Eudemonismo
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Dottrina che considera naturale per l’uomo la felicità (gr.
εὐδαιμονία) e assegna alla vita umana il compito di raggiungerla; va
distinta dall’edonismo , che pone tale compito nel conseguimento del
piacere immediato. Eudemonistica è la dottrina socratica del
‘bene-attraente’ e dell’identità di virtù e
felicità, ed è anche l’ideale di Aristotele, per il
quale la felicità è perfezione individuale, come
attuazione delle proprie capacità, il cui culmine si
raggiunge nell’esercizio dell’attività razionale;
eudemonistica è pure la dottrina di Epicuro, e nell’e. si
può far rientrare anche la morale cristiana quando pone la
beatitudine quale premio della virtù. Il Rinascimento e poi
l’Illuminismo e l’utilitarismo rinnovarono il tentativo di dedurre
dal naturale desiderio dell’uomo per la felicità il
fondamento della norma morale. All’e. si oppose I. Kant, che lo
svalutò come morale eteronoma; proprio all’esclusione di ogni
movente, non solo edonistico ma anche eudemonistico, dall’azione
morale (che è tale se compiuta solo per dovere), è
fatto risalire il ‘rigorismo’ rimproverato all’etica kantiana.
Dizionario di Filosofia (2009)
Dal gr. εὐδαιμονισμός, da εὐδαιμονία
«felicità», der. di εὐδαίμων
«felice», comp. di εὖ «bene» e δαίμων
«demone; sorte». Dottrina che considera naturale
dell’uomo la felicità e assegna alla vita umana il compito di
raggiungerla; va distinta dall’edonismo, che pone tale compito nel
conseguimento del piacere immediato. Eudemonistica in grado eminente
è la dottrina socratica del ‘bene-attraente’ e
dell’identità di virtù e felicità, ed è
anche l’ideale di Aristotele, per il quale la felicità
è perfezione individuale, come attuazione delle proprie
capacità, il cui culmine si raggiunge nell’esercizio
dell’attività razionale; eudemonistica è anche la
dottrina di Epicuro, e nell’e. si può far rientrare anche la
morale cristiana quando pone la beatitudine quale premio della
virtù. Il Rinascimento e poi l’Illuminismo e l’utilitarismo
ripeterono varie volte il tentativo di dedurre dal naturale
desiderio che l’uomo ha della felicità il fondamento della
norma morale. Il massimo oppugnatore dell’e. è Kant, che lo
svaluta come morale eteronoma; e sta proprio in questa esclusione di
ogni movente, non solo edonistico ma anche eudemonistico,
dall’azione morale (che è tale se compiuta solo per dovere),
il rigorismo rimproverato all’etica kantiana.