Bergson, Henri-Louis
Dizionario di filosofia (2009)
Filosofo francese (Parigi 1859 - ivi 1941).
Vita e formazione.
Uscito dall’École Normale nel 1881, con una formazione
essenzialmente positivistica, divenne nello stesso anno agrégé de
philosophie. Nel 1889, con la tesi Essai sur les données
immédiates de la conscience (trad. it. Saggio sui dati
immediati della coscienza) e la dissertazione Quid Aristoteles
de loco senserit, conseguì il dottorato nella Sorbona. Nel
1900 iniziò a insegnare al Collège de France e dal ’10 al ’24 occupò
la cattedra di filosofia moderna, tenendo corsi frequentatissimi
sulla libertà, l’idea di tempo, Plotino, Berkeley, Spencer, ecc. La
Sorbona gli chiuse invece le porte, per l’ostilità degli ambienti
accademici più tradizionali. Membro dell’Académie Française, nel
1928 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Nel primo
dopoguerra, rappresentò la Francia nell’assemblea della Società
delle Nazioni, nella sezione per la cooperazione intellettuale.
Condusse una vita appartata e dedita allo studio. Nel suo testamento
lasciò scritto che, benché l’evoluzione del suo pensiero lo avesse
portato al cattolicesimo, egli, ebreo, non aveva voluto battezzarsi
per non abbandonare i suoi correligionari, perseguitati dai regimi
totalitari dei quali fu tenace oppositore.
Il tempo come durata.
Tre opere, l’Essai, già citato, Matière et mémoire
(1896; trad. it. Materia e memoria. Saggio sulla relazione tra il
corpo e lo spirito), L’évolution créatrice (1907; trad. it.
L’evoluzione creatrice), segnano lo sviluppo della filosofia di
Bergson. Nella prima è definito il concetto, centrale nel pensiero
del filosofo, del tempo vissuto, o durata, attraverso una verifica
interna. Se noi astraiamo dallo spazio, dai concetti dell’intelletto
e dal linguaggio, strumento di rapporti di ordine sociale,
immergendoci nel più profondo di noi stessi, veniamo a contatto
immediato con una realtà che è assolutamente qualitativa, mobile e
indivisa. Essa è costituita da stati di coscienza che si fondono in
maniera da produrre una continuità vivente, un amalgama in continua
evoluzione, un flusso sempre nuovo e originale, ma la cui
eterogeneità è tale che ogni suo momento, ricco com’è del passato e
già contenente il futuro, rispecchia a suo modo il tutto. Questa è
la durata, che non è riconducibile alle categorie dell’unità e della
molteplicità, e quindi nemmeno allo spazio, al numero, alla misura.
Lo spazio è omogeneità quantitativa, la durata eterogeneità
qualitativa; il primo può essere scomposto e ricomposto secondo
leggi, l’altra ha un ritmo proprio, semplice, individuale e
imprevedibile.
A partire da questa realtà, che costituisce la vera spiritualità
dell’uomo, B. sviluppa una critica del tempo fisico-matematico.
Questo comprende soltanto una serie di simultaneità o una
successione di istanti perfettamente uguali e del tutto staccati
l’uno dall’altro, e si lascia sfuggire la specificità della durata,
che è invece flusso. La fisica proietta all’esterno questo movimento
interiore e lo ‘spazializza’, rappresentandolo, per es. secondo lo
schema dei quadranti dell’orologio che dividono il fluire del tempo
in momenti successivi staccati tra loro. Ma questa è solo
un’astrazione. La scienza fisico-matematica nasce da esigenze di
carattere economico, per ordinare e classificare gli oggetti
dell’esperienza interna o esterna. È invece la memoria a
caratterizzare la vita della coscienza, raccogliendo il passato e
custodendolo nella profondità della psiche.
L’evoluzionismo di Bergson.
Nell’Évolution créatrice, B. riprende il motivo della durata, e la
eleva a principio metafisico: l’evoluzione è spiegata nei termini di
un principio semplice, lo «slancio vitale» (élan vital, «azione che
di continuo si crea e si arricchisce»), ossia una forza creatrice
universale, evolutiva e originale. In tal modo B. può superare sia
l’evoluzionismo deterministico di Spencer sia quello finalistico,
entrambi respinti in quanto negatori della spontaneità e della
ricchezza del processo reale: l’uno e l’altro, infatti, si risolvono
nell’affermazione tutto è dato, mentre «Dio non ha niente di fatto:
egli è vita incessante, azione, libertà». Così una corrente di vita,
dotata di una forza esplosiva intellettualmente non definibile, ha
attraversato l’Universo, dando origine a innumerevoli correnti e
tentativi. La vita naturale cresce, si sviluppa, «esplode» in varie
direzioni, dando luogo alle distinzioni tra pianta e animale,
istinto e intelligenza; quest’ultima porta l’uomo alla coscienza e
alla costruzione di concetti, alle categorie e agli strumenti
operativi della scienza: forme vuote sempre più astratte che
conducono a frantumare la durata reale e a imporre etichette e
simboli statici a una realtà in perenne movimento.
La scienza intellettualistica, con le sue categorie convenzionali
subordinate alle necessità pratiche della vita, si rivela incapace
di cogliere l’essenza più autentica della vita organica e dello
spirito. Occorre, per questo, usare uno strumento superiore
all’intelligenza e sfruttare le capacità simpatetiche dell’istinto,
che, allargato a intuizione, diventerà capace d’installarsi dentro
l’oggetto. L’intuizione, organo di una reale conoscenza
partecipativa della realtà, è infatti «quella simpatia mediante la
quale ci si inserisce nell’interiorità di un oggetto per coincidere
con ciò che c’è in esso di unico». B. elabora così una metafisica
evolutiva di stampo spiritualistico, capace si spiegare lo sviluppo
della realtà come libera creatività, che, proprio perché tale, non
può essere ridotta entro le schematizzazioni della scienza
tradizionale.
Etica e religione.
In Les deux sources de la morale et de la religion (1932;
trad. it. Le due fonti della morale e della religione) le tesi
fondamentali di B. vengono estese al campo morale e religioso. La
natura ha spinto l’uomo verso l’evoluzione sociale, ma con uno
sviluppo non predeterminato, come per gli animali, bensì
contrassegnato da scelte libere. Nella società antica, chiusa,
statica e conformistica, la religione (che pure con i miti aveva
originariamente posto un argine alle forze centrifughe
dell’individualismo) ha la funzione di conservazione dell’organismo
sociale; a questa vecchia forma sociale è contrapposta da B. la
possibilità di una società aperta e dinamica, nata dalla rivoluzione
spirituale del cristianesimo e arricchita dagli sviluppi della
scienza e dell’industrialismo.
La speranza è che, con un nuovo salto evolutivo, in essa potrà
svilupparsi una religione eminentemente attiva, un nuovo misticismo
capace di raffrenare le forze negative scatenate dalla stessa
intelligenza dell’uomo.
Altre opere: Le rire (1900; trad. it. Il riso. Saggio sul
significato del comico), Introduction à la métaphysique
(1903; trad. it. Introduzione alla metafisica), L’énergie
spirituelle (1919; trad. it. L’energia spirituale e la
realtà), La pensée et le mouvant (1934; trad. it. Il
pensiero e il movente).
L’influenza di Bergson sulla cultura europea. La filosofia di B.
ebbe rapida e notevole diffusione, soprattutto negli anni tra le due
guerre mondiali, in contrasto con l’intellettualismo scientistico e
come riaffermazione del valore teoretico dell’intuizione al di sopra
dell’intelletto. Ancor prima che in campo filosofico, profonda è
stata la suggestione nell’ambito della letteratura e delle arti, da
M. Proust a P. Valéry, al simbolismo, all’ermetismo e
all’impressionismo pittorico. La filosofia di B., che porta alla più
avanzata espressione il neospiritualismo di Ravaisson e la filosofia
della contingenza di Boutroux, ebbe ripercussioni nel campo
dell’estetica (futurismo), della filosofia epistemologica e
religiosa (Leroy e James) e politica (Sorel). Lo sforzo di superare
il positivismo, sfociò, in partic., in una sorta di misticismo e di
rinnovamento romantico.
Importante è stato anche il confronto di B. con Einstein sul
concetto di tempo (in Durée et simultanéité, à propos de la
théorie d’Einstein, 1922; trad. it. Durata e simultaneità),
che coinvolse anche Whitehead, Poincaré e Mead, con ripercussioni
sull’epistemologia contemporanea.