Erasmo da Rotterdam
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Umanista (Rotterdam 1466 o 1469 - Basilea 1536); tradusse il nome
Geert Geertsz nell'altro umanistico, con cui è universalmente noto,
di Desiderius Erasmus. Orfano di padre e di madre, entrò a 12 anni
nel convento agostiniano di Emmaus (o Steyn), nei Paesi Bassi, e in
5 anni vi acquistò una precoce erudizione classica e i primi
rudimenti critici, nell'attenta lettura delle opere di L. Valla. Nel
1492 fu ordinato sacerdote da Enrico di Bergen, vescovo di Cambrai,
del quale divenne subito dopo segretario, pur mantenendo l'abito
religioso (che fu autorizzato ad abbandonare soltanto nel 1517).
Cominciò allora la sua vita di viaggi: prima in Francia (1494-99:
Parigi e Orléans), poi in Inghilterra (1499-1500), dove conobbe John
Colet e Tommaso Moro; dal 1502 è a Lovanio, quindi (1505) in
Inghilterra di nuovo. Nel 1506 viene in Italia, e vi rimane tre
anni. La laurea in teologia a Torino, grandi onori a Bologna e a
Roma, l'amicizia con G. Aleandro, C. Calcagnini, Egidio da Viterbo,
S. Forteguerri, B. Rucellai e molti altri, insieme al lavoro
umanistico, lo studio del greco con G. Lascaris e M. Musuro,
l'attività editoriale a Venezia presso gli Aldi, fan sì che quando
nel 1509 E. lascia l'Italia la sua fama è grandissima: vi era giunto
autore degli Antibarbari, degli Adagia (1500), dell'Enchiridion
militis christiani (1504), i primi frutti dell'umanesimo
erasmiano.
Ideale discepolo di Valla, E. ne attenuava lo slancio
razionalistico, dando invece rilievo all'esercizio
storico-filologico, all'interesse linguistico, alle innovatrici
preoccupazioni etiche - un motivo quest'ultimo sul quale si innestò
agevolmente l'influsso etico-teologico del Colet. Pertanto la dura
polemica degli Antibarbari contro la teologia "barbarica" del
Medioevo scolastico s'appoggia per un lato sull'erudita raccolta
degli Adagia che s'accrescerà significativamente negli anni e nelle
edizioni successive; per l'altro lato si sviluppa positivamente
nell'Enchiridion come aspirazione programmatica all'alleanza
umanistica fra eruditio e pietas, suggerita dall'esperienza
criticamente vissuta dell'ideale classico. Nella maturazione di
questo processo psicologico e culturale aveva avuto decisiva
importanza il viaggio in Italia; come è dimostrato dal fatto che,
tornandone, E. scrisse l'opera sua meritatamente più celebre, l'Elogio
della pazzia (᾿Εγκώμιον μωρίας seu laus stultitiae, 1509),
satira sferzante della presunzione teologica e scolastica, della
scandalosa immoralità del clero, dell'indegnità della Curia, sempre
in nome di quella nuova visione umanistico-religiosa che in lui
riassume l'avversione umanistica per la sottigliezza scolastica,
l'impulso etico-pratico della devotio moderna e la religione
platonica del circolo ficiniano.
L'Elogio fu scritto in Inghilterra, dove E. insegnò teologia a
Cambridge; nel 1514 però, per sollecitazione dell'editore J. Froben,
egli si ristabilì a Basilea impegnandosi per lunghi anni in un
difficile lavoro filologico. I tratti del suo metodo critico si
possono ritrovare in alcune opere di questi anni: De copia
verborum et rerum (1512), De ratione studii (1512), Institutio
principis christiani (1515); ma più nelle famosissime edizioni
del Nuovo Testamento (1516) - cui s'accompagnano (1521) le Adnotationes
e le Paraphrases (1517-24) - e dei Padri della Chiesa da
Girolamo (1516-20) a Cipriano (1520), a Ilario (1522), ad Ambrogio
(1527). Seguiranno, tra gli altri, fino agli anni più tardi: Ireneo
(1528), Agostino (1531) e Basilio (1532).
Tra le opere più strettamente umanistiche è da ricordare il dialogo
De recta latini graecique sermonis pronuntiatione, pubblicato
nel 1528 insieme col dialogo Ciceronianus, importante
scritto in cui è denunciata la povertà, stilistica e spirituale, del
ciceronianismo.
La rivolta luterana lo colse nella quiete operosa della città
svizzera: l'umanista nostalgico delle origini, l'editore del Nuovo
Testamento, l'avversario della scolastica aveva guardato con favore
l'inizio della polemica luterana (a favore di Lutero egli intervenne
presso Leone X), ma non si sentì in seguito di avallare l'aspro
paolinismo del riformatore che riesasperava il dualismo tra uomo
esteriore e uomo interiore che l'Umanesimo aveva condannato nel
pensiero medievale.
Gli anni dal 1519 al 1522 furono anni tragici per E. e l'Umanesimo
europeo: sotto l'impulso della Riforma denunciante le antitesi che
l'Umanesimo tentava di conciliare, il cristianesimo protestante e il
cristianesimo cattolico costringevano a una scelta decisiva.
L'esitazione di Erasmo, la sua insistenza nel compromesso, la divisa
simpatia per certi aspetti dell'una e dell'altra parte, sono meno un
fatto di psicologia individuale che, ancora una volta, il segno
d'una crisi culturale in lui simboleggiata.
Se nel 1522 uscivano i Colloquia familiaria, in cui la
polemica antimedievale e antimonastica trovava l'espressione
artisticamente più felice, alla Expostulatio cum Erasmo (1523) di U.
von Hutten rispose (Spongia adversus aspergines Hutteni) con
insolita asprezza; poi col De libero arbitrio (1524) mosse
ad attaccare Lutero; alla risposta di questo (De servo arbitrio,
1524) oppose un violento Hyperaspistes (1525); la polemica
continuerà a colpi alterni.
E. era cattolico: ma non fu, la sua, una scelta teologica, quanto il
ripudio d'una rivolta che nel suo carattere estremo minacciava di
travolgere i valori universali di concordia, di civiltà, di
humanitas.
Morto il Froben (1527), E. era tornato nei Paesi Bassi; per il
Belgio, tornò a Basilea, ma la Riforma lo costrinse (1529) a passare
a Friburgo. Due anni dopo però era di nuovo a Basilea; e qui scrisse
(1533) il De sarcienda Ecclesiae concordia, dando piena la
misura non solo del suo distacco dalla violenza separatistica dei
protestanti ma pur della sua fiducia e speranza in una riforma
lenta, graduale, ragionevole e, soprattutto, pacifica; l'idea di
tolleranza si poneva come coronamento all'ideale umanistico di
Erasmo.
Le lettere sono state raccolte in 12 voll. (Oxford 1906-1958). Nel
1969 è stata iniziata ad Amsterdam la pubblicazione dell'Opera
omnia.