Ipotesi
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Enciclopedia online
Dizionario di Filosofia (2009)
Dal lat. tardo hypothasis, gr. ὑπόϑεσις, da ὑποτίϑημι
«porre sotto»; il termine lat. corrispondente è suppositio,
da cui l’it. «supposizione». La filosofia antica
considerava una forma inferiore di conoscenza quella enunciata in
ipotesi. Concependo la ricerca scientifica come volta
all’acquisizione di proposizioni certe e quindi irrivedibili, per i
filosofi antichi un’i. non era che un asserto provvisoriamente
assunto per dedurre, insieme ad altri asserti gnoseologicamente non
problematici (gli assiomi), certe conseguenze. Platone, se da un
lato riteneva evidenti le i. delle dimostrazioni matematiche,
dall’altro affermava che nelle argomentazioni filosofiche si arriva
a conclusioni certe sfruttando premesse, le i., da giustificare, e
suggeriva di porre varie i. sullo stesso piano per poi, esaminate le
loro conseguenze, scegliere la migliore. Per Aristotele un’i. è la
premessa non necessaria e non assolutamente certa di una
dimostrazione, opposta alle premesse necessarie, quali gli assiomi e
le definizioni. Tale svilimento gnoseologico delle i. doveva
perdurare nella filosofia scolastica, che tendeva a considerarle
come asserti sulle cause dei fenomeni, un’idea fatta propria in
seguito da Locke e da Leibniz, e – quando l’i. finiva per assumere
un carat- tere altamente congetturale e sganciato da ogni esperienza
possibile – avversata da Newton nel suo celebre motto hypotheses
non fingo. Quest’ultimo, infatti, concepiva un’i. nel senso
codificato da Galileo, ossia come un asserto la cui validità è in
stretta dipendenza dai fenomeni osservabili. È questo il senso
avallato dai filosofi della scienza del Novecento, i quali – ormai
da tempo abbandonata la credenza che si possa arrivare a un sistema
certo e necessario di teorie e abbracciata una prospettiva
fondamentalmente fallibilista – hanno sostenuto la natura
intrinsecamente ipotetica di ogni teoria, evidenziando per ciò
stesso il ruolo fondamentale delle i. ai fini del progresso della
conoscenza.