Credenza
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Dizionario di Filosofia (2009)
Atteggiamento del soggetto che riconosce per vera una
proposizione: si distingue sia dal dubbio, che sospende il giudizio,
sia dalla certezza, che fa riferimento alla validità oggettiva di
una nozione. Nella filosofia antica la nozione di c. è legata alla
conoscenza sensibile e rientra pertanto nell’ambito dell’opinione,
cui si contrappone la scienza, che è conoscenza delle verità eterne.
La c. come stato mentale è stata ampiamente tematizzata dalla
filosofia moderna. Nella distinzione posta da Locke tra conoscenza
certa e conoscenza probabile, la c. è il grado più alto dell’assenso
che si può ottenere nell’ambito della probabilità sulla base delle
prove disponibili. L’analisi della c. assume un ruolo centrale nella
filosofia di Hume, per il quale credere equivale a un modo di
sentire della mente con una particolare forza e vivacità che non
possiedono invece le finzioni dell’immaginazione, ed è proprio
questa vivacità che fa sì che ogni ragionamento di probabilità si
riduca in ultima istanza a una specie di sensazione.
La linea analitica inaugurata da Locke fu poi ripresa nel System of
logic di J.S. Mill, dove sono discussi i metodi e la natura delle
prove che permettono di giungere a proposizioni tali «da poter
essere credute»: sono gli stessi metodi che guidano anche la ricerca
delle ragioni della «non credenza», con cui Mill intende lo stato
della mente in cui siamo fermamente persuasi che una certa opinione
non è vera.
Il tema della c. razionale sarà ripreso dalla filosofia analitica,
che ne individuerà i requisiti essenziali nella coerenza logica e
nella sua fondatezza empirica o teorica. Accanto alle
interpretazioni gnoseologiche della c., un’altra linea di ricerca ha
teso a evidenziarne piuttosto il carattere pratico.
Presente già nelle opere di A. Bain, l’analisi della c. in termini
di comportamento è stato ampiamente e variamente sviluppata
nell’ambito del pragmatismo, a opera soprattutto di Ch.S. Peirce,
per cui la c. è impegnativa per le abitudini di azione che produce,
e di W. James, che ha parlato di una «volontà di credere».