Freud, Sigmund e la Psicanalisi.
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Fondatore della psicanalisi (Freiberg, Moravia, 1856 - Londra
1939). Le sue teorie hanno avuto un enorme impatto su tutti i
settori della cultura (psicologia dell'arte, della religione ecc.)
e hanno influito sulle ricerche antropologiche (B. Malinowski, A.
Kardiner, M. Mead) e sugli indirizzi di medicina psicosomatica (F.
Alexander).
Vita e opere
Primogenito di Jakob e della seconda (o terza, stando a documenti
acquisiti di recente) moglie di questi, Amalie Nathanson, era
stato preceduto da due figli di primo letto, e sarebbe stato
seguito da sette tra fratelli e sorelle. Nel 1859, i Freud si
trasferirono da Freiberg a Lipsia, dove restarono un anno, per
stabilirsi poi a Vienna. Dotato di precoce intelligenza, con una
particolare inclinazione per la storia e per le lingue, antiche e
moderne; estraneo come i genitori alla pratica religiosa, ma
"ebreo fino al midollo", secondo il biografo E. Jones, e attento
lettore della Bibbia; partecipe di complesse relazioni affettive
ed emotive nel quadro familiare; precocemente consapevole del
proprio talento, conseguì il diploma al Leopoldstädter Gymnasium e
(1873) s'iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di
Vienna. Frequentò il seminario filosofico e il corso di logica di
F. Brentano, nel primo e secondo anno, accanto alle lezioni di
anatomia, chimica, fisica, botanica e zoologia: lo zoologo C.
Claus gli affidò una ricerca sulle gonadi delle anguille, da cui
nacque una prima memoria, presentata nel 1877 all'Accademia delle
scienze.
Ma il maestro nel quale s'imbatté, e che assunse per lui il
valore di alto esempio intellettuale, fu il fisiologo E. W.
Brücke, proveniente dalla scuola berlinese di J. Müller.
Nell'Istituto Fisiologico Freud portò a termine alcune ricerche di
anatomia microscopica del sistema nervoso, che rivelarono la sua
attitudine all'osservazione più che alla sperimentazione. Ma
quest'atteggiamento faceva parte, in lui, di un più generale
interesse, d'impronta goethiana, per la natura, nonché per gli
"enigmi" del mondo e la loro soluzione, come avrebbe notato nel
poscritto del 1927 alla memoria Die Frage der Laienanalyse
("Il problema dell'analisi profana", 1926); e si ricollegava con
la sua vocazione giovanile alla "conoscenza filosofica"
(soddisfatta in seguito attraverso la psicologia), di cui si trova
traccia nell'epistolario col medico berlinese W. Fliess, alla data
del 2 aprile 1896. Anche le ricerche eseguite presso Brücke furono
pubblicate dall'Accademia delle scienze (1877, 1878 e 1882).
Nel 1881, superati gli esami riepilogativi, detti rigorosi, si
laureò in medicina e, su consiglio di Brücke, che lo aveva
invitato a riflettere sulla sua modesta condizione economica,
rinunciò al laboratorio e si avviò alla pratica professionale. Il
tirocinio nell'Ospedale Generale di Vienna lo mise a contatto con
il clinico medico e neurologo H. Nothnagel e con il
neuropsichiatra T. H. Meynert; questi, insieme a Brücke,
patrocinarono la richiesta della libera docenza, "Privatdozenz",
in neuropatologia, che F. conseguì nel luglio 1885, per titoli e
dopo un esame orale e una lezione sui fasci midollari del
cervello. Nell'Ospedale, aveva intanto conseguito un posto di
assistente, che gli assicurava un modesto introito: mentre con la
sua generosità J. Breuer, medico e fisiologo di elevato prestigio,
con il quale pubblicherà le Studien über Hysterie ("Studî
sull'isteria", 1895), si era sostituito al padre, colpito dalla
crisi borsistica del 1873, e non più in grado di aiutarlo. Ma lo
sguardo andava ormai oltre la professione; a uscire dalla quale lo
aiutò il conferimento di una borsa di studio, che gli consentì di
trascorrere alcuni mesi a Parigi, presso J.-M. Charcot, massima
autorità europea della neuropatologia.
Il periodo trascorso alla clinica parigina della Salpêtrière
determinò una svolta, dalla medicina organicistica alla psicologia
e psicopatologia: termini che costelleranno le lettere a Fliess,
con il sapore della scoperta di una dimensione nuova dell'uomo e
della vita. Charcot si affacciava in quegli anni su una patologia
nervosa senza lesioni riconoscibili, al cui centro stavano
l'isteria e l'ipnosi. Su quest'ultima, le vedute di Charcot e
della sua scuola tentavano di sostenere un rapporto con un
antefatto traumatico, mentre a Nancy A.-A. Liébeault e H. Bernheim
ritenevano che l'ipnosi potesse essere praticata a qualsiasi
soggetto, con l'impiego della "suggestione".
Freud restò presso Charcot dall'ottobre 1885 al febbraio
dell'anno successivo; andò a Nancy nell'estate 1889, e di fronte
alle esperienze di Bernheim intuì l'esistenza di "potenti processi
mentali", esclusi dalla sfera cosciente. Tra i due viaggi, si
collocano il matrimonio (1886) con Martha Bernays - conosciuta nel
1882, futura madre dei suoi figli e compagna di tutta una vita - e
la fine dell'amicizia con Meynert, segno di una frattura, anche
intellettuale; mentre nella pratica professionale F. aveva
reintrodotto il laboratorio, quello fisiologico, mai dimenticato,
di Brücke. Le traduzioni in tedesco dei testi di Bernheim (De
la suggestion e Hypnotisme) e di Charcot (Leçons du mardi),
eseguite rispettivamente nel 1888-89, 1892 e 1892-93,
contribuivano a fare di lui il portatore di idee nuove, con il
corollario dell'isolamento e dell'ostracismo di ambienti
ufficiali.
Ma la nascita del F. psicopatologo avveniva simultaneamente alla
maturazione del neurologo, quest'ultima attestata nei primi anni
Novanta dai lavori sulle afasie (1891) e sulle monoplegie e
diplegie infantili (1891 e 1893). Nel 1893, il nuovo corso si
manifestò con l'Étude comparative des paralysies motrices
organiques et hystériques, e con la "comunicazione
preliminare" agli Studien über Hysterie. La paralisi
isterica non è simulata, e deriva dall'isolamento d'una
determinata rappresentazione rispetto al flusso psichico: quanto
ai suoi rapporti con il sistema nervoso, è "come se l'anatomia non
esistesse". La psiche contiene un "inconscio", fatto di ricordi
traumatici a forte carica affettiva, di natura prevalentemente
sessuale. Questa è la griglia teorica, nella quale sono inseriti i
cinque casi clinici degli Studi: uno, il più famoso, Anna
O. (Berta Pappenheim), di Breuer, gli altri di Freud. All'ipnosi
subentrava la tecnica delle associazioni verbali libere da parte
del paziente. L'opera usciva, ad amicizia finita tra i due autori:
una fine legata, come nel caso di Meynert, a un dissidio
sostanziale d'idee tra il neurologo Breuer e un F. ormai
psicopatologo. Proprio sullo sfondo di psicologia, psicopatologia
e "metapsicologia" - capace di condurre "dietro la coscienza" - si
collocava l'amicizia con l'otorinolaringoiatra berlinese Fliess. A
Fliess sottopose schematiche trattazioni dei concetti che venne
elaborando, a fondamento della "psicanalisi".
Il termine compare la prima volta nel 1896, in francese e in
tedesco, quando la psicologia freudiana ha già chiarito a sé
stessa il proprio carattere di teoria non descrittiva, ma causale,
interessata alle motivazioni riposte dell'accadere psichico.
Sessualità e libido, censura e difesa, rimozione, spostamento e
proiezione, compromesso sintomatico e falso nesso, ricordo di
copertura e abreazione si annodavano in un reticolo teorico di
spiccata originalità, che si alimentava dei casi clinici e
dell'autoanalisi: affrontata, quest'ultima, alla morte del padre
(ottobre 1896), e presto seguita dalle scoperte della situazione
edipica e della motivazione del sogno.
Finita e stampata nel 1899,
Die Traumdeutung ("L'interpretazione dei sogni") uscì
presso l'editore Franz Deuticke con la data dell'anno successivo,
annunciatrice di un nuovo secolo. Si era aperta la "via regia"
verso l'inconscio, indicato con un termine nuovo, Wunsch
("desiderio"). Il sogno ne rappresenta l'appagamento
allucinatorio: ma in esso occorre distinguere un pensiero
"latente" e uno "manifesto" ottenuto dal primo per deformazione,
condensazione e spostamento. Desiderio e sessualità, o libido, non
riuscivano peraltro a identificarsi: bastava un brano del vissuto
onirico dello stesso F., i cosiddetti sogni romani, a mostrare il
polimorfismo dell'istanza desiderante. Cosicché la "topica"
dell'apparato psichico, presentata nel capitolo settimo dell'opera
come successione di "Inconscio" "Preconscio" e "Conscio",
attendeva ulteriori, essenziali precisazioni.
A ricavare le quali dall'esperienza, diretta e indiretta, possono
considerarsi finalizzate le opere apparse nel quindicennio che va
da Die Traumdeutung agli scritti metapsicologici del 1915: e cioè
Zur Psychopathologie des Alltagslebens ("Psicopatologia
della vita quotidiana", 1901), Der Witz und seine Beziehung
zum Unbewussten ("Il motto di spirito e il suo rapporto con
l'inconscio", 1905), Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie
("Tre saggi sulla teoria sessuale", 1905), Der Wahn und die
Träume in Wilhelm Jensens "Gradivaf" ("Delirî e sogni nella
Gradiva di Jensen", 1907), Eine Kindheitserinnerung des
Leonardo da Vinci ("Un ricordo d'infanzia di Leonardo da
Vinci", 1910), Totem und Tabu ("Totem e tabù", 1913), Der
Moses des Michelangelo ("Il Mosè di Michelangelo", 1914).
Ad esse vanno aggiunti i casi clinici di Dora (1901), del
piccolo Hans (1908), dell'uomo dei topi (1909), del
presidente Schreber (1910) e dell'uomo dei lupi
(1914); e le memorie teoriche, una delle quali, Zur Einführung
des Narzissmus ("Introduzione al narcisismo", 1914),
destinata a sovvertire la prima suddivisione topica dell'apparato
psichico.
Se nei Tre saggi si era delineato un significativo spostamento
dalla sessualità all'eros, "l'eros del divino Platone", e
dall'istinto alla "pulsione", parzialmente indeterminata nella
finalità, nel Narcisismo infatti l'Io passava a occupare il centro
della scena psichica, ponendosi come oggetto primario d'amore e
serbatoio della libido. Anche il Motto di spirito e gli scritti
estetici o biografici - la Gradiva, il Leonardo, il Mosè - avevano
una virtuale carica innovativa rispetto al dato centrale
dell'inconscio, di cui vietavano l'assimilazione a rimosso o a
semplice pulsionalità.
Ma non si può ignorare l'importanza, anche a questo riguardo, del
tormentato rapporto con C. G. Jung, cominciato nel 1907, impostato
in maniera nobile e tuttavia unilaterale da F., e mescolatosi poi
con le vicende internazionali del movimento psicanalitico, nelle
quali Jung aveva incarnato l'esigenza dell'apertura, scientifica e
culturale, dell'analisi.
La svolta del 1915 derivò dagli antefatti sommariamente
ricordati, e si dette come insegna un termine emerso nel carteggio
con Fliess, "metapsicologia", ma rinnovandone il significato. I
cinque saggi sopravvissuti dei dodici che Freud scrisse tra marzo
e agosto (sulle pulsioni e i loro destini, la rimozione,
l'inconscio, la teoria del sogno, il lutto e la melanconia),
rappresentarono tentativi di ridefinizione di nozioni basilari: in
primo luogo l'Io, l'inconscio e la coscienza. L'Io era
identificato con la parte organizzata dell'apparato psichico, e
concepito come il portatore della coscienza, quest'ultima non più
assimilata a un organo di senso - come nello scritto del 1895 Entwurf
einer Psychologie ("Progetto di una psicologia", post.,
1950), e nel capitolo quarto dell'Interpretazione - ma alla
struttura di raccordo tra rappresentazioni e parole. E l'inconscio
diventava lo stato iniziale, preverbale, della psiche, compreso,
in parte più o meno larga, lo stesso Io.
Le opere degli anni successivi vanno viste come il
soddisfacimento dell'esigenza di rigore definitorio, coerenza e
compatibilità, sostituitasi a un'epistemologia diversa,
osservativo-fenomenologica. Ciò vale per Jenseits des
Lustprinzips ("Al di là del principio di piacere", 1920), Massenpsychologie
und Ich-Analyse ("Psicologia delle masse e analisi
dell'Io", 1921), Das Ich und das Es ("L'Io e l'Es", 1922),
Hemmung, Symptom und Angst ("Inibizione, sintomo e
angoscia", 1926), Die Zukunft einer Illusion ("Il futuro
di un'illusione", 1927) e Das Unbehagen in der Kultur ("Il
disagio della civiltà", 1930).
Il passaggio alla seconda topica di Io, Es e Super-Io avvenne
propriamente in L'Io e l'Es, mentre con Inibizione, sintomo e
angoscia le sindromi ossessive, minacciose per l'organizzazione
dell'Io, si portavano al centro dell'osservazione analitica. Anche
l'autoconsapevolezza del sistema usciva rafforzata dal nuovo
corso, meno vincolato da premesse materialistiche ed empiristiche.
La proprietà di essere o non essere cosciente d'uno stato psichico
rappresenta l'unico faro nelle tenebre della psicologia del
profondo, annotava F. in L'Io e l'Es. "No, la nostra scienza non è
illusoria", ribadiva qualche anno più tardi, nell'Avvenire di
un'illusione. E nel postumo, denso e problematico Abriss der
Psychoanalyse ("Compendio di psicanalisi", 1940), si
accennerà ancora al dato inspiegabile della coscienza e all'enigma
dello psichico: quello che egli avrebbe certamente ambito di
svelare.
La teoria analitica dev'essere vista non solo nell'originale
rappresentazione dell'apparato mentale che ha saputo impostare e
nell'assetto interno che riuscì a darsi: l'esposizione migliore di
ciò è offerta dall'ampia Introduzione alla psicanalisi, impostata
su una duplice serie di lezioni: quelle effettivamente tenute
all'università di Vienna, come professor extraordinarius, nel
1915-17 (Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse,
1924) e quelle scritte nella prima metà del 1932, e mai
pronunciate (Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die
Psychoanalyse, 1933). È necessario aggiungere le chiusure
pregiudiziali e le aperture problematiche, sovente simultanee,
fino all'ultimo: come in Der Mann Moses und die
monotheistische Religion ("L'uomo Mosè e la religione
monoteistica", 1939), dove la religione è ricondotta a nevrosi
dell'umanità, e fatta subito dopo confluire negli enigmi del
mondo, al pari della coscienza e della psiche.
Nei mesi successivi all'annessione dell'Austria alla Germania
hitleriana, F. dovette lasciare Vienna, dove lo studio e
l'abitazione di Berggasse 19 (oggi sede del Sigmund Freud Museum)
erano divenuti il punto di riferimento per allievi ed estimatori.
Partì nel giugno 1938 alla volta di Londra, dove prese dimora in
20 Maresfield Gardens (anche qui, attualmente, ha sede un museo
intitolato a Freud). Morì il 23 settembre dell'anno successivo,
per gli sviluppi di un carcinoma della mucosa orale, manifestatosi
nel 1917, e per il quale era stato sottoposto dal 1923 a
interventi chirurgici e protesi.
Alla ricorrenza degli ottant'anni, era stato eletto socio
corrispondente della Royal Society. La serie completa delle opere
psicologiche di F. (Gesammelte Werke, a c. di A. Freud e
altri, 18 voll., 1940-68) è stata pubblicata dalla casa editrice
Imago di Londra (voll. 1-17, 1940-52) e dall'editore Fischer di
Francoforte sul Meno (vol. 18, 1968). Si ricordano, inoltre,
l'edizione inglese The standard edition of the complete
psychological works of Sigmund Freud (a c. di J. Strachey,
24 voll., 1953-74) e quella italiana, diretta da C. L. Musatti,
delle Opere (12 voll., 1967-80). Sono anche apparsi
numerosi volumi di lettere e carteggi, quasi tutti tradotti in
italiano (di particolare importanza l'edizione integrale, apparsa
nel 1985 in Germania e negli USA delle Lettere a Wilhelm Fliess.
1887-1904, a c. di J. M. Masson, 1986).
Il movimento psicanalitico freudiano, dapprima isolato e
osteggiato dal mondo accademico e dalla scienza ufficiale, ebbe
successivamente universali riconoscimenti. Il 1908 è un anno
cruciale: la Società psicologica del giovedì (così venne designato
il gruppo che, a partire dal 1902, aveva preso a riunirsi in casa
di Freud e del quale facevano parte, fra gli altri, A. Adler, M.
Kahane, R. Reitler, W. Stekel e, in un secondo momento, P. Federn,
M. Steiner e O. Rank) si trasforma (15 apr.) in Società
psicanalitica di Vienna, presieduta dallo stesso Freud; K. Abraham
dà vita alla Società psicanalitica di Berlino e, a Salisburgo, si
tiene il primo congresso internazionale di psicanalisi, che vede
anche, però, il sorgere dei primi dissapori all'interno del
movimento, soprattutto tra la componente viennese e quella
zurighese, di cui il rappresentante di maggior spicco era Jung.
Nel 1909, accogliendo un invito dell'anno precedente esteso
anche a Jung da parte di S. Hall, F., con Jung e G. S. Ferenczi,
si recò negli USA per un corso di lezioni alla Clark University di
Worcester (Massachusetts). L'affermazione della psicanalisi negli
S.U.A. venne sancita dalla fondazione (1911) della Società
psicanalitica americana da parte di E. Jones. Nel 1913 Ferenczi
fondò la Società di Budapest. La creazione della Internationale
Zeitschrift für Psychoanalyse (1920), che seguiva l'apparizione di
varie altre riviste (tra cui Jahrbuch für psychoanalytische und
psychopatologische Forschungen, 1908, e Imago, 1911), segnava la
più ampia diffusione della psicanalisi. Il numero dei discepoli di
F. aumentò progressivamente e le sue dottrine uscirono dalla
ristretta cerchia degli iniziati, assumendo importanza via via
crescente.
Ma il movimento fu, sin dai primi anni, contrassegnato da una
serie di dissensi interni, che portarono al sorgere di indirizzi
diversi, spesso in vivace polemica con le posizioni freudiane
originarie. Nel 1911 si ebbe la secessione di Adler, nel 1914
quella di Jung (le due più significative); nel 1912 si era avuta
quella di Stekel, mentre successivamente si staccarono da F. anche
due dei suoi discepoli più intimi, Rank e Ferenczi.
Accanto a queste dissidenze, in tempi più recenti si formarono,
specie in America, nuovi indirizzi, i cui principali esponenti
furono la K. Horney, E. Fromm e H. S. Sullivan: l'accento venne
posto principalmente sull'importanza dell'ambiente e sul
condizionamento esercitato dai rapporti interpersonali e sociali
sui fattori biologici dell'individuo. Notevole sviluppo, in senso
ortodosso, ha poi assunto la psicanalisi infantile, soprattutto
con l'opera di A. Freud e di M. Klein. Le teorie freudiane, a
parte la loro profonda influenza su tutti i settori della cultura
(psicologia dell'arte, della musica, della religione, ecc.), hanno
permeato ricerche antropologiche (B. Malinowski, A. Kardiner, M.
Mead, ecc.) e indirizzi di medicina psicosomatica (F. Alexander).
Psicanalisi
Disciplina, fondata da S. Freud, che ha per oggetto lo studio e il
trattamento terapeutico di disturbi di tipo psicologico nel quadro
di una teoria dinamica della psiche il cui concetto centrale è
quello di inconscio.
1. Principi fondamentali
La teoria psicologica elaborata da S. Freud tra la fine del 19° sec.
e gli inizi del 20° è comunemente detta p. classica . Volta
originariamente alla diagnosi e alla cura dei sintomi isterici e
nevrotici, intesi come manifestazioni di conflitti psichici
inconsci, si è sviluppata in seguito in una teoria generale fondata
sull’ipotesi di un’attività psichica inconscia indipendente dai
processi volitivi coscienti e tendente alla soddisfazione di
esigenze istintuali dette pulsioni. Secondo la definizione datane da
Freud, la p. è: a) un procedimento per l’indagine di processi
psichici altrimenti inaccessibili; b) un metodo terapeutico per il
trattamento dei disturbi nevrotici; c) una serie di conoscenze
psicologiche ottenute nel modo indicato e convergenti in una nuova
disciplina scientifica.
1.1 L’ipnosi e le libere associazioniLa p. prende l’avvio
dall’interesse di Freud per gli studi e gli esperimenti di J.-M.
Charcot sui fenomeni ipnotici; in seguito, in collaborazione con J.
Breuer, Freud stesso si dedicò agli esperimenti ipnotici come metodo
terapeutico per l’isteria, avanzando l’ipotesi che i sintomi
isterici (convulsioni, paralisi, difetti percettivi) avessero un
significato; notò inoltre che tali sintomi cessavano non appena il
paziente in stato ipnotico rievocava fatti psichici traumatici
dimenticati che apparivano avere un nesso causale con i sintomi
stessi.
Questo procedimento (metodo catartico) fu successivamente
abbandonato da Freud, che, conclusa la collaborazione con Breuer,
sostituì all’ipnosi (che dava guarigioni poco sicure e non era
applicabile a tutti i pazienti per via delle resistenze
inconsapevoli che molti di essi opponevano a ricordare i fatti
traumatici) il metodo da lui denominato delle libere associazioni:
tale metodo consiste nell’indurre il paziente a dire tutto ciò che
gli emerge alla coscienza, indipendentemente da connessioni logiche
e causali e rinunciando, per quanto possibile, a ogni tipo di
censura. Questa tecnica presupponeva già i due più importanti
concetti su cui si fonderà la p.: quello di inconscio, inteso come
la sfera psichica in cui risiedono sia le esperienze non più
disponibili per l’attività mnemonica sia gli istinti primordiali, e
quello di rimozione, operazione psichica per cui il soggetto
dimentica, e respinge nell’inconscio, esperienze, per lo più legate
alla sfera della sessualità e dell’aggressione, di carattere penoso,
doloroso o vergognoso. Il processo di rimozione scaturisce da un
conflitto inconscio e viene mantenuto mediante un continuo dispendio
di energia psichica. Il sintomo isterico, forma di compromesso tra
l’urgenza delle rappresentazioni rimosse e le difese con cui l’Io si
oppone al loro ricordo, è pertanto un sostituto di ciò che è stato
rimosso dalla coscienza.
1.2 L’interpretazione dei sogni
La p. raggiunse il suo stadio maturo affiancando alla eziologia del
sintomo isterico l’interpretazione dei sogni. Contrariamente alle
concezioni scientifiche prefreudiane, che vedevano nei sogni
soltanto l’effetto di eccitamenti fortuiti e disordinati del sistema
nervoso centrale, la p. li considera dei fenomeni psichici dotati di
significato, i quali presentano caratteristiche tali da illuminare
il complesso dei fattori conflittuali che presiedono all’insorgere
delle nevrosi. La comprensione del significato del sogno, ‘via
regia’ di accesso all’inconscio, esige un delicato lavoro
d’interpretazione, poiché gli impulsi, i ricordi e i conflitti che
in esso si manifestano sono in qualche modo mascherati da una
censura onirica. Il sogno è regolato da un suo peculiare linguaggio,
fatto di deformazioni, condensazioni (mediante cui elementi
disparati vengono fusi in un’unica immagine) e spostamenti (mediante
cui caratteristiche tipiche di cose e persone appaiono trasferite su
altre), che tendono a celare quello che esso effettivamente è:
l’appagamento di un desiderio rimosso. Analogamente al sintomo
isterico, il sogno rinvia a un processo conflittuale inconscio e
rappresenta una formazione di compromesso tra i desideri e gli
impulsi rimossi nell’inconscio e le difese censorie e repressive
dell’Io.
Altri elementi che completano la descrizione dei conflitti psichici
tra il rimosso e ciò che tende al suo ritorno sono gli atti mancati
(lapsus, dimenticanze, sbadataggini) e i motti di spirito, che
rivelano anch’essi quel carattere di compromesso e di appagamento
del desiderio tipico del sintomo e del sogno.
1.3 La metapsicologiaIn quanto teoria generale della psiche, la p.
poggia su alcune nozioni fondamentali (inconscio, rimozione,
conflitto, pulsione) articolate, nella sistemazione a cui Freud ha
dato il nome di metapsicologia, secondo i tre punti di vista
dinamico, topico (poi denominato strutturale) ed economico.
Il punto di vista dinamico è quello secondo cui i fenomeni psichici
sono considerati il risultato di un conflitto di forze contrastanti,
conflitto che presuppone la rimozione come principale meccanismo di
difesa.
Il punto di vista topico studia le entità della psiche dove si
collocano i fenomeni: l’inconscio, il luogo in cui risiedono le
forze istintuali e i desideri più arcaici; il preconscio, il luogo
dei contenuti psichici, come i ricordi, non attualmente presenti ma
in grado di essere portati alla coscienza o, anche, di essere
rimossi nell’inconscio; e la coscienza, il luogo della percezione
esterna come dell’interna. Questa tripartizione dell’apparato
psichico sarebbe stata poi integrata, se non proprio soppiantata,
nella elaborazione freudiana, dal punto di vista strutturale (noto
anche come seconda topica), con cui si distingue tra Es, Io e
Super-Io. Il termine tedesco Es, pronome della terza persona
singolare neutra, introdotto originariamente da G. Groddeck,
rappresenta la parte più antica dell’apparato psichico, sede delle
pulsioni, collocate a metà strada tra il biologico e lo psicologico.
L’Es è dominato dal principio del piacere e tende esclusivamente
alla soddisfazione delle pulsioni, indipendentemente dai limiti
imposti dalla morale e dalle convenzioni sociali. L’Io, al cui
consolidarsi contribuisce un principio di realtà, è la struttura che
si trova alla base del pensiero logico-razionale, ma, soprattutto, è
l’insieme dei tratti della personalità costituitisi come difese
dagli impulsi istintuali in vista di un adattamento, attraverso la
parziale repressione della sfera pulsionale, alle esigenze della
realtà e della società. Il Super-Io è quella parte dell’apparato
psichico in cui risiedono sia i valori morali sia le censure
dell’Io. Funzionalmente, esso rappresenta la coscienza morale, dalla
quale provengono le difese dell’Io e che si trova dinamicamente in
conflitto con le esigenze pulsionali. Geneticamente, il Super-Io
sorge per un processo di differenziazione dell’Io ed è l’erede della
più tipica situazione psichica infantile, consistente nella rivalità
verso il padre che il bambino avverte per l’amore esclusivo che
rivolge alla madre (complesso di Edipo); il superamento di tale
situazione si verifica con la rinuncia ai desideri incestuosi e
l’interiorizzazione del divieto, a cui si associa l’identificazione
di una parte inconscia dell’Io con la figura autoritaria del padre,
identificazione che riguarda inoltre anche tratti di altre persone
provviste di autorità e che è all’origine della coscienza morale e
della tendenza a perseguirne i dettami.
Il terzo punto di vista, quello economico, si basa sull’ipotesi
dell’esistenza di certe energie psichiche, quali la libido
(l’energia propria delle pulsioni sessuali), l’aggressività, gli
istinti di conservazione dell’Io; in senso economico, l’apparato
psichico è concepito come un dispositivo che tende a scaricare le
tensioni determinate dall’energia insita nelle pulsioni (soprattutto
sessuali) per mantenerle al livello più basso (principio di
costanza). Data la difficoltà di conseguire il soddisfacimento delle
esigenze pulsionali (ossia di scaricare le tensioni accumulate),
l’apparato psichico è costretto a impiegare quantità di energie in
grado sia di ridurre le tensioni sia di mantenerle in uno stato di
rimozione, senza peraltro poterle sopprimere. La libido assume un
ruolo centrale nei conflitti con le istanze dell’Io e del Super-Io,
e da questi conflitti derivano i sintomi nevrotici. Estendendo in
una prospettiva genetica lo studio dei fattori che presiedono
all’insorgere delle nevrosi, Freud ha delineato le fasi di una vita
sessuale infantile (orale, anale, fallica) scandite come fasi dello
sviluppo individuale e rimosse nell’inconscio. Da questo punto di
vista, l’arresto (fissazione) o la deviazione (regressione) delle
pulsioni a certe fasi immature della loro evoluzione possono
provocare l’insorgere di sintomi nevrotici, qualora intervengano i
meccanismi della rimozione, o di vere e proprie perversioni
sessuali, qualora l’Io riesca a opporsi a quei meccanismi. Accanto a
questi fenomeni, può manifestarsi quello della sublimazione, se le
pulsioni sessuali (o, anche, quelle aggressive) vengono indirizzate
o spostate verso altri obiettivi, come la ricerca scientifica e la
creazione artistica, nelle quali si appaga la libido
desessualizzata.
1.4 La p. da teoria della psiche a concezione del mondoLo sviluppo
del pensiero freudiano ha individuato altri tipi di pulsioni, come
quelle di autoconservazione, poi unificate con quelle sessuali sotto
la denominazione di pulsioni di vita (o Eros), e le pulsioni di
morte (o Thanatos), antagoniste delle prime, nelle quali si vede la
tendenza stessa del vivente a ritornare a una forma di esistenza
inorganica. Con quest’ultimo dualismo, che introduce elementi
fortemente speculativi, si compie il passaggio della p. da teoria
della psiche a vera e propria concezione del mondo. La diade amore e
morte (Eros-Thanatos) sta alla base dei tentativi degli stadi più
maturi della p. di pervenire a una visione unitaria della situazione
umana all’interno non solo dei contesti familiari ed educativi, ma
della stessa civiltà, che trarrebbe origine dal divieto ancestrale
dell’incesto per poi evolvere come risultato di un compromesso fra
Eros, l’insieme delle pulsioni che mirano alla propria soddisfazione
in base al principio del piacere, Thanatos, quello delle pulsioni
aggressive e autodistruttive, e i mezzi con cui la società oppone
loro resistenza.
2. Il metodo terapeutico psicanalitico
La tecnica delle libere associazioni comporta, rispetto al metodo
catartico da cui deriva, un’evoluzione che configura la strategia
terapeutica come mezzo volto alla verbalizzazione del rimosso; il
paziente è indotto a dire tutto quello che gli si presenta alla
mente, rinunciando a ogni atteggiamento critico o censorio.
Fondamentale, nella terapia, appare il transfert, cioè il
trasferimento o spostamento alla persona stessa dell’analista di
atteggiamenti, sentimenti, tendenze e comportamenti che un tempo il
soggetto ha avuto nei confronti di persone importanti della sua
infanzia, generalmente i genitori. I sintomi e i comportamenti
nevrotici passano quindi, attraverso il transfert, da un grado di
massima rimozione a un certo tipo di esteriorizzazione,
l’acting-out, che può comportare anche manifestazioni di
aggressività. Ciò permette all’analista di rendersi conto della
struttura della nevrosi e permette al paziente di rendersi conto,
mediante l’aiuto dell’interpretazione terapeutica, delle sue
pulsioni censurate e, soprattutto, delle difese inconsciamente
attuate.
La caratteristica più tipica del lavoro dell’analista è quella
dell’interpretazione, che egli è in grado di fornire ricostruendo le
esperienze passate del paziente; l’interpretazione riguarda
naturalmente anche i sogni, che vengono decifrati per far
riaffiorare i contenuti psichici rimossi. Nella misura in cui il
paziente è in grado di superare le resistenze all’analisi, di
accettare e integrare in sé le interpretazioni terapeutiche, e di
fare affiorare reminiscenze coperte dalle amnesie e dagli
acting-outs, si organizza in lui il superamento della nevrosi.
3. Primi sviluppi della psicanalisi
Organizzatasi in istituzioni già quando Freud era ancora in vita, la
p. si sviluppò articolandosi in ricerche volte all’approfondimento e
alla diffusione delle teorie freudiane.
Relativamente ai problemi dell’Io, si svilupparono due scuole di p.,
l’una facente capo allo psicanalista austriaco P. Federn, l’altra a
H. Hartmann. La prima non ebbe un grande sviluppo, e lo stesso
Federn finì per allontanarsi dalle concezioni freudiane. L’altra
scuola operò negli USA e fu la cosiddetta psicologia dell’Io,
inaugurata da A. Freud (The ego and the mechanisms of defense, 1936)
e poi sviluppata grazie agli studi di H. Hartmann, E. Kris, R.
Loewenstein e, in seguito, di D. Rapaport e di G.S. Klein.
Caratteristica centrale dell’indirizzo è lo studio psicologico degli
apparati e delle funzioni dell’Io, sia in rapporto alle altre
strutture psichiche sia in rapporto al mondo esterno. Nella forma
più matura della teoria, la genesi dell’Io non è più concepita come
trasformazione a partire dall’Es, secondo la classica teorizzazione
di Freud, ma tanto l’Es quanto l’Io si fanno derivare da una comune
matrice indifferenziata preesistente. L’individuo viene al mondo con
un corredo di apparati che gli consentono l’adattamento
all’ambiente; il funzionamento di tali apparati è autonomo,
indipendente dall’individualità, cioè non derivabile immediatamente
dalla sfera pulsionale e motivazionale. Su questa modalità
adattativa primaria poggia quella che Hartmann chiama l’autonomia
primaria dell’Io.
In Italia la p. fu introdotta da E. Weiss, M. Levi-Bianchini, E.
Servadio, C. Musatti, che furono tra i fondatori, nel 1932, della
Società psicoanalitica italiana, anno in cui cominciarono anche le
pubblicazioni della Rivista italiana di psicoanalisi
4. La p. britannica
Le due scuole britanniche più importanti sono quella di M. Klein e
quella di D. Fairbairn. Accostatasi alla p. attraverso i discepoli
di Freud, S. Ferenczi e K. Abraham, la Klein riconobbe sempre il suo
debito verso Freud, ma sviluppò ben presto, a partire dagli anni
1930, teorie e tecniche proprie. La sua attenzione è stata dedicata
soprattutto allo sviluppo dell’Io nella prima epoca della vita: di
qui la sua tecnica di dare giocattoli ai bambini e interpretare i
loro giochi come se fossero libere associazioni. Il suo contributo
principale consiste nell’ipotesi che l’Io non sorge come un’unità
già integrata, ma si sviluppa attraverso una complessa attività
intrapsichica. Il primo e più importante oggetto del bambino è il
seno della madre, fonte di piacere (quando elargisce il nutrimento)
o di dolore (quando lo nega). È l’interiorizzazione di questi
aspetti materni, la difesa da essi e la loro progressiva
integrazione che porta infine alla costituzione del Sé.
Le ricerche della Klein sono alla base dell’altra scuola di p. sorta
in Gran Bretagna, per impulso di Fairbairn, il quale elaborò
soprattutto il concetto di relazione oggettuale, mediante cui si
intende il rapporto che il soggetto, sin dai primi mesi di vita,
intrattiene con il mondo che lo circonda. Lo sviluppo della
personalità individuale avviene attraverso i rapporti oggettuali
interpersonali; buone relazioni oggettuali promuovono uno sviluppo
positivo dell’Io, mentre un non corretto rapporto con l’oggetto
condurrebbe a fenomeni patologici. La nozione di relazione
oggettuale è anche alla base delle teorie di D.W. Winnicott, l’altro
importante rappresentante della scuola britannica.
A W.R. Bion (1898-1979), anch’egli influenzato dalle teorie di Klein
e i cui studi si collocano tra gli anni 1950 e 1970, si devono
soprattutto ricerche sulla nascita e la formazione dei processi di
pensiero in connessione con gli oggetti con cui il bambino è in
rapporto.
5. Gli scissionisti
Nel 1910 A. Adler elaborò una teoria della nevrosi che divergeva da
quella freudiana. In quella che egli stesso chiamò ‘psicologia
individuale’ la nozione fondamentale non è quella di libido, ma
quella del ‘sentimento d’inferiorità’, che provocherebbe una
condizione nevrotica negli individui non in grado di superarlo.
L’inferiorità può essere determinata da un difetto fisico od
organico, ma anche da condizioni psicologiche: il bambino,
soprattutto se non è sufficientemente amato, si sente inferiore,
indifeso e alla mercé degli adulti. Così, dal momento che Adler vede
in tutte le manifestazioni della vita una tensione e un orientamento
verso uno scopo (la ricerca del potere, l’aumento dell’autostima
ecc.), nella sua prospettiva vengono privilegiati gli aspetti
teleologici rispetto a quelli deterministici freudiani.
A C.G. Jung si deve la revisione della p. freudiana di maggior
fortuna. Come Adler, anche Jung riteneva che Freud avesse conferito
eccessiva importanza al sesso e alla sessualità infantile, a scapito
degli aspetti spirituali dell’essere umano. Il concetto fondamentale
della teoria junghiana (che lo stesso Jung chiamò psicologia
analitica ) è quello di inconscio collettivo, consistente di
immagini primordiali, quali miti e credenze religiose, comuni alla
cultura a cui l’individuo appartiene, e i cui livelli più profondi
formano l’inconscio universale, comune a tutta l’umanità. Le
immagini primordiali dell’inconscio collettivo sono degli archetipi,
cioè delle forme che si ritrovano nelle culture più disparate. Gli
individui si possono classificare in base a una tipologia che
ammette quattro funzioni fondamentali: pensiero, intuizione,
sentimento e sensazione. Una sola energia regge la vita psichica: la
libido, che coincide con l’energia vitale. La personalità si compone
di vari fattori o livelli: i più superficiali sono la maschera e la
persona, che ne rappresentano gli aspetti coscienti ed esteriori.
Gli elementi respinti e rimossi dalla personalità costituiscono
l’ombra, la totalità psichica è il Sé. Le rappresentazioni
psicodinamiche del sesso opposto sono rispettivamente, nell’uomo e
nella donna, l’anima e l’animus. La psiche è concepita come sistema
di autoregolazione e la sua attività consiste in una continua
dialettica di opposti, specie per quanto riguarda le esperienze
interiori rispetto a quelle esterne, e quelle coscienti rispetto
all’inconscio. Le nevrosi dipendono, di conseguenza, da un
disequilibrio tra forze contrarie. Il processo di guarigione
psichica è dunque d’integrazione del Sé, d’individuazione. La
psicoterapia di Jung, che utilizza le libere associazioni come
quella freudiana, mira a mettere il paziente in contatto con
l’inconscio collettivo. Le teorie junghiane, per il loro insistere
sulle forze primitive e più profonde a fondamento dell’agire umano,
presentano aspetti filosofici e metafisici che hanno esercitato
grande influenza sull’estetica, sulla filosofia e sulla cultura in
genere.
A O. Rank si deve la teoria secondo cui la nevrosi ha origine non
dalla situazione edipica, ma dal trauma della nascita. Ogni tipo di
separazione (per es., lo svezzamento, la separazione dalla persona
amata) riprodurrebbe uno stato di angoscia da mettere in relazione
al trauma della nascita. Successivamente, Rank elaborò una teoria
della ‘volontà’, in base alla quale il soggetto nevrotico è colui
che non riesce ad accettare le norme culturali e sociali, ma nemmeno
riesce ad affermare la propria personalità come l’artista.
W. Reich è stato il primo autore a cercare una integrazione tra
marxismo e psicanalisi. Le inibizioni sessuali sarebbero dovute alla
repressione sessuale che caratterizza le società contemporanee e la
necessità di liberare l’energia ‘organica’ è alla base del progetto
Reich di una ‘rivoluzione’ sessuale da affiancare a quella politica.
6. Ulteriori sviluppi
Durante e dopo la Seconda guerra mondiale si sono sviluppate negli
USA diverse scuole di p. generalmente chiamate neofreudiane. Benché
i seguaci di queste scuole non considerino le loro teorie prive di
rapporti con la p. freudiana, come facevano i primi scissionisti,
essi tuttavia minimizzano o rifiutano una parte delle teorie
freudiane, rivolgendo la loro attenzione ad aspetti della psiche
umana che ritengono siano stati sottovalutati o trascurati da Freud.
In particolare, ciò che queste scuole rifiutano è la teoria della
libido, mentre insistono sulla rilevanza dei fattori socioculturali
sulla psiche individuale, da qui il nome culturalisti con cui sono a
volte indicati i loro rappresentanti. H.S. Sullivan, E. Fromm e K.
Horney sono tra i principali esponenti di quest’orientamento.
J. Lacan promosse, a partire dagli anni 1930, un ‘ritorno a Freud’
da contrapporre alle deviazioni rappresentate, secondo lui,
soprattutto dagli sviluppi statunitensi. In questa prospettiva,
Lacan elaborò in particolare il concetto di simbolo, avanzando una
teoria in cui, sulla base delle suggestioni dello strutturalismo di
F. de Saussure, mise in evidenza l’organizzazione linguistica e
semantica dell’inconscio secondo criteri suoi propri.
Le suggestioni della logica matematica anziché della linguistica
sono alla base degli studi di I. Matte Blanco, tra i maggiori
psicanalisti dell’America Latina, dove la p. ha trovato un fertile
terreno di diffusione. Tra gli anni 1970 e 1980, la p. è stata
ulteriormente caratterizzata da una disseminazione di interessi che
ne rendono sempre più difficile l’inquadramento in quello che ai
tempi dell’ultimo Freud veniva denominato movimento psicanalitico.
7. P. postfreudiana
L’espressione p. postfreudiana, con cui talvolta si indica la p. più
recente, ben sintetizza la sua distanza dalle teorie freudiane
originarie, ma anche l’ideale continuità con il suo fondatore. Lo
spostamento d’interesse dalle pulsioni agli oggetti, lo studio delle
fasi preedipiche, la riconsiderazione linguistica dell’inconscio,
l’integrazione con prospettive interpersonali, la rinnovata
attenzione al rapporto tra processi psicologici e processi
biologici: sono queste le principali linee di ricerca che hanno
impegnato la p. della seconda metà del 20° secolo. Gli indirizzi più
recenti si sono impegnati ad affrontare due questioni in
particolare: l’esistenza di molte p. (e, contestualmente,
l’impossibilità, da parte delle singole scuole, di stabilire la
propria egemonia teorica e clinica sulle altre) e la necessità di
identificare un terreno comune di indagine, di metodologia e di
riflessione che favorisca il progresso teorico-clinico sulla base di
ipotesi fondamentalmente condivise.
Nella prospettiva della reazione al pluralismo, si sono delineate
due importanti linee guida: la ricerca di una verifica empirica e
l’emergere di una posizione ermeneutica. Nata soprattutto in
risposta alle critiche di non scientificità rivolte alla p.,
l’esigenza di verifiche empiriche risale agli anni 1930, ma è
proprio negli anni 1980 che l’International psychoanalytical
association ha promosso ufficialmente un gruppo di ricerca su questo
punto. Mentre in passato l’oggetto di studio era costituito dai
risultati della terapia, ci si è a questo punto prevalentemente
interessati al modo in cui gli eventi del processo terapeutico
influenzano la diversa qualità e modalità del contesto
psicanalitico. A un approccio volto a sottolineare la complessità
del processo psicanalitico si rifà invece la posizione ermeneutica,
oggetto di un rinnovato interesse anche per l’impossibilità di
giungere a una teoria psicanalitica unitaria. Secondo questa
posizione, la p. genera una molteplicità di teorie proprio perché i
suoi dati sono costituiti da significati e autointerpretazioni
prodotti dal paziente; nella situazione analitica, questi dati
vengono ricontestualizzati dall’analista sulla base di un proprio
modello di lettura: non solo differenti analisti costruiranno storie
diverse, ma all’interno di una singola analisi sarà possibile
costruire storie multiple, narrazioni che mutano con il procedere
del lavoro.
Un’ulteriore risposta al pluralismo e alla molteplicità dei modelli
psicanalitici dello sviluppo infantile è costituita dalla ricerca di
un’interfaccia tra p. e infant research (che studia l’interazione
madre-bambino, la regolazione degli affetti, lo sviluppo del Sé, e
sostiene una visione dello sviluppo in cui il neonato è un organismo
attivo e competente, con stati emotivi differenziati e abilità
complesse che gli consentono di entrare in relazione con la madre).
Particolarmente sensibile alle tematiche della ricerca infantile, P.
Fonagy ha tentato, all’interno della psicologia dell’Io britannica,
un’integrazione teorica e clinica della p. con il paradigma della
teoria dell’attaccamento e con l’approccio evolutivo-cognitivista
alla teoria della mente. Lo sviluppo nel bambino di tale ‘teoria
della mente’, che permetterebbe una buona regolazione affettiva e il
passaggio a meccanismi di difesa meno primitivi, è reso possibile da
un certo grado di coerenza e sicurezza nelle relazioni oggettuali
precoci. C. Bollas, ha analizzato il mondo infantile a partire dalla
riflessione di D. W. Winnicott, tendendo a evidenziare, con il
concetto di ‘idioma’, l’importanza del progetto individuale, che
consiste nel radicare lo sviluppo nell’espressione spontanea delle
potenzialità del ‘vero Sé’ winnicottiano. Anche alcuni autori
statunitensi, come T. Ogden e J.S. Grotstein, hanno proficuamente
utilizzato il pensiero di Winnicott; in particolare, A.H. Modell ha
esplorato, negli anni 1990, il carattere privato e paradossale
dell’esperienza del Sé e ha elaborato una teoria del trattamento
psicanalitico fondata sull’esistenza di livelli diversi di realtà,
sul ruolo dell’illusione e sul carattere interattivo
dell’interpretazione. Ma il contributo principale proviene da H.
Rosenfeld, che ha studiato con grande acume e sensibilità le forme
più gravi e impegnative della psicopatologia e ha sottolineato la
necessità, nell’interpretazione dell’aggressività, di una
valutazione attenta della vulnerabilità e delle difese del paziente,
nonché del suo bisogno di idealizzazione come reazione al timore di
subire un rifiuto.
La psicologia del Sé, che ha avuto, grazie al lavoro degli allievi
di H. Kohut, ampia diffusione negli Stati Uniti, ha elaborato una
nuova concettualizzazione del Sé, visto da alcuni autori come
organizzatore dell’esperienza, e da altri come un sistema funzionale
che integra le informazioni cognitive e affettive, o come centro
dell’esperienza correlato a una organizzazione gerarchica di
motivazioni e valori. In questa corrente di pensiero, l’attaccamento
viene individuato come un principio motivazionale che è fonte del
mantenimento della coesione del Sé; J. Lichtenberg, in particolare,
ha riformulato il concetto di motivazione, tentando una sintesi tra
psicologia del Sé e infant research e distinguendo cinque sistemi
motivazionali: di regolazione psichica della tensione fisiologica;
di attaccamento-affiliazione; esplorativo-assertivo; avversivo;
sensuale-sessuale.
Va ricordato anche il lavoro svolto da S. Mitchell, che promuove a
oggetto dell’analisi il campo di interazione, la matrice relazionale
in cui l’individuo nasce e si sviluppa; il conflitto avviene tra
diverse configurazioni relazionali e la mente viene considerata come
tendenzialmente diadica e interattiva. Alla concezione interattiva
si contrappone invece in modo netto A. Green, che ha esplorato nelle
sue ricerche le problematiche del narcisismo (attraverso le figure
della ‘madre morta’, dell’‘angoscia bianca’ e dell’allucinazione
negativa) e, ancora, quelle della follia originaria, della
triangolazione primitiva, dei casi-limite (evidenziando il conflitto
tra angoscia di separazione e angoscia di intrusione). Per Green, la
situazione analitica, combinazione di ciò che è intrapsichico con
ciò che è intersoggettivo, va pensata nei termini di un modello di
relazioni tra oggetti esterni e oggetti interni e tra superficie e
profondità.
8. Lo psicanalista
Secondo gli statuti dell’International psychoanalytical association,
la qualifica di psicanalista spetta a chi abbia superato un lungo
addestramento individuale.
In Italia, l’accesso all’addestramento per la qualifica, dapprima
limitato ai soli laureati in medicina, è stato successivamente
esteso anche a laureati di altra formazione (filosofica,
psicologica, sociologica ecc.). L’addestramento si basa
sull’insegnamento delle teorie psicanalitiche ed è integrato
dall’analisi didattica, ritenuta in grado di sviluppare una
sufficiente capacità di auto-osservazione nel discente, e
dall’analisi di controllo, in cui il lavoro clinico compiuto
dall’allievo viene supervisionato da un analista esperto.