottore, te lo prendi te, meno male…
Luigi
Sembra che il gruppo ha vissuto però questo pericolo di non poter contare su nessuno che aiuta, questo pericolo di essere abbandonati e ha tentato quasi di vedere quali possibilità ci sono, all’interno del gruppo, di aiutarsi. C’è stato uno scambio di sigarette, Lea è andata a prendere l’acqua per Maresca, Lina ha detto a Di Marco “quanto sei bella” e le ha dato un bacio, c’è stato un tentativo…
[Entra Nuccitelli]
Nuccitelli
Scusate…
Rina
Io, no, perché ho sempre timore di Lina, io.
Lina
Lo sa che, lo sa che, ‘sto tempo addietro, mi stava a fa’ ‘na confusione che non si sa. Perché diceva che io…io dicevo “state buone”, esse dicevano, come trovo, come trovano le infermiere, che forse le infermiere stanno a guarda’ me sola, stanno a guarda’. Semo tutte uguali…
Maresca ( che è andata di nuovo al bagno chiama prima Lea, poi Mazza, chiedendo di portarle la borsa)
Datemi la borsa, datemi.
Lea(a Mazza)
Vuole la borsa, tie’ dagliela.
Mazza (prende la borsa e va verso il bagno)
Mare’ va’ a fan culo Mare’.
[Mazza e Maresca continuano a parlare vicino al bagno]
Luigi
C’è stato, mi sembra, questo tentativo del gruppo di vedere se non era possibile aiutarsi direttamente, tra di voi, con degli atteggiamenti di affetto, di solidarietà, di vedere se non era possibile liberarsi dalla disperazione espressa all’inizio da Maresca, con i vostri mezzi. Poi, via via che il gruppo si è quasi sfaldato, perché alcune persone sono uscite, sembra che il gruppo ha sentito, ancora di più, questo pericolo di essere abbandonato anche dalle persone che hanno la propria condizione e ha dovuto, attraverso Di Marco che ha offerto il caffè a noi, ai dottori, quasi dire “perlomeno voi, non ci abbandonate”, ecco…
Rina
Oh Dio mio, per carità!
Lina
Il caffè lo comanda quello che viene con la macchina, tutti i giorni viene.
Mimma
Cosa c’entra quello della macchina.
Lina
Quello del caffè.
Nuccitelli
Perché comanda…
Lina
Perché ha un grado d’istruzione, comanda.
Nuccitelli
Comanda più dei dottori?
Lina
Comanda le persone, comanda che gli danno i soldi…
Mimma
Certo, noi diamo le mille lire e lui ci dà gli spicci.
Di Marco
Tuo fratello non ti lascia gli spiccioli, niente.
Lina
Io mio fratello lo ricevo quando mi pare.
Nuccitelli
Guardate che bel bracciale che ha Mimma.
Romoli
Bello eh?
Di Marco
E’ la fine del mondo, è.
[Mazza, davanti alla finestra aperta, canta]
Lina (a Mazza)
Chiudi quella finestra, chiudi.
Mimma
Mazza, chiudi.
Mazza
Perché?
Mimma
Perché si sente freddo.
Mazza
Si respira, c’è il sole.
Lina
Ma chiudi.
Mazza (chiude)
Devo senti’ l’aria, me ne vado.
Lina
Ma va’ fan culo.
Mazza
non ti posso vede’, sei brutta come una scimmia, sei brutta.
Lina (urla, incomprensibile) ……
Maresca
Dottor Anepeta mi offre un goccettino di caffè, dottor Anepeta? Jules mi può offrire un goccetto di caffè per sentirmi meglio? Poi glie lo pago io, me lo dà un goccettino, per favore?
[Maresca beve il caffè]
Romoli
Mi dai un goccettino pure a me?
Mimma(a Rina)
Hai pagato il caffè, ora lo devono tutto.
Rina
Per carità, per carità…
Lina
Mi dai un goccetto, Mare’?
Maresca
A te sì.
Rina
Maresca è una furbacchiona, Maresca.
Maresca
E’ caruccia, lei, ogni volta che andavo di corpo a letto, ne faccio tanta di cacca, però sono cose che si fanno, è la digestione la cacca, è, come dire, dottore, la cacca che cos’è? E’ la digestione che si tramuta in cacca, non le pare? Insomma, girando per il corpo, per l’organismo, diventa cacca…una conseguenza, ecco è una conseguenza della digestione la cacca, una conseguenza della digestione che si tramuta in cacca. Ritornando al discorso di prima, io la cacca la faccio come tutte l’altre ma la perdo facilmente, Lina mi mette la traversa in mezzo alle gambee tutto quanto; io apposta le ho dato il caffè. Sono stata un po’ nervosa in questi giorni, vero?
Mimma(a Lea)
E smettila con quel…
Maresca
Piantala
Lea
C’è il zucchero?
Mimma
E smettila
Lea
C’è il zucchero, il zucchero.
Maresca
Io insomma son ventun anni, dottore, io non rido che sono ventun anni, non riesco a farmi una risata che sono ventun anni,è ventun anni che sono qui, che mi si è ristretto il cuore…
Nuccitelli
Io devo andare a casa perché l’altra volta mi sono comportata bene quando ci sono andata e mia madre mi vuole, allora lui dice che viene a prendermi tutti i lunedì però se lunedì è occupato mi viene a prendere anche gli altri giorni della settimana…
Maresca Dottore, mia sorella ha detto che si ucciderebbe pure se mi portassero a casa, mia sorella non mi vuolee mio fratello dice…
[Nuccitelli e Romoli parlano tra loro coprendo la voce di Maresca]
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
Stai fumando, ce l’hai, cosa vai cercando, vuoi prendere un po’ di botte? Un po’ di botte…
Romoli
Mi dai una sigaretta?
Nuccitelli
Vatti a pettinare
Romoli
Mi sono pettinata, con la spazzola.
Nuccitelli
Quale spazzola, quale spazzola?
Romoli
Quella che sta nel coso là…
Nuccitelli
Portala un po’ qui che è mia, la spazzola di ferro? Mannaggia alla miseria!
Rina
La maggior parte delle persone qua sono tutte conservatrici.
Nuccitelli
Con…?
Rina
Conservatrici
Nuccitelli
Tu no
Rina
Io pure, però son diversa da voi altri. Anche lei, anche lei se può offre, conservatrici, se hanno, hanno tutto per sé, non vogliono essere toccate, non vogliono essere… danno poco e niente del loro, del proprio.
Nuccitelli
Perché adesso ho negato una sigaretta a Romoli?
Rina
No, no
Nuccitelli
Si doveva pettinare , si doveva pettinare.
[Romoli rientra pettinata]
Nuccitelli
Dov’è la spazzola, Romoli?
Romoli
L’ha presa la…la Kruscev… la Markovich
Nuccitelli
La Markovich
Romoli
E, mi offri una sigaretta?
Nuccitelli
Ma che è una spazzola di ferro?
Romoli
Sì
Nuccitelli
E’ mia, vieni qui, dai andiamo a vedere.
[Nuccitelli e Romoli escono]
Rina
E’ ubriaca, alla sera è ubriaca di sigarette, va via così, cammina così, è ubriaca proprio delle sigarette. Va be’ sarà stanca pure, sta tutto il giorno come una cavalla, in piedi, tutto il giorno in piedi, quando è sera è stanca. Ma io dico, pure a casa sua, avrà pure un momento di riposo, di mettersi seduta, no? Sempre con la sigaretta accesa a fumà, sempre, sempre, sempre, sempre.
Luigi
Ho l’impressione che Di Marco esprime un po’ la rabbia di tutti nei confronti di alcune persone del gruppo che tendono a prendere tutto per sé come Maresca…
Rina(interr.)
Non dà un cerino, un cerino. Le ho dato cento lire, a lei, vero Maresca? Mica adesso va a prendere una scatola di cerini per accendere le sigarette, no, no; a me viene sempre a chiedere i cerini e non chiede mai “per favore” come se uno fosse obbligato ad accendere…
Maresca
Chi ti ci ha obbligato, Di Marco…Di Marco…
Di Marco
Tutto il giorno stanca, e poi è già uno sgarbo…del suo non dà niente a nessuno. Questa mattina aveva un pacco di biscotti così, io, grazie a Dio, non ne ho bisogno perché ce l’ho, ma insomma del suo non dà niente a nessuno. Perciò lei vuole e se lei la tocca, in qualche maniera o, con gli occhi le facessi uno sguardo un po’ che a lei non piace, si avventa con , con…
Maresca
Con furia
Di Marco
Con furia, ha capito? Io non so che…
Maresca
E’ schizofrenica
Rina
Che ne so io?
Maresca
Dico bene, dottore, è schizofrenica, vero dottore? E’ schizofrenica
Rina
Sono schizofrenica pure io ma però…
Maresca
Pure tu? No, tu no, col ragionamento sei sana.
[Le voci di Maresca e Rina si sovrappongono, rientra Nuccitelli]
Nuccitelli
Quella dell’Osservazione ha detto che l’ha presa lei e non me la vuole restituire la spazzola.
Maresca
io ne ho una vecchia, se vuoi te la posso regalare tanto a me…
Nuccitelli
Una spazzola di ferro ce l’hai?
Maresca
ce n’ho una vecchia, se la vuoi..
Nuccitelli
Ma è di ferro?
Maresca
Sì, sì.
Nuccitelli
Fammela vedere
[Maresca si alza per andare a prendere la spazzola]
Lea
Maresca dove vai, dove vai?
Lina
A me non mi chiamate…’sti chiassi così volgari, perché non chiamano tutte, non chiamano; a me mi chiamano, decisamente non voglio che mi chiamano, perché io ho antipatia contro di lei, di lei,di lei. Ho l’antipatia.
Luigi
Mi sembra che anche Lina esprime un po’ quello che prima esprimeva Di Marco; il fatto che nel gruppo non si riesce a stare bene perché c’è qualcuno che viene avvertito quasi come pericoloso, qualcuno pronto a prendere tutto, a divorare tutto. Forse questo è un po’ quello che viene temuto…è la paura che il gruppo ha di non poter mettere fuori qualcosa di sé, anche i pensieri, anche le parole, perché c’è qualcuno pronto a prendersi tutto, a divorare tutto , come è stato fatto qui con…
Rina (interr.)
Tu che sei tanto intelligente, lei che è tanto intelligente, superiore a tutti gli altri…
Lina (interr.)
Come dicono che io…è fuori, è fuori, ma che scherzate che è fuori, io mica so’ ‘na donna maritata che ho figli… che alla notte mi tocco sotto, io non mi tocco mai, com’è fuori, com’è fuori il bacino..
Nuccitelli
Perché se ti tocchi da te ti metti incinta da sola?
Romoli
Mi lasci la cicca?
Rina
No.
Lina
Io incinta non ci so’ stata mai, tu, può esse’ che ci stai tu fuori invece che io.
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
Ha avuto un figlio e non lo sa, ha avuto un figlio (dà uno schiaffo sulla mano a Romoli che le vuole prendere la cicca). Vergognati di fare la scema “mi dai la cicca?” Vergognati una buona volta.
Romoli
Mi offri una sigaretta?
Rina
L’ha finito, da stamattina ha finito il pacchetto di sigarette, quante, quante ce ne ho io? Guarda, guarda quante ce ne ho io, vattene via. Se tu sei tornata indietro con l’età, non crede di fa’ tanto il ragazzino, di fa’ tanto il ragazzinetto; perché, secondo me, io ho l’impressione diversa da come penso che sia tornata indietro con l’età, questa.
Romoli
Che fai la psicoanalista?
Rina
Sì, vattene in pace, psicanalista.
[Romoli e Rina si sovrappongono]
Maresca (rientrando, a Nuccit.)
Ti vogliono al bagno.
Nuccitelli
Ah, sì.
[Voci confuse]
Nuccitelli
Meno male che ho i pidocchi così…
Maresca
Ecco il dottore, il dottore è mio, dottore si ricorda che sono anni che sto sotto cura sua, eh dottore si ricorda, prendo le cure che passa lei, sperando che mi guarisca. Lo sa che le medicine, quelle che mi ha dato lei, mi fanno tanto bene. Il professor Paparo sa che m’ha detto? Ha detto alle infermiere di darmi due pillolette di…Le infermiere non me le vogliono dare. Ieri sera, per esempio quando mi hanno portato le medicine a letto, perché non mi sentivo molto bene, non mi hanno dato le bustine per lo stomaco, m’ha capito, dottore? Dottore, mi segue? Dottore, mi segue?
Romoli
Per me questa è scema perché le medicine…
Maresca
Mi vogliono dare… per forza, perché non mi lascia quelle, eh? Perché non mi lascia quelle, dottore?
Luigi
mi sembra che nel gruppo ci sono queste due tendenze; da una parte c’è chi cerca di prendere tutto per sé, Maresca che dice “il dottore è mio”, è come se volesse dire “deve curare solo me”, anche Lea che mi si aggrappa è come se volesse quasi appropriarsi e volesse dire “il dottore è mio e cura solo me”. Da una parte c’è questa tendenza, nel gruppo, da parte di qualcuno, di prendere tutto, di non dividere niente con gli altri. Dall’altra parte c’è Di Marco che esprime anche la rabbia nei confronti di questi atteggiamenti che lei dice che sono “bambini” e che sono atteggiamenti che impediscono al gruppo di unirsi, di sentirsi uniti, perché sono atteggiamenti che tendono a fratturare. Ciascuno allunga le mani, vuol prendere tutto per sé e non c’è la possibilità di scambiare qualcosa all’interno del gruppo.
Maresca
Posso parlare? Dottore io , io a lei le voglio tanto bene, dottore, però vorrei cambiare padiglione, vorrei cambiare padiglione.
Nuccitelli
Maresca , a chi scrivi tutto il giorno, a chi scrivi?
Maresca
Ho scritto a mio fratello, ho scritto a mio zio, ho detto che voglio morire, ma non mi risponde nessuno, perciò sto in ansia…
Nuccitelli
Ma tu che ci fai con queste lettere?
Maresca
Le imbuco.
Nuccitelli
Dove?
Maresca
Le mando all’indirizzo…
Nuccitelli
Ma dove le imbuchi? Come fai ad imbucarle?
Maresca
Le faccio imbucare dalla suora.
Nuccitelli
ah, sì.
Maresca
Perché guardi per aria?
Nuccitelli
No, sto guardando te.
Maresca
Io mica sto lassù nel soffitto? Io sto qui.
Nuccitelli
Io sto guardando te, Maresca.
Maresca
No, fai così…
Nuccitelli
No, no, perché sto con la mano così, allora…
Maresca
Va be’.
Nuccitelli
Hai scritto pure ad Anepeta, glie l’hai data quella lettera ad Anepeta?
Maresca
Sì, glie l’ho mandata… Io qui sto sotto cura sua, mi deve, mi deve, per favore, se mi curava lei, appunto, fino a quando sono guarita del tutto.
Rina
Guarda, figlia mia, quando io…te soffri d’ansia pure, perché è possibile che sempre con le mani fai così, così…
Maresca
E’ nervosismo, non è ansia.
Rina
Hai l’abitudine di fare così…
Maresca (parole confuse)
…la sinistra adesso la posso muovere così, prima invece, con la sinistra vado bene
(alza la mano sinistra).
Mimma
Fai il saluto fascista, fai.
Maresca
No, il fascista lo fa col destro, il sinistro i comunisti; non so’ buoni, so’ cattivi i fascisti, per carità, il fascismo è una schiavitù.
[Nuccitelli, Lina e Lea parlano insieme]
Lina:
E’ più di un anno, ho una vena ritirata, ho e mi…
Nuccitelli
Ha la vena ritirata…
Lina
E mi sento la debolezza sulle braccia…
Maresca
Dottore le posso dare un bacio alla mano?
Mimma
A me mi s’è fatta una bolla perché prima m’aiutava Cardarella a piegare il bucato, la sera; la mattina sono stanca, prima m’aiutava Cardarella, poi non m’ha aiutato più. Guardi mi s’era fatta una bolla, adesso s’è levata.
[Mimma e Maresca parlano insieme, incomprensibile]
Maresca
Dottore Anepeta, mi rivolgo a lei, sia buono, dottore mi faccia baciare la mano, sia buono, la voglio ringraziare…
Jules
Mi sembra che questo affrettarsi a prendere ognuno qualcosa dal dottore, è come se…
Maresca
Ma lei non è dottore…
Nuccitelli
Zitta, fallo parlare, zitta.
Jules
E’ come se fra questa rabbia e il desiderio di prendere qualcosa, come se è difficile trovare il modo, di prendere qualcosa in un altro modo. O si prende tutto, cioè andare dal dottore a chiedere qualcosa, o di essere arrabbiati, di ritirarsicome hanno fatto molte persone che sono andate via, che non hanno parlato.E’ come se non c’è o è difficile un modo di stare insieme, di scambiare tra noi.
Nuccitelli
Perché il dottore, per noi, è la parte sana di noi stesse
Maresca
Ecco hai detto bene
Nuccitelli
La parte sana, la parte che noi cerchiamo di mantenerci sana e che si mantiene sana malgrado lui stia a contatto con noi. Per questo noi crediamo che stare a contatto con lui ci porti ad essere come lui: sane di mente, sane di corpo, felici. Tutto quello che ci manca, praticamente, ce lo deve dare una persona sana; allora noi idealizziamo il dottore che, per noi è come il sole quando fa freddo e sentiamo il bisogno di scaldarci, capito?
Maresca
Ecco sì, è come il sole il dottore, che ci riscalda il cuore.
Nuccitelli
Perché il sole è sempre lo stesso, eppure qualche volta c’è e qualche volta non c’è, allora noi ne sentiamo la mancanza e, quando c’è, uno tende a scaldarsi, ad avvicinarsi di più al sole.
[Maresca in sottofondo mentre parla Nuccitelli]
Nuccitelli
Invece noi siamo un po’ come le nubi, ci sciogliamo a contatto del sole e non possiamo…
[Il nastro del registratore finisce]
Nuccitelli (continua)
Non possiamo stare insieme, non possiamo amalgamarci tra di noi.
[Maresca abbraccia Lea, le poggia la testa sulla spalla]
Nuccitelli
Dobbiamo amalgamarci con il dottore, nonostante siamo piene di male, non intacchiamo queste persone sane.
Maresca (accarezzando la mano di Luigi) E’ anche un bell’uomo ma è un bravo dottore, m’ha rimesso in piedi.
[Luigi interviene sulla disperazione di Maresca all’inizio del gruppo e sul bisogno di essere curati. Maresca piange, Lea si alza, il gruppo finisce].