Tra i tanti misteri della Bibbia, che forse non potranno mai essere del tutto risolti, c'è indubbiamente quello della circoncisione. Questa pratica , istituita da Jahve come rito che sancisce il patto di alleanza con il popolo ebraico ("Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. Darò a te e alla tua discendenza dopo di te il paese dove sei straniero, tutto il paese di Canaan in possesso perenne; sarò il vostro Dio". Disse Dio ad Abramo: "Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno dell'alleanza tra me e voi." Genesi 17, 7-11), è considerata nei secoli il segno distintivo del popolo eletto. La distinzione tra uomini circoncisi e uomini non circoncisi giunge a porsi come differenziale: I non circoncisi sono i pagani.
L'adesione a Jahve passa attraverso la circoncisione, vale a dire il rispetto del patto originario con Dio. La dura polemica tra Giudei, cristiani filogiudei e S. Paolo che ritiene insignificante la circoncisione ai fini della fede segna l'acme di un conflitto destinato a scindere irreversibilmente l'Ebraismo dal Cristianesimo.
E' giusto chiedersi come e perché una pratica rituale all'epoca diffusa presso molti altri popoli abbia potuto assumere questo significato differenziale. E' chiaro intuitivamente che , affrontando questo problema, ci si trova di fronte ad un fatto ricorrente nella storia delle culture, già più volte rilevato nell'ambito della sociologia della cultura: quello per cui lo stesso "oggetto" culturale può assumere un diverso significato. Per quanto non raro, un fenomeno del genere è sempre particolarmente importante perché la sua spiegazione, laddove possibile, permette di penetrare il "mistero" dei processi di significazione culturale.
Un libro recente di uno psicoanalista e sociologo austriaco (Franz Maciejewski), il cui titolo è "Archivio psicoanalitico e memoria ebraica", avanza un'ipotesi singolare a riguardo.
Maciejewski muove da un oscuro passo della Bibbia inerente Mosé. Il passo (Esodo 4, 24-26) recita:
"Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue". Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione."
Il mistero del brano (non l'unico, peraltro, nel quale Jahve si volge contro i suoi figli prediletti) si risolve solo pensando che Jahve sia arrabbiato per qualche motivo con Mosè. All'epoca, la rabbia degli dei poteva essere placata solo con un sacrificio rituale. Secondo Maciejewski, nei versetti viene descritto il passaggio dal sacrificio del figlio al sacrificio simbolico, la circoncisione appunto ("L'introduzione del nuovo rito della circoncisione sostituisce e compensa il più arcaico rito del sacrificio filiale").
Questa ipotesi consentirebbe immediatamente di capire il significato differenziale assunto dalla circoncisione ebraica rispetto all'analoga pratica in uso presso altri popoli, eseguita per motivi prevalentemente igienici. La circoncisione ebraica segnerebbe la fine della pratica dei sacrifici filiali, vale a dire un cambiamento culturale atto da solo a definire la superiorità della religione jahvista rispetto alle altre religioni politeiste, che continuarono a praticare per lungo tempo il sacrificio filiale.
L'ipotesi di Maciejewski è piuttosto labile. Vediamo perché a partire dal passo biblico a cui egli assegna tanta importanza.
Mosé che, fuggito dall'Egitto, ha sposato Zippora, figlia di un sacerdote, da cui ha avuto Ghershom, sta tornando per ordine di Jahve, nel regno del Faraone per organizzare la fuga degli Ebrei. Egli ha esitato alquanto ad accogliere l'investitura divina. Le esitazioni, giunte al limite dello scetticismo, permettono di comprendere perché Dio possa essere arrabbiato con lui. La rabbia potrebbe essere ricondotta anche al fatto che egli non ha circonciso il figlio. Questo comproverebbe il fatto che, nel periodo della cattività egiziana, la pratica rituale della circoncisione fosse stata, se non abbandonata, ritenuta non necessaria.
Zippora, peraltro, che la esegue, è una madianita, una non ebrea. Questo confermerebbe la diffusione della circoncisione presso popoli non ebrei. Eseguendo il rito, essa salva Mosé che lo ha omesso.
Leggere in questo episodio la sostituzione del sacrificio filiale con quello simbolico della circoncisione sembra piuttosto arduo. Occorrerebbe infatti attribuire questo passaggio ad una donna non ebrea! E' probabile che l'episodio serva solo a sancire che la missione di Mosé non può prescindere dal riproporre agli Ebrei tradizioni che essi hanno tralasciato. Non è un caso che, subito dopo la fuga dall'Egitto, Mosé provvede a fare circoncidere tutti gli Ebrei. Questo prova che la pratica rituale non era più ritenuta indispensabile. La cosa è tanto più sorprendente perché essa non può essere attribuita all'influenza della cultura egiziana, che riconosceva la circoncisione.
La ripresa della pratica, e del suo significato originario, differenziale, va dunque ricondotta a eventi remoti.
Maciejewski sembra ignorare che questi eventi sono rappresentati nella Genesi. Il passaggio dal sacrificio filiale al sacrificio del capro espiatorio è adombrato inconfutabilmente nell'episodio di Abramo: "Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò". Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: "Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi". Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: "Padre mio!". Rispose: "Eccomi, figlio mio". Riprese: "Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?". Abramo rispose: "Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!". Proseguirono tutt'e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". L'angelo disse: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio". Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: "Il Signore provvede", perciò oggi si dice: "Sul monte il Signore provvede". Poi l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: "Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce"" (Genesi 22, 1-18).
L'esegesi biblica legge giustamente in questo passo la prova inequivocabile del superamento della pratica del sacrificio filiale. Ed è estremamente probabile che tale superamento abbia conciso con l'istituzione contemporanea del sacrificio del montone e con la circoncisione. Ciò che l'esegesi non legge, nonostante sia evidente, è che tale superamento implica la pratica preesistente del sacrificio filiale, eseguito in nome della volontà divina. Dio infatti interviene a sospendere un sacrificio che egli ha chiesto come se si trattasse di un semplice atto di obbedienza alla sua volontà, e non di un omicidio.
E' probabile dunque che la circoncisione abbia contrassegnato il passaggio dalla pratica del figlicidio rituale a quella dello spargimento di sangue simbolico, del sacrificio di una parte (il prepuzio) per il tutto, e che questo passaggio sia valso ad enfatizzare l'umanità di Jahve rispetto agli altri dei pagani (come Baal) che esigevano sacrifici umani.
Ma intanto c'è almeno un passo biblico, estremamente imbarazzante per gli esegeti, che attesta la persistenza della pratica del sacrificio filiale anche dopo l'insediamento in Palestina ("Allora lo spirito del Signore venne su Iefte ed egli attraversò Gàlaad e Manàsse, passò a Mizpa di Gàlaad e da Mizpa di Gàlaad raggiunse gli Ammoniti. Iefte fece voto al Signore e disse: "Se tu mi metti nelle mani gli Ammoniti, la persona che uscirà per prima dalle porte di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti, sarà per il Signore e io l’offrirò in olocausto". Quindi Iefte raggiunse gli Ammoniti per combatterli e il Signore glieli mise nelle mani. Egli li sconfisse da Aroer fin verso Minnit, prendendo loro venti città, e fino ad Abel-Cheramin. Così gli Ammoniti furono umiliati davanti agli Israeliti. Poi Iefte tornò a Mizpa, verso casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia, con timpani e danze. Era l’unica figlia: non aveva altri figli, né altre figlie. Appena la vide, si stracciò le vesti e disse: "Figlia mia, tu mi hai rovinato! Anche tu sei con quelli che mi hanno reso infelice! Io ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirarmi". Essa gli disse: "Padre mio, se hai dato parola al Signore, fà di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca, perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti, tuoi nemici". Poi disse al padre: "Mi sia concesso questo: lasciami libera per due mesi, perché io vada errando per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne". Egli le rispose: "Và!", e la lasciò andare per due mesi. Essa se ne andò con le compagne e pianse sui monti la sua verginità. Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli fece di lei quello che aveva promesso con voto. Essa non aveva conosciuto uomo; di qui venne in Israele questa usanza: ogni anno le fanciulle d’Israele vanno a piangere la figlia di Iefte il Galaadita, per quattro giorni." Giudici 11, 29-40).
E poi c'è da considerare - last but not least - il figlicidio di Gesù. Il Dio d'amore, che rivela la sua vera natura misericordiosa in rapporto a quello biblico, vendicativo fino alla ferocia, entra in scena destinando il figlio al sacrificio rituale. Un atto di amore, secondo la tradizione ecclesiale, essendo Gesù stesso Dio. Ma quanto significativo, quest'atto, di una tradizione di vecchia data, dura a morire.
Se è vero che il superamento del sacrificio filiale ha rappresentato per gli Ebrei la prova della superiorità della loro religione e del loro Dio, non più assetato di sangue umano, rispetto alle altre religioni e agli dei pagani, non si stenta a capire la loro difficoltà di riconoscere in Gesù, inviato dal padre sulla terra per essere sacrificato, il Messia.
Marzo 2003