Su una biografia di Marx |
Francis Wheen è un columnist britannico piuttosto noto che, come capita sempre più spesso ai giornalisti, ha il gusto delle biografie e degli studi storici. Si deve a lui la più recente biografia di Marx pubblicata in lingua originale nel 1999 e in italiano, da Mondadori, nel 2000. L'impresa è notevole: primo, perché è in controtendenza rispetto alla cultura corrente che tende, quando non addirittura a rimuovere Marx dall'orizzonte culturale, a squalificarlo come un "cattivo maestro"; secondo perché, nonostante lo stile giornalistico, che talora indulge all'aneddoto e alla divagazione, si tratta di un lavoro adeguatamente documentato, che implica, tra l'altro, una lettura diretta e critica delle opere di Marx. Quest'ultimo punto merita di essere sottolineato. A pag. 257 Wheen scrive: "A un secolo esatto dalla pubblicazione del Capitale, il primo ministro britannico Harold Wilson si vantava di non averlo mai letto: "Sono arrivato solo alla seconda pagina, dove c'è una nota che prende una pagina intera. Ho pensato che due frasi di testo e una pagina di note fossero troppo". Wilson si era laureato con voti eccellenti in scienze politiche, filosofia ed economia, ma aveva intuito che questa professione di ignoranza gli avrebbe ingraziato le classi medie colte le quali, particolarmente in Gran Bretagna e America, vanno spesso orgogliose del proprio rifiuto di intrattenere qualsiasi rapporto con Marx. Da qui l'insensata argomentazione circolare tanto diffusa tra chi non è mai andato oltre la seconda pagina, stando alla quale non è il caso di leggere il Capitale perché "contiene solo sciocchezze", e ciò sarebbe dimostrato dal fatto che notoriamente "non vale la pena di leggerlo"." Le cose oggi, dopo la morte del comunismo, stanno più che mai così, se si tiene conto che, tra gli altri, l'attuale Presidente del Consiglio italiano manifesta spesso implicitamente nei confronti di Marx, profeta del comunismo, un disprezzo totale. Le fortune e le sfortune di Marx vanno ricondotte a fattori molteplici: non da ultimo al fatto che la sua opera più corposa, il Capitale appunto, richiede (soprattutto per quanto riguarda il secondo e il terzo volume, redatti da Engels) uno sforzo di lettura fuori del comune, mentre quella più famosa, il Manifesto del partito comunista, è una sintesi straordinaria che, come tutte le sintesi, può affascinare o disgustare, ma comunque non consente di capire che per suggestione intuitiva il pensiero e lo spirito di Marx. Conscio di questa difficoltà, Wheen ha scritto una biografia che è molto dettagliata, ma concede un inconsueto spazio all'analisi critica delle opere. Un commento adeguato postula di valutare per un verso ciò che viene fuori della personalità di Marx e per un altro il valore e l'attualità del suo pensiero. Genio e sregolatezza associate ad uno stile di vita per alcuni aspetti sorprendentemente borghese: è questa la formula che sinteticamente restituisce l'uomo tratteggiato da Wheen. E' un ritratto verosimile. La genialità di Marx è precoce al punto che uno dei suoi amici giovanili, Moses Hess, divenuto poi un feroce nemico, rimane folgorato dall'incontro e scrive ad un amico: "La comparsa di questa persona ha avuto su di me, che pure mi muovo nello stesso campo d'interessi, un effetto straordinario. Abituati pure a fare la conoscenza con il massimo, forse l'unico filosofo nel vero senso della parola oggi vivente Il dottor Marx, così si chiama il mio idolo, è giovanissimo (avrà al massimo 24 anni), ma darà il colpo di grazia alla religione e alla politica medievali. Egli unisce alla più profonda serietàò filosofica l'arguzia più tagliente. Immagina Rousseau, Voltaire, Holbach, Lessing, Heine, Hegel uniti in una persona (e dico uniti, non messi insieme alla rinfusa), e avrai Karl Marx." (p. 35). Con rare eccezioni, un effetto simile Marx è destinato a produrlo in tutti coloro che lo conosceranno, anche nei nemici. Egli peraltro è assolutamente consapevole della sua superiorità intellettuale. Questa consapevolezza gioca un ruolo importante sia nella vita che nella stesura delle opere. Essa infatti orienta Marx a disprezzare tutti coloro che non sono alla sua altezza, tanto più se essi pretendono di misurarsi con lui o di sfidarlo. Marx ha una capacità critica corrosiva, che spesso indulge all'iperbole. Le sue polemiche con Proudhon prima e con Bakunin poi sono al vetriolo. Ciò non significa che egli sia presuntuoso o narcisista. Allorché, come accade con l'opera di Darwin, riconosce il timbro della genialità, Marx è in grado di apprezzarla e di tributare ad essa l'onore dovuto. La consapevolezza di essere un genio incide in maniera molteplice sull'opera di Marx. Per un verso essa lo orienta a nutrire una fiducia cieca nelle sue intuizioni. Il nucleo essenziale di queste intuizioni, che concerne il carattere transitorio del capitalismo, minato intrinsecamente dal suo essere in opposizione ai bisogni sociali, è un filo rosso che, dall'epoca dei Manoscritti economico-filosofici, non cederà mai il campo al dubbio che il sistema capitalistico possa durare indefinitamente. Tutta l'opera di Marx si basa su questa previsione, che è di ordine morale in quanto sottolinea l'ingiustizia sociale intrinseca al sistema capitalistico. Marx però non tollera l'idea che la rivoluzione debba fondarsi su ragioni sostanzialmente etiche. Da ciò nasce la necessità di dimostrare che essa ha un fondamento scientifico: in breve, che il capitalismo è destinato ad essere soppiantato dal comunismo in conseguenza delle sue irrimediabili contraddizioni, la più clamorosa delle quali è lo scarto tra l'esigenza di sviluppo illimitato della produzionee i vincoli opposti dall'iniqua distribuzione della ricchezza al consumo. Questa contraddizione è la matrice delle crisi cicliche del capitalismo che sono crisi di sovraproduzione. Il determinismo di Marx, nella misura in cui assegna alla storia un fine destinato inesorabilmente a realizzarsi, è criticabile, in sé e per sé e alla luce degli sviluppi del capitalismo che ha rivelato una flessibilità che nel capitale è negata. Ciò non significa che l'analisi di Marx del sistema capitalistico è fondamentalmente errata. Wheen, che non dichiara mai il proprio credo politico, su questo punto è molto più efficace di tanti critici di Marx anche famosi. Una citazione estesa è obbligatoria: "Un'obiezione più sofisticata, avanzata dal filosofo Karl Popper, sostiene che non si può affermare se Marx abbia scritto o no delle sciocchezze perché le "ferree leggi" dello sviluppo capitalistico da lui propugnate sarebbero soltanto profezie non condizionali a carattere storico, altrettanto vaghe e sfuggenti delle quartine di Nostradamus; pertanto, a differenza delle vere e proprie ipotesi scientifiche, non possono essere né dimostrate né falsificate, il cietrio fondamentale di controllo della filosofia popperiana. "Le usuali previsioni della scienza hanno carattere condizionale" sostiene infatti Popper. "Esse asseriscono che certi mutamenti (per esempio della temperatura dell'acqua in un bricco) saranno accompagnate da altri mutamenti (l'ebollizione dell'acqua)". In realtà sarebbe facile sottoporre le affermazioni economiche marxiane a un esperimento del genere semplicemente studiando ciò che è avvenuto in pratica nell'ultimo secolo. Secondo le sue predizioni, una volta raggiunta la maturità, il capitalismo avrebbe dato luogo a periodiche recessioni, accompagnate da una crescente dipendenza dalla tecnologia e dalla crescita di grandi società a carattere quasi monopolistico, pronte ad allunagre i loro viscidi tentacoli sul mondo intero alla ricerca di nuovi mercati da sfruttare. Se non fosse successo niente di tutto questo, saremmo costretti a convenire che il vecchio ragazzo aveva scritto solo fandonie. Ma il succedersi di periodi di boom economici e di fasi recessive che per tutto il XX secolo ha caratterizzato i paesi occidentali, nonché la penetrazione mondiale della Microsoft di bill gates sembrano indicare altrimenti. Può darsi, concedono i critici di Marx, ma non dimentichiamoci che egli sostenne anche la teoria del "progressivo immiserimento" del proletariato L'economista Paul Samuelson ha dichiarato che si può tranquillamente ignorare l'intera opera di Marx in quanto l'impoverimento dei lavoratori "semplicemente non si è verificato", e poiché L'Economia di Samuelson è stato il testo universitario di cui si sono nutrite intere generazioni di universitari sia in Gran Bretagna sia in America, il suo punto di vista è divenuto una verità acquisita. Ma si tratta di un mito, che si fonda su di un'errata interpretazione della "legge generale dell'accumulazione capitalistica" contenuta nel XXIII capitolo del primo libro del Capitale. Scrive Marx:"Il pauperismo costituisce una condizione d'esistenza della produzione capitalistica e dello sviluppo della ricchezza. Esso rientra nei faux frais (spese accessorie) della produzione capitalistica, che però il capitale sa respigere in gran parte da sé addossandoli alla classe operaia e alla piccola classe media". Dal contesto tuttavia si evince che non si sta parlando della pauperizzazione dell'intero proletariato, bensì del "sedimento più basso" della società: disoccupati, reietti, malati, vedove e orfani. Sono loro i fauz frais che devono essere pagati dalla classe operaia e dalla piccola classe media". Qualcuno può forse sostenere che nel mondo odierno questa classe non esista più?.. Ciò che Marx previde fu il fatto che entro il sistema capitalistico vi sarebbe stata una diminuzione dei salari relativa, non assoluta. Si tratta di una verità palmare: a fronte di un aumento del plusvalore pari al venti per cento, saranno ben poche le imprese, ammesso che esistano, pronte a consegnare l'intero bottino alla forza-lavoro sotto forma di un aumento salariale del venti per cento. Pertanto il lavoro perde continuamente terreno rispetto al capitale "Ne consegue che nella misura in cui si accumula, la situazione dell'operaio, qualunque sia la sua retribuzione, alta o bassa, deve peggiorare."" (pp.256-258) A queste considerazioni già interessanti, che contestano la frettolosità delle esequie tributate a Marx dai sostenitori del capitalismo, se ne aggiungono altre di significato ancora più profondo. Ne Il mondo stregato ho sostenuto che la denuncia di Marx non riguardava solo la distribuzione del reddito, ma la condizione umana di alienazione intrinseca al sistema capitalistico, e tale da investire tutte le fasce sociali. Il mondo stregato dal capitalismo è un mondo caratterizzato da un grado rilevante di disumanità e di rozzezza psicologica e interpersonale. Wheen conferma questo aspetto, che è del massimo interesse: "La definizione che Marx dà della povertà, come del resto quella che ne dà Cristo, è di carattere spirituale oltre che economico. A che giova guadagnare il mondo intero se si perde l'anima?.. Come ammette Leszek Kolakowski, uno dei più influenti estensori di necrologi del marxismo, "in generale, bisogna osservare che il pauperismo fisico non costituiva, agli occhi di Marx, una premessa né per la sua analisi della disumanizzazione nel sistema del lavoro salariato, né per le previsioni riguardant l'inevitabie rovina del capitalismo". Proprio così. Tuttavia, più avanti lo stesso Kolakowski ignora tale avvertimento e va aggiunegre un altro pesso di formaggio nella vecchia trappola per topi di Karl Popper. "in quanto interpretazione dei fenomeni economici, la teoria del valore di Marx non adempie ai comuni requisiti delle teorie scientifiche, in particolare a quello della falsificabilità". Certo che no: non esistono infatti cartine di tornasole, microscopi elettronici o programmi informatici in grado di individuare la presenza di elementi poco tangibili come l'estraniazione o la degradazione morale". Se si tiene conto che Wheen non è di certo un marxista, né dichiarato né implicito, si può misurare maggiormente l'onestà intellettuale del suo libro. Che si tratti semplicemente di un lettore attento, e quindi sensibile alla genialità di Marx, si ricava anche dalla chiave di lettura che egli offre del Capitale. Non si tratta a suo avviso di un trattato di economia, che volendo Marx avrebbe potuto tranquillamente scrivere, né di un libro scientifico secondo la maldestra vulgata ortodossa, bensì di un'opera il cui intento ultimo è affrancare le coscienze dal ricatto delle apparenze, in conseguenza del quale la realtà storica viene percepita come una realtà naturale, e che per raggiungere tale intento utilizza uno stile singolare nel quale i sillogismi, i paradossi, i voli metafisici, le ipotesi, le spiegazioni sono sottese e circonfuse da un velo d'ironia. Scrive Wheen: "Per rendere onore alla folle logica del capitalismo, Marx dissemina il testo, talvolta lo inonda addirittura, di ironia, un'ironia che è sfuggita a quasi tutti i lettori per oltre un secolo." (p. 265). L'osservazione va completata solo aggiungendo che, laddove viene meno l'ironia, è l'indignazione a prevalere: una sacra indignazione per uno stato di cose che Marx ritiene del tutto irrispettoso in rapporto alla dignità dell'uomo, che egli ritiene un valore assoluto. Come risulta dai passi citati, l'analisi delle opere di Marx si può ritenere l'aspetto in assoluto più interessante del libro. La biografia - sia per quanto riguarda la vita pubblica che quella intellettuale e politica -, per quanto dettagliata e documentata, non aggiunge nulla di nuovo a quanto già non fosse noto. La personalità di Marx, eccezion fatta per l'estrema coerenza ideologica che si è mantenuta dalle intuizioni giovanili sino alla fine della vita, è un nodo di contraddizioni. Amante della famiglia, Marx ha sottoposta moglie e figlie ad una vita durissima, perennemente sul filo della precarietà e del disonore debitorio. Ossessivamente scrupoloso nel lavoro intellettuale, egli ha sempre preteso, in ultima analisi, di vivere di rendita, trovando nell'amico Engels un complice prezioso. Generoso e altruista, egli è stato implacabile con i nemici, i peggiori tra i quali sono state persone dapprima ingenuamente idealizzate. Sensibilissimo e autenticamente appassionato all'uomo, non si è astenuto dal privilegiare tattiche politiche incentrate sul cinismo e dall'avallare il principio per cui il fine giustifica i mezzi. Conscio del suo valore intellettuale, non ha mai gradito le critiche, se non quelle benevoli di Engels, e spesso ha avuto la tendenza ad imporre le sue idee. Date queste contraddizioni, la biografia di Marx può evocare ammirazione o rigetto. Wheen non fa nulla per celare quelle. Difende però animatamente Marx da una critica ricorrente e infamante, secondo la quale egli avrebbe strumentalizzato la classe operaia per perseguire ostinatamente il sogno di una ricoluzione che gli desse semplicemente ragione. Se Marx ha peccato in qualcosa è stato piuttosto nell'attribuire al proletariato una coscienza di classe netta e immune da ogni tentazione di compromesso. Ha idealizzato insomma piuttosto che strumentalizzato la classe operaia, e si è posto per tutta la vita al suo servizio, pagando, sul piano privato e pubblico, prezzi che pochi sarebbero stati disposti a pagare. Non fu un santo (né pretese mai di esserlo), bensì un eroe intellettuale. Il libro di Wheen, controcorrente, ha il pregio di sottolinearlo. |