I precursori

Cap. I

I Precursori

Comunisti

Babeuf Francois Noel (Gracco) (1760-1797)

François-Noel è il primogenito della famiglia di Claude Babeuf, il quale aveva disertato l'esercito francese nel 1738; condannato per questo e poi amnistiato nel 1755, divenne impiegato delle imposte e fu l'unico insegnante di François. La famiglia in cui François-Noël crebbe apparteneva alla piccola borghesia povera, classe vicina a quella dei lavoratori non proprietari, dalla quale si distingueva tuttavia per una maggiore cultura, per la volontà di emergere e per un impegno politico favorito dai mutamenti sociali in corso e dalle conseguenti richieste di eguaglianza politica alle quali la crisi dell'Ancien régime né riusciva né voleva dare risposte adeguate.

Ancora grazie all'esperienza paterna, che lo rese edotto di materia fiscale, prese servizio nel 1777 dal signore di Bracquemont, un notabile della provincia di Roye, nella Piccardia; di qui, nel 1779, andò a guadagnare tre lire al mese da un cancelliere di Flixecourt. Nel 1780, rimasto orfano di padre, dovette assumersi l'onere del mantenimento di una famiglia numerosa, un impegno che dovrà mantenere per tutta la vita.

Il 13 novembre 1782 sposa Marie Anne Victoire Langlet, una ex-cameriera della signora di Braquemont, che aveva conosciuto cinque anni prima, al tempo del suo primo impiego. Avranno cinque figli: Catherine Adelaide Sophie (1783-1787), Robert, che chiamerà Emile in onore di Rousseau, nel 1785, Catherine Adelaide Sophie (1788-1795), Jean-Baptiste Claude (1790-1815) e Gaius Gracchus (1797-1814).

Apre uno studio di commissaire à terrier, ossia commissario al registro catastale agrario, equivalente a una attività di geometra e agrimensore, che gli permette, ma soltanto per pochi anni, di migliorare la propria situazione economica.

Lo sfruttamento feudale

Il suo lavoro consisteva infatti nel determinare i diritti signorili, tipici di una società feudale, che gravavano sulle terre, diritti spesso soggetti a prescrizioni, a trascuratezza e a contestazioni. La nobiltà feudale, e specialmente la piccola proprietà nobiliare, nella seconda metà del Settecento vorrà mettere una particolare cura nel tutelare e rivendicare tali diritti a fronte delle continue maggiori spese cui doveva far fronte: è questa, nella sostanza, la causa della violenta e acrimoniosa reazione feudale che giocherà una funzione importante negli sviluppi della crisi del regime feudale francese. Lo stesso Babeuf scriverà nel 1795 che «fu proprio nella polvere degli archivi signorili che scoprii i misteri delle usurpazioni della casta nobiliare», una scoperta e una consapevolezza maggiore di tanti rivoluzionari ben più noti e celebrati di lui.

Se pur è vero che in diverse regioni della Francia il tradizionale sfruttamento feudale della nobiltà terriera sul contadiname era da tempo in regressione, trasformandosi nelle moderne forme di proprietà capitalistiche, in altre regioni, come la Piccardia, per non dire della Vandea, esso era la regola ed era aggravata, oltre che dall'esplosione demografica, che produceva una massa di braccianti sovradimensionati rispetto alle possibilità di lavoro, dalla riduzione dei diritti collettivi sulla terra dei quali tradizionalmente godeva - come il diritto di pascolo e di utilizzo di beni comuni - e dalla congiuntura economica che, con l'aumento del prezzo della terra, favoriva la vendita della terra, con il conseguente accentramento in grandi proprietà e un altrettanto conseguente disoccupazione.

La corrispondenza con l'Accademia di Arras

Nel 1785 entra in corrispondenza con il segretario dell'Accademia di Arras, Dubois de Fosseux, che si occupa di raccogliere e comunicare analisi della situazione delle campagne e dei progetti atti a migliorarne la situazione. L'occasione gli era stata offerta da un concorso bandito dall'Accademia a cui Babeuf partecipò, senza successo, avendo mandato in ritardo il suo manoscritto che svolgeva una tesi sulla grande proprietà agraria.

Mostra la sua vicinanza alle idee di Rousseau quando il 27 novembre 1786 scrive di essere «fautore di un sistema assai noto, che si alimenta dell'idea della felicità sociale e consiste nella pretesa che la popolazione è la misura dell'aumento della ricchezza comune», in opposizione alle opinioni fisiocratiche, che credono che minore è la popolazione e maggiore sarà la ricchezza nazionale relativa. E il 13 dicembre scrive al segretario dell'Accademia di dedicarsi «alla formazione o piuttosto alla conservazione del fisico dei miei rampolli e per questo ho seguito, quanto meglio ho potuto, il noto sistema di quelli fra i nostri pensatori moderni che stimo essere i più ragionevoli» e cita i sistemi educativi svolti da Rousseau nel suo Emile.

In una lettera del 21 marzo 1787 propone tre soggetti per il concorso accademico previsto nel 1789: nel primo suggerisce di abolire l'uso di lasciare annualmente incolto, a maggese, un terzo delle terre coltivabili; nel secondo, si pone il problema di stabilire «la più giusta determinazione della quantità, della situazione locale, dei limiti, dei diritti e dei doveri di tutte le parti»; nel terzo si esprime a favore, pur mantenendo una forma dubitativa, della coltivazione collettiva della terra: «quale sarebbe lo stato di un popolo le cui istituzioni sociali fossero tali che regnasse indistintamente, presso ciascuno dei suoi membri individuali, la più perfetta eguaglianza, che il suolo da lui abitato non appartenesse a nessuno ma a tutti, che infine tutto fosse comune, compresi i prodotti di ogni genere di industria. Simili istituzioni sarebbero autorizzate dalla Legge naturale? Sarebbe possibile che siffatta società sussistesse e anche che fossero praticabili i mezzi d'osservare una ripartizione assolutamente eguale?».

Il 23 maggio comunica al segretario dell'Accademia il suo progetto di stabilire un nuovo Cadastre perpétuel, un Catasto perpetuo, per mettere a punto il quale si era recato a Parigi per contattare il matematico Audiffret che aveva messo a punto un "grafometro trigonometrico", un goniometro di agrimensore con il quale Babeuf si propone di «eseguire la più esatta misurazione di ogni oggetto raggiungibile dallo sguardo» in modo da determinare esattamente la misura delle proprietà terriere e, di qui, l'esatta imposta dovuta dai proprietari. Il progetto voleva incidere sulle ingiustizie fiscali per le quali si tassavano le piccole proprietà - facilmente misurabili e note - mentre rimanevano evase parte delle grandi proprietà, per lo più sconosciute allo Stato. L'Accademia lascerà cadere il progetto che Babeuf ripresentò nel 1789 all'Assemblea Nazionale.

Dubois de Fosseux, nel giugno del 1787, trasmise a Babeuf l'opuscolo di un avvocato di Orléans, un certo Collignon, intitolato L'Avant-coureur du changement du mond entier (Il Riformatore del mondo intero). Nella sua lettera di risposta dell'8 luglio Babeuf si dichiara entusiasta: «come amo il Riformatore generale! È un vero peccato che egli lasci un vuoto a proposito dei mezzi [...] per realizzare una grande rivoluzione bisogna operare grandi mutamenti [...] tra gli uomini ci devono essere le minime differenze? La Natura [...] ha voluto che un individuo fosse nutrito, vestito, alloggiato meno bene di un altro? [...] Mi sembra che il nostro Riformatore vada oltre il Cittadino di Ginevra [...] come lui, sostiene che, essendo tutti gli uomini eguali, non devono possedere nulla in particolare, ma godere di tutto in comune e in modo che, nascendo, ogni individuo non sia né più né meno ricco, né meno considerato di ciascuno di quelli che lo circondano [...]».

In questa stessa lettera si mostra favorevole all'adozione in tutta la Francia di un nuovo codice di leggi, sull'esempio dell'iniziativa presa anni prima da Federico II - a quel tempo universalmente considerato un principe illuminato - perché in tal modo crede che si porrebbe un freno alla molteplicità degli usi e delle usurpazioni del diritto tipici dei regimi feudali, alle «rivoltanti distinzioni in tutti gli ordini della società. Chiunque fu meno feroce, meno astuto o più sfortunato nella lotta, finì con l'essere servo e oggetto del disprezzo altrui. Di qui, ancora, la formazione di codici bizzarri che servirono agli usurpatori come titoli che legittimavano i loro saccheggi e come irrevocabili decreti, per le famiglie vinte, di confisca delle loro proprietà [...] coloro che avevano più ascendente e preponderanza grazie alle proprie ricchezze fecero stabilire, nelle assemblee convocate per la redazione di siffatti codici, articoli a loro piacimento».

La corrispondenza con l'Accademia di Arras si interrompe definitivamente il 21 aprile 1788: Babeuf aveva compreso la vacuità di quell'Istituzione che, come tante altre, discuteva e proponeva di tutto senza avere avere la volontà - e forse neanche l'interesse - di concludere alcunché. Ma le lettere che si sono conservate sono preziose per la ricostruzione delle convinzioni del prossimo rivoluzionario.

Babeuf e l'Illuminismo

Non sappiamo esattamente quali libri possedesse e avesse letto Babeuf; di lui, abbonato al Mercure de France e a L'Année littéraire, si sa che, giovane, lesse di Mably i Principes de la législation, del Vauban la Dîme royale, di Rousseau il Discours sur l'origine de l'inégalité parmi les hommes, l' Emile, le Confessions e, negli ultimi anni, Le Contrat social, oltre al Code de la nature del Morelly e gli scritti di Marat.

Illuminista, pur approvando in gran parte Rousseau, non ne condivise il pessimismo, fiducioso com'era che una cultura diffusa comportasse necessariamente il progresso del genere umano, né l'ispirazione religiosa, al quale oppose il proprio ateismo e il materialismo di Helvétius.

Autodidatta, conobbe altri autori solo di seconda mano; in compenso, conosceva bene i problemi concreti dei suoi concittadini, per risolvere i quali crederà di dover adottare un programma che andava più lontano di qualunque altro e per il quale diede la vita.

La Rivoluzione

Babeuf è a Parigi il 17 luglio 1789, tre giorni dopo la presa della Bastiglia, per curare la pubblicazione del suo Catasto perpetuo, dedicato all'Assemblea Nazionale, a cui premette un Discorso preliminare che è una sintesi di rivendicazioni democratiche, dal momento, scrive, che è «appunto in favore dell'oppresso ci siamo votati alla redazione dell'opera che pubblichiamo»: richiesta di un'imposta proporzionale - non però progressiva - «che non si vendano più i beni spirituali della Religione, che sia cioè permesso di nascere e morire senz'obbligo di mettere mano alla tasca per pagare le cerimonie d'uso in tali circostanze. Che s'istituisca una cassa nazionale per le sussistenze dei Poveri. Che si stipendino, a carico dei fondi pubblici, i Medici, i Farmacisti e i Chirurghi, perché possano somministrare gratis i loro servigi. Che sia fatto un piano di educazione nazionale di cui possano profittare tutti i Cittadini. Che i Magistrati siano del pari stipendiati con le pubbliche entrate, così da rendere la Giustizia gratuita».

Per vivere, s'impiega nel giornale Le Courrier de l'Europe, inviando a Londra le corrispondenze sulla situazione della capitale, in cui alle crescenti difficoltà economiche si univano i problemi dell'approvvigionamento che fecero nascere la credenza di un complotto aristocratico per affamare la popolazione - il pact de famine, patto di carestia.

A ottobre ritorna a Roye, impegnandosi nella richiesta di abolizione delle vecchie tasse feudali; a questo scopo si fa promotore di una petizione, indirizzata all'Assemblea Nazionale, che viene appoggiata da ottocento comuni della Piccardia e dell'Artois (oggi Pas-de-Calais): nell'indirizzo, sostiene che le aides, le imposte indirette, le gabelles, una quantità di tasse date in appalto, e i droits d'entrées aux villes, i dazi comunali, tutte tasse mantenute dall'Assemblea in attesa di una riforma fiscale generale, erano illegittime e «non potevano essere mantenute, nemmeno provvisoriamente, dai Francesi divenuti liberi».

Il Comitato delle ricerche dell'Assemblea Nazionale - una commissione incaricata di proporre l'incriminazione degli imputati di reati politici - definì la Petizione un «libello incendiario»; il 10 maggio 1790 Babeuf si autodenuncia autore della petizione e risponde che un libello «non è uno scritto il cui autore si faccia conoscere pubblicamente, non è uno scritto che tutti si affrettano a sottoscrivere» e denuncia che nemmeno prima della Rivoluzione «l'inquieta tirannide spinse le precauzioni al punto di chiudere decisamente la bocca alle proteste». Arrestato il 19 maggio, è condannato ma viene liberato il 7 luglio per l'intervento tanto di nobili liberali che per la campagna a suo favore dell' Ami du peuple di Marat e il 20 agosto è accolto come un trionfatore nella sua Roye.

Nel suo giornale Le Correspondant picard protesta contro la Dichiarazione dei diritti che solo in apparenza riconosceva l'eguaglianza di tutti i cittadini, dal momento che essi vengono distinti in «attivi», dotati di un reddito e in «passivi», quelli che non hanno nulla e non hanno diritto di voto. Del resto, tra i cittadini attivi, solo l'uno per cento dei più agiati poteva essere ammesso alle urne, eleggendo a deputato chi poteva pagare un contributo di un marco d'argento (52 franchi): i «rappresentanti del popolo» venivano così scelti solo fra i benestanti.

Il suo giornale svolge un'attività di protesta nell'alveo di un programma democratico: si batte contro le pretese ecclesiastiche di reclamare le decime feudali e di quelle nobiliari di poter continuare a disporre dei beni del comune di Roye - i diritti feudali gravanti sui beni saranno aboliti per decreto della Convenzione soltanto il 17 luglio 1793 - attirandosi così l'ostilità dei notabili della cittadina, che riescono ancora a farlo arrestare, ma solo per breve tempo, né queste iniziative lo intimidiscono.

Alla notizia del tentativo di fuga dalla Francia di Luigi XVI, chiede l'instaurazione della Repubblica e sostiene la candidatura dell'abate Coupé de Sermaize all'Assemblea legislativa, ritenendolo - ma ne sarà presto deluso - un sostenitore coerente e inflessibile di un programma politico radicale. Appoggiandolo, non si fa illusioni sull'onestà dei deputati dell'Assemblea - «questo grande teatro in cui tanti personaggi verranno con un ruolo e con una maschera» - e gli suggerisce di «aggirare tutti gli ostacoli e di sventare con astute manovre le macchinazioni e le bricconerie del partito dell'iniquità, di evitare le sorprese e le insidie, di opporre insomma con opportunità e perspicacia una tattica all'altra. Ciò che io vorrei in quest'assemblea sarebbe, tra i sostegni che il popolo può dare, una conoscenza più approfondita delle sua sofferenze e dei suoi bisogni, una maggior risoluzione ad applicare a tanti mali il solo rimedio efficace: più animo per volere con energia e persistenza la soppressione della miseria e dell'ignoranza».

Attacca anche il Robespierre di quegli anni, cui rimprovera di non aver «insistito sulla conseguenza capitale che discende naturalmente dal principio dell'eguaglianza dei diritti: a tutti un'eguale educazione e una sussistenza assicurata. Una simile disposizione, introdotta nella costituzione, avrebbe rappresentato il più grande dei benefici, l'avrebbe resa inviolabile».

Si candida ad amministratore del dipartimento della Somme, dichiarandosi favorevole a una legge agraria che riduca le grandi proprietà - inimicandosi così tutti i moderati del dipartimento e il sindaco di Roy e procuratore della Somme, il signore di Longuecamp - e viene eletto il 17 settembre 1792. Commette, per quanto in buona fede, un'irregolarità su un atto di vendita, della quale si accorge il Longuecamp che lo minaccia d'arresto e Babeuf preferisce fuggire, nei primi del 1793, a Parigi.

A Parigi

Nella capitale si avvicina al movimento sanculotto e con il suo appoggio ottiene un impiego amministrativo nella sussistenza. Viene tuttavia raggiunto dalla giustizia per l'irregolarità commessa in precedenza e resta in carcere dal 14 novembre 1793 al 18 luglio 1794, dieci giorni prima dell'esecuzione di Robespierre e degli altri giacobini sostenitori del Terrore.

Pubblicò il primo numero del suo Journal de la Liberté de la Presse presto cambiato in Tribun du peuple (5 ottobre 1794). Gracco Babeuf prese le parti del regime caduto, attaccando violentemente i fautori della politica termidoriana, che tanti privilegi aveva consentito. Il suo atteggiamento ebbe pochi consensi anche tre i giacobini così in ottobre venne arrestato e imprigionato ad Arras. In carcere conobbe Filippo Buonarroti, Germain e Lebois editore del Journal de l'Égalité.

La Società degli Eguali

Furono i tentativi del Direttorio di occuparsi della crisi economica che ha dato a Babeuf la sua importanza storica. Il nuovo governo si impegnò ad abolire i privilegi di cui Parigi si era alimentata a scapito de tutta la Francia e dal 20 febbraio 1796 divenne necessario porre un maximum sui prezzi del pane e della carne. L'annuncio causò malcontento diffuso. Non soltanto per gli operai e la vasta classe di proletari che erano emigrati a Parigi in cerca di fortuna, ma anche dagli impiegati statali, che venivano pagati tramite assegnati fissati dal governo. Tutti gli espedienti che dovevano attenuare la crisi, non fecero invece che ingigantire l'allarme.

La miseria diffusa si rese il principale palcoscenico per i pesanti attacchi di Babeuf, che in quegli anni si era guadagnato numerosi ammiratori. Aveva intorno a sé un piccolo circolo di seguaci conosciuto come Societé des égaux che ben presto si trovò a confrontarsi con il partito giacobino che incontrò al Pantheon. Nel mese di novembre del 1795 venne segnalato dalla polizia per aver predicato apertamente all'insurrezione, la sommossa e la costituzione del 1793. La Società venne influenzata dagli scritti di Sylvain Maréchal, autore di Le Manifeste des Egaux, nonché simpatizzante di Babeuf.

Per un certo tempo il governo, si teneva informato delle attività del gruppo, non intervenendo direttamente. Il Direttorio poteva ritenersi soddisfatto di lasciare crescere l'ideale socialista, per trattenere la gente dall'associarsi ai movimenti monarchici che desideravano il rovesciamento del regime attuale.

Con la crescita della crisi economica, tuttavia l'influenza di Babeuf aumentava. E dopo che Napoleone Bonaparte chiuse la società il 27 febbraio 1796 anche l'aggressività del gruppo raddoppiò. In Ventoso e Germile sotto lo pseudonimo di Lalande, soldat de la patrie, un nuovo pamphlet, il Eclaireur du Peuple, ou le Défenseur de Vingt-Cinq Millions d'Opprimés, che venne diffuso clandestinamente tra le città di Parigi.

Arresto ed esecuzione

La canzone di Babeuf Mourant de faim, mourant de froid (Morire di fame, morire di freddo) era diventata una famosa aria popolare e cominciò ad essere cantata nei café e si cominciava a pensare a una rivolta armata nei confronti dell'esercito rivoluzionario francese.

Il Direttorio pensò fosse tempo di agire. Il 10 maggio Babeuf, che aveva preso lo pseudonimo di Tissot, venne arrestato; molti degli associati vennero segnalati alla polizia: tra questi c'erano Augustin Alexandre Darthé e Filippo Buonarroti, ex-membri della Convenzione Nazionale, Robert Lindet, Jean-Pierre-André Amar, Marc-Guillaume Alexis Vadier e Jean-Baptiste Drouet.

Il provvedimento severo preso dal governo riuscì. Il processo di Babeuf e gli altri cominciò il 20 febbraio 1797 a Vendôme e durò due mesi. Il 26 maggio 1797 Babeuf e Darthè vennero condannati a morte, alcuni, come Buonarroti furono esiliati, gli altri, tra cui Vadier, incarcerati. Babeuf e Darthè furono ghigliottinati a Vendôme il giorno successivo.

Filippo Giuseppe Maria Ludovico Buonarroti (1761–1837)

Filippo Buonarroti ebbe la sua prima istruzione alla scuola della Badia dei Benedettini Cassinesi sotto la guida di Bernardo de' Rossi. Nel 1778 riceve l'onorificenza di cavaliere di Santo Stefano e inizia lo studio della giurisprudenza. Fu all’Università di Pisa che manifestò la sua attrazione verso positure politicamente radicali. I professori Sarti e Lampredi gli fecero conoscere gli autori illuministi, tra cui i suoi prediletti erano Rousseau ed Helvetius, Mably e Morelly.

Si laurea e si sposa lo stesso giorno, l'8 giugno del 1782. Ma il matrimonio con la contessina Elisabetta Conti non dura. In questo periodo si occupa di commercio di libri, in particolare importa e fa circolare opere dell'illuminismo francese. Questa attività gli viene contestata, con ordine di immediata interruzione di tale commercio. È probabile che già dal 1787 Buonarroti fosse entrato nella massoneria.

Dopo lo scoppio della rivoluzione in Francia si trasferisce in Corsica per aderire al movimento dei rivoluzionari còrsi. Alla fine del Settecento, l'isola presentava un assetto economico precapitalistico, con proprietà terriere estremamente suddivise ed equamente ripartite, in cui Buonarroti vedeva realizzato l'ideale dell'uguaglianza e della libertà di cui si era nutrito durante il periodo degli studi in Toscana.

In Corsica ricoprì incarichi pubblici al Consiglio generale di Corte, e si associa alla Società degli Amici della costituzione e alla società degli Amici del popolo. Nell'aprile del 1790 fonda il "Giornale patriottico di Corsica", foglio portatore di istanze rivoluzionarie ed egualitarie che può essere considerato il primo giornale rivoluzionario scritto in lingua italiana, in cui Buonarroti sosteneva le sue tesi fondamentali, e cioè:

a) l’affermazione di una società agricola egualitaria; b) l'evidenza della religione naturale; c) l'educazione e l'istruzione come compito inderogabile dello stato; d) la condanna del commercio e della industria, e) la volontà generale come fondamento della comunità politica.

Ideali e pratica della rivoluzione

Buonarroti aveva chiaro che la diffusione dei princìpi quali la libertà, l’eguaglianza, la fraternità, l’amore della patria non poteva risolversi senza una generale riforma dei costumi e delle istituzioni, cioè doveva essere parte dell'opera di una grande rigenerazione umana.

A Parigi il Buonarroti, dopo aver chiesto e ottenuto la cittadinanza francese (il suo nome fu anche francesizzato in Philippe Buonarroti), frequentò il club dei giacobini e conobbe Robespierre. Di lui condivise lo scorgere nei violenti contrasti sociali di allora i segnali della lotta di classe, della guerra tra il ricco ed il povero.

Gli eventi rivoluzionari svolsero una funzione propulsiva per la creazione di sistemi politico-sociali eversivamente innovatori che poté sperimentare direttamente su Oneglia, città ligure [3] conquistata dai francesi ed in cui il Buonarroti venne nominato commissario rivoluzionario nell’aprile 1794. In questo periodo comincia la convivenza con Teresa Poggi, che più tardi sposerà grazie alle leggi rivoluzionarie francesi. L'esperienza di Oneglia fu la possibilità di realizzare un ordinamento amministrativo e politico i cui risultati furono l'abolizione dei privilegi, imposizioni ai ricchi, distribuzione a buon prezzo del grano ai poveri, censimento dei ricchi e delle loro rendite nonché degli indigenti da soccorre, vendita dei beni mobili ed immobili di coloro che avessero osteggiato la repubblica, applicazione del maximum dei prezzi per non rovinare le risorse del paese, lotta contro i falsi assegnati, istituzione dei Comitati di Istruzione e di scuole primarie e secondarie per una formazione gratuita, popolare, laica e democratica.

L'esperienza di Oneglia va ricordata anche perché fu questo un centro di raccolta di profughi politici italiani, di cui molti napoletani (Michele De Tommaso, Carlo Lauberg, Giovanni Letizia), che vennero utilizzati, insieme ad alcuni còrsi, nell’amministrazione e nell’istruzione locale; Oneglia, in sostanza, fu un primo crogiolo del sentimento unitario italiano.

Il 9 termidoro dell’anno II (27 luglio 1794), la reazione pose fine alla dittatura ed alla vita di Maximilien Robespierre e si scatenò contro i suoi più stretti collaboratori e i clubs giacobini: la rivoluzione veniva ricondotta su binari borghesi. Il Comitato di sorveglianza, il 4 marzo 1795, dispose l’arresto del Buonarroti che venne tradotto a Parigi e rinchiuso nella prigione del Plessis. in quanto partigiano della politica robespierristica e sospettato di aver rappresentato una minaccia per persone e proprietà di Genova e della Svizzera.

Nel Plessis il Buonarroti incontrò Babeuf, insieme al quale realizzerà il progetto della congiura degli Eguali.

La congiura degli Eguali

Buonarroti maturò durante la prigionia la convinzione che la rivoluzione doveva tendere all’instaurazione di un sistema egalitaristico e comunistico, che bisognava abolire la proprietà privata, generatrice della divisione tra ricchi e poveri, detentori del potere e governati sfruttati. La presenza simultanea in carcere di gente come Babeuf, Bodson, Debon ed i seguaci del Robespierre perseguitati dalla reazione termidoriana, tanto che il Plessis divenne un focolaio di cospirazione.

Dopo le sanguinose repressioni delle insurrezioni democratico-popolari dell’aprile-maggio 1795 e della rivolta realista del 5 ottobre dello stesso anno, il Direttorio volle riappacificarsi con le forze giacobine. Il gesto di distensione fu una amnistia per i democratici che si trovavano in prigione. Di questa amnistia fruirono Buonarroti, Babeuf, Darthé e molti altri dei protagonisti della congiura degli Eguali.

Iniziò allora la stagione delle società intellettuali e delle riviste con l’apertura, a Parigi, della società popolare del Panthéon, che proprio grazie a Buonarroti, che la presiedette varie volte, si trasformò ben presto in un centro di opposizione alla politica termidoriana. Quando il Pantheon, che venne sciolto per ordine del Direttorio, e tale ordine venne eseguito dal Bonaparte, l’attività di lotta politica del Buonarroti continuò con altri organismi segreti, tra cui il “Direttorio segreto di salute pubblica”

Nell’organizzazione della congiura degli Eguali Babeuf e Buonarroti, redassero insieme l’Atto insurrezionale. Alla penna di Buonarroti spetta anche l’attribuzione dell’Analyse de la doctrine de Babeuf, che venne diffusa a Parigi circa un mese prima che la congiura venisse scoperta. L’intenzione dei congiurati era quella di divulgare il più possibile la dottrina egualitaria, dimostrando che la dottrina del Babeuf non costituiva un pericolo, ma era il coronamento logico dei concetti trattati dagli scrittori illuministi.

Il Direttorio termidoriano non riuscì ad impedirne la larga diffusione nei sobborghi, l’affissione ai muri. Nonostante la moderazione e la sobrietà, l’Analyse de la doctrine de Babeuf provocò comunque scalpore.

Gli Eguali asseriscono esplicitamente la proprietà comune della terra, della comunità dei lavori, dei beni e dei godimenti; la comunità dei beni; l’organizzazione collettiva dell’esistenza; la necessità di riunire tutte le ricchezze nelle mani della repubblica; far lavorare tutti i cittadini validi, ciascuno secondo le sue capacità e le sue attuali abitudini; utilizzare i lavori, avvicinando quelli che sono complementari l’uno dell’altro, ed imprimendo un nuovo indirizzo a quelli che sono effetto unicamente dell’attuale ingorgo della ricchezza; raccogliere continuamente nei depositi pubblici tutti i prodotti della terra e dell’industria.

La congiura venne scoperta il 10 maggio 1796 e Buonarroti, Babeuf e gli altri rivoluzionari vennero arrestati. L’Alta corte di giustizia di Vendòme, il 25 maggio 1797, condannò a morte Babeuf e Darthé, ed alla deportazione a vita Buonarroti ed altri sette congiurati.

Il Sublime Maestro Perfetto

Rinchiuso nel forte di Cherbourg, Buonarroti rimase tre anni in attesa di essere deportato. Ciò non avvenne, poiché era intanto divenuto primo console, Napoleone Bonaparte che, per celebrare la sua nomina, autorizzò una mitigazione della pena e il trasferimento dei babuvisti al confino, nell’isola di Oléron. Nel febbraio 1803 Buonarroti venne trasferito a Sospello, nelle Alpi Marittime, e da qui, nel giugno 1806, a Ginevra, ormai territorio francese, dove ebbe la possibilità di ricostruire i legami con l’ambiente politico esterno.

Già a Sospello il Buonarroti entrò in contatto con la setta segreta antibonapartista dei Filadelfi, setta che poi si fuse nell’unica Adelfia: di cui diventò il capo e protagonista. Intorno al 1818 l’Adelfia si trasformò nella Società dei Sublimi Maestri Perfetti. Quest'ultima organizzazione non aveva, come l’Adelfia e le altre organizzazioni egalitariste, una organizzazione orizzontale; erano un “ordine”, anche se la gerarchia era di gradi e non di funzioni. I gradi erano tre: il primo grado, sublime maestro perfetto, in cui si rivelava l’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima, il principio della carità universale, dell’eguaglianza e della libertà, il patto sociale; il secondo grado, sublime eletto, in cui si proclamava la sovranità popolare, la elettività e la temporaneità delle cariche, il tirannicidio; il terzo grado, "perfetto architetto", in cui si esplicitava che i mali del mondo derivano dalla divisione della terra.

Buonarroti non si limitava ad agire nella Società dei Sublimi Maestri Perfetti: aveva istituito altre sette secondarie che, muovendosi in libertà, non sapevano della loro diretta dipendenza dalla principale organizzazione buonarrotiana. Il Buonarroti, perciò, con questo sistema di federazioni, controllava una costellazione insurrezionale in tutte le nazioni europee: elementi buonarrotiani si ritrovano nella setta degli Indipendenti in Svizzera, in Germania e nella Carboneria francese.

Il fallimento dei moti napoletano e piemontese del 1820-1821 ruppe le file del settarismo politico: riconosciuta l'opera di impulso del Buonarroti, l’Austria fece pressione sulle autorità elvetiche affinché il Buonarroti venisse espulso da Ginevra.

Si recò a Bruxelles, dove stabilì la sua residenza (1824-1830) e, sotto il nome di Camille, svolse attività di direzione della vendita centrale della Carboneria francese.

Al periodo belga risale l’opera Conspiration pour l’Egalitè dite de Babeuf. Buonarroti continuò sempre a ritenere la Francia nazione guida. Tornò quindi a Parigi, dove lavorò alla tessitura dei rapporti con i rivoluzionari italiani a Parigi, Ginevra, Londra ed in altre città in cui vi erano esuli della penisola italiana.

Étienne Cabet (1788-1856)

Tradizionalmente collocato fra gli utopisti, dedicò concretamente la propria vita alla lotta per la repubblica e una "società nuova". Fu il primo a utilizzare sistematicamente il termine comunismo.

La formazione politica

Suo padre era un artigiano ma, invece di allevarlo a bottega come a quel tempo facevano tutti, lo fece studiare. Fu giovane insegnante, ma lasciò presto la scuola per studiare giurisprudenza e diventare avvocato. La strada della professione fu però sbarrata dal clima della Restaurazione. Si trasferì a Parigi, dove era più facile passare inosservati. Nel 1828 incominciò la sua attività politica fra i gruppi repubblicani, fino ad assumere responsabilità di comando nei moti del 1830 durante i quali partecipò fisicamente alla rivolta.

Trasferitosi in Corsica come Procuratore Generale, frequentò i circoli democratici, distinguendosi per la difesa di numerosi prigionieri politici. Dopo qualche anno si trasferì nuovamente a Parigi dove continuò la professione e iniziò la pubblicazione di vari scritti politici. Fu eletto alla Camera dei deputati conquistando una popolarità che ne fece uno dei più conosciuti autori francesi di libelli politici e sociali (il suo periodico, Le Populaire, raggiunse la tiratura, incredibile per l'epoca, di 28.000 copie, attaccando violentemente il governo di Luigi Filippo).

Le radici del comunismo "francese"

La situazione che portò ai moti sociali del 1830 e del 1848 fece emergere il ricordo delle esperienze comunistiche sorte con la Grande Rivoluzione del 1789. La congiura degli Eguali del 1798-96 guidata da Gracchus Babeuf fu riportata alla memoria da Filippo Buonarroti che nel 1828 pubblicò la Conspiration pour l'égalité, dite de Babeuf, in cui gli aspetti politici erano collocati anche in squarci di progetto sociale, produttivo e urbanistico. Gli altri riferimenti per Cabet, oltre all'illuminismo francese che precedette e improntò la rivoluzione, furono Robespierre e Saint-Simon. Di qui il connubio contradditorio fra i primi esempi di concezione classista (o perlomeno anti-borghese), il rifiuto della violenza e una finalità comunistica, espressa per la prima volta con i termini classici ripresi da molti in seguito: "Ciascuno ha il dovere di lavorare lo stesso numero di ore al giorno, secondo i propri mezzi, e il diritto di ricevere una parte eguale di tutti i prodotti, secondo i propri bisogni" (Voyage en Icarie, Paris, 1840).

L'utopismo riformista e pragmatico

Nel 1832 pubblicò una storia dei moti del 1830, giudicata severamente dalla critica per la sua incoerenza interna. Nello stesso periodo pubblicò una storia popolare della Rivoluzione francese, opera più matura che, insieme con il resto della sua attività di pubblicista, gli valse una condanna per reati politici tramite stampa (1834). Piuttosto di sopportare il clima soffocante della Parigi reazionaria, emigrò in Inghilterra dove, influenzato dalle teorie comunistiche e dalle realizzazioni pratiche di Owen maturò e scrisse la sua opera più importante, Il Viaggio in Icaria, che fu fatta circolare in edizione clandestina nel 1840. Nel 1842 l'opera fu pubblicata ufficialmente ed ebbe subito successo, tanto che ne furono stampate cinque edizioni e fu tradotta in diverse lingue.

Il "romanzo filosofico", come egli stesso definì il suo lavoro, lo distinse da Babeuf e dagli altri rivoluzionari procurandogli fama e benevolenza in quanto "apostolo del comunismo egualitario e pacifico". La "comunità dei beni e degli spiriti" avrebbe dovuto realizzarsi attraverso la pace sociale e soprattutto la convinzione degli altri ottenuta attraverso l'esempio pratico. Icaria, compagine umana comunista e quindi senza proprietà e differenze sociali, doveva attrarre come un potere magnetico elementi da tutte le classi con la sola forza dell'esempio, fornito da struttura e organizzazione. Nel 1840 pubblica un opuscolo intitolato Il mio credo comunista, in cui dava sistemazione al proprio programma, introducendo per la prima volta il termine comunismo come sinonimo di movimento politico. Nel 1845 riprende le sue tesi nell'opuscolo Perché io sono comunista.

Anticipazione ingenua di teorie e pratiche posteriori

La nuova società comunista si sarebbe elevata su quella vecchia, capitalista, senza tormenti rivoluzionari e senza violenza passando attraverso un periodo di transizione. Questo periodo avrebbe comportato la realizzazione della vera democrazia sotto la guida di una dittatura in grado di ottenere la piena fiducia del popolo. La comunità icariana reale, dunque, e non la teoria politica, avrebbe portato nel mondo l'antica libertà, eguaglianza e fraternità propugnate dalla Rivoluzione Francese ma tradite in seguito. L'assenza della proprietà e la comunità dei beni avrebbero avuto come conseguenza la necessità del lavoro comune, grande fonte di educazione collettiva. Non ci sarebbe stato bisogno di eliminare matrimonio e famiglia, religione e politica, in quanto il progresso sociale avrebbe armonizzato il tutto e anzi, anche queste categorie sarebbero state fonte di ulteriore progresso.

Il movimento icariano

Convinto di poter dar vita a un processo reale in seguito all'esito della raccolta di pochi seguaci, Cabet ritornò in Francia con l'intenzione di allargare il movimento. Riprese la pubblicazione di Le Populaire e cercò elementi disposti a fondare una comunità che doveva essere punto di partenza per un vasto movimento. Negli anni che precedettero la rivoluzione del 1848, diffuse un gran numero di testi e opuscoli, tra i quali si segnalò il Vero Cristianesimo secondo Gesù Cristo. Sulla falsariga della già famosa opera di Saint Simon (Nuovo cristianesimo), Cabet riaffermava il ruolo del Cristo come massimo esponente del comunismo, di sé stesso come apostolo e degli icariani come discepoli, tutti in grado di guidare gli uomini verso la redenzione sociale, cioè verso la nuova forma di comunità.

Il progetto realistico di una comunità icariana fu pronto nel 1847 e la fondazione della prima colonia era previsto su terreni acquisiti negli Stati Uniti. Il progetto non poteva essere di tipo nazionalistico e perciò, oltre alla scelta del territorio, fu scelto anche di prendere accordi con le società operaie internazionaliste. Il progetto fu presentato quindi come programma politico alla società degli esuli tedeschi a Londra. Il suo organo, la Komministische Zeitschrift (Rivista Comunista), su cui scrivevano anche Karl Marx ed Friedrich Engels, considerò seriamente l'autore del programma per la sua azione in campo sociale, ma criticò la sua mancanza di fondamenti teorici e soprattutto il legame con l'utopismo classico, che non concepiva il comunismo come una reale trasformazione in corso nella società coinvolgendo massse di uomini ma come un modello da raggiungere attraverso la volontà di pochi.

Cabet, scrissero Marx ed Engels, non doveva essere affatto giudicato "dal suo sistema, ma dagli scritti polemici e in genere da tutta la sua attività come capo di partito" (Opere complete, vol. V pag. 483). Nel 1846 c'era ancora spazio per giudicare positivo l'apporto dei precursori del comunismo, cosa che dopo la rivoluzione del 1848 non fu più possibile fare, dato che il movimento reale aveva già consegnato le utopie alla storia.

Icaria, Nauvoo e altre comunità

Spronato dal successo della propria propaganda e dall'arrivo di nuovi proseliti, Cabet pubblicò un manifesto dal titolo Allons en Icarie per organizzarne ancora di più (maggio 1847). Nello stesso tempo pubblicò Réalisation de la communauté d'Icarie, un opuscolo nel quale comunicava di aver raccolto da 10.000 a 20.000 seguaci in grado di attuare il progetto. Ciò gli permise di annunciare il luogo prescelto e i particolar organizzativi (dicembre 1847), tanto che 69 tra i cinquecento seguaci pronti a partire non se la sentirono di aspettare ulteriormente e salparono da Le Havreper Saint Louis contro gli ordini dello stesso Cabet. Così, proprio alla vigilia della rivoluzione (3 febbraio 1848), una prima pattuglia di icariani attraversò l'Atlantico per approdare in America e stabilirsi sul terreno prescelto, in Texas a Nauvoo.

Cabet, rimase in Francia per motivi organizzativi e diede un contributo cospicuo alla rivoluzione con il grosso dei seguaci. Cabet sosteneva che la "causa delle rivoluzioni è la miseria" e malgrado fosse teoricamente contrario alla rivoluzione si trovò a essere rivoluzionario suo malgrado. Partì per raggiungere gli icariani in America nel dicembre del 1848. La colonia ebbe fin dall'inizio problemi di convivenza fra i suoi membri e condusse una vita difficile anche per i problemi che nascevano dal fatto che la colonia era inserita nel bel mezzo della cittadina, in interazione con gli abitanti "normali" di Nauvoo. Nonostante tutto, fu l'unico esperimento pratico di comunismo utopista realizzato nelle Americhe capace di durare a lungo. In Francia, nel suo momento di maggiore espansione (fra il 1844 e il 1847), il movimento cabetiano poteva contare su circa 400.000 militanti, ma la trasferta negli Stati Uniti non riscosse altrettanto successo e le colonie icariane che all'inizio erano composte di circa duemila cittadini si ridussero ben presto a poche centinaia e infine a poche decine di individui.

Pur decimato dalla realtà e dalle secessioni l'esperimento sociale di Icaria durò cinquant'anni (1848-98) durante i quali non solo gli icariani, o meglio alcuni di loro, parteciparono alla guerra di secessione americana, ma dal ceppo iniziale figliarono altre sette comunità. La partecipazione alla guerra civile fu preceduta da un dibattito interno perché Cabet sosteneva (come Marx) che la condizione dell'operaio era peggiore di quella dello schiavo. La seconda sede fu Nauvoo (Illinois, 1849), dalla quale nacquero Cheltenham (Missouri, 1858) e Corning (Iowa, 1860). Da quest'ultima si staccarono gli icariani fondatori di New Icaria (Iowa, 1878) e Jeune Icarie (Iowa, 1878). Da quest'ultima nacque Icaria Speranza (California, 1881). Cabet era morto il 7 novembre 1856 alle cinque del mattino per una congestione cerebrale. Aveva dovuto ripare a Saint Louis il giorno prima, con i suoi 74 fedelissimi a causa degli scontri fisici fra le due fazioni interne della colonia di Nauvoo. Scompare così, all'età di sessantotto anni, il capo di quello che può venire considerato il primo partito operaio moderno, circondato dagli ultimi fedeli, protagonista e vittima della sua utopia.

Socialisti "utopisti"

C. –H. Saint- Simon (1760 - 1825) (Claude Henri de Ronvroy)

Saint-Simon nacque a Parigi da nobile famiglia e, dopo aver partecipato alla guerra d'indipendenza americana e alla rivoluzione del 1789, costituì una società d'affari con il conte di Redern, si arricchì, ma successivamente sperperò i suoi beni viaggiando per l'Europa. Ormai in povertà, iniziò a comporre scritti in cui formulò i suoi progetti di riorganizzazione della società. Nelle Lettere di un abitante di Ginevra ai suoi contemporanei, pubblicate nel 1803, enunciò la tesi che le rivoluzioni scientifiche sono la causa di quelle politiche e presentò un progetto di governo dell'umanità affidato a scienziati liberamente eletti. Successivamente, nell' Abbozzo di una nuova enciclopedia (1810) sostenne che l'Enciclopedia di Diderot e d'Alembert aveva distrutto il sapere proprio dell'epoca teologico-feudale, mentre una nuova enciclopedia sarebbe stata alla base della nuova società fondata sull'industria .

A delineare i tratti di questa nuova società dedicò le sue opere successive, tra le quali Il sistema industriale (1821-1822) e il Catechismo degli industriali (1823). Secondo Saint-Simon la Rivoluzione francese ha seppellito il vecchio mondo dato che ha rappresentato un' epoca critica che ha comportato la dissoluzione della precedente epoca organica , fondata sul sapere teologico e organizzata su basi feudali. La crisi é foriera non di morte, ma di salute, ovvero prepara il terreno alla costituzione di una nuova epoca organica, fondata su un corpo sistematico di credenze, diverso da quello che reggeva l'antica società: infatti il suo nucleo non può più essere fornito dalla religione; per riorganizzare la società, al posto della fede, deve subentrare la scienza . La società del passato trovava la sua legittimazione in un sistema di credenze teologiche, di cui era portatrice la classe che deteneva il potere spirituale: il clero. La società moderna é invece caratterizzata da un nuovo elemento, l'industria, sorta dal progresso scientifico e dalle sue applicazioni tecniche.

Nella nuova epoca industriale, il cui scopo sono le attività produttive, la posizione che nelle precedenti società aristocratiche, fondate sulla guerra, era occupata dalla nobiltà feudale, é ora assunta dalle nuove classi produttive. Saint-Simon a tal proposito conduce un'aspra critica contro le vecchie classi oziose e parassitarie (clero, nobiltà, esercito), paragonate ai fuchi dell'alveare contrapposti alle api operose. Inoltre, va notato che per industria Saint-Simon intende qualsiasi attività produttiva e, pertanto, non solamente la manifattura, ma anche il commercio e l'agricoltura. Nella nuova epoca il potere temporale é destinato a passare nelle mani della nuova classe degli industriali, i quali essendosi mostrati capaci di dirigere la produzione nei vari settori ed essendo i legittimi rappresentanti degli interessi di tutte le classi produttrici, devono anche assumere la direzione della vita pubblica, in virtù di un potere fondato non sulla costrizione, ma sul consenso. Infatti, tra i membri delle classi produttive, Saint-Simon colloca anche gli scienziati (riprendendo in parte le teorie di Francesco Bacone), costruttori e portatori del nuovo sistema di credenze fondato sui metodi e sui risultati delle scienze positive: nelle loro mani é ora il potere spirituale, detenuto in precedenza dal clero parassitario. Ma la scienza é, per sua stessa costituzione, universale e pacifica, cosicchè la nuova società industriale fondata su di essa avrà anch'essa i caratteri dell'universalità, ossia sarà propria dell'umanità intera e sarà contrassegnata dalla coesistenza di ordine e di progresso, ovvero da una forma di progresso pacifico , senza violente fratture rivoluzionarie. Saint-Simon negava dunque al conflitto una funzione positiva e permanente all'interno della società, considerandolo soltanto un aspetto transitorio dello sviluppo storico, e faceva proprio un modello organico di società, contemporaneamente teorizzato da Maistre e da Bonald. Anche per lui si trattava di restaurare l'ordine sociale frantumato dalla rivoluzione, tornando a una forma di solidarietà reciproca e, insieme, gerarchica fra tutti i membri del corpo sociale, legittimata da un sistema di credenze condivise da tutti. Ma mentre per Maistre e Bonald il modello era dato dalla società organica medioevale, caratterizzata da una comune fede religiosa e da un'unica autorità suprema, il papa, capo della Chiesa, per Saint-Simon la scienza e l'industria erano destinate ad essere le nuove depositarie del potere temporale e spirituale. Si trattava però di un processo non ancora giunto a compimento, cosicchè diventava necessaria la costituzione di un partito industriale che operasse in vista della definitiva affermazione della società industriale, organizzata sulla base del sapere scientifico, inarrestabile e inattaccabile da crisi o conflitti.

Ma nel tratteggiare la sua società tecnocratica, Saint-Simon commette un grave errore: egli infatti si scaglia contro i ceti parassitari e sostiene che la società debba essere amministrata dagli "industriali", ovvero dagli imprenditori e dai lavoratori, senza differenza: Saint-Simon non vede quello scontro di classe tra proletariato e borghesia che sta alla base della società moderna e che Marx vedrà benissimo.

Nell'ultima fase della sua attività, specialmente con Il nuovo cristianesimo (1825), Saint-Simon darà un'accentuazione religiosa alle sue teorie, interpretate come un ritorno al vero cristianesimo, fondato sull'amore del prossimo e particolarmente attento alla sorte delle classi meno abbienti. Era in qualche modo necessario competere con i forti appelli alla religione che provenivano dai pensatori tradizionalisti. Su questa linea, prettamente religiosa, ispirata ad una religione dell'umanità più che del singolo, si sarebbero mossi alcuni seguaci di Saint-Simon, soprattutto Barthélémy-Prosper Enfantin (1796-1866), che avrebbe organizzato addirittura una sorta di chiesa sansimoniana, con i suoi riti e una propria gerarchia. Ma il sansimonismo penetrò profondamente in Francia anche nella mentalità dei nuovi ceti imprenditoriali e finanziari, influendo così sulla costruzione di banche e sui progetti di costruzione di ferrovie e dei canali di Suez e di Panama.

Francois Charles Fourier (1772-1837)

Insieme a Saint Simon e a Owen, é uno dei cosiddetti "socialisti utopistici", come li definì Marx, per contrapporli al suo "socialismo scientifico".

L'obiettivo perseguito da Charles Fourier é la riorganizzazione della società su nuove basi; queste nuove basi però non devono essere date dalla scienza, come riteneva Saint-Simon, quanto nelle passioni umane.

Nato a Besancon nel 1772, rimasto presto orfano, per sopravvivere fu costretto ad impiegarsi in banca e in seguito a fare il commesso viaggiatore, l'agente di borsa e il dipendente di una ditta americana. Nel 1808 pubblicò anonima la Teoria dei quattro movimenti , che passò pressochè inosservata, e solamente nel 1822 fece comparire un secondo scritto, il Trattato dell'associazione domestica agricola , che nel 1842 sarà riedito con altri scritti sotto il titolo complessivo Teoria dell'unità universale . Nel 1825 intorno a Fourier si costituì un primo nucleo di seguaci, il più noto dei quali é Victor Considérant; l'anno seguente Fourier si stabilì definitivamente a Parigi e nel 1829 pubblicò Il nuovo mondo industriale e societario, o invenzione del procedimento d'industria attraente e naturale distribuita in serie passionali . Nel 1832-1834 il movimento fourierista fece apparire la rivista "Il Falansterio o la riforma industriale" , poi continuata con "La Falange" (1836-1840) , il cui motto era " riforma sociale senza rivoluzione ". I seguaci di Fourier tentarono l'esperimento di organizzare un falansterio , ma esso fallì anche per mancanza di mezzi e Fourier, sempre più in disaccordo con essi, lo sconfessò.

Il ragionamento di Fourier parte dalla constatazione che la società del suo tempo é un mondo capovolto ; infatti in essa l'ordine naturale delle cose é rovesciato, visto che vi regnano la miseria e la frode. Fourier ne trova la conferma evidente nel fatto che in un ristorante a Parigi una mela vale cento volte più che in Normandia. Rispetto a questa degenerazione prodotta dalla civiltà, la natura rappresenta, come già era avvenuto in Rousseau, il polo positivo, ma per Fourier ciò significa che sono buone tutte le passioni e le inclinazioni proprie della natura umana: esse devono pertanto essere assecondate e soddisfatte, mentre finora sono state considerate cattive e quindi da reprimere. Ma se le passioni non possono essere mutate, perchè sono quelle che sono, può essere mutato il loro orientamento, in modo da farne nascere l' armonia generale dell'umanità. Il meccanismo che consente di raggiungere questo obiettivo é ravvisato da Fourier nella legge dell'attrazione universale , scoperta nel secolo precedente da Newton: il problema é ora di estendere questa legge all'intero mondo umano. Le passioni fondamentali sono l'amore per la ricchezza e l'amore per i piaceri; non a caso sono esse le passioni finora regolarmente represse dalla società. Se si desidera raggiungere un'organizzazione armonica della società, bisogna allora far leva su queste due passioni, anzichè reprimerle. Si tratta quindi di modificare le sfere del lavoro e dei rapporti sessuali, pertinenti ad esse.

A parere di Fourier infatti sarà possibile aumentare la produttività del lavoro tramite l' attrazione passionale , ossia l'impulso naturale tendente al piacere dei sensi nonostante l'opposizione dei doveri e dei pregiudizi. Il lavoro dovrà dunque essere suddiviso in funzioni differenti esercitate da individui differenti secondo i loro gusti, ossia le loro attrazioni passionali, e si dovranno formare gruppi in cui le passioni individuali siano armonizzate tra loro, in modo da evitare ogni conflitto e favorire al tempo stesso l'emulazione e la cooperazione. Le serie passionali così armonizzate troveranno applicazione nelle funzioni industriali , cioè nel lavoro domestico, agricolo, manufatturiero, commerciale, nonchè nell'insegnamento e nello studio. La passione più importante é il bisogno di varietà : saranno quindi necessari turni brevi di lavoro, per evitare che si cada nella noia, frequenti passaggi all'esercizio di funzioni differenti e mobilità da un gruppo all'altro; in tal modo, diversamente da quanto avviene nell'industria attuale, dove la varietà é repressa e il lavoro é uniforme, potrà costituirsi un' industria attraente , capace di garantire il massimo della produttività.

Su questa base si formeranno le falangi , ovvero gruppi di circa 1800 persone di entrambi i sessi, le quali vivono in falansteri economicamente e socialmente autosufficienti, anche se collegati tra loro: questi falansteri sono contemporaneamente abitazioni collettive, luoghi di lavoro e divertimento, circondati da aree coltivabili e foreste. In tal modo, l'utopia di Fourier arriva ad immaginare nuove forme di architettura e di urbanistica. Inoltre nei falansteri potrà trovare finalmente compimento la liberazione sessuale , sinora repressa attraverso l'affermazione del predominio maschile sulla donna e l'istituzione della famiglia monogamica : anche sul piano sessuale la regola sarà offerta dalla legge dell'attrazione, e si dovranno seguire le passioni: saranno dunque ammessi rapporti omosessuali. Fourier diede un'esposizione articolata delle sue tesi su quest'ultima questione in un'opera, rimasta inedita fino al 1967, intitolata Il nuovo mondo amoroso .

L'idea generale che serpeggia nel pensiero di Fourier e che ne fonda l'adesione al socialismo (utopistico) é quella secondo la quale l'uguaglianza giuridica (data dal liberalismo) e quella politica (data dalla democrazia) non sono garantite se non é garantita anche l'uguaglianza sociale. E accanto all'uguaglianza sociale auspicata da Fourier troviamo uno spiccato spirito libertario : Fourier é convinto che ognuno debba gestire più liberamente la propria vita. Per quel che riguarda il lavoro , Fourier lo considera non come una condanna, bensì come un valore: tuttavia eseguire per un'intera vita lo stesso lavoro sarebbe tedioso, e quindi il pensatore francese prospetta un'alternanza dei lavori tra gli uomini: il lavoro deve infatti sempre essere un piacere, mai un peso e cambiare di continuo lavoro può essere un modo divertente di lavorare. Questo atteggiamento fourieriano lo si può evincere quando egli propone di usare per fare gli scavi i bambini: essi infatti si divertono sempre a scavare e a sguazzare nel fango e svolgendo tale lavoro potrebbero divertirsi essendo utili.

Questo è il giudizio che Engels ne dà nell’Anti-Dühring (parte III, cap. 1):

‘[...] in Fourier troviamo una critica delle vigenti condizioni sociali, ricca di uno spirito schiettamente francese, ma non perciò meno profondamente penetrante. Fourier prende in parola la borghesia, i suoi ispirati profeti prerivoluzionari e i suoi interessati apologeti post-rivoluzionari. Egli svela spietatamente la misère materiale e morale del mondo borghese e le contrappone tanto le splendide promesse degli illuministi di una società in cui dominerà la ragione, di una civiltà che darà ogni felicità e di una perfettibilità umana illimitata, quanto l’ipocrita fraseologia degli ideologi borghesi contemporanei, dimostrando come, dovunque, alla frase più altisonante corrisponda la realtà più miserevole, e coprendo di beffe mordaci questo irrimediabile fiasco delle frasi. Fourier non è solo un critico; la sua natura perennemente gaia ne fa un satirico e proprio uno dei più grandi satirici di tutti i tempi. La speculazione e la frode che fiorirono col tramonto della rivoluzione, nonché la generale grettezza bottegaia del commercio francese di allora, vengono descritte da lui con uno spirito pari alla sua maestria. Ancora più magistrale è la sua critica della forma borghese dei rapporti sessuali e della posizione della donna nella società borghese. Egli dichiara per la prima volta che, in una data società, il grado di emancipazione della donna è la misura naturale dell’emancipazione generale. Ma dove Fourier appare più grande è nella sua concezione della storia della società. Egli [...] dimostra che l”ordinamento civile eleva ognuno di quei vizi, che la barbarie pratica in una maniera semplice, ad un modo di essere complesso, a doppio senso, ambiguo e ipocrita’, che la civiltà si muove in un ‘circolo vizioso’, in contraddizioni che continuamente riproduce senza poterle superare, cosicché essa raggiunge sempre il contrario di ciò che essa vuol raggiungere o che dà a vedere di voler raggiungere. Cosicché, per es., ‘nella civiltà la povertà sorge dalla stessa abbondanza’. Fourier, come si vede, maneggia la dialettica con la stessa maestria del suo contemporaneo Hegel. Con pari dialettica egli, di fronte alle chiacchiere sull’infinita perfettibilità umana, mette in rilievo il fatto che ogni fase storica ha il suo ramo ascendente, ma ha anche il suo ramo discendente’.

Robert Owen (1771-1851)

Industriale e riformatore sociale gallese. Fondò la comunità industriale modello di New Lanark (Scozia) e fu tra i pionieri delle società cooperative.

Engels scrisse ne L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza:

"Apparve allora come riformatore un industriale ventinovenne, un uomo dal carattere di fanciullo, semplice sino al sublime e ad un tempo dirigente nato come pochi. Robert Owen aveva fatta sua la dottrina dei materialisti dell'illuminismo, secondo la quale il carattere dell'uomo è, da una parte, il prodotto dell'organizzazione in cui nasce e, dall'altra, delle circostanze che lo circondano durante la sa vita e specialmente durante il periodo del suo sviluppo. Nella rivoluzione industriale la maggior parte degli uomini della sua classe vedevano solo confusione e caos, che permettono di pescare nel torbido ed arricchirsi rapidamente. Egli vide invece in essa l'occasione per applicare il suo principio favorito e così mettere ordine nel caos. Lo aveva già tentato con successo a Manchester come dirigente di una fabbrica di più di cinquecento operai; dal 1800 al 1829 diresse in qualità di condirettore le grandi filande di New Lanark in Scozia seguendo gli stessi principi, ma solo con maggiore libertà d'azione e con un successo che gli procurò rinomanza europea. Una popolazione, che salì poco a poco a 2.500 unità e che originariamente si componeva degli elementi più svariati e per la massima parte fortemente degradati, fu da lui trasformata in una perfetta colonia modello, nella quale l'ubriachezza, la polizia, il giudice penale, i processi, l'assistenza ai poveri, il bisogno di beneficenza erano cose sconosciute. E tutto questo semplicemente per il fatto che egli mise questa gente in condizioni più degne dell'uomo e, soprattutto, fece educare adeguatamente la generazione nuova. Egli fu l'inventore degli asili d'infanzia e li introdusse qui per la prima volta. A partire dal secondo anno di vita i bambini venivano a scuola dove tanto si divertivano che a stento potevano essere ricondotti a casa. Mentre i suoi concorrenti facevano lavorare da tredici a quattordici ore al giorno, a New Lanark si lavorava solo dieci ore e mezza. Allorché una crisi cotoniera costrinse a fermare il lavoro per la durata di quattro mesi, agli operai rimasti disoccupati fu corrisposto il pieno salario. E, così stando le cose, lo stabilimento aveva più che raddoppiato il valore e corrisposto sino all'ultimo ai proprietari un lauto profitto.

Con tutto ciò Owen non era soddisfatto. L'esistenza che aveva creato per i suoi operai era ancora ai suoi occhi molto lontana dall'essere un'esistenza degna dell'uomo; "quegli uomini erano miei schiavi": le condizioni relativamente favorevoli in cui egli li aveva messi erano ancora molto lontane dal permettere uno sviluppo generale e razionale del carattere e dell'intelletto e meno ancora permettevano una libera attività.

"E tuttavia la parte attiva di questi 2.500 uomini produceva per la società altrettanta ricchezza reale quanto appena un mezzo secolo prima avrebbe potuto produrne una popolazione di 600.000 uomini. Io mi chiedevo: che cosa avviene della differenza tra la ricchezza consumata da 2.500 persone e quella che i 600.000 avrebbero dovuto consumare?"

La risposta era chiara. Essa era stata impiegata per versare ai proprietari dello stabilimento il 5% di interesse sul capitale investito ed inoltre più di 300.000 lire sterline (6.000.000 di marchi) di profitto. E ciò che era vero di New Lanark, lo era, e in misura ancora maggiore, per tutte le fabbriche inglesi.

"Senza questa nuova ricchezza creata dalle macchine non si sarebbero potute condurre le guerre per abbattere Napoleone, e per mantenere i principi aristocratici della società. Eppure questo nuovo potere era stato creato dalla classe operaia".

Ad essa perciò ne appartenevano anche i frutti. Le nuove potenti forze produttive, che sino allora erano servite solo per l'arricchimento dei singoli e l'asservimento delle masse, offrivano a Owen la base per un rinnovamento sociale ed erano destinate, come proprietà comune, a lavorare solo per il benessere comune.

In una tale maniera, tipica del mondo degli affari, e , per così dire, frutto del calcolo commerciale, sorse il comunismo di Owen. E mantenne sempre lo steso carattere orientato verso la pratica. Così nel 1823 Owen propose di alleviare la miseria irlandese mediante colonie comuniste e allegò ai progetti calcoli completi sulle spese di impianto, sulle spese annue e sui redditi prevedibili. E così nel suo piano definitivo per l'avvenire, l'elaborazione tecnica dei dettagli, comprendente lo schema, il piano e la veduta complessiva a volo d'uccello, è condotta con tale cognizione di causa che, una volta ammesso il metodo di riforma sociale proposto da Owen, anche dal punto di vista di uno specialista ben poco si può dire contro l'organizzazione particolare.

Il passaggio al comunismo fu il punto critico della vita di Owen. Sino a quando si era presentato come semplice filantropo non aveva raccolto altro che ricchezza, plausi, onori e gloria. Era l'uomo più popolare d'Europa. Non solo uomini del suo ceto, ma uomini di Stato e principi lo ascoltavano plaudendo. Ma quando si fece avanti con le sue teorie comuniste, la situazione cambiò di punto in bianco. Tre grandi ostacoli gli sembrava che soprattutto sbarrassero la strada alla riforma sociale: la proprietà privata, la religione e la forma attuale del matrimonio. Attaccandoli egli sapeva che cosa lo attendeva: il bando da tutta la sicurtà ufficiale e la perdita di tutta la sua posizione sociale. Ma non si lasciò distogliere dall'attaccarli senza riguardi e avvenne quello che aveva previsto. Messo al bando dalla società ufficiale, seppellito nel silenzio della stampa, impoverito dal fallimento di esperimenti comunisti in America ai quali aveva sacrificata tutta la sua fortuna, si volse direttamente alla classe operaia e rimase a lavorare nel suo seno per altri trent'anni. Tutti i movimenti sociali, tutti i veri progressi che in Inghilterra sono stati realizzati nell'interesse degli operai, sono legati al nome di Owen. Così nel 1819, dopo una lotta quinquennale, riuscì a fare approvare la prima legge per la limitazione del lavoro delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche. Così presiedette il primo congresso in cui le Trade Unions di tutta l'Inghilterra si unirono in un'unica grande organizzazione sindacale. Così introdusse, come misure di transizione verso l'organizzazione completamente comunista della società, da una parte, le società cooperative (di consumo e di produzione) che da allora hanno per lo meno fornito la prova pratica che tanto il mercante quanto il fabbricante sono persone delle quali si può benissimo fare a meno, dall'altra parte, i magazzini di lavoro, istituzioni per lo scambio di prodotti del lavoro per mezzo di una cartamoneta lavoro la cui unità era costituita dall'ora lavorativa; istituzioni che necessariamente dovevano fallire, ma che anticipavano in modo perfetto la banca di scambio proudhoniana di molto posteriore, e tuttavia se ne distinguevano proprio perché non volevano rappresentare la panacea di tutti i mali sociali, ma solo un primo passo per una trasformazione molto più radicale della società".

"[...] Il modo di vedere degli utopisti ha dominato a lungo le idee socialiste del XIX secolo ed in parte le domina ancora. Ad esso, fino a pochissimo tempo fa, si inchinavano ancora tutti i socialisti francesi ed inglesi, ad esso appartiene anche il comunismo degli inizi, compreso quello di Weitling. Il socialismo è per tutti loro l'espressione dell'assoluta verità, ragione e giustizia e basta che sia scoperto perché conquisti il mondo con la propria forza; poiché la verità è assoluta e indipendente dal tempo, dallo spazio e dallo sviluppo storico dell'uomo, è un semplice caso quando e dove sia scoperta. Inoltre poi la verità, la ragione e la giustizia assolute a loro volta sono diverse per ogni caposcuola; e poiché la forma particolare che la verità, la ragione e la giustizia assolute assumono è a sua volta condizionata dall'intelletto soggettivo, dalle condizioni di vita, dal grado di cognizioni e d'educazione a pensare di ognuno di essi, in questo conflitto di assolute verità non c'è nessuna altra soluzione possibile se non che esse si elidano vicendevolmente. Così stando le cose, non poteva allora venir fuori altro che una specie di socialismo medio eclettico, quale effettivamente regna fino ad oggi nella testa della maggior parte degli operai socialisti in Francia e in Inghilterra, una miscela che ammette un'infinità molteplicità di sfumature, e che risulta da ciò che hanno di meno incisivo le invettive critiche, i princìpi di economia e le rappresentazioni della società futura dei vari fondatori di sette; miscela che si ottiene tanto più facilmente, quanto più ai singoli elementi componenti, nel corso della discussione, vengono smussati gli angoli acuti della precisione, come ciottoli levigati nel torrente. Per fare del socialismo una scienza, bisognava anzitutto farlo poggiare su una base reale".