Edonismo
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Dottrina filosofica che pone come fine dell’azione umana il piacere.
È rappresentata soprattutto dalle dottrine di Aristippo di Cirene e
di Epicuro, peraltro tra loro divergenti nella determinazione del
concetto di piacere, consistente, per il primo, in una condizione
positiva di godimento e, per il secondo, in una condizione negativa,
di assenza del dolore. Variamente criticato nell’arco della storia
della filosofia, e in particolare da I. Kant, l’e. è stato
rivalutato da alcuni autori contemporanei, come H. Marcuse, sulla
base di teorie psicologiche per la funzione positiva del piacere
sullo sviluppo armonico della personalità.
Dizionario di Filosofia (2009)
Dottrina morale che pone come fine dell’azione umana il piacere.
Nella storia della filosofia è rappresentata soprattutto dalle
dottrine di Aristippo di Cirene e di Epicuro. In generale, l’e. si
contrappone a ogni teoria che veda nella volontà morale la tendenza
a un fine (virtù, obbedienza disinteressata a una legge) nettamente
distinto, o addirittura contrapposto (come nella più tipica
negazione dell’e., e cioè nel rigorismo kantiano), a quello della
propria soddisfazione, intesa in senso sia strettamente egoistico,
sia collettivo.
Più specificamente, l’e. si distingue dall’eudemonismo e
dall’utilitarismo , in quanto, mentre l’eudemonismo pone come
termine dell’azione una generica felicità, che può essere anche
astensione dal godimento del piacere immediato, e l’utilitarismo
pone il raggiungimento dell’utile (concetto assai più complesso di
quello dell’immediato piacere e quindi anch’esso implicante la
possibilità di una negazione del principio della pura soddisfazione
attuale in funzione del calcolo dei piaceri futuri), l’e.
propriamente detto considera l’azione nella sua attualità, e non sa
giustificarla in altro modo se non in base alla percezione di un
immediato valore positivo, nel senso più elementare.
Schiettamente edonistica era la dottrina di Aristippo, fondatore
della scuola dei cirenaici, per il quale l’azione si spiegava solo
in funzione dell’attiva ed effettiva sensazione di piacere (ἡδονὴ ἐν
κινήσει, voluptas in motu) che si generava momento per momento.
Anche per Epicuro «il piacere è il principio e il fine della vita
beata» (Diogene Laerzio, X, 128), ma divergente è la sua
determinazione del concetto di piacere, che non consiste, come per
Aristippo, in una condizione positiva di godimento (come la gioia o
l’allegria), bensì in una condizione negativa, di assenza del dolore
(piacere catastematico), collegata all’atarassia.
Criticato lungo tutto l’arco della storia della filosofia, e in
particolare da Kant, l’e. è stato rivalutato da alcuni autori
contemporanei (P. Gorsen, J.C.B. Gosling, H. Marcuse) sulla base di
teorie psicologiche che sottolineano la funzione positiva del
piacere sullo sviluppo armonico della personalità.