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Filosofo tedesco (Rammenau, Lusazia sup., 1762 - Berlino 1814).
Seguace della filosofia kantiana, e in
particolare della sua teoria morale, intese costruire l'edificio
sistematico del sapere su un principio di libertà.
Principio di tutto, per F., è l'io, che pone sé
stesso e allo stesso tempo oppone a sé stesso un non-io (la
natura), per poter affermare la sua libertà. La filosofia
di F. esercitò un grande influsso sui romantici,
perché intendeva la realtà non come qualcosa di
esterno all'uomo, ma come il prodotto della sua libera
attività spirituale. Con i suoi Reden an die deutsche
Nation (1808) contribuì al risveglio del sentimento
nazionale tedesco contro l'invasore francese.
VITA E OPERE
Di origini contadine, studiò grazie all'aiuto del barone
von Miltitz, morto il quale dovette affrontare dure
difficoltà di vita. Studiò nelle università
di Jena e di Lipsia. Fu precettore a Zurigo nel 1788, dove conobbe
Marie Johanne Rahn, nipote di Klopstock, che poi sposò.
Dopo la lettura delle opere di Kant, che lo entusiasmarono, si
recò a Königsberg nel 1791 per conoscere personalmente
il filosofo, e gli presentò il Versuch einer Kritik aller
Offenbarung che, pubblicato anonimo nel 1792, fu attribuito allo
stesso Kant.
Nel 1793 pubblicò i Beiträge zur Berichtigung der Urteile des Publicums über die französische Revolution, apologetico della Rivoluzione e di Rousseau, interpretati entrambi con criteri che già annunciano gli ulteriori svolgimenti della sua filosofia.
Dal 1794 al 1799 professore di filosofia all'università di Jena, dovette lasciare l'incarico in seguito a un'accusa di ateismo, che ebbe strascichi polemici. Agli anni di Jena appartengono le sue opere fondamentali: Ueber den Begriff der Wissenschaftslehre oder der sogenannten Philosophie (1794), Grundlage der gesammten Wissenschaftslehre (1794), Vorlesungen über die Bestimmung des Gelehrten (1794), Grundlage des Naturrechts (1796), Das System der Sittenlehre nach den Prinzipien der Wissenschaftslehre (1798).
Dopo Jena si recò a Berlino, dove ebbe contatti con il
circolo romantico. Fu poi a Königsberg e a Copenaghen.
Nell'inverno 1807-08 tenne a Berlino le famose Reden an die
deutsche Nation. Fu professore e rettore dell'università
fondata a Berlino nel 1810. Come F. stesso dice, fu la Kritik der
praktischen Vernunft di Kant a rivelargli un nuovo mondo diverso
da quello della necessità, il mondo della morale, del
dovere, della libertà.
PENSIERO
Il punto di partenza e il tema fondamentale della meditazione
fichtiana è costruire un edificio sistematico che abbia
come fondamento un principio di libertà. Il corso storico,
la vita politica, la vita individuale tendono e devono tendere
verso la realizzazione di una sempre maggiore libertà,
contro il meccanicismo, la passività, la ripetizione.
Aderire a una filosofia come la sua, dice F., non è
soltanto il risultato di una riflessione, ma è
essenzialmente una scelta, quella scelta che è lo stesso
punto di partenza della filosofia fichtiana, la quale ha
confessatamente origine in un atto di fede, la fede nell'autonomia
e nella libertà dell'uomo. Per dare un fondamento
speculativo a queste esigenze, F. si serve di un metodo, che
pretende di andare più a fondo di quello di Kant, il quale
si limitava a constatare e analizzare, mentre F. costruisce o
piuttosto descrive una genesi ideale. Il problema è
ricondurre a un principio unico di libertà ogni fenomeno,
compresi quelli che si presentano con caratteri opposti ad esso.
Questo principio di libertà è l'Io, puro atto verso la cui realizzazione noi tendiamo. Nella Grundlage (1794) F. espone la genesi ideale del mondo attraverso alcuni principi fondamentali. Il primo principio è l'io pone sé stesso, col quale principio noi pensiamo un'attività illimitata, un assoluto atto spirituale. Il secondo principio è l'io pone il non-io; anche questo principio è assoluto, inderivabile dal primo, e rende ragione della necessità di una opposizione, di una resistenza, perché l'io si realizzi. Con ciò io e non-io sono in reciproco rapporto e si limitano reciprocamente. Di qui il terzo principio, l'io oppone nell'io all'io divisibile un non-io divisibile. Abbiamo così raggiunto la coscienza empirica, la cui esperienza, sia in quel che ha di attivo, sia in quel che ha di passivo, ha la sua fonte ultima nell'io puro.
L'esperienza dell'io è duplice, teoretica e pratica. La prima è la presa di coscienza dell'io attraverso la rappresentazione dell'oggetto; dalla sensazione alla ragione si ha un progressivo intervento delle facoltà rappresentative nel processo di costituzione dell'oggetto conosciuto, ciascuna delle quali interviene perché il soggetto cerca di possedere pienamente l'oggetto, ossia di trovare in sé stesso la ragion d'essere di esso. Ma questa esigenza non può essere soddisfatta appieno, giacché, se lo fosse, verrebbe meno la stessa esperienza teoretica, la quale presuppone l'alterità dell'oggetto e quindi l'urto del soggetto nell'oggetto. Questa esigenza di possesso completo dell'oggetto è la meta ideale (destinata a rimanere tale) verso cui tende progressivamente l'attività pratica. E tale è in generale il compito dell'uomo morale; ma questo compito si attua attraverso una serie di azioni particolari, a seconda delle singole persone e delle circostanze. Ora la particolarità dei doveri non è data dall'impulso morale puro, ma dall'unione di impulso morale e impulso naturale; l'impulso naturale offre la materia dell'azione, il morale puro la forma. Con ciò F. cerca evidentemente di superare le difficoltà del formalismo kantiano; comunque la sua morale è una morale dell'autonomia spirituale.
Strettamente connessa con la dottrina morale di F. è la sua dottrina politico-giuridica. Il diritto è fondato sull'autonomia della persona e sorge dall'esigenza di garantire questa autonomia. Ma a ciò non bastano le volontà singole; occorre una volontà superiore che faccia propria l'esigenza giuridica e le dia forza. Questa volontà è lo stato, la cui autorità si basa sul consenso dei singoli, secondo lo schema contrattualistico, ripreso da Fichte. Ma lo stato fichtiano non è semplicemente giuridico; ha anche una funzione etico-pedagogica, volta a promuovere la libertà dei cittadini. Non deve, per es., limitarsi a garantire il diritto di proprietà, ma deve fare in modo che tutti ne fruiscano; lo stato pertanto interviene nella vita economica, tanto che si è parlato talora di un socialismo di stato fichtiano. L'azione dello stato è però soltanto un mezzo per l'attuazione della vita morale, sì che esso si estinguerebbe se la vita morale potesse realizzare la meta ideale cui aspira, ma alla quale, come si è osservato, essa può solo progressivamente avvicinarsi.
Si suole
parlare di una seconda fase della filosofia fichtiana, che si fa
cominciare col 1800, anno di pubblicazione di Die Bestimmung des
Menschen. In essa ritroviamo tutti gli elementi della precedente
speculazione, ma con un mutamento di accenti e di toni. L'io puro
diventa una sorta di assoluto, al di sopra dell'io finito;
beninteso è sempre l'io finito che rivela e realizza questo
assoluto, ma è l'assoluto che è il primo, e la
libertà, il sapere dei singoli gli sono subordinati. F.
indulge a motivi religiosi, come quello della grazia o
dell'aspirazione all'eterno, ripercorrendo itinerarî
neoplatonici; i vecchi motivi della sua filosofia continuano
tuttavia a vivere, ma all'interno di questo nuovo quadro.
Ciò è caratteristico del pensiero politico, i cui
temi restano i medesimi, solo che F. sovrappone ad essi una
funzione pedagogica (e autoritaria), che li promuova; il popolo,
per es., che egli aveva teorizzato sovrano, è ora incapace
di governarsi da sé e ha ancora bisogno di essere educato.
Dizionario di filosofia (2009)
La vita e le opere.
Di origini contadine, poté studiare grazie all’aiuto del barone von Miltitz, morto il quale dovette affrontare dure difficoltà di vita. Studiò nelle univ. di Jena e di Lipsia. Fu precettore a Zurigo nel 1788, dove conobbe Marie Johanne Rahn, nipote del poeta Fr.G. Klopstock, che poi sposò. Dopo la lettura delle opere di Kant, che lo entusiasmarono, si recò a Königsberg nel 1791 per conoscere personalmente il filosofo, e gli presentò il Versuch einer Kritik aller Offenbarung (trad. it. Saggio di una critica di ogni rivelazione) che, pubblicato anonimo nel 1792, fu attribuito allo stesso Kant. Nel 1793 pubblicò i Beiträge zur Berichtigung der Urteile des Publicums über die französische Revolution (trad. it. Contributo per rettificare i giudizi del pubblico sulla Rivoluzione francese), saggio apologetico della Rivoluzione e di Rousseau, interpretati entrambi con criteri che già annunciano gli ulteriori svolgimenti della sua filosofia.
Dal 1794 al 1799 professore di filosofia all’univ. di Jena, dovette lasciare l’incarico in seguito a un’accusa di ateismo, che ebbe strascichi polemici. Agli anni di Jena appartengono le sue opere fondamentali: Über den Begriff der Wissenschaftslehre oder der sogenannten Philosophie (1794; trad. it. Sul concetto della dottrina della scienza o della cosiddetta filosofia); Grundlage der gesammten Wissenschaftslehre (1794; trad. it. Fondamenti dell’intera dottrina della scienza); Vorlesungen über die Bestimmung des Gelehrten (1794; trad. it. Lezioni sulla missione del dotto); Grundlage des Naturrechts (1796; trad. it. Fondamento del diritto naturale); Das System der Sittenlehre nach den Prinzipien der Wissenschaftslehre (1798; trad. it. Il sistema della dottrina morale secondo i principi della dottrina della scienza).
Dopo Jena si recò a Berlino,
dove ebbe contatti con il circolo romantico. Fu poi a
Königsberg e quindi a Copenaghen. Nell’inverno 1807-08 tenne
a Berlino le famose Reden an die deutsche Nation (trad. it.
Discorsi alla nazione tedesca). Fu professore e rettore dell’univ.
fondata a Berlino nel 1810.
La libertà come principio del sapere.
Come F. stesso dice, fu la Critica della ragion pratica di Kant a rivelargli un nuovo mondo, diverso da quello della necessità, il mondo della morale, del dovere, della libertà. Questo è il punto di partenza e il tema fondamentale della meditazione fichtiana: costruire un edificio sistematico che abbia come fondamento un principio di libertà. Il corso storico, la vita politica, la vita individuale tendono e devono tendere verso la realizzazione di una sempre maggiore libertà, contro il meccanicismo, la passività, la ripetizione. Aderire a una filosofia come la sua, dice F., non è soltanto il risultato di una riflessione, ma è essenzialmente una scelta, quella scelta che è lo stesso punto di partenza della filosofia fichtiana, la quale ha esplicitamente origine in un atto di fede, la fede nell’autonomia e nella libertà dell’uomo.
Per dare un fondamento speculativo a queste esigenze, F. si serve di un metodo, che pretende di andare più a fondo di quello di Kant, il quale si limitava a constatare e analizzare, mentre F. costruisce o piuttosto descrive una genesi ideale. Il problema è ricondurre a un principio unico di libertà ogni fenomeno, compresi quelli che si presentano con caratteri opposti a esso. Questo principio di libertà è l’Io, puro atto verso la cui realizzazione noi tendiamo. Nella Grundlage (1794) F. espone la genesi ideale del mondo attraverso alcuni principi fondamentali. Il primo principio è l’io pone sé stesso, col quale principio noi pensiamo un’attività illimitata, un assoluto atto spirituale. Il secondo principio è l’io pone il non-io; anche questo principio è assoluto, inderivabile dal primo, e rende ragione della necessità di una opposizione, di una resistenza, perché l’io si realizzi. Con ciò io e non-io sono in reciproco rapporto e si limitano reciprocamente.
Di qui il terzo principio, l’io oppone nell’io all’io divisibile un non-io divisibile. Abbiamo così raggiunto la coscienza empirica, la cui esperienza, sia in quel che ha di attivo, sia in quel che ha di passivo, ha la sua fonte ultima nell’io puro. L’esperienza dell’io è duplice, teoretica e pratica. La prima è la presa di coscienza dell’io attraverso la rappresentazione dell’oggetto; dalla sensazione alla ragione si ha un progressivo intervento delle facoltà rappresentative nel processo di costituzione dell’oggetto conosciuto, ciascuna delle quali interviene perché il soggetto cerca di possedere pienamente l’oggetto, ossia di trovare in sé stesso la ragion d’essere di esso. Ma questa esigenza non può essere soddisfatta appieno, giacché, se lo fosse, verrebbe meno la stessa esperienza teoretica, la quale presuppone l’alterità dell’oggetto e quindi l’urto del soggetto nell’oggetto.
Questa
esigenza di possesso completo dell’oggetto è la meta ideale
(destinata a rimanere tale) verso cui tende progressivamente
l’attività pratica. E tale è in generale il compito
dell’uomo morale; ma questo compito si attua attraverso una serie
di azioni particolari, a seconda delle singole persone e delle
circostanze. Ora la particolarità dei doveri non è
data dall’impulso morale puro, ma dall’unione di impulso morale e
impulso naturale; l’impulso naturale offre la materia dell’azione,
il morale puro la forma. Con ciò F. cerca evidentemente di
superare le difficoltà del formalismo kantiano; comunque la
sua morale è una morale dell’autonomia spirituale.
La dottrina politico-giuridica.
Strettamente connessa con la
dottrina morale di F. è la sua dottrina politico-giuridica.
Il diritto è fondato sull’autonomia della persona e sorge
dall’esigenza di garantire questa autonomia. Ma a ciò non
bastano le volontà singole; occorre una volontà
superiore che faccia propria l’esigenza giuridica e le dia forza.
Questa volontà è lo Stato, la cui autorità si
basa sul consenso dei singoli, secondo lo schema
contrattualistico, ripreso da Fichte. Ma lo Stato fichtiano non
è semplicemente giuridico; ha anche una funzione
etico-pedagogica, volta a promuovere la libertà dei
cittadini. Non deve, per es., limitarsi a garantire il diritto di
proprietà, ma deve fare in modo che tutti ne fruiscano; lo
Stato pertanto interviene nella vita economica, tanto che si
è parlato talora di un socialismo di Stato fichtiano.
L’azione dello Stato è però soltanto un mezzo per
l’attuazione della vita morale, cosicché esso si
estinguerebbe se la vita morale potesse realizzare la meta ideale
cui aspira, ma alla quale, come si è osservato, essa
può solo progressivamente avvicinarsi.
La seconda fase della filosofia fichtiana.
Con il 1800, anno di
pubblicazione di Die Bestimmung des Menschen (trad. it. La
missione dell’uomo) si fa iniziare una nuova fase della
speculazione di Fichte. In essa ritroviamo tutti gli elementi
della precedente, ma con un mutamento di accenti e di toni. L’io
puro diventa una sorta di assoluto, al di sopra dell’io finito;
certamente è pur sempre l’io finito che rivela e realizza
questo assoluto, ma è l’assoluto che è il primo, e
la libertà, il sapere dei singoli gli sono subordinati. F.
indulge a motivi religiosi, come quello della grazia o
dell’aspirazione all’eterno, ripercorrendo itinerari neoplatonici;
i vecchi motivi della sua filosofia continuano tuttavia a vivere,
ma all’interno di questo nuovo quadro. Ciò è
caratteristico del pensiero politico, i cui temi restano i
medesimi, solo che F. sovrappone a essi una funzione pedagogica (e
autoritaria), che li promuova; il popolo, per es., che egli aveva
teorizzato sovrano, è ora incapace di governarsi da
sé e ha ancora bisogno di essere educato.