Orientamento di pensiero che riconosce l’esistenza di un Dio come
prima causa, creatore e ordinatore del mondo: tale credenza (che,
stabilita dalla ragione naturale, costituisce insieme
all’immortalità dell’anima il nucleo della religione naturale),
pur non essendo, per molti aspetti, in contrasto con posizioni
teologiche delle Chiese cristiane, storicamente assume – lungo il
sec. 17° e soprattutto nel 18° – un significato polemico contro le
religioni storiche, le Chiese, contro l’idea di rivelazione o di
mistero, in nome della ragione e della libertà di coscienza.
Il termine deriva dal latino deus, come teismo dal
greco ϑεός. I due termini, d. e teismo (il primo appare già nel
16° sec., forse usato per la prima volta dal calvinista M. Viret;
il secondo fu messo in voga da Cudworth) furono sentiti come
equivalenti ancora nell’Ottocento; ma va ricordata la definizione
di Kant che ha precisato il significato ormai più comune: «Colui
che ammette solo una teologia trascendentale vien detto deista,
e teista invece colui che ammette anche una teologia
naturale. Il primo concede che noi possiamo conoscere, con la
nostra pura ragione, l’esistenza di un essere originario, ma
ritiene che il concetto che ne abbiamo sia puramente
trascendentale: che sia cioè soltanto di un essere, la cui realtà
è totale, ma non ulteriormente determinabile. Il secondo sostiene
che la ragione è in grado di determinare ulteriormente tale suo
oggetto in base all’analogia con la natura: e cioè di determinarlo
come un essere, che in forza di intelletto e di libertà contiene
in sé il principio originario di tutte le altre cose».
Storicamente il d. si matura nel Sei e Settecento, in relazione
al nascere di una ragione critica e storica, alla crisi della
coscienza religiosa tradizionale fortemente scossa dalle polemiche
tra cattolici e riformati, alla scoperta di religioni antichissime
e diverse dalla cristiana: in nome della ragione il d. combatte il
dogmatismo delle religioni positive e cerca di definire, al di là
delle differenze delle Chiese, un nucleo primordiale e «naturale»
(perché conforme a ragione) della religione, in cui tutti gli
uomini possano concordare, mentre considera le dottrine
caratterizzanti le religioni storiche come aggiunte che spesso
tradiscono quel nucleo essenziale («religione naturale»).
Il d. diviene quindi promotore di ideali di tolleranza religiosa e di una critica assidua del soprannaturale, del miracoloso, dell’autoritario, di tutti quegli elementi insomma che sembrano sempre più annullare, introducendo spirito settario, l’universalità della religione naturale. Tra i massimi rappresentanti del d., che ha le sue origini in Inghilterra, sono M. Tindal, Toland, Collins, Locke, Hume; in Germania, H.S. Reimarus, Mendelssohn, Lessing; in Francia le dottrine proposte dal d. confluirono nell’Illuminismo e nell’opera quindi di Voltaire, Rousseau e Diderot.