Determinismo
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Nel linguaggio filosofico e scientifico, concezione secondo la quale
gli accadimenti della realtà metafisica, fisica o morale sono
reciprocamente connessi in modo necessario e invariabile. In
particolare il d. riguarda il rapporto di necessità tra causa ed
effetto, tra legge naturale e fenomeno, per cui, data una causa o
una legge, non può che prodursi in modo necessario e univoco
quell’effetto o quel fenomeno specifico. In base a ciò l’Universo
non presenta alcun evento contingente sotto forma di variazione
spontanea o casuale, né persegue alcuna libera finalità. In tal
senso il d. è spesso associato a visioni meccanicistiche e
materialistiche. Forme di d. sono anche le concezioni fatalistiche
delle religioni e delle cosmologie antiche, dell’astrologia, o
quelle teologiche in cui il rapporto tra Dio e il mondo è
considerato come predeterminato ab aeterno, o quelle morali in cui
le volizioni del singolo sono un prodotto delle condizioni di
esistenza e non di libera scelta.
Lo sviluppo scientifico dal Cinquecento a tutto l’Ottocento,
caratterizzato dal sorgere di concezioni astronomiche e fisiche
prevalentemente meccanicistiche, ha favorito l’affermarsi di
concezioni deterministiche, pur in una notevole varietà di
interpretazioni e limitazioni. Il d. nella sua forma moderna fu
affermato con particolare vigore dal positivismo e dal materialismo
dell’Ottocento. Non c’è accadimento del presente che non sia
totalmente determinato da accadimenti del passato, e non c’è
accadimento del futuro che non sia totalmente determinato dagli
accadimenti del presente: se si conoscesse nell’assoluta totalità
delle sue condizioni e delle sue leggi lo stato attuale della
realtà, sarebbe possibile calcolare e prevedere con assoluta
certezza qualsiasi evento futuro.
Particolare influenza ebbero queste concezioni sul pensiero storico,
antropologico e psicologico. Per il le leggi di sviluppo non
differiscono se non per il campo di applicazione da quelle
scientifiche, in quanto ogni evento si manifesta come prodotto
necessario di una serie o gruppo di eventi che valgono come cause o
condizioni del suo determinarsi. Spesso tali cause o condizioni
furono individuate nelle caratteristiche biologiche, ambientali,
razziali o psicologiche, studiate dall’antropologia e dalla
psicologia positivista tardo-ottocentesca. In fisica, concezioni
rigorosamente deterministiche furono messe in crisi a partire
dall’inizio del Novecento, in particolare con l’introduzione di
leggi intrinsecamente statistiche in termodinamica e in meccanica
quantistica.
In geografia, il paradigma deterministico si afferma nella seconda
metà del 19° sec. per influenza del positivismo, ma se ne hanno
segni precursori in opere di filosofi e geografi greci e di
pensatori di età moderna: secondo il d. geografico , o ambientale,
il rapporto fra ambiente naturale e società umana sarebbe regolato
da vincoli di causalità unidirezionale dal primo al secondo
elemento; e perciò il comportamento territoriale delle comunità
risulterebbe ‘determinato’ dalle condizioni fisiche (in particolare
climatiche).
Dizionario di Filosofia (2009)
Concezione della realtà secondo la quale tutti i fenomeni del mondo
sono collegati l’un l’altro e si verificano secondo un ordine
necessario e invariabile (il che esclude la presenza del libero
arbitrio). Nella nostra tradizione filosofica, la nozione di d. che
resta più tipica rimanda a quella di causalità. Il d. riguarda
infatti il rapporto tra causa ed effetto, tra legge naturale
universale e singolo fenomeno specifico. Secondo questo rapporto, in
natura, data una causa o una legge, può verificarsi soltanto un
certo effetto o un particolare fenomeno, e non altro. Non c’è quindi
spazio, nell’Universo, per una variazione spontanea, né per il
perseguimento di finalità liberamente scelte.
Il determinismo nel pensiero antico. Il termine è stato introdotto
nel linguaggio filosofico nella seconda metà del Settecento, ma il
concetto ha origine nella filosofia antica. In particolare,
l’affermazione di un ordine necessario di tutte le cose si connette
originariamente con un fatalismo astrologico di origine babilonese,
di cui forse si può scorgere l’influsso nella teoria dell’anno
cosmico; ma soltanto nell’atomismo di Leucippo e di Democrito si
formula con precisione un d. rigidamente meccanicistico. Lo
stoicismo propugna un d. che identifica la causa finale e
l’efficiente, perché ritiene che tutte le cose e tutti gli
accadimenti siano sottoposti a una legge causale universale, che è
l’anima cosmica, l’intelletto o la ragione dell’Universo, la
provvidenza divina che rivolge ogni cosa verso il meglio.
L’epicureismo, riprendendo le concezioni dell’atomismo democriteo,
respinge l’inflessibile d. di questo e ammette un clinamen casuale
per cui gli atomi si scostano dalla linea verticale di caduta. Lo
scetticismo critica vigorosamente la necessità causale e ogni forma
di determinismo. Infine, il neoplatonismo (che afferma la
derivazione necessaria di tutti gli esseri dall’Uno) si avvicina
allo stoicismo e ritiene le cose governate da una necessità che è
insieme una provvidenza.
Le nuove credenze religiose (cristianesimo e islam) portano a
spogliare il d. naturale dei suoi caratteri di continuità e
necessità incondizionate, in quanto lo sottopongono all’azione di
cause soprannaturali, e soprattutto della volontà di Dio, che può
intervenire con atti particolari nel corso degli eventi.
Nel Rinascimento predomina la tendenza a negare ogni intervento di
forze soprannaturali nel corso della natura che è ritenuta una
totalità chiusa in sé e governata dalla propria legge. Ma questa
convinzione (che si esprime anche nella magia e nell’astrologia, in
quanto cercano di ridurre fatti apparentemente miracolosi a cause
naturali) assume aspetti diversi: Pomponazzi, che inclina verso il
d. stoico, vede nelle stelle gli strumenti di cui si serve l’azione
divina per dirigere tutte le cose; le correnti della filosofia della
natura che maggiormente dipendono dal neoplatonismo (per es., Bruno)
affermano che tutte le cose sottostanno a una necessità che è
insieme una legge teleologica razionale.
Il determinismo dopo la rivoluzione scientifica. La svolta
fondamentale avviene con la rivoluzione scientifica galileiana, che
portò all’estromissione delle cause finali dalla natura nell’ambito
di un modello meccanicistico ( meccanicismo) di spiegazione dei
fenomeni (Bacone, Hobbes, Descartes). Per Spinoza, che identifica
completamente i principi di dipendenza logica e di causalità, il
ferreo d. meccanico che governa la successione infinita delle cause
e degli effetti degli esseri finiti è l’espressione di quella
necessità razionale per cui da Dio (la sostanza o la natura
naturans) derivano tutte le cose. In Leibniz invece il d. meccanico
che domina nel mondo fisico è subordinato alle cause finali, perché
da una parte le leggi naturali servono al conseguimento della
maggiore perfezione dell’Universo, dall’altra tale d. si applica
soltanto alla sfera dei fenomeni, mentre la vera realtà è costituita
di monadi, cioè di esseri spirituali che operano finalisticamente.
Nel corso del 18° sec. il d. si affermò potentemente in campo
scientifico e ai primi dell’Ottocento trovò un vigoroso assertore in
Laplace ( oltre La discussione in campo scientifico); mentre nel
campo della filosofia non ottenne gli stessi successi: Hume nega la
razionalità e l’oggettività del principio di causa, riduce il
rapporto causale a una successione costante di fenomeni e deriva la
credenza nella sua necessità da processi soggettivi di associazione
e di abitudine. Per difendere dalle sue critiche scettiche la
scienza newtoniana della natura, Kant intende la causalità come una
categoria, cioè come una delle leggi che dirigono l’attività
sintetica dell’intelletto, che, ordinando il molteplice sensibile,
costituisce l’esperienza, intesa come la conoscenza di un mondo
connesso di oggetti. Perciò la totalità dei fenomeni è sottoposta
necessariamente al d. causale. Il d. meccanicistico fu invece
fortemente sostenuto dalle filosofie anti-idealistiche di Herbart e
di Schopenhauer, dal positivismo di Comte, dall’evoluzionismo di
Spencer, dal materialismo affermatosi dopo la prima metà
dell’Ottocento e inoltre dal monismo di Haeckel.
La discussione in campo scientifico. L’interpretazione matematica
dei fenomeni della natura di Newton e dei suoi successori rafforzò
per tutto il 18° sec. la fiducia nella validità del d.
meccanicistico come modello di spiegazione dei fenomeni naturali.
Così Laplace, sostiene che, se in un momento dato fossero conosciute
tutte le forze che agiscono nel- la natura e la posizione di tutti i
corpi, sarebbe in teoria possibile prevedere tutti gli stati
successivi dell’Universo. La formulazione del d. in un quadro
meccanicistico data da Laplace è considerata classica: «noi dobbiamo
riguardare il presente stato dell’Universo come l’effetto del suo
stato precedente e come la causa di quello che seguirà. Ammesso per
un istante che una mente possa tener conto di tutte le forze che
animano la natura, assieme alla rispetti- va situazione degli esseri
che la compongono, se tale mente fosse sufficientemente vasta da
poter sottoporre questi dati ad analisi, essa abbraccerebbe nella
stessa formula i moti dei corpi più grandi dell’Universo assieme a
quelli degli atomi più leggeri. Per essa niente sarebbe incerto e il
futuro, così come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi» (Essai
philosophique sur les probabilités, 1814).
Al d. meccanicistico diedero nuova forza le ricerche naturalistiche
del 19° sec. e in partic. la diffusione delle teorie
evoluzionistiche che hanno portato al- la convinzione che anche i
fenomeni della vita si potessero spiegare per mezzo di cause
meccani- che necessarie.
Importanti, da un punto di vista strettamente logico, furono le
critiche rivolte da Peirce alle tesi deterministiche, anticipando la
critica del concetto di causalità avanzata dal neopositivismo
novecentesco; rilevanti furono anche le critiche di stampo
filosofico e gnoseologico provenienti sia da movimenti di impronta
spiritualista, sia dal neopositivismo, all’interno di un
ripensamento generale dell’indagine scientifica.
Inoltre, il punto di vista deterministico è stato messo in crisi
dalla scienza del 20° sec., che, con il superamento della meccanica
classica, ha abbandonato il modello meccanicistico. In particolare
la fisica quantistica sostiene che non è possibile realizzare le
condizioni iniziali dell’ipotesi deterministica, cioè che, dato un
certo sistema in un particolare momento, sia possibile definire le
posizioni di tutti i punti che lo compongono. La meccanica
quantistica assegna un ruolo cruciale all’osservatore poiché gli
attribuisce la capacità di influenzare ciò che osserva.
Un fondamentale contributo della fisica del Novecento è il
«principio di indeterminazione» enunciato nel 1927 da Heisenberg,
che stabilisce l’esistenza di un’ineliminabile indeterminazione
nella misura simultanea della posizione e della velocità di una
qualsiasi particella. Quanto più precisamente la posizione di una
particella è determinata, tanto meno precisamente si può conoscere
la velocità, e viceversa. Poiché ogni misurazione fisica provoca
modificazioni nel sistema da misurare, il fisico nella sua analisi
non può prescindere dai cambiamenti prodotti dai sistemi di
misurazione sugli oggetti osservati e a causa dell’interferenza
prodotta dalla propria osservazione è costretto a ricorrere a
previsioni probabili e calcoli statistici sul valore delle
variabili. In tal modo viene a cadere il presupposto del d.
classico, cioè che si possa partire da una natura intesa come
sistema assoluto e chiuso in sé.
Per Heisenberg l’indeterminismo non è un fenomeno speciale della
realtà fisica, ma si configura come una legge universale e
fondamentale della natura. Come egli scrive, con il principio
d’indeterminazione e con la meccanica quantistica «viene stabilita
definitivamente la non-validità della legge di causalità». Perché
«nella formulazione netta della legge di causalità «se conosciamo
esattamente il presente, possiamo calcolare il futuro» è falsa non
la conclusione, ma la premessa. Noi non possiamo in linea di
principio conoscere il presente in ogni elemento determinante» (W.
Heisenberg, Über den anschaulichen Inhalt der quantentheoretischen
Kinematik und Mechanik, in Zeitschrift für Physik, 1927, 43). Sulle
ripercussioni filosofiche del principio di indeterminazione sulle
capacità conoscitive della scienza e della fisica in partic. è stato
imbastito un enorme dibattito, al quale hanno partecipato eminenti
fisici come N. Bohr, A. Einstein e E. Schrödinger, nonché
epistemologi come Reichenbach e Popper.