1.
Prendo spunto, per portare avanti il discorso sulla secolarizzazione, da un articolo pubblicato su La Repubblica il 9. 05. 2007 a firma di Francesco Bei con il titolo La famiglia cattolica in declino:
"Se persino Pier Ferdinando Casini arriva a giudicare "desueti" alcuni precetti della Chiesa, non c'è da stupirsi se, nel suo complesso, la società italiana si sia da tempo incamminata sulla strada della secolarizzazione. E' un processo inesorabile quello del progressivo distacco degli italiani dalle indicazioni delle gerarchie in materia di famiglia, sesso, educazione dei figli, sacramenti.
E c'è anche chi si è preso la briga di misurare la larghezza di questo fossato, inventandosi un indice per misurare la "decattolicizzazione" del Paese. Nell'ultimo numero di "Critica liberale" viene presentato infatti il terzo rapporto sulla secolarizzazione, che conferma la difficoltà crescente del Vaticano a sintonizzarsi con la vita reale delle persone. ´Si sbaglia - scrive il direttore Enzo Marzo - chi si ferma alle apparenze e si convince che la Chiesa cattolica stia vivendo un momento di trionfo. E' il contrario. La gerarchia più avvertita sa che la Chiesa ha difficoltà ovunque".
Le cifre, tutte ufficiali e, per lo più, di fonte vaticana confermano infatti che, nonostante la prova di forza del Family-day, il secolo avanza. "La percentuale dei bambini con età inferiore a un anno che sono stati battezzati, rispetto al totale dei nati vivi, mostra tra il '91 e il '98 un andamento altalenante, che oscilla tra il massimo di 89,9% del '91 e il minimo di 85,8% del '96.
In seguito - si legge nella ricerca di Silvia Sansonetti della Sapienza - la percentuale appare in diminuzione costante, assestandosi nel 2004 a 77,5%, con una perdita di più di tredici punti percentuali rispetto al 1994". Un'altra serie storica, quella dei matrimoni cattolici, fotografa lo stesso declino, con una diminuzione tra l'87,7% del 1991 e il 79,5% del 2004. All'opposto "la percentuale dei matrimoni celebrati solo civilmente sul totale dei matrimoni è in crescita continua, passando dal 17,5% del '91 al 31,2% del 2004. In aumento è anche il numero assoluto delle libere unioni (207 mila nel 1993 e 556 mila nel 2003, ultimo anno disponibile)". In costante crescita anche le separazioni civili, i divorzi, tanto che, notano i ricercatori, "si delinea una crescente indifferenza al modello di famiglia proposto dalla Chiesa cattolica".
Da questa montagna di dati Renato Coppi, ordinario di Statistica Multivariata alla Sapienza e Laura Cammarana, ricercatrice del Caspur di Roma, hanno estrapolato 25 indicatori di base, raggruppandoli poi in quattro aree: pratica religiosa, adesione alle indicazioni della Chiesa, organizzazione ecclesiastica, scelte nell'istruzione.
Il risultato finale è un
Indicatore generale di secolarizzazione.
Gli scienziati, in parallelo, hanno costruito anche, sulla base del numero
delle scuole cattoliche, case di cura, centri di difesa della vita, tiratura delle opere religiose, ecc., un
Indicatore di presenza istituzionale della
Chiesa
E' la presenza sul territorio della Chiesa che aumenta al crescere della secolarizzazione.
"Si può immaginare - spiegano a questo proposito gli studiosi - che la Chiesa cattolica, consapevole della dinamica crescente del processo di secolarizzazione, tenti di fornire una risposta anche sul piano dell'offerta istituzionale". I risultati, tuttavia, "non appaiono al momento positivi."
2.
I dati sono sufficientemente eloquenti, ma richiedono alcuni commenti.
Occorre considerare anzitutto che la secolarizzazione è un processo che investe in maniera massiccia l'Europa, vale a dire l'area di più antico attecchimento e radicamento del Cristianesimo. Negli Stati Uniti, nei quali la credenza religiosa funziona come un elemento identitario del singolo cittadino, essa è molto meno rappresentata. Nei Paesi latino-americani se ne dà appena qualche accenno, legato soprattutto all'espansione dei partiti e movimenti di sinistra, alcuni dei quali sono dichiaratamente laici. In Africa praticamente, dove la Chiesa mantiene una spinta missionaria in competizione con il Protestantesimo, non esiste.
Nonostante un quadro mondiale che non incide ancora sul numero globale dei cattolici, la Chiesa è vivamente preoccupata per la situazione europea, e a ragione, perché la crisi che sembra irreversibile in quest'area anticiperebbe inesorabilmente quella destinata a realizzarsi laddove lo sviluppo socio-economico seguisse la stessa via.
Chi ha avuto sentore per primo di tale crisi è stato Papa Woityla, ma, provenendo da un'area di cattolicesimo resistenziale, perseguitato, egli l'ha ricondotta all'influenza di una cultura razionalista e relativistica maturata nel seno delle grandi nazioni europee (Francia, Germania) e alla diffusione del modello consumistico. Sulla base di questa analisi, nel suo lungo Pontificato, egli ha avviato una battaglia incentrata sulla rievalingezzazione dell'Europa a partire dalla spinta che sarebbe dovuta sopravvenire dai Paesi cattolici dell'Est affrancati dal giogo comunista nei quali la fede si era mantenuta intatta.
Il progetto è risultato fallimentare. Affrancate dal comunismo, quelle nazioni hanno imboccato a grande velocità la via del consumismo e della mimesi dello stile di vita occidentale.
Ciò che Papa Woityla ha capito e con lui Ratzinger, il Papa attuale, è che, se il pericolo legato al comunismo era drammatico, dato l'ateismo ideologico intrinseco ad una concezione materialistica della realtà, il pericolo legato al capitalismo è più insidioso e sostanzialmente grave.
Il capitalismo, infatti, non propaganda l'ateismo, rivendicando solo, attraverso il liberalesimo, una netta distinzione dello Stato laico dalla Chiesa, alla quale viene riconosciuto il diritto di perpetuare la sua opera. Esso, però, promuovendo una concezione della vita sempre più incentrata sulla cura dell'interesse privato, su una sostanziale indifferenza nei confronti degli altri, sul perseguimento di obbiettivi di consumismo e di benessere economico che si pongono come un miraggio di felicità, erode alla radice la spinta motivazionale a credere, recintando la soggettività nell'orizzonte mondano.
La lotta contro il comunismo, per quanto dura, è stata semplice. Esso, infatti, in conseguenza di una letterale interpretazione del profetismo di Marx, prometteva il paradiso sulla Terra per tutti gli uomini. Si poneva, insomma, in diretta concorrenza con la promessa religiosa di un Paradiso trascendente.
Il capitalismo, nonostante l'avvento della globalizzazione abbia determinando ai suoi esordi qualche eccessivo entusiasmo riferito alla possibilità che tutta l'umanità raggiungesse un tenore di vita elevato, non promette in sé e per sé il Paradiso terrestre. Se in esso si vuole identificare qualche aspetto omologabile al messaggio religioso, occorre ricondursi al principio per cui molti sono i chiamati ma pochi gli eletti, vale a dire ad una promessa di felicità che toccherà solo ai ìmiglioriî, a coloro che dimostreranno maggiori capacità di competere e di affermarsi.
Nonostante l'evidenza degli squilibri che produce nella distribuzione della ricchezza, e che dovrebbero indurre i più a ribellarsi nei confronti di un sistema che tende ad escuterli, il capitalismo non di meno esercita un fascino straordinario sull'immaginario collettivo perché, dato il principio della mobilità sociale, ciascuno può sognare di partecipare al grande banchetto. Sulla carta, insomma, nessuno è escluso dalla competizione, anche se è evidente statisticamente che la maggioranza è destinata a non raggiungere uno status elevato.
3.
Data questa cattura dell'immaginario collettivo, il processo di secolarizzazione appare pienamente comprensibile a partire da indizi che sono poco confutabili.
Si consideri l'evoluzione della personalità di un bambino italiano (per quello europeo si danno differenze, ma non sostanziali). Da quando intraprende la scuola materna egli viene a contatto con l'insegnamento religioso, che si mantiene a livello di scuola elementare, nel corso della quale solitamente esso viene corroborato dalla preparazione catechistica alla Prima Comunione. Alla fine delle elementari e all'inizio delle medie avviene però un cambiamento. Anche se, sull'onda della tradizione, un numero ancora consistente di adolescenti accede al Sacramento della Cresima, che dovrebbe confermare definitivamente la fede, la maggior parte di essi sviluppano una totale indifferenza per la religione, e accedono ad uno stile di vita contrassegnato dai piaceri mondani (consumismo, sesso e, al limite, droghe).
Certo, il distacco adolescenziale dalla fede, che comporta una naturale ribellione nei confronti delle tradizioni veicolate dalle famiglie (spesso più formalmente che per convinzione), non è sempre definitivo. In età giovanile o da adulti, alcuni recuperano la fede. Si tratta però di una quota minima rispetto a coloro che non si pongono più problemi religiosi.
Che l'insegnamento religioso, avviato a 3 anni e portato avanti per una decina d'anni, pur radicandosi spesso a livello inconscio, non riesca a frenare, nell'epoca dell'adolescenza, il distacco dalla fede della maggioranza, è forse l'indizio più probante dell'influenza crescente e irreversibile del processo di secolarizzazione.
La crescente presenza istituzionale della Chiesa sul territorio è, dunque, null'altro che un tentativo di organizzare molteplici situazioni di contatto con i cittadini orientate a riattivare una fede perduta. I due indici attestano però che il tentativo è vano. I cittadini utilizzano le strutture della Chiesa (per esempio le Scuole), ma dando a tale fruizione un significa opportunistico che prescinde dalla pratica religiosa.
Quest'analisi conferma, dunque che, al di là delle apparenze, la crisi della Chiesa occidentale è grave e per alcuni aspetti irreversibile. Il processo di attecchimento a livello sociale, di mentalità e di psicologia individuale, che si è mantenuto per molti secoli è venuto ad urtare contro un ostacolo, la secolarizzazione capitalistica, che di fatto ne sta erodendo le radici.
Non è per caso che sia Papa Woityla che Papa Ratzinger, presa coscienza del pericolo, abbiamo entrambi cominciato a pronunciare critiche sempre più aspre contro il capitalismo, il materialismo, l'individualismo, il miraggio della felicità legato al denaro, ecc. Hanno, insomma, sia pure tardivamente, identificato il Nemico mortale, al quale oppongono la dottrina sociale della Chiesa, che mira ad una comunità giusta, e naturalmente la promessa della trascendenza.
L'unica speranza della Chiesa è che il Capitalismo, come già accaduto con il comunismo, non riesca a mantenere le sue promesse. Tale previsione fonda la possibilità che l'inganno perpetrato da Satana possa ricondurre le masse alla fede.
E' facile capire perché tale previsione si può considerare poco o punto fondata.
3.
Il processo di secolarizzazione della società occidentale è, infatti, attualmente intrecciato allo sviluppo del capitalismo, ma esso ha un'origine ed un significato storico che lo trascende.
Esso, infatti, si è avviato con la nascita della scienza sotto forma di rivendicazione da parte della Ragione umana di capire il mondo con i suoi mezzi, al di là, anche se non necessariamente in opposizione all'insegnamento ecclesiale. La nascita della scienza è un peccato originale il cui significato è molto più profondo rispetto a quello narrato nella Bibbia. Anche se, infatti, nel Genesi si fa riferimento al tabù dell'Albero della Conoscenza, è probabile che la violazione avvenuta, e rappresentata mitologicamente, sia da ricondurre alla contestazione del diritto di proprietà sulla Terra.
Il vero peccato originale si sarebbe realizzato di recente, allorché, con l'avvio della Scienza, l'uomo ha preteso di dare credito alla sua testa e agli strumenti che essa offre di interpretazione e spiegazione del mondo.
Il nesso tra Scienza e capitalismo, da questo punto di vista, è un nesso storico, mediato dal fatto che gran parte della tecnologia, che il capitalismo utilizza per incrementare la produzione di ricchezza, è una conseguenza dello sviluppo scientifico. Nulla, sulla carta, vieta di pensare ad un mondo nel quale la Scienza prosegua il suo cammino affrancata dallo sfruttamento intensivo delle risorse naturali (uomo compreso).
Occorre dunque distinguere, in rapporto alla secolarizzazione, gli effetti prodotti dallo sviluppo scientifico da quelli prodotti dal capitalismo per capire la portata del cambiamento culturale in atto.
La scienza, di fatto, ha progressivamente messo in gioco tutti i presupposti su cui si fondava la religione Cattolica: la centralità della Terra nell'Universo, il creazionismo, la diversità radicale dell'uomo rispetto alle altre specie animali. I fisici hanno simulato lo stato della materia dopo una manciata di secondi dal Big-Bang. I genetisti hanno stabilito che tra uomo e scimpanzè si dà una differenza genetica di appena il 2-3%. I biologi stanno penetrando, attraverso il DNA, il ìmistero della vita.
Anche se i risultati della scienza non sono note al cittadino medio, è fuor di dubbio che le ricadute del pensiero scientifico a livello di immaginario collettivo sono incisive. Via via che frontiere della conoscenza ritenute in passato insormontabili divengono accessibili alla Ragione, i dogmi religiosi risultano sempre più difficili da accettare. Il senso comune, per alcuni aspetti, si razionalizza anche senza che le persone facciano sforzi.
Il "mistero" insomma consegue i suoi effetti solo laddove si dà una cultura che lo convalida.
Ora, la Scienza non accetta i misteri. Ciò non significa che essa presuma di poter spiegare tutto. Al di là del già noto, si dà il non ancora conosciuto e il non conoscibile. Quest'ultimo, però, è concepito nei termini di un qualunque ìsistemaî la cui complessità ìcaoticaî esclude la possibilità di pervenire a definire leggi lineari in grado di spiegare lo stato del sistema e di operare previsioni certe. Questo limite però non implica che il sistema non riconosca alcuna legge. I limiti della Ragione umana non consentono, però, di andare al di là di previsioni probabilistiche.
Escludendo che si dia l'inconoscibile in assoluto, la Scienza compromette il presupposto di fondo su cui si edifica la religione: quello per cui il ìmisteroî dell'Universo e della vita, impenetrabile alla Ragione umana, è depositato nella mente di un Essere trascendente.
Lo scetticismo riguardo a qualsivoglia ìmisteroî, e quindi ad una verità cui l'uomo può accedere solo dogmaticamente, accettandola in nome di una Rivelazione senza la pretesa di comprenderla e tanto meno di spiegarla, è il prodotto dell'evoluzione scientifica che è giunto ad influenzare profondamente la mentalità collettiva. Tale influenza non si è realizzata sotto forma diretta di accesso del cittadino medio al pensiero scientifico e alla conoscenza dei suoi risultati, ma in maniera indiretta, recependo lo scetticismo implicito in quel pensiero e applicandolo ai dogmi religiosi.
Basta a riguardo fare un esempio. All'epoca del catechismo un bambino può ancora rimanere suggestionato dal miracolo eucaristico, vale a dire dalla trasformazione dell'ostia in corpo e sangue di Gesù (transustanziazione), e ritrovarsi ad essere scosso da un brivido nel momento in cui riceve la particola in virtù della quale la sua anima si fonde con la Divinità. A 13-14 anni, viceversa, è, in genere, proprio questo miracolo ad urtare una mentalità che, in qualche misura, ha un habitus razionale. Anche senza sapere che la scienza esclude la possibilità che gli amidi dell'ostia possano trasformarsi in proteine né che l'Eucarestia ripropone in epoca moderna una pratica cannibalistica di antica data, egli semplicemente non capisce come un frammento di pane possa trasformarsi nel corpo di Dio. In questo non capire e rifiutare il dogma traspare l'influenza di una cultura che, sia pure faticosamente, accetta la logica razionale.
Non è un caso che la Chiesa ha recuperato da qualche anno l'atavica avversione nei confronti del pensiero scientifico, nel quale legge la pretesa dell'uomo di mettersi a posto di Dio. Essa, di fatto, ha identificato il Nemico, ma non sa come combatterlo se non riproponendo la suggestione del ìmisteroî e insistendo sul fatto che la religione spiega ciò che la scienza non sarà mai in grado di spiegare: il destino che attende l'uomo al di là della vita.
4.
Rifugiandosi, però, nella pretesa di essere depositaria di un sapere che riguarda l'oltremondano, la Chiesa s'imbatte però in un altro Nemico: il capitalismo, appunto, che, avendo preso atto degli infiniti bisogni che sottendono la soggettività umana, cerca di fornire ad essi una risposta concreta attraverso la produzione di infiniti beni di consumo.
In un certo senso, il conflitto su questo terreno appare veramente paradossale. E' la Chiesa, infatti, che ha alimentato nel corso dei secoli la percezione nell'uomo di una carenza ontologica, di una mancanza ad essere che, per essere compensata, richiedeva la ìprotesiî del rapporto con Dio.
Il problema della carenza è assolutamente reale, anche se, oggi, esso viene ricondotto piuttosto alla finitezza di un ente dotato di autoconsapevolezza, che non ad una mancanza ontologica. Lo scarto tra finito e infinito, insomma, di fatto si dà, ma è costitutivo dell'uomo come ente naturale ed è incolmabile.
Il paradosso cui facevo cenno verte sul fatto che il capitalismo ha fatto propria la percezione carenziale indotta dalla religione, trasferendola però dal piano metafisico a quello mondano. E' vero, nell'ottica del capitalismo, che l'uomo è un'implacabile macchina desiderante che produce infiniti bisogni. A tali bisogni esso però propone una quantità infinita di ìbeniî atti a soddisfarli. La possibilità che l'uomo, giungendo ad appropriarsene e a consumarli, raggiunga un benessere totale è un miraggio. E' però un miraggio che funziona, perché mantiene una tensione soggettiva costante che spinge l'uomo a darsi da fare per conseguire lo strumento che gli consente di acquisirli: il denaro.
Da questo punto di vista, l'infelicità prodotta dal consumismo non è dovuta alla modalità passiva con cui il soggetto si rapporta agli oggetti, che inibisce in misura più o mento rilevante, la sua creatività, la possibilità, per esempio, di provare piacere scrivendo, suonando o disegnando (attività a basso costo), bensì alla mancanza di oggetti che esistono ma non sono ancora posseduti.
Ciò naturalmente sta spingendo la società sulla via della compulsione consumistica, vale a dire della ricerca sempre più affannosa dell'Oggetto il cui possesso e il cui consumo potrebbe estinguere la sete del desiderio.
Allorché la Chiesa afferma che tale Oggetto non esiste in forma materiale, ha perfettamente ragione. Il problema è che essa non si rende conto di avere. Nel corso dei secoli, potentemente contribuito a modellare la psicologia individuale e collettiva in maniera tale da fornire al capitalismo un punto su cui far leva per assoggettare l'uomo.
Questo paradosso è confermato dal passaggio cui ho fatto cenno di un numero crescente di adolescenti da una religiosità condizionata dal catechismo ad un abbandono della religione, a cui fa immediatamente seguito lo sprigionarsi di una fame infinita di beni di consumo e di pratiche consumistiche (che investono il sesso, l'alcol, la droga, ecc.).
5.
Si può ricavare qualche conclusione da questo discorso? Penso di sì.
La secolarizzazione sta procedendo su due diversi binari. Per un verso, attraverso lo sviluppo del pensiero scientifico, essa sta tentando di portare l'uomo sul terreno della Ragione, della scoperta e dell'accettazione consapevole dei suoi limiti come ente naturale, che possono essere compensati solo dall'orgoglio di non sottostare ad alcuna autorità che imponga la rinuncia al potere critico, vale a dire dalla passione della conoscenza che, in virtù dello sviluppo delle scienze umane e sociali, implica anche il conoscere se stesso (nei limiti in cui è possibile).
E' il culto della finitezza il prodotto più pregnante della Scienza, che non esclude lo sviluppo delle enormi potenzialità intrinseche nell'apparato mentale umano, bensì solo la possibilità di azzerare lo scarto tra il finito e l'infinito (considerato, quest'ultimo, come il prodotto della dilatazione dell'orizzonte psicologico umano).
Per un altro verso, la secolarizzazione, attraverso la produzione sempre maggiore di beni e di servizi, sfrutta la debolezza umana, che la Chiesa ha alimentato, di non accettare la finitezza, fornendo ad essa un rimedio che, spingendo la società nella direzione della compulsione consumistica, rischia di risultare peggiore del male.
Sottolineando il fallimento del Comunismo e del Capitalismo e ponendo il dito sulla piaga dell'infelicità dell'uomo contemporaneo, la Chiesa si propone di nuovo come depositaria dell'unica verità che può soddisfare la sua fame d'infinito.
Quell'infelicità di fatto è reale. Essa però è dovuta non alla secolarizzazione in sé e per sé, bensì ai due binari sui quali essa è proceduta: il primo rivolto a liberare l'uomo dalla sua angoscia in nome dell'accettazione di una consapevolezza esistenziale radicale e definitiva; l'altro, viceversa, proteso a colmare lo scarto tra finito e infinito con l'offerta di beni, con l'immane raccolta di merci di cui ha parlato Marx.
Il problema è che la secolarizzazione legata alla Ragione è, per quanto concerne la sua diffusione a livello collettivo, in grave ritardo su quella legata all'Illusione consumistica.
Qualche possibilità di incidere sulla falsa promessa del Capitalismo di portare l'uomo alla felicità nell'orizzonte mondano, la Chiesa ce l'ha. Per quanto concerne invece la promessa della Ragione di affrancare per sempre l'uomo dal bisogno di nutrire illusioni, trascendenti o mondane, sulla sua condizione, è evidente che la Chiesa è destinata a rimanere sconfitta.
Sarebbe ingenuo, però, non considerare che se tale sconfitta non coincidesse a livello collettivo con l'affrancamento dall'Illusione consumistica, l'umanità sarebbe destinata ad una sorda, perpetua infelicità