www.treccani.it
Enciclopedia online
In filosofia, la dottrina gnoseologica che considera ogni contenuto
di conoscenza, non esclusi quelli tradizionalmente fatti procedere
da superiori facoltà conoscitive, come derivato, o
direttamente o indirettamente, dall’esperienza sensibile. La storia
del s. può farsi iniziare, in età postaristotelica,
dalla reazione contro la precedente tendenza a svalutare la
conoscenza dei sensi a vantaggio di quella intellettiva: così
sensisti sono gli epicurei e gli stoici, e a loro modo anche gli
scettici. Nel Medioevo la repressione del senso in campo etico si
riflette, in campo gnoseologico, in una svalutazione della sua
capacità conoscitiva. Nel tardo Rinascimento temi sensistici
si ritrovano, sotto l’influsso dello stoicismo, nelle opere di T.
Campanella, che riconduce ogni scire a un sentire.
La vera fioritura del s. si ha quando la tradizione
dell’empirismo inglese assume con T.
Hobbes e J. Locke un carattere spiccatamente sensistico, per
l’esigenza di combattere ogni forma di innatismo, dimostrando come
anche la cosiddetta conoscenza intellettiva provenga in ultima
analisi dalla conoscenza sensibile. Strumento teorico del s.
è l’associazionismo, di cui
Locke pone le basi, e che passa poi, insieme con il s. stesso,
agli ideologi francesi (É.B. de Condillac) e di qui alla
cultura italiana del Settecento e del primo Ottocento. R.
Ardigò sviluppò minutamente il s., quale base della
gnoseologia del positivismo e del materialismo, mentre l’empirismo
più moderno (J.S. Mill, E. Mach,
R.
Avenarius) non è più sensistico soltanto nel
senso gnoseologico, ma anche in quello metafisico.
Dizionario di Filosofia (2009)
Dottrina gnoseologica che considera ogni contenuto di conoscenza,
non esclusi quelli tradizionalmente fatti procedere da superiori
facoltà conoscitive, come derivato, o direttamente o
indirettamente, dall’esperienza sensibile. La storia del s.
può dirsi che s’inizi quando, nell’età
postaristotelica, nasce la reazione contro la precedente tendenza
a svalutare la conoscenza dei sensi a vantaggio di quella
intellettuale: così sensisti sono gli epicurei e gli
stoici, e a loro modo anche gli scettici.
Nel Medioevo la repressione del senso nel campo etico si
riflette, in quello gnoseologico, in una svalutazione della sua
capacità conoscitiva.
La vera fioritura del s. si ha invece quando la vecchia
tradizione dell’empirismo inglese (Hobbes, Locke) assume un
carattere spiccatamente sensistico, per l’esigenza di combattere
ogni forma di innatismo e razionalismo, dimostrando come anche la
cosiddetta conoscenza intellettuale provenga in ultima analisi da
quella conoscenza sensibile che essa dispregia come inadeguata.
Arma principale del s. è l’«associazionismo»,
di cui Locke è il massimo teorico, e che passa poi, insieme
con il s. stesso, agli ideologi francesi (Condillac) e di qui alla
cultura italiana del Settecento e del primo Ottocento.
Cosi Ardigò sviluppa minutamente il s., quale base della
gnoseologia del positivismo e del materialismo.
Ma, data l’evoluzione che già il s. e l’empirismo di Locke aveva subito per opera di Berkeley e di Hume, l’empirismo più moderno (Stuart Mill, Mach, Avenarius) non è più sensistico soltanto nel senso gnoseologico, ma anche in quello metafisico.