Stirner, Max.
www.treccani.it
Pseudonimo del filosofo tedesco Johann Caspar Schmidt (Bayreuth 1806
- Berlino 1856).
Esponente della sinistra hegeliana, combatté qualsiasi entità
reale o astratta (dallo Stato alla religione, dalla morale al
diritto, sino ai nuovi ideali liberali o socialisti) che
pretendesse di collocarsi al di sopra dell'individuo, unica
vera realtà, sovrano del proprio mondo e creatore dei propri
valori. La sua opera più famosa (Der Einzige und sein
Eigenthum, 1a ed. 1845, cui seguirono numerose altre
ed.; trad. it. L'Unico, 1902) influì su J.P. Proudhon e F.
Nietzsche; a S. si richiamarono anche i teorici dell'anarchismo.
Vita
Studiò teologia, filologia e filosofia a Berlino (dove fu
scolaro di Schleiermacher e Hegel) e a Erlangen e fu uno dei più
vivaci hegeliani di sinistra, collaborando, insieme a
Marx e ad altri, alla Rheinische Zeitung. Notevoli furono
anche l'attività giornalistica di S., svolta nel suo primo
periodo, e quella di traduttore (da A. Smith e J. B. Say).
Opere e pensiero
Radicale oppositore del liberalismo, dell'idealismo tedesco di
tipo hegeliano e dei suoi esiti rivoluzionarî, S. combatté lo
stato in ogni sua forma, i legami sociali, la
religione, la morale, il diritto, i partiti. La
sua opera fondamentale, Der Einzige und sein Eigenthu,
che fu variamente criticata da M. Hess, da L. Feuerbach e
acremente da Marx e Engels nella Deutsche Ideologie, esprime
il punto nodale della sua concezione costituito dall’individuo
(l'"unico") al di fuori e al di sopra del quale non esiste
nulla, se non vuote e mistificanti astrazioni (come, per
es., l'idea di umanità).
In questa prospettiva l'individuo diviene incondizionato sovrano del
proprio mondo, creatore dei propri valori, unica realtà
effettiva; di qui l'esigenza, da parte di S., di
un'abolizione della società e dello stato, sostituiti con una
semplice associazione di "unici", suscettibile di essere
sfruttata dal singolo. Le posizioni teoriche di S., esito
estremo dell'idealismo tedesco, esercitarono un'indubbia
influenza sulla cultura del suo tempo. Sia Proudhon sia Nietzsche ne
furono attratti (quest'ultimo particolarmente dalla sua critica dei
valori), mentre i teorici dell'anarchismo si richiamarono a
lui come a una delle fonti delle loro dottrine (pur se rimane dubbia
la possibilità di una riduzione integrale del pensiero di S. alle
posizioni anarchiche). Scarsa eco ebbe invece la sua Geschichte der
Reaction (2 voll., 1852).
Postuma è apparsa una raccolta dei suoi scritti minori (Kleine
Schriften, a cura di J. H. MacKay, 1898).
*
http://www.filosofico.net/stirner.htm
A cura di Diego Fusaro e Massimo Cipriani
La vita
L'unico e la sua proprietà
La vita
Max Stirner (pseudonimo di Johann Caspar Schmidt) nasce il 25
Ottobre del 1806 a Bayreuth, figlio di un intagliatore di
flauti; sulla sua vita sappiamo ben poco. Studia a Berlino,
ascoltando corsi di Hegel, Schleiermacher, Michelet.
Finite le scuole, trova impiego come insegnante in una scuola
privata per fanciulle di famiglie agiate, il "Lehr und
Erzihungs Anstalt fur hohere Totcher" di Madame Gropius,
situata a Berlino. Il primo ottobre del 1844, all'età di 38
anni, abbandona l'impiego. Nel mese stesso l'editore Wigand di
Lipsia, a cui faceva capo il radicalismo politico e filosofico
del momento, pubblicava in una tiratura di mille copie "
L'unico e la sua proprietà ", primo libro di Stirner. L'opera
è dedicata alla seconda moglie dell'autore, Marie
Dahnhardt, che presto si dividerà dal marito,
lasciandolo nella più completa solitudine. Stirner muore il 26
Giugno del 1856, a pochi mesi dal compimento dei 50 anni,
oppresso dai debiti e dopo due appelli pubblici sui giornali
(ricordiamo che morì in circostanze misteriose). Aveva passato anche
due brevi periodi in prigione, proprio per i debiti. Alla sua
morte, che venne annunciata da pochi giornali, la salma di
Stirner fu accompagnata da Bruno Bauer e da pochi amici.
Il primo accenno all' Unico apparso sulla stampa si trova in una
rapida corrispondenza da Berlino della "Mannheimer Abendzeitung" del
12 Novembre 1844. Dopo aver presentato Stirner come amico intimo di
Bruno Bauer, l'anonimo giornalista spiega che però "L'unico" è
un attacco a fondo contro il punto di vista del liberalismo
umanitario(che era quello di Bauer). Ma ciò che lo impressiona
innanzitutto è l'eccessività di Stirner: con questo libro la
tendenza neo-hegeliana si è spinta al suo estremo:la libertà dello
spirito soggettivo viene qui cercata nella sfrenatezza del
singolo, nell'individualità propria d'ogni uomo,
nell'egoismo, ma l'egoismo stirneriano va inteso come
"unicità", come il singolo (l'io vero) legge a se stesso.
Stirner vuole far del bene a se stesso e non all'umanità; ed è
proprio lui a dircelo: "Deciditi a non lasciar più vagare il diritto
in libertà: riconducilo alla sua origine, a te, ed esso diventerà il
tuo diritto, e giusto sarà solo ciò che ti andrà bene. "Anche
se impaurito, Bauer è attratto da Stirner: seppure questo
principio, quale è qui presentato, sia ancora troppo
unilaterale e insostenibile, esso si fonda però su intuizioni
giuste e vere e, se opportunamente filtrato, si potrà
rivelare fecondo. Dall'Unico questo primo recensore si aspettava un
brivido, e l'aveva avuto. Appariva naturale l'attesa di un
qualcosa che obbligasse a dire un qui si va troppo in là, che
sbaragliasse tutti i precedenti scritti come troppo timidi e cauti.
E quell'opera finalmente c'era! L'ultima fase del processo di
decomposizione dello spirito assoluto (Marx-Engels,
L'ideologia tedesca ) si stava compiendo.
Dopo essersi già fatto notare con alcuni brevi saggi, tra cui il più
importante, il falso principio della nostra educazione, era apparso
sulla "Rheinische Zeitung", la rivista a cui collaborava anche
Marx che ne divenne caporedattore due giorni dopo che Stirner aveva
pubblicato il suo ultimo articolo, il silenzioso,
appartato Stirner si presentava ora con un'opera massiccia che aveva
una sola pretesa: quella di seppellire la filosofia in generale.
Dopo l'Unico, l'attività pubblica di Stirner sembra
sfilacciarsi, sino a scomparire. Pubblica traduzioni di J.B.
Say da Adam Smith, che dovrebbero essere accompagnate da un
suo commento annunciato, ma nella prima si annuncia il
commento per la seconda, ma in questa il commento annunciato
manca senza alcuna giustificazione.
Nel 1848 scrive per il "Journal des osterreichischen Lloyds"
(giornale dei lyod austriaci), ma non firma questi articoli.
Poi pubblica a Berlino nel 1852 i due volumi di Storia della
Reazione, un saggio sulla reazione controrivoluzionaria ai
moti tedeschi ed europei del 1848. Dietro un titolo così
interessante essi celano un lavoro di compilazione,
un'antologia dal profilo sfuggente, dove lo Stirner de L'Unico
compare beffardamente in poche occasioni. Con la sua opera
principale e le due repliche ai suoi primi recensori si può
affermare che Stirner abbia dichiarato il silenzio e lo abbia poi
mantenuto.
Stirner non ha trovato particolare favore presso la critica
filosofica. Se ha incontrato una certa notorietà, ciò è
avvenuto nell'ambito ideologico. Il suo nome fa parte ormai della
cerchia dei classici teorici dell' anarchismo, i cui esponenti
principali agiscono più o meno nel decennio 1840-1850. Negli Stati
Uniti J.Warren, in Francia P.J.Proudhon, in Germania lo
stesso Stirner, in Russia il romantico M.Bakunin e più
tardi, l'altro grande, P. Kropotkin. Ma bisogna anche
dire che questo appropriarsi di Stirner da parte degli anarchici è
andato ben al di là delle intenzioni stesse di Max Stirner,
che non ha mai avuto alcuna intenzione di fondare una scuola di
pensiero nè tantomeno di tracciare guide ed indicazioni a
chicchessia: la sua dimensione dell'individualismo,
dell'egoismo, termine questo da lui ampliato ed ingigantito
fino a diventare un valore e una vera categoria di pensiero nonché
un atteggiamento complessivo verso tutte le manifestazioni della
vita e della realtà, ha trovato una connotazione sociale
soltanto nella concezione da lui teorizzata, e neanche tanto
intensamente proposta, della Unione dei Liberi, che
deriva dalla frequentazione a Berlino del circolo intellettuale dei
Liberi, appunto, alle cui riunioni e discussioni
movimentate partecipò lo stesso Engels (e fu lì che Engels fece
degli schizzi a matita dei partecipanti, e a lui si deve
l'unica immagine conosciuta dello stesso Stirner, l'essenziale
profilo a matita conosciuto da tutti i lettori dell'autore).
Tale concezione prevedeva un'unione di individualità che,
salvaguardando strenuamente la propria peculiarità, avrebbero
comunque potuto fondare un progetto politico e organizzativo capace
di guidare la vita dell'intera società. Ma su questo concetto
Stirner non insistette mai più che tanto.
E' evidente che alla formazione di Stirner come anarchico è stato
determinante il pesante giudizio di Engels, espresso in
particolare nel suo breve scritto del 1886 "Ludwing Feuerbach e la
morte della filosofia tedesca", in cui Engels prende in
considerazione alcuni rappresentanti della "hegelei" che dominava
allora in Germania. Dopo aver accennato alla nascita dell'ala
sinistra verso la fine del 1830 Engels passa a parlare piuttosto
sinteticamente dell'opera "la vita di Gesù" di F. Strauss,
nonché della successiva polemica con Bruno Bauer, ed infine fa
il nome di Stirner, dicendo che egli è il profeta e il
propugnatore dell'odierno anarchismo e ispiratore dell'opera di
Bakunin. Più precisamente Bakunin (ricordiamo che Bakunin era un
aristocratico) avrebbe amalgamato Stirner con Proudhon, e
proprio a tale amalgama si sarebbe dato il nome di anarchismo. E
ancora, per Engels, tra gli ultimi esponenti della
filosofia hegeliana Strauss, Bauer, Stirner e Feuerbach
soltanto quest'ultimo sarebbe significativo nel campo filosofico, e
Stirner sarebbe soltanto un "personaggio curioso". C'è da dire che
Stirner criticò Feuerbach poiché quest'ultimo non fece altro che
proiettare un Dio in un altro Dio; questo "nuovo Dio" prese il nome
di "uomo"o "umanità". Quindi, per Schmidt, non è
cambiato assolutamente niente, è solo un altro essere al di
sopra del singolo e quindi da combattere e distruggere).
Appena il libro "L'unico e la sua proprietà" è stampato e la prima
recensione pubblicata, tre lettere ne commentano l'apparizione
incrociandosi per l'Europa. Engels scrive a Marx, Feuerbach a
suo fratello, Ruge all'editore Froebel. Reazioni febbrili alla
travolgente lettura dell'opera e per diverse ragioni ognuno
ammette, pur timorosamente, un certo entusiasmo per il
libro di Schmidt. Poi passeranno gli anni, i destini degli
scriventi divergeranno sempre di più ma in una cosa saranno,
senza accorgersene, d'accordo, ovvero nel condannare
Stirner, e soprattutto nel tacere su di lui.
Feuerbach in una lettera al fratello, alla fine del 1844: la prima
impressione è che "L'Unico e la sua proprietà" sia un' opera di
estrema intelligenza e genialità, che ha la verità
dell'egoismo - anche se eccentrica, unilaterale, non
vera- dalla parte sua. Feuerbach prosegue dicendo che la polemica di
Stirner contro l'antropologia (cioè contro lui stesso) è fondata su
un malinteso. Per il resto lo considera lo scrittore più geniale e
libero che mai abbia conosciuto. Così all'inizio Feuerbach pensò di
dare a Stirner una risposta leggera e amichevole, nella forma
di una lettera aperta che avrebbe dovuto iniziare con le seguenti
parole: "indicibile e incomparabile, amabile egoista: come il
Suo scritto stesso, il Suo giudizio su di me è veramente
incomparabile e unico." Ma presto la prudenza e il sopravvento
ebbero la meglio: in un'altra lettera al fratello, del 13
Dicembre 1844, Feuerbach insinua che gli attacchi di Stirner
tradiscono una certa vanità, come se volesse farsi un nome a
sue spese. Infine, nella recensione che poi decise di dedicare
all'Unico, Feuerbach appare intimorito e preoccupato
soprattutto di difendersi. Non vuole fare concessioni a Stirner e
tutela l'onorabilità della propria dottrina. Poi è il silenzio. Nel
1861, in una lettera a Julius Duboc, ricorderà quella
vecchia polemica come una causa liquidata per sempre.
Ruge, in un biglietto del Novembre 1844 all'editore
Frobel, spedito da Parigi, dice che le poesie di Heine e
L'Unico di Stirner sono le due apparizione più importanti degli
ultimi tempi. Le audacie dei Deutsch-franzosichen Jahrbucher (ovvero
di Marx) appaiono ormai, di gran lunga, superate! Ruge
era stato prima protettore e amico e poi aspro nemico di Marx. Nella
lettera a Frobel del 6 Dicembre 1844 mescola le lodi a Stirner con
le stoccate a Marx e, anzi, per la prima volta usa Stirner
contro Marx: Marx professa il comunismo, ma è il fanatico
dell'egoismo, e con una coscienza ancora più occultata in
rapporto a Bauer. Si sappia che Stirner vede il comunismo come
"società degli straccioni". L'egoismo ipocrita e la smania di fare
il genio, il suo atteggiarsi a Cristo, il suo
rabbinismo, il prete e le vittime umane (ghigliottina)
riappaiono perciò in primo piano. Il fanatismo ateo e comunista è in
realtà ancora quello cristiano. L'egoismo di una persona meschina è
meschino, quello di un fanatico è ipocrita, falso e
avido di sangue, quello di un uomo onesto è onesto. Perché
ognuno vuole e deve avere se stesso (Stirner vuole che ogni uomo
riconduca il proprio "io" da dove è nato, ovvero a se
stessi, e non ad alienarlo in "fantasmi"come Dio o l'umanità
), e nella misura in cui ciascuno lo vuole veramente le
sopraffazioni si equilibrano.
Poi, in una lettera del 17 Dicembre alla madre, Ruge
riprende il discorso su Stirner: "Il libro di Max Stirner, che
forse anche Ludwing conosce, è una strana apparizione. Molte
parti sono assolutamente magistrali, e l'effetto del tutto non
può che essere liberatorio. E' il primo libro leggibile di filosofia
che appaia in Germania; e si potrebbe dire che è apparso il primo
uomo del tutto privo di pedanteria, anzi del tutto
disinvolto, se non fosse che lo rende assai meno disinvolto la
sua propria fissazione, che è quella dell'unicità. Comunque mi
ha dato una grande gioia vedere che la dissoluzione ha raggiunto
ormai questa forma totale, per cui nessuno può giurare
impunemente su niente. " Ma anche in questo caso l'entusiasmo per
Stirner avrebbe retto per poco. Già nel 1847 Ruge approva con zelo
il violento attacco di Kuno Fischer contro Stirner e i sofisti
moderni, che segna l'inizio della pratica per etichettare
"L'Unico e la sua proprietà" come libro famigerato. E, quando
Stirner pubblica la sua replica, Ruge suggerisce subito a
Fische: "E' senz'altro una buona cosa se risponde a Stirner con una
lettera e lo fa inciampare un'altra volta pesantemente sulla sua
fondamentale stupidità. Questa gente si infuria se uno prova loro la
loro mancanza di genialità e arguzia, perché alla fine tutto
sfocia nel fatto che loro sono geni e gli altri sono asini.
Confondono il movimento teologico col movimento filosofico o,
in altri termini, la pratica dell'arbitrio con la pratica
della libertà."
Engels scrive una lettera a Marx il 19 Novembre 1844 da Barmen a
Parigi dove esplica: "Avrai sentito parlare del libro di
Stirner, l'Unico e la sua proprietà, se non ti è già
arrivato. Wigand mi aveva spedito le bozze impaginate, che mi
ero portato dietro a Colonia e poi avevo lasciate ad Hess. Il
principio del nobile Stirner è l'egoismo di Bentham, solo che
nel suo caso viene sviluppato per un verso più
consequenzialmente, per un altro meno consequenzialmente. Più
consequenzialmente perché Stirner pone il singolo in quanto ateo al
di sopra di Dio o addirittura come entità ultima, mentre
Bentham lascia ancora stare Dio al di sopra di tutto in una qualche
nebbiosa lontananza. Meno consequenziale Stirner lo è in quanto
vorrebbe evitare la ricostruzione della società dissolta in
atomi, quale viene messa in opera da Bentham, ma non ci
riesce. Questo egoismo non è che l'essenza portata a coscienza della
società di oggi, la cosa ultima che la società di oggi può
dire contro di noi, la punta acuminata di ogni teoria che si
muova all'interno della stupidità corrente. Ma appunto per questo la
cosa è importante, non dobbiamo accantonarla, bensì
sfruttarla proprio in quanto perfetta espressione della pazzia
corrente e, operando in essa un ribaltamento, continuare a
costruirci sopra. Questo egoismo è così spinto all'estremo,
così pazzo e al tempo stesso così cosciente di sé che nella sua
unilateralità non può mantenersi un solo momento, ma deve
subito rovesciarsi in comunismo."
Più avanti dice che Stirner ha ragione, quando rifiuta l'uomo
di Feuerbach, per lo meno quello dell'Essenza del
cristianesimo, l'uomo di Feuerbach è derivato da Dio,
Feuerbach è arrivato da Dio all'uomo, e così l'uomo è
incoronato da "un'aureola teologica" di astrazione. La vera via per
giungere all'uomo è la via inversa. Noi dobbiamo partire
dall'io, dall'individuo empirico, corporeo, non
per restarci attaccati, come succede a Stirner, ma per
innalzarci da lì all'uomo. Poco più avanti Engels arriverà al punto
di esigere un'ulteriore acutizzazione dell'egoismo stirneriano: ma
se l'individuo in carne e ossa è la vera base, il vero punto
di partenza per il nostro uomo, così anche ovviamente
l'egoismo-naturalmente non solo l'egoismo stirneriano
dell'intelletto, ma anche l'egoismo del cuore-è il punto di
partenza per il nostro amore per gli uomini, altrimenti esso resta
sospeso per aria.(Stirner vede l'amore come un sentimento di cui
l'uomo deve servirsi;"L'amore è mio! "). Il libro di Stirner mostra
ancora una volta quanto profondamente radicata sia l'astrazione
nell'essenza berlinese. Fra i liberi, Stirner è evidentemente
quello che ha più talento.
Per capire meglio "L'unico e la sua proprietà" è consigliabile
leggere "L'ideologia tedesca", le pagine rabbiose dedicate a
Stirner (che hanno la mole dello stesso libro di Stirner). Marx, che
fin dall'inizio, con la sua consueta chiaroveggenza
politica, aveva visto in Stirner il nemico per
eccellenza, dovette rispondere ad Engels con asprezza. Ma
purtroppo quella lettera è andata perduta. In risposta, nel
Gennaio 1845, Engels fa ammenda più tosto senza ritegno.
Passano diversi mesi e, al ritorno da un viaggio nell'Estate
1845 in Inghilterra, Marx ed Engels decidono di procedere a
una definitiva liquidazione dei giovani hegeliani fra i quali erano
cresciuti. Una prima liquidazione, la Sacra Famiglia,
era già apparsa pochi mesi prima: ma questa volta il libro è
centrato chiaramente su un avversario: Max Stirner! Ne viene fuori
una critica all'Unico che occupa 320 delle fitte pagine delle opere
complete di Marx ed Engels.
Riga per riga le affermazioni di Stirner vengono isolate,
aggredite. Le astuzie del procedimento riveleranno non tanto i
segreti di Stirner, quanto quelli di Marx ed Engels in una
loro fase di irreversibile trasformazione, quella in cui Marx
inventa il "marxismo" come lingua franca. Ancora a molti,
oggi, il nome di Stirner dice qualcosa solo perché Marx ed
Engels parlano di lui ne "L'ideologia tedesca" e, di
fatto, leggere "L'Unico" tenendo accanto il commento di Marx
ed Engels rimane un esercizio ascetico inevitabile per ogni buon
lettore di Stirner (e di Marx). Portata a termine l'opera
distruttiva, che criticava aspramente anche altri
pensatori, come si è detto, come lo stesso Bruno
Bauer, Marx ed Engels tentarono per vari mesi di pubblicare il
loro testo. Ma, dopo laboriose trattative, ad un certo punto i
fondi vennero a mancare. Ad altri nemici dovevano rivolgersi
ancora, soprattutto Proudhon, e a tal proposito Marx
avrebbe chiesto ad Engels il permesso di travasare vari temi
dell'ideologia tedesca e "la miseria della filosofia". Così quel
grosso libro rimase fra gli inediti. Marx non ne fu molto
dispiaciuto: come avrebbe accennato nella introduzione a Per la
critica dell'economia politica , del 1859, quello scritto
aveva già assolto alla sua funzione occulta, quella di un
chiarimento di se stessi da parte dei suoi due autori. E quel
chiarimento era stato al tempo stesso troppo intimo e troppo
drastico perché lo si potesse rendere pubblico.
Qualcosa di simile doveva pensare anche Engels: nel 1883 propose a
Berstein di pubblicare il manoscritto de "L'ideologia tedesca" a
puntate sul Feuilleton del "Sozialdemokrat" e definì il testo la
cosa più insolente che sia mai stata scritta in lingua tedesca. Ma
si pentì subito della sua idea perché, secondo Berstein,
temeva che il testo avrebbe offeso una certa destra
social-democratica.
Quanto a Stirner, Engels si sarebbe lasciato sfuggire su di
lui un ultimo giudizio illuminante, che spiega
retrospettivamente in termini ben diversi le ragioni politiche
dell'ideologia tedesca, e ben più convincenti, rispetto
a quelli che Marx ed Engels avevano proposto nel loro testo:
"Stirner ha vissuto una sua rinascita attraverso Bakunin, il
quale fra l'altro era anche lui a Berlino a quel tempo e stava
seduto davanti a me, con altri quattro o cinque russi,
al corso di logica di Werder (era il 1841/42). L'innocua, e
soltanto etimologica, anarchia - cioè l'assenza di una
autorità statale - di Proudhon non avrebbe mai portato alle dottrine
anarchiche di oggi se Bakunin non vi avesse versato una buona parte
della `ribellione`stirneriana. In conseguenza gli anarchici sono
diventati altrettanti unici, così unici che non se ne trovano
due che riescano ad andar d'accordo" (lettere a Max Hildebrand del
22 Ottobre 1889).
E' questo il controcanto privato al breve, allusivo
riconoscimento pubblico che Engels aveva appena dedicato a Stirner:
"E alla fine venne Stirner, il profeta dell'anarchismo attuale
- Bakunin ha preso moltissimo da lui - e al di sopra della sovrana
autocoscienza fece svettare il suo unico sovrano". L'anti-Stirner,
come sarebbe giusto chiamare il libro contro di lui, che erompe
dalla cornice dell'ideologia tedesca, finì per essere pubblicato
postumo sia a Marx che ad Engels.
Nel 1903-04 Bernstein ne offriva un'edizione parziale sotto il
titolo "Il santo Max". Fino ad allora non si sapeva dunque che
Stirner era un avversario a cui Marx ed Engels avevano dedicato
qualche centinaio di pagine per infamarlo. E questo aiuta a capire
come mai, ancora negli anni '90 del XIX secolo, vari teorici e
studiosi socialisti mostrassero ancora una evidente simpatia per
Stirner.
L'unico e la sua proprietà
"Io ho fondato la mia causa su nulla!" Questa affermazione apre e
conclude il libro si Stirner, con essa l'autore sintetizza la
sua filosofia: la filosofia dell'egoismo, del singolo,
dell'unico; "Io che al pari di Dio e dell'umanità sono il nulla di
ogni altro, io che sono il mio tutto, io che sono l'unico!"
Max Stirner con la sua opera distrugge tutta la filosofia del suo
tempo, detronizza Hegel e Feuerbach sbattendoli nel più
profondo degli abissi; per Stirner le idee, in quanto non sono
materia, non possono esistere realmente, e quindi
critica Hegel, il quale diceva che è tutto un'idea, e
critica Feuerbach, accusandolo del fatto di aver soltanto dato
un altro volto a Dio, ovvero di averlo chiamato uomo
(umanizzato) e Bauer. Nel suo libro Stirner punta il dito contro
tutto ciò che gli sta intorno, la Chiesa, lo Stato, i liberali etc…
E' la vera "filosofia del martello", che non si fa alcun
scrupolo a far tramontare completamente alcune delle tesi degli
altri filosofi del suo tempo e non solo.
Stirner nel suo scritto inneggia all'egoismo, alla
individualità propria e assoluta; incoraggia gli uomini alla
ribellione (insurrezione) perché essa deriva da uno stato di
insoddisfazione e malcontento di sé e non alla rivoluzione,
perché essa sarebbe qualcosa di organizzato, di politico.
Inoltre inneggia all'insurrezione poiché essa non vuole cambiare la
costituzione vigente ma bensì annientarla, al contrario della
rivoluzione, che vorrebbe solo cambiarla.
Stirner è stato guardato con sgarbo da Chiesa e Stato: c'è chi lo
credeva addirittura il male fatto persona; ma in realtà egli era un
ribelle interiore, un teorico. Da qualsiasi punto di vista sia
letto, "L'Unico e la sua proprietà" è un capolavoro,
un'opera d'arte nella sua sublime completezza: nel libro c'è una
spiegazione a tutte le idee, i concetti proferiti
dall'autore, ed è questo a rendere il suo scritto così
gradevole.
E' certamente un libro difficile da accettare se si è convintamene
devoti a Stato e Chiesa; a queste persone consiglio comunque di
analizzare nel modo più oggettivo possibile le parole di
Schmidt, che sono una compagine perfettamente unita, come già
suddetto, di concetti, certo molto duri da comprendere e
poter pensare come reali, ma è lo stesso Stirner a farci luce
su quella che chiamiamo "utopia", ed infatti egli scrive:
"L'utopia è l'irrealizzato, non l'irrealizzabile."
Nelle sue circa 380 pagine, "L'Unico e la sua proprietà"
combatte contro tutto ciò che sta al di sopra dell'egoista,
dell'unico; nelle parole di Stirner si sente palesemente quella
voglia di rivincita da parte dell'uomo singolo, questo
concetto si esprime così: "riconduci l'io da dov'è nato,
ovvero in te stesso, e non alienarlo in Dio o nell'umanità".
Stirner vuole valorizzare l'uomo singolo ed anche la proprietà (al
contrario del comunismo che vorrebbe invece abolirla), ed
infatti leggiamo nella sua opera :" valorizza la tua proprietà! "
L'Unico e la sua proprietà si può sintetizzare-per quanto questo sia
possibile, vista la sua mole del libro - negli ultimi sprazzi
di inchiostro dello scritto: " Proprietario del mio potere sono io
stesso, e lo sono nel momento in cui so di essere unico.
Nell'Unico il proprietario stesso rientra nel suo nulla
creatore, dal quale è nato. Ogni essere superiore a me
stesso, sia Dio o l'uomo, indebolisce il sentimento
della mia unicità e impallidisce appena risplende il sole di questa
mia consapevolezza. Se io fondo la mia causa su di me,
l'unico, essa poggia sull'effimero, mortale creatore di
sé che se stesso consuma, e io posso dire: Io ho fondato la
mia causa su nulla."
L'anarchia può però essere appannaggio tanto delle sinistre quanto
delle destre ed è per questo che se la Sinistra, ispirandosi a
Bakunin, mira all'individualismo come estrema libertà,
la Destra, invece, (ispirandosi a Stirner) tende
all'individualismo come superiorità del singolo sulle masse.
In L'unico e la sua proprietà, Stirner arriva a sostenere che
ad esistere è solo l'individuo e ciò che per lui conta è,
paradossalmente, solo lui stesso; tutto il resto (le
cose, gli animali e perfino gli altri uomini) è solo uno
strumento per l'affermazione di sè. Il mondo stesso viene concepito
come strumento volto ad attuare la realizzazione del singolo. Se
Kant ha riconosciuto (nella Critica della ragion pratica ) che
nell'uso strumentale che facciamo delle persone non possiamo non
tenere presente che esse hanno un valore intrinseco, Stirner
dice che l'unico fine, l'unico valore per noi stessi,
paradossalmente, siamo noi stessi e tutti gli altri sono
semplici mezzi per realizzare i propri fini.