Teleologia
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Concezione secondo la quale gli eventi, anche quelli non legati
all’azione volontaria e consapevole degli uomini, avvengono in
funzione di un fine o scopo.
Sebbene il termine sia piuttosto recente (sembra infatti sia
stato introdotto da C.
Wolff nella sua Philosophia
rationalis sive logica, 1728, per definire «quella parte
della filosofia naturale che spiega i fini delle cose»), il
concetto da esso indicato è assai più antico. Alla visione
teleologica della realtà aderirono quasi tutti i filosofi
dell’antichità, da Aristotele, agli stoici, ai neoplatonici. Ad
essa si opposero invece gli atomisti, che concepirono gli eventi
naturali come espressione di un sistema di rapporti causali al di
fuori di qualsivoglia intervento ordinatore da parte della
divinità.
Il cristianesimo, la religione ebraica e musulmana e, nel
complesso, la filosofia medievale, presentano un’impostazione
gnoseologica nettamente teleologica nell’interpretazione dei vari
problemi filosofici. La ricerca delle cause finali viene invece
bandita dagli artefici della rivoluzione scientifica, i quali
hanno a disposizione strumenti metodologici che consentono una
spiegazione dei fenomeni naturali in base a leggi meccaniche di
valore universale, e il ricorso alla spiegazione finalistica viene
giustificato solo in relazione a problemi di carattere religioso e
morale. Già in G.W. Leibniz si avverte però la tendenza a
riaffermare il valore della spiegazione teleologica e a
subordinare a essa la stessa spiegazione meccanicistica che dalla
prima riceverebbe il suo significato e la sua stessa ragion
d’essere.
Importante sbocco della complessa problematica che si sviluppa
sul tema dei rapporti fra finalismo e meccanicismo è la soluzione
offerta da I.
Kant, soprattutto nella Kritik
der Urteilskraft, introducendo il giudizio teleologico ,
ovvero il giudizio secondo il quale l’ordine naturale è pensato in
accordo con le esigenze della vita morale, e cioè come determinato
dal concetto di fine. Con ciò non si attribuisce al finalismo
alcuna validità sul piano conoscitivo e scientifico, ma si
considera la spiegazione teleologica solo dotata di alta
probabilità nell’ambito dei fenomeni della ‘vita’ e in quelli di
natura estetica.
Nell’ambito della filosofia della scienza contemporanea è stato
più volte riproposto il problema della spiegazione teleologica di
vari fenomeni e della sua legittimità scientifica. Da un lato
questo genere di spiegazione sembrava porsi in aperto contrasto
con le spiegazioni di tipo deterministico-causale, ampiamente
applicate nelle scienze naturali, dall’altro serviva a ipotesi
metafisiche, sanzionando una diversità essenziale dei fenomeni cui
veniva applicata da quelli considerati dalla fisica e dalla
chimica. Valga per tutti il problema della riducibilità dei
fenomeni biologici ai fenomeni fisico-chimici che è stato uno dei
temi d’indagine più rilevanti nell’analisi filosofico-scientifica
contemporanea. Così E.
Nagel ha proposto un’analisi non-teleologica dei sistemi
biologici in termini di autoregolazione e di meccanismi di
retroazione. Prescindendo dalla tematica della riducibilità, hanno
affrontato i problemi della spiegazione teleologica nell’ambito
delle scienze umane C. Taylor e soprattutto G.H. von Wright,
analizzandone la logica e rivendicandone la legittimità d’uso.
Ulteriori aspetti della spiegazione teleologica sono stati oggetto
di dibattito, specie in rapporto alla sua connessione con la
spiegazione in termini di funzioni in biologia e in sociologia.
Dizionario di Filosofia (2009)
Composto del gr. τέλος τέλεος «fine» e di λόγος «discorso». Termine
con cui si indica una concezione secondo la quale gli eventi, anche
quelli non legati all’azione volontaria e consapevole propria degli
uomini, avvengono in funzione di un fine o scopo. Sebbene il termine
sia piuttosto recente (sembra infatti sia stato introdotto da Wolff
nella sua Philosophia rationalis sive logica, 1728, per
definire «quella parte della filosofia naturale che spiega i fini
delle cose»), il concetto da esso indicato è assai più antico e si
ritrova già nel Fedone (➔) di Platone, dove si espone una
spiegazione della realtà naturale basata sul principio del «meglio»,
e dove dunque alla conoscenza della causa meccanica si contrappone e
antepone quella del «fine» che coglie la più intima natura delle
cose. Alla visione teleologica della realtà aderirono in sostanza
quasi tutti i filosofi dell’antichità, da Aristotele, agli stoici,
ai neoplatonici. A essa si opposero invece gli atomisti, che
concepirono gli eventi naturali come espressione di un sistema di
rapporti causali al di fuori di qualsivoglia intervento ordinatore
da parte della divinità, esistente ma indifferente agli accadimenti
mondani. Il cristianesimo, ma anche le religioni ebraica e
musulmana, e, nel complesso, la filosofia medievale, presentano
un’impostazione nettamente teleologica nell’interpretazione dei vari
problemi filosofici, ma, pur nella comune adesione a una visione
finalistica, è dato distinguere posizioni diverse: in alcuni casi,
come in quello esemplare di Tommaso d’Aquino, si tenta di dimostrare
il carattere teleologico della realtà per via puramente naturale e
razionale; in altri, come nel caso altrettanto indicativo di
Guglielmo di Occam, si nega tale possibilità, anzi, si sottolinea il
carattere «afinalistico» del mondo considerato dal punto di vista
della ragione naturale, anche se si afferma comunque la necessità di
ammettere il finalismo per fede e sul fondamento della rivelazione.
Non molto più che una «verità di fede» si presenta ormai la
concezione teleologica agli occhi degli artefici della rivoluzione
scientifica: la ricerca delle cause finali viene bandita dalla
scienza. F. Bacone, Descartes, Spinoza e Hobbes hanno a disposizione
strumenti metodologici che consentono una spiegazione dei fenomeni
naturali in base a leggi meccaniche di valore universale e
necessario, e il ricorso alla spiegazione finalistica viene
giustificato soltanto in relazione a problemi di carattere religioso
e morale. Già in Leibniz si avverte però la tendenza a riaffermare
il valore della spiegazione teleologica e a subordinare a essa la
stessa spiegazione meccanicistica che dalla prima riceverebbe il suo
significato e la sua stessa ragion d’essere. Ma soprattutto
importante, quale sbocco della complessa problematica che si
sviluppa sul tema dei rapporti fra finalismo e meccanicismo, è la
soluzione offerta da Kant, soprattutto nella Critica del
giudizio (➔) (1790), introducendo il giudizio
teleologico, ossia il giudizio secondo il quale l’ordine
naturale è pensato in accordo con le esigenze della vita morale, e
cioè come determinato dal concetto di fine. Con ciò non si
attribuisce al finalismo alcuna validità sul piano conoscitivo e
scientifico, ma si considera la spiegazione teleologica solo dotata
di alta probabilità per quanto riguarda i fenomeni della «vita» e in
quelli di natura estetica. Nell’ambito della filosofia della scienza
contemporanea è stato più volte riproposto il problema della
spiegazione teleologica intesa come spiegazione della esistenza di
un organismo, di un sistema, ecc. in funzione di stati, condizioni,
risultati che esso realizza e della sua legittimità scientifica. Da
un lato infatti questo genere di spiegazione sembrava porsi in
aperto contrasto con le spiegazioni di tipo deterministico-causale
(la causa «finale» è posteriore al suo effetto), ampiamente
applicate nelle scienze naturali, dall’altro serviva ad avventurose
ipotesi metafisiche, sanzionando una diversità essenziale dei
fenomeni cui veniva applicata da quelli considerati dalla fisica e
dalla chimica. Valga per tutti l’esempio dei fenomeni biologici e il
sopravvivere per lungo tempo delle teorie vitalistiche. Il problema
della riducibilità della spiegazione teleologica a quella nomologica
(sussunzione di fenomeni sotto leggi e teorie di tipo causale) e il
connesso e più generale problema della riducibilità dei fenomeni
biologici ai fenomeni fisico-chimici sono stati i temi d’indagine
più rilevanti nell’analisi filosofico-scientifica contemporanea.
Così Nagel ha proposto un’analisi non-teleologica dei sistemi
biologici in termini di autoregolazione e di meccanismi di
retroazione; sostanzialmente sulle stesse posizioni (con alcune
differenze d’accento) si sono posti sia Braithwaite, sia Hempel.
Prescindendo dalla tematica della riducibilità, hanno affrontato i
problemi della spiegazione teleologica nell’ambito delle scienze
umane (azione, motivazione, intenzione) Ch. Taylor e soprattutto
G.H. von Wright, analizzandone la logica e rivendicandone la
legittimità d’uso. Ulteriori aspetti della spiegazione teleologica
sono stati oggetto di dibattito da parte di altri autori (tra cui
Hempel, sulla base di suggerimenti di R.K. Merton), specie in
rapporto alla sua connessione con la spiegazione in termini di
funzioni in biologia e in sociologia.