COSCIENZA E INCONSCIO NELL'OTTICA STRUTTURAL-DIALETTICA

1.

Mi rendo perfettamente conto che, in tutti gli scritti, c'è una carenza piuttosto grave che riguarda una teoria della coscienza e una teoria dell'inconscio. Non che non abbia detto nulla a riguardo. Nell'ottica struttural-dialettica, la coscienza appare come una dimensione dell'esperienza soggettiva inesorabilmente catturata da un bisogno primario di coesione interna e di adattamento alla realtà che la rende spesso preda della normalizzazione, di un processo in virtù del quale il mondo - esterno e interno - viene letto in termini di senso comune. Il dato psicopatologico più rilevante che pone di fronte a questo bisogno è il modo in cui la coscienza interpreta i sintomi che affiorano in conseguenza di un conflitto psicodinamico. Si tratta di una lettura che vede univocamente in essi una rottura dell'esperienza normale e una minaccia alla propria identità.

Il problema della falsa coscienza, come dato strutturale dell'esperienza umana, s'impone con evidenza non appena si prescinde dal culto di essa, vale a dire dalla religione dell'Io. Ciò però non significa però né vanificare il potere della coscienza né squalificare l'attività dell'Io.

La mistificazione è una necessità dovuta a diversi fattori. Il primo è il condizionamento culturale, vale a dire l'organizzarsi della coscienza a partire dall'interazione con un mondo che è già stato significato, vale a dire ritagliato e reso in qualche misura comprensibile. Il secondo è, come accennavo, un bisogno intrinseco di coerenza e di unità che rende necessaria la selezione delle informazioni, la cui quantità, se non fosse selezionata, darebbe luogo ad uno stato confusionale. Il terzo concerne l'economia psicologica, che è rivolta ad impiegare gran parte delle sue risorse nei compiti dell'adattamento, e dunque può concedere poco spazio alla riflessione critica. Il quarto è il rapporto con il mondo interno, vale a dire con un patrimonio sterminato di memorie che devono essere esse stesse selezionate in nome della necessità della coscienza di tenersi agganciata al presente, che è la dimensione temporale nella quale vive immediatamente.

La falsa coscienza si pone dunque anzitutto come difesa dalla minaccia di una confusione caotica, discendente dalla complessità della realtà. Posto un ordinamento minimo, che dipende dai significati acquisiti culturalmente, la mistificazione non esclude affatto che l'Io agisca nella duplice direzione di conservare quell'ordinamento, intessendo sulla sua base una visione del mondo personale, e di arricchirlo ampliandolo, tenendo cioè conto di nuove informazioni. L'esigenza di conservazione di una visione del mondo in qualche misura coesa e distinta è comunque primaria.

Essa giustifica il fatto che, nell'interfaccia col mondo esterno e con quello interno, la coscienza adotti il filtro della selezione delle informazioni, tentando di eliminare quelle minacciose per la stabilità strutturale. Questa funzione di filtro selettivo ha i suoi limiti. Per un verso essa dipende, sul fronte esterno, dallo stato di cose esistente, vale a dire dallo stato più o meno integrato della cultura. Le crisi culturali si riflettono, a livello di coscienza, sotto forma di dissonanza cognitiva. Sul fronte interno, il limite è dettato dalla capacità della coscienza di arginare la pressione delle memorie. Il presente ricordato, che coincide con l'essere cosciente hic et nunc, è destinato inesorabilmente ad andare in crisi nel momento in cui la repressione delle memorie produce una frustrazione più o meno intensa dei bisogni intrinseci di appartenenza sociale o di individuazione. La crisi è attestata dall'affiorare di sintomi, vale a dire di messaggi che attestano uno stato profondo di instabilità strutturale i quali vengono letti alla luce degli equilibri preesistenti.

Queste poche righe non rappresentano che le premesse sulla base delle quali si potrebbe edificare una teoria della coscienza struttural-dialettica, che veda questa dimensione impegnata contemporaneamente a conservare un'identità coesa e a rinnovare i suoi moduli cognitivi, emozionali e comportamentali in rapporto alla ricchezza del mondo esterno e di quello interno.

2.

Il discorso sull'inconscio è ovviamente più complesso.

Intanto perchè nessun soggetto ha un'esperienza diretta e immediata del funzionamento di questa parte della mente. In secondo luogo perché l'analisi, che ha scoperto l'inconscio, non è ha mai fornito una teoria sufficientemente credibile. Basta elencare i problemi rimasti aperti per rendersene conto.

Il primo riguarda la realtà stessa dell'inconscio. Si tratta, come sosteneva Freud, di una realtà primaria, anzi della vera realtà psichica, sul cui sfondo si definisce la coscienza, di una realtà secondaria, dovuta all'accumulo di memorie respinte dalla coscienza, o ancora di una realtà altra rispetto a quella della coscienza, originaria come questa?

Il secondo problema concerne l'attività mentale inconscia. Si tratta di un'attività che, producendo pensieri, emozioni e comportamenti implica una soggettività, o essa si realizza in termini impersonali, attraverso l'applicazione di determinate leggi logiche al materiale inconscio?

Il terzo problema riguarda le cosiddette caratteristiche dell'inconscio, vale a dire per l'appunto le leggi logiche che Freud ha ricavato dall'analisi dei sogni (assenza di contraddizioni, condensazione, spostamento, assenza di tempo, sostituzione della realtà esterna con quella interna). Esistono realmente queste caratteristiche o esse rappresentano un'interpretazione dell'attività mentale inconscia che può essere sostituita da un'altra interpretazione'

Infine c'è da considerare il problema funzionale. A che serve l'inconscio? Come esso si è originato in un'ottica evoluzionistica? E' evidente che quest'ultimo problema ha anche un risvolto neurobiologico.

Rispondere a tutti questi è problemi non è possibile (se non altro perchè occorrerebbe scrivere un libro). Qualcosa però occorre dire.

Purtroppo, il termine inconscio è ambiguo in sé e per sé. Usandolo, occorrerebbe sempre specificare se si fa riferimento all'inconscio formale o a quello strutturale.

Per inconscio formale intendo, semplicemente, l'inconscio come dimensione intrinseca dell'apparato psichico, la cui funzionalità primaria consiste nel mantenere la coscienza al riparo da un flusso di processi psichici - pensieri, fantasie, emozioni, memorie, ecc. - che la precipiterebbero in uno stato pressochè costante di confusione o di semiconfusione. Se si dà una verità psicobiologica di cui prendere atto, questa è che la coscienza ha bisogno di una difesa naturale dalla ricchezza e dall'esuberanza dell'apparato psichico di cui rappresenta una parte.

Parlare di inconscio formale non significa, però, ritenere ch'esso sia assolutamente vuoto, pura forma che s'impone ai contenuti, come sostiene Levi-Strauss. Per un verso, infatti, occorre ammettere che l'inconscio formale funzioni sulla base di un'attività intrinseca cerebrale. Originariamente, nel feto, e per alcuni aspetti anche nell'adulto, quest'attività, che produce fantasie allucinatorie, serve probabilmente solo a saggiare e a mantenere la plasticità delle reti interneuronali, e a produrre collegamenti sinaptici.

Per un altro verso, l'inconscio formale contiene (secondo una mia ipotesi che ha tratto spunto da un'intuizione di McLean) due "schemi" preriflessivi, innati, identificabili con la coscienza viscerale dell'altro e di sé. Perché ipotizzare l'esistenza di questi schemi, di cui non sarà mai possibile fornire prova alcuna? I motivi sono due. Il primo è che, senza quest'ipotesi, è praticamente impossibile, sulla base dell'apprendimento, riuscire a spiegare la precocità con cui nel bambino si realizza una qualche consapevolezza dell'altro e di sé. Il secondo motivo è che quell'ipotesi permette di capire quale programmazione sottende l'evoluzione della personalità, soprattutto nei suoi aspetti strutturali che sono in larga misura inconsci.

La coscienza preriflessiva, viscerale dell'altro e di sé non è solo infatti la matrice della consapevolezza dell'altro e di sé, bensì anche la matrice dei "bisogni" che rappresentano gli assi di strutturazione della personalità: il bisogno di appartenenza/integrazione sociale, su cui si edifica il Super-Io, e il bisogno di opposizione/individuazione, su cui si edifica l'Io antitetico.

Per inconscio strutturale intendo, per l'appunto, l'inconscio caratterizzato da un funzionamento subordinato alle logiche proprie dei bisogni intrinseci e ai valori culturali veicolati dal Super-io e dall'Io antitetico, che rappresentano, a livello inconscio, soggettività dotate di un qualche potere di autonomia.

La distinzione tra inconscio formale e inconscio strutturale è di fondamentale importanza. L'inconscio formale rappresenta, giusta l'intuizione di Freud, lo strato più profondo dell'attività psichica umana, confinante con il biologico. In esso si può ammettere che scorrano contenuti psichici - immagini, fantasie, desideri, pensieri, ecc. - poco o punto organizzati. Così inteso, l'inconscio formale si distingue dall'Es freudiano per due motivi. Il primo è che, per quanto confinante con il biologico, esso non ha alcun aspetto pulsionale, perché la sua origine concide con l'allentamento degli istinti e con il definirsi di una dimesnione psichica la cui caratteristica essenziale è la capacità di memorizzazione e la plasticità. Il secondo motivo è che l'umanizzazione del cervello, intervenuta in seguito all'evoluzione naturale, è coincisa con un rilievo tale della relazione sociale tra io e altro che l'inconscio formale è totalmente antropomorfico.

Occorre ammettere a questo punto una differenza essenziale tra la coscienza e l'inconscio formale. La coscienza umana si è definita sulla base di un allentamento della cattura percettiva che governa la coscienza di tutti gli altri animali. Tale allentamento, associato alla capacità di utilizzare simboli, ha dato luogo a rappresentazioni mentali. Il mondo delle rappresentazioni è rimasto però dominato, per molti aspetti, dal fascino del mondo esterno. Il realismo della coscienza, che vive affacciata sulla realtà esterna e interpreta, ancora oggi, ciò che accade dentro di sé come effetto la cui causa è esterna, è una prova inconfutabile di tale cattura.

L'inconscio formale viceversa sembra caratterizzato dall'essere stato originariamente catturato dal rapporto tra io e altro, per cui le sue rappresentazioni, anche quando hanno contenuti realistici, in realtà sono antropomorfiche. Esso rappresenta la parte impersonale dell'inconscio. Si può ammettere che, a questo livello, esistano degli archetipi: se esistono, però. essi si riconducono univocamente all'io e all'altro.

3.

L'inconscio strutturale, nonostante le funzioni che lo caratterizzano si edificano sulla base di una programmazione genetica (i bisogni intrinseci), rappresenta viceversa la parte più individuale dell'inconscio, quella che si definisce nell'interazione con l'ambiente. In termini generali, si può dire che il Super-io veicola i doveri sociali (vale a dire i diritti degli altri sull'individuo), mentre l'io antitetico veicola i diritti individuali (vale a dire i doveri degli altri nei confronti dell'individuo). La definizione dei doveri sociali e dei diritti individuali è però dipendente dall'ambiente culturale e dall'interazione del soggetto con quell'ambiente, a partire dal gruppo familiare di appartenenza. Essa dunque, per un verso, ha una dimensione culturale, per un altro una dimensione esperienziale.

In breve, Il Super-io rappresenta la volontà altrui, collettiva, all'interno della soggettività; l'io antitetico, la volontà propria.

Il Super-io e l'Io antitetico, come si è accennato, sono soggettività in una certa misura autonome. Esse funzionano sulla base di logiche del tutto diverse. La logica che sottende il Super-Io è di tipo insiemistico, vale a dire fa riferimento all'individuo solo come parte del gruppo cui appartiene, il cui equilibrio viene privilegiato rispetto al benessere "egoistico". La logica che sottende l'io antitetico è, invece, di tipo pluralistico, vale a dire fa riferimento all'individuo come ente differenziato da tutti gli altri.

Per quanto gli uomini solo raramente percepiscono a livello cosciente la tensione tra le due logiche e le due funzioni, a livello inconscio tutta l'esperienza soggettiva è contrappuntata, significata, commentata da esse. Questo aspetto risulta massimamente chiaro laddove si definisce un conflitto strutturale tra Super-Io e Io antitetico, in conseguenza del quale i pensieri, le emozioni, le spinte comportamentali legate all'una e all'altra funzione traspaiono - attraverso i sintomi e i vissuti - in maniera inequivocabile.

4.

La distinzione tra insconscio formale e inconscio strutturale ha una grande importanza teorica e terapeutica. Sotto il profilo teorico, essa consente di differenziare gli aspetti impersonali del funzionamento inconscio da quelli personali. I primi hanno un significato non esperienziale. Anche se il loro funzionamento investe i contenuti dell'esperienza, tale investimento si riconduce alla necessità, propria dell'inconscio formale, di mantenere la plasticità delle strutture interneuronali. I secondi, viceversa, sono sempre indiziari della struttura psicologica della personalità e del rapporto tra volontà altrui e volontà propria.

Confondere questi due aspetti porta a considerare l'attività mentale inconscia come una dimensione univocamente significativa, a non valutare la differenza tra lo sfondo - assicurato dall'inconscio formale - che, a l limite può tradirsi in "runore", e la figura, legata all'inconscio strutturale, i cui contenuti sono strettamente inerenti l'esperienza personale.

E' evidente che, sotto il profilo terapeutico, sono questi ultimi dotati di una grande interesse.

L'inconscio formale è un mare magnum del quale non si viene mai a capo. L'inconscio strutturale è invece comprensibile e spiegabile.

Mi auguro quanto prima di poter fare seguire, a questo discorso teorico, che può apparire non del tutto chiaro, degli esempi che valgano a corroborarlo. Per ora, posso fare solo un cenno ad un problema: quello onirico.

La scoperta di Freud, secondo la quale i sogni sono un prodotto indiziario dell'inconscio, mantiene, a distanza di tempo, tutto il suo valore. Cionondimeno essa è inficiata dal fatto che Freud, confondendo inconscio formale e inconscio strutturale, ha ipotizzato che tutti gli elemetni del sogno siano altamente significativi. Non è vero. Solo gli aspetti strutturali dei sogni sono significativi. Tanti altri aspetti, indagati analiticamente, portano ad ipotesi inverificabili e bizzarre: essi sono espressivi dell'attività dell'inconscio formale, che rimescola tutto alla rinfusa. Certo, anche quest'attività è sorretta da una logica: ma si tratta di una logica psicobiologica, caratterizzata dalla necessità di mantenere la plasticità delle strutture interneuronali, piuttosto che una logica psicodinamica.

luglio 2003