Sofistica
Dizionario di filosofia (2009)
Dal gr. σοφιστική, sottint. τέχνη «arte, scienza». Movimento
filosofico, etico e culturale, affermatosi in Grecia, soprattutto in
Atene, tra il 5° e il 4° sec. a.C. Il termine σοφιστής «sofista», ha
nella grecità più antica un significato non molto diverso da quello
di σοφός «sapiente, esperto», di cui potrebbe considerarsi un
frequentativo: σοφιστής è chi possiede specifiche conoscenze
teoriche e conseguenti abilità pratiche, e al tempo stesso chi
dell’accrescimento di tale patrimonio fa il centro della propria
attività.
Il valore del termine si precisa fra la metà del 5° e la fine del 4°
sec. a.C., in funzione del significato culturale e sociale che
assumono in quell’età, specialmente nel mondo attico, i personaggi
contraddistinti con tale denominazione. Sofisti sono infatti coloro
che si professano capaci di rendere gli altri σοφοί nei vari ambiti
delle conoscenze teorico-pratiche, utili perché il cittadino possa
avere, per es., successo politico. La base sociale e la classe
dirigente della democrazia attica è infatti una borghesia ricca e
intraprendente, sollecitata dalle nuove esigenze ad acquisire una
cultura e un’educazione adeguate alle sue responsabiltà.
I sofisti rispondono dunque alla necessità di formazione del ceto
dirigente e si propongono come maestri di virtù (non intesa come
dote di eccellenza e di nobiltà, ma come ‘tecnica’ di
comportamento), insegnando l’arte del dire e del persuadere e la
conoscenza di ogni sapere che possa apparire idoneo a sostenere tale
attività oratoria.
Svolgendo questo insegnamento, i sofisti spostano la loro attenzione
sull’uomo e le sue esigenze pratiche e soggettive, abbandonando le
grandi ipotesi cosmologiche e naturalistiche della scienza
precedente e promuovendo un recupero positivo delle ‘opinioni’ e dei
‘fenomeni’. Di qui le impostazioni individualistiche e
relativistiche, la rivalutazione di «ciò che sembra a ciascuno», la
critica dei valori tradizionali, il razionalismo con cui si indagano
tutti gli aspetti della vita umana, dall’etica alla politica, dai
costumi al linguaggio; tali caratteri furono interpretati dai
contemporanei più conservatori forieri di ateismo e di corruzione,
mentre hanno suggerito a una certa storiografia moderna l’immagine
di un «illuminismo greco».
La prima e la seconda generazione.
La prima s. costituisce l’ambiente stesso entro cui si svolge la
critica socratica della tradizione. Al suo interno, la prima
generazione è principalmente rappresentata da Protagora e da
Gorgia, che del movimento sofistico sono propriamente i fondatori,
oltre che da Prodico e da Ippia. Pur concordando, nell’atteggiamento
di acuta critica della tradizione, con l’insegnamento socratico,
quello sofistico si distingue in quanto non mira come l’altro alla
determinazione di valori etici stabili, ma solo a uno scopo pratico
ed edonistico.
Esteriormente, l’antitesi si concreta nell’immagine del filosofo che
insegna per puro amore della verità e del sofista che insegna per
denaro; la condanna della retribuzione dell’attività intellettuale,
posta così alla stregua del lavoro manuale, è pressoché unanime tra
le fonti antiche, da Senofonte (che nei Memorabili, I, 6, 13,
paragona per questo i sofisti a chi si prostituisce) a Platone
(soprattutto nel Sofista, 231 d e nel Gorgia, 520 a-e), a Filostrato
(Vite dei sofisti, I, 12).
Relativismo e accentuazione degli accenti radicali nell’ambito dei
problemi etico-politici e retorico-dialettici si affermano con
sempre maggior forza quando alla prima generazione di sofisti,
contemporanea di Socrate, segue la seconda generazione, più o meno
contemporanea di Platone. Rappresentanti di quest’ultima sono, tra
gli altri, Polo, Callicle, Trasimaco, Licofrone, Alcidamante,
Crizia, Antifonte, Antimero, Eveno, Seniade, Polisseno; pur nella
varietà degli atteggiamenti individuali, tutti accentuano quella
tendenza negativa, nel campo gnoseologico e più ancora in quello
etico, giuridico e politico, che già aveva determinato la reazione
di Socrate.
A una pura arte della confutazione verbale decade infine la s. nella
cosiddetta eristica («arte del disputare») o antilogica («arte del
contraddire»), principalmente rappresentata da Eutidemo e da
Dionisodoro e largamente documentata dall’Eutidemo platonico e dagli
Elenchi sofistici di Aristotele.
Si comprende allora come in Platone e nel giovane Aristotele, la
polemica antisofistica si faccia sempre più severa: sofista diventa
sinonimo di falso filosofo, ragionamento sofistico di ragionamento
fallace (lo stesso termine s., in una più tarda fase della
terminologia logica, perde il suo significato storico e viene
adoperato nel senso di «teoria dei sofismi»), e tutti questi termini
acquistano quel significato eminentemente negativo che in origine
non avevano (o avevano solo in piccola parte) e che non perderanno
più.
Solo in età moderna, prima con Hegel, nelle Lezioni sulla storia
della filosofia (post., 1833-36), poi con G. Grote, in History of
Greece (1823; trad. it. Storia della Grecia antica), e in tempi più
recenti attraverso le ricerche di Untersteiner, C. Corbato, G.
Kerferd e molti altri, l’antica s. torna a essere considerata anche
nei suoi aspetti positivi, e riconosciuta come momento centrale del
passaggio dal naturalismo ai grandi sistemi filosofici del sec. 4°.
A essa si riconosce di aver contribuito con originalità a un
cambiamento di prospettiva in contesti quali la politica, il
diritto, l’etica e di aver favorito progressi considerevoli ‒ anche
attraverso gli sviluppi in campo retorico ed eristico ‒ in
discipline quali la filosofia del linguaggio e la logica, la
filosofia della natura, la religione.
Le fonti per la conoscenza dell’antica s. (frammenti e
testimonianze, il cosiddetto Anonimo di Giamblico, cioè un trattato
etico-politico di un sofista della seconda metà del 5° sec. a.C.,
superstite in estratti nel Protreptico del neoplatonico Giamblico, e
i Δισσοὶ λόγοι o Διαλέξεις, cioè uno scritto in dialetto dorico che
riassume le argomentazioni dell’antilogica s.) sono raccolte in Die
Fragmente der Vorsokratiker, a cura di H. Diels (1903, con numerose
edd. successive curate, dopo la morte di Diels, da W. Kranz; l’ed.
più completa è la 6ª, 1951-52; trad. it. I presocratici.
Testimonianze e frammenti); e nell’opera Sofisti. Testimonianze e
frammenti (4 voll., 1949-62) di Untersteiner.
La seconda sofistica.
Sofisti amarono più tardi chiamarsi i rappresentanti del vasto
movimento culturale greco-romano che, iniziato nel 1° sec. d.C.,
arriva fino al 4°, e che ebbe il suo massimo splendore ai tempi di
Adriano e, successivamente, dopo la riorganizzazione dell’Impero,
nel sec. 4°. Il nome di seconda s. è attestato in Filostrato, che
può considerarsi lo storico del movimento. Sorta in alcune città
dell’Asia Minore e isole vicine (Efeso, Mileto, Smirne, Mitilene),
ebbe larga diffusione anche al di là di questi confini.
Più che un movimento dai contorni definiti, la seconda s. è un
indirizzo culturale basato sull’idealizzazione della retorica come
disciplina di profondo contenuto morale espresso in stile elegante e
raffinato; in analogia con il canone dei dieci grandi oratori
attici, la tradizione consacrò dieci grandi sofisti: Dione
Crisostomo, Nicostrato, Polemone, Erode Attico, Flavio Filostrato,
Elio Aristide e, probabilmente, Libanio, Temistio, Imerio, Eunapio.