Bacone, Francesco
Dizionario di filosofia (2009)
Forma italianizzata del nome del filosofo inglese Francis
Bacon (Londra 1561- ivi 1626).
La vita pubblica. B. trovò già nell’ambiente familiare importanti
modelli culturali e politici (il padre, sir Nicola, era lord
guardasigilli; lo zio, lord Burghley, il maggiore statista
dell’epoca). Dopo gli studi a Cambridge, acquistò fama di scrittore
nel 1597, pubblicando con grande successo gli Essays (Saggi). La sua
vita pubblica, sotto i regni di Elisabetta e di Giacomo I, fu
intensissima: nel 1584 entrò nella Camera dei comuni;
successivamente, protetto da Giacomo I e dal duca di Buckingham,
conseguì gli onori più elevati (Solicitor general, 1607; Attorney
general, 1613; membro del Consiglio privato della corona, 1616; lord
guardasigilli, 1617; lord cancelliere, 1618); fu quindi ammesso tra
i pari come barone di Verulamio (1618) ed ebbe il titolo di visconte
di Sant’Albano (1621). Nel 1621 fu processato per peculato e
imprigionato; liberato dopo pochi giorni, per un atto di clemenza,
si ritirò a vita privata. Dopo la condanna poté realizzare il suo
sogno giovanile e dedicarsi interamente agli studi filosofici e
scientifici, con particolare riferimento alle ricerche
naturalistiche.
La riforma del sapere.
B. partecipò vivamente alla critica, tipica dell’Inghilterra
elisabettiana, della cultura tradizionale di impianto
aristotelico-scolastico: a un sapere astratto e sterile veniva
contrapposto l’ideale di una scienza che fosse utile all’uomo, così
come all’ammirazione per gli antichi si veniva sostituendo quella
per i grandi contemporanei che in quegli anni fondavano la potenza
marinara e commerciale dell’Inghilterra moderna. Tra i temi che
s’intrecciano nell’opera di B. torna, infatti, con insistenza il
richiamo alla finalità pratica e operativa del sapere, affinché le
ricerche di filosofia naturale siano volte non a una disinteressata
speculazione di realtà immobili, ma a un diretto e utile dominio
sulla natura (un tema, questo, che ha connessioni con la tradizione
astrologico-magica rinascimentale). Il pensiero di B. trova infatti
i suoi antecedenti nella filosofia del Rinascimento, di cui
costituisce in parte la continuazione, in parte la negazione. Del
pensiero del Rinascimento B. coglie i caratteri della ribellione al
dominio della tradizione, e del naturalismo, che spinge i sapientes
a conoscere a fondo la natura, in contrapposizione al Medioevo, che
invece l’aveva disprezzata o troppo poco apprezzata. Su questa base
B. prende posizione contro la tradizione peripatetico-scolastica e
il suo caposcuola, Aristotele, che aveva elaborato un complesso di
«ragnatele» presentate «come cause mentre sono prive di consistenza
e di valore».
A tale impostazione B. contrappone l’esigenza di una conoscenza
certa della realtà naturale e il grandioso progetto di una riforma
delle scienze, da esporre in un’opera monumentale, una nuova
enciclopedia di tutto il sapere (Instauratio magna) che avrebbe
dovuto articolarsi, secondo il suo piano, in sei parti: (1)
Partitiones scientiarum (suddivisione e descrizione di tutte le
scienze e arti, indicando le lacune ancora esistenti nel sapere);
(2) Novum Organum sive indicia de interpretatione naturae (la logica
della scienza, o la teoria del nuovo metodo); (3) Phaenomena
Universi sive historia naturalis et experimentalis ad condendam
philosophiam (la storia sperimentale e naturale, considerata il
fondamento necessario della filosofia della natura); (4) Scala
intellectus sive filum labyrinthi (scala che insegna a salire dai
fatti particolari a proposizioni universali e poi a ridiscendere a
nuove applicazioni, cioè il «filo» che guida lo studioso, inoltrato
nella selva intricata, o «labirinto», dei fenomeni naturali, a
trovare la strada sicura; si tratta dunque del metodo induttivo e
deduttivo); (5) Prodromi sive anticipationes philosophiae secundae
(anticipazioni e scoperte acquisite con l’antico metodo e perciò
accettate soltanto provvisoriamente); (6) Philosophia secunda sive
scientia activa (sintesi di proposizioni generali riguardanti gruppi
di fatti, destinata a dirigere l’attività pratica con l’applicazione
dei principi scoperti col nuovo metodo scientifico).
Questo ambizioso disegno fu attuato in misura assai ristretta,
perché veramente completa è solo la prima parte, rappresentata dal De
dignitate et augmentis scientiarum (1623), in nove libri,
traduzione latina ampliata di un precedente scritto inglese in due
libri (Of proficience and advancement of learning, 1603-05;
trad. it. Sul progresso del sapere umano e divino).
La seconda parte è costituita dal Novum Organum* (1620, in
cui è rifusa l’opera Cogitata et visa, 1607, edita post. nel
1653); il materiale di osservazioni scientifiche che doveva servire
per la terza parte è compreso nella Sylva sylvarum (una
miscellanea di inediti raccolta dal segretario e pubblicata post.
nel 1627 insieme all’opera utopica New Atlantis in appendice); delle
altre tre parti non rimane che il disegno generale. Il movente della
ricerca di B. è sempre costituito dall’esigenza dell’applicazione
pratica della scienza: questa non deve essere passiva
contemplazione, ma guida dell’azione, e deve servire alla vita
concreta. L’uomo, secondo B., può tanto quanto sa: il regnum hominis
consiste nella scienza, perché, dal momento che non si può
infrangere la catena delle cause naturali, si può comandare alla
natura soltanto se le si obbedisce.
Il metodo induttivo.
Strettamente connesso a questo concetto di scienza è il problema del
metodo: la crisi del sistema peripatetico della natura aveva messo
in evidenza la fallacia della concezione aristotelica di una scienza
fondata su procedimenti sillogistico-deduttivi. All’inutilità di
questo metodo, che sostituisce parole a cose, processi verbali a
processi reali, e non fa progredire il sapere, B. contrappone un
metodo che sappia ritrovare il significato dell’esperienza, e assuma
quest’ultima come fondamento di un nuovo sapere. Tale metodo è
quello induttivo, che viene distinto da una conoscenza meramente
descrittiva della natura quale risulterebbe da un’indagine che si
fermasse agli immediati dati empirici (per simplicem enumerationem).
Il Novum Organum costituisce la nuova logica della scienza della
natura. A differenza della logica «volgare» o dialettica, quella
nuova deve insegnare a trovare non ragionamenti probabili, ma res et
opera (cioè invenzioni, applicazioni pratiche), perciò non adopera
il sillogismo, che serve soltanto nelle discussioni per ottenere il
consenso, ma l’induzione.
La parte positiva del Novum Organum (pars construens), cioè la vera
e propria teoria metodologica, è preceduta da quella negativa o
polemica (pars destruens), la critica degli «idoli» (ossia delle
cause di errore), sia innati sia provenienti dall’esterno, da cui
bisogna purificare la mente. Sono innati gli idola tribus («idoli
della tribù», i pregiudizi della specie umana), fondati sulla natura
stessa dell’uomo, che nascono dal fatto che l’uomo pretende di porsi
come misura di tutte le cose, mentre nelle sue percezioni, sensibili
o intellettuali, ha delle cose rappresentazioni non oggettive, ma
soggettive. Poi vengono gli idola specus («idoli della spelonca»,
con riferimento al mito platonico della caverna, ossia quelli propri
dell’individuo singolo), dei quali fa parte l’eccessivo ossequio per
l’antichità; per B. veritas temporis filia dicitur e i veri antichi
sono i moderni perché posseggono maggiore ricchezza di esperienza e
più matura riflessione: «La scienza si deve derivare dalla luce
della natura, non dall’oscurità dell’antichità». Vi sono poi gli
errori che vengono dall’esterno: gli idola fori («idoli del
mercato»), provenienti dalle relazioni sociali, e gli idola theatri
(«idoli del teatro»), prodotti dalle dottrine filosofiche e dai
processi dimostrativi difettosi; le filosofie finora elaborate sono
tante rappresentazioni teatrali che hanno creato mondi fantastici.
Alla parte polemica del nuovo metodo segue quella positiva, l’arte
d’interpretare la natura, divisa in due sezioni: la contemplativa o
teorica, che insegna a salire dall’esperienza a proposizioni
generali (o assiomi), e l’operativa o pratica, che insegna a
discendere da esse a nuove applicazioni. La prima comprende la
trattazione degli aiuti (ministrationes) che si debbono dare al
senso, alla memoria e all’intelletto. Punto di partenza è
l’osservazione della natura, che deve essere accurata e circospetta
(«non di ali ha bisogno il nostro spirito, ma di suole di piombo»);
vengono poi gli ausili della memoria, che risiedono nella scrittura,
ma soprattutto nelle tavole di scoperta in cui il materiale empirico
deve essere organizzato, e cioè la tabula presentiae (in cui sono
raccolti i casi in cui il fenomeno studiato si presenta), la tabula
absentiae (che include i casi in cui, pur in presenza di condizioni
simili, è assente) e la tabula graduum (che registra l’aumento o
diminuzione di intensità del fenomeno). Si procede quindi alla
vendemmia: raccolti i dati, si formula un’ipotesi interpretativa.
Per giungere a conclusioni necessarie il procedimento induttivo non
può limitarsi a considerare solo i casi positivi (come si fa di
solito), ma deve avvalersi anche dei negativi per scartare le
possibili soluzioni errate. Spesso, a questo proposito, B. insiste
sulla necessità di fare uso di un procedimento sperimentale attivo
con cui lo scienziato, per verificare un’ipotesi, modifica il corso
abituale della realtà: i sensi si limitano a constatare i fatti,
mentre l’esperimento predeterminato dall’intelletto, ossia
l’intelletto stesso che lo ha concepito per raggiungere i suoi fini
scientifici, dà un giudizio sulla natura e sulle cause dei fatti
stessi.
Il progresso delle scienze e la Nuova Atlantide.
Nella piena consapevolezza di vivere in un’epoca di svolta e di
riforma del sapere, B. non solo attacca la cultura antica (la
filosofia di Aristotele è sofistica e quella di Platone è mista a
teologia e poesia), ma soprattutto si richiama alle arti meccaniche:
i grandi cambiamenti in questo campo dimostrano che il sapere è
suscettibile di crescita. Per B. il progresso del sapere ha come
immediata conseguenza l’aumento del potere dell’uomo sulla natura al
fine di realizzare migliori condizioni di vita. Egli è quindi
portatore di una visione ottimistica della crescita delle conoscenze
positive e dell’avvento di un nuovo mondo, caratterizzato dallo
studio della natura e dalla collaborazione tra gli scienziati.
Questi temi trovano una loro esposizione programmatica nella New
Atlantis (composta forse nel 1621, edita post. nel 1627; trad.
it. Nuova Atlantide), utopia pansofica in cui la descrizione
dell’ideale «Casa di Salomone» si presenta come raffigurazione di
quella nuova organizzazione dei saperi e del mondo della cultura che
B. andava proponendo ai suoi contemporanei.
Storia della Scienza (2012)
di Marta Fattori
Capitolo XVI
FRANCIS BACON
Francis Bacon nacque a Londra il 22 gennaio 1561 da Sir Nicholas e
Lady Ann Cook, due alti rappresentanti, per rango e per cultura,
della classe politica Tudor. Dal 1573 studiò al Trinity College di
Cambridge e nel 1576 fu ammesso al Gray's Inn, uno dei cinque Inns
of Court di Londra. Dal 1576 al 1579 seguì a Parigi Sir Amias
Paulet, ambasciatore in Francia. Costretto a rientrare a Londra in
seguito alla morte del padre, continuò gli studi giuridici e si
avviò alla carriera politica. Nel 1581 fu eletto alla Camera dei
Comuni, nel 1603 fu insignito del titolo di cavaliere da Giacomo I,
cui seguirono le nomine di General Solicitor nel 1607, di
procuratore generale nel 1613 e di consigliere privato della Corona
nel 1616. Nel 1617 divenne guardasigilli, carica che l'anno seguente
fu trasformata in quella di lord cancelliere. Accusato nel 1621 di
corruzione, fu costretto ad abbandonare la vita politica. Negli
ultimi cinque anni prima della morte (avvenuta il 9 aprile 1626)
approfittò della involontaria libertà dagli incarichi politici e si
dedicò interamente a una vasta produzione di opere filosofiche.
La filosofia di Bacon fu totalmente originale, nella sua
articolazione e nella coerenza degli intenti. Il grande progetto
della Instauratio magna era il filo conduttore di una totale
rifondazione delle scienze, della filosofia (intesa come filosofia
naturale), del diritto, e quindi delle istituzioni in generale. Il
suo imponente disegno era basato sulla conoscenza: la conoscenza,
afferma Bacon fin dal 1597 in una famosa metafora, è potere ("nam et
ipsa scientia potestas est") e abbraccia l'intero campo dello
scibile umano: la storia, la filosofia, la politica, la
giurisprudenza e la scienza. Lungi dall'essere un elemento
accessorio, il metodo riveste subito un ruolo centrale per il
filosofo inglese. Il nuovo metodo, quello dell''interpretazione
della Natura', che si svolge a partire 'dalle cose stesse' e 'nei
debiti modi', dovrà sostituire quello vecchio, prematuro e temerario
(res temeraria et praematura), che portava ad 'anticipazioni della
Natura'. Questo nuovo metodo, basato sulla critica di quelli
precedenti (la pura empiria, la 'mano nuda', o viceversa
l'astrazione e il dogmatismo, l'intelletto abbandonato a sé stesso)
e sull'interpretatio naturae, con i dovuti aiuti e strumenti,
permetterà all'uomo di farsi 'ministro' e 'interprete della Natura'.
Bacon ha in comune con i più autorevoli rappresentanti della
tradizione razionalistica l'esigenza dell'expurgatio di tutte le
acquisizioni precedenti del sapere, come momento primo e necessario
del processo della ricerca. Della Natura, sostiene, si sono occupati
gli empirici (il meccanico, il matematico, il medico, l'alchimista,
il mago) non i filosofi, e hanno ottenuto scarni risultati perché lo
hanno fatto per scopi pratici e non in vista della conoscenza. Il
senso è per sua natura aberrans, cioè da solo porta agli errori; le
scienze non hanno prodotto opere e le scoperte che sono state fatte
sono dovute al caso e all'empiria, ed è per questo che le scienze
non sono altro che riordinamenti di cognizioni precedenti, non modi
di ricercare e indicazioni di nuove opere. Senso e intelletto sono
ugualmente impari davanti alle infinite sottigliezze (subtilitates)
della Natura, ma la logica tradizionale è inutile per la ricerca
scientifica. Inutile, anzi dannoso, è soprattutto il sillogismo. Nel
Novum organum (1620), sottoponendo il caposaldo della logica
aristotelica a una critica definitiva, Bacon afferma: "Il sillogismo
non si applica ai principî della scienza e si applica inutilmente
agli assiomi medi: è uno strumento incapace di penetrare nelle
profondità della Natura. Esso costringe il nostro assenso, non la
realtà" (Opere filosofiche, I, p. 51).
La critica al sillogismo aristotelico ha il suo fondamento nella
critica al consensus gentium: Bacon sviluppa in tutta l'opera
l'argomento della critica all'Antichità, fino a giungere al
ribaltamento del rapporto tra Antichi e Moderni (giovani e puerili i
primi, maturi e più sapienti i secondi), dal momento che il solo
grande autore di tutti gli autori è il tempo. Questa riflessione
baconiana, assai nota, sarà spesso ripetuta nei secoli successivi,
senza alcun riferimento all'autore, a cominciare da Descartes. Tale
rapporto ribaltato tra Antichità e Modernità si ritrova anche nella
New Atlantis, l'opera pubblicata nel 1626, pochi mesi dopo la morte
dell'autore, insieme alla Sylva sylvarum, in cui, parlando
dell'America, Bacon giustifica e spiega l'incultura del popolo
americano ("popolo semplice e selvaggio"), con il fatto che esso
sarebbe 'nuovo e recente'. Vittima prima della violenta e ironica
distruzione dell'ipse dixit è, nella Redargutio philosophiarum,
proprio Aristotele: "Anche se Aristotele fosse veramente quel
grand'uomo che si crede, io non potrei certo consigliarvi di
accogliere come oracoli i pensieri e le opinioni [cogitata et
placita] di un sol uomo. Che cos'è mai, o figli, questa volontaria
servitù? Siete di tanto inferiori ai seguaci di quel monaco pagano?
Quelli cessarono di affermare ipse dixit dopo sette anni, e voi
continuate a farlo dopo duemila anni?" (Scritti filosofici, p. 417).
Come avverrà poi per Descartes, Bacon identifica quindi in una
radicale expurgatio di tutto il sapere, individuale e collettivo, il
momento prioritario, ineludibile e necessario per iniziare la
ricerca della verità ab imis fundamentis. Non fu facile proporre una
nuova riforma generale degli studi, delle scienze e della filosofia,
senza alcun riguardo per la vetustà, per l'antichità e per
l'autorità: nei Cogitata et visa, lo scritto redatto verso il 1607 e
mai pubblicato in vita, la disperazione di Bacon appare totale
sicché le colonne d'Ercole, che nel frontespizio dell'Instauratio
magna sigillano la metafora del progresso delle scienze, sono
sentite come fisse e quasi fatali, in contrapposizione al versetto
biblico di quello stesso frontespizio "Multi pertransibunt et
augebitur scientia" (Daniele, XII, 4). Il filosofo, nel porsi il
fine di costruire un 'nuovo' organo, coglie quanto sia faticosa e
solitaria la missione che si è assegnata. L'osservazione costante
dei fenomeni della Natura e il fare l''autopsia' e l''anatomia'
degli stessi ‒ per usare due termini che, risultato del grande
progresso della medicina, indicano contemporaneamente gli aspetti
centrali del nuovo metodo ‒ divengono un abito mentale che porta
alla costruzione di un nuovo statuto epistemologico. Nel costituirsi
della scienza moderna in Europa il ruolo svolto dalla medicina e
dalle scienze chimiche è fondamentale e impropriamente subordinato
alla rivoluzione astronomica e matematica, spesso assunta a unico
parametro della Rivoluzione scientifica. La expurgatio del sapere
precedente avviene attraverso la confutazione delle dottrine antiche
e moderne, quella dei pregiudizi individuali attraverso la dottrina
degli idoli. La confutazione delle dottrine e dei metodi si conclude
con il famosissimo paragone delle api, delle formiche e dei ragni,
che costituisce, nel proporre la ratio media delle api, la metafora
della nuova logica baconiana.
Tutta la filosofia è suddivisa da Bacon in tre grandi filoni, che
costituiscono le radici stesse della causa dell'arresto delle
scienze e della speculazione: filosofia sofistica, superstiziosa ed
empirica. Esempio del primo tipo è Aristotele che ha corrotto con la
sua dialettica la filosofia naturale, del secondo Platone, del terzo
i filosofi empirici che hanno prodotto 'mostruose' dottrine ricavate
in modo superficiale da una base angusta di dati e da pochi e oscuri
esperimenti. Bacon non concede possibilità di appello a quegli
empiristi che, nel Temporis partus masculus, operetta non finita
degli anni 1602-1603 e pubblicata postuma, aveva definito 'corifei
dell'esperienza', ancor più colpevoli per averla oltretutto
distorta. L'esempio più insigne è rappresentato dagli alchimisti, in
particolare da Paracelso e, fra i contemporanei, da William Gilbert
che nel 1600 aveva pubblicato il De magnete. La confutazione delle
filosofie antiche e moderne ‒ Patrizi, Telesio e Campanella sono
accusati di aver fondato una filosofia 'pastorale' ‒ con lievi
sfumature e accentuazioni di tono, appare costante in tutta l'opera
baconiana e priva di significativi mutamenti, se non nella forma, a
partire dal primo attacco presente in The praise of knowledge, uno
dei cinque discorsi pronunciati nel 1592 in occasione delle
celebrazioni per il compleanno della regina Elisabetta I, fino al
Novum organum e al De dignitate et augmentis scientiarum.
Nei primi anni del XVII sec., Bacon redasse alcuni scritti brevi e
spesso incompleti di filosofia naturale, che prepararono la via per
l'esposizione su larga scala delle idee più tardi esposte nella
Instauratio magna, il colossale progetto mai finito (e impossibile
da portare a termine) descritto nel prospetto premesso alla prima
edizione del Novum organum che ne costituiva la seconda parte. Il
progetto dell'Instauratio magna era ripartito in sei sezioni: la
prima avrebbe dovuto offrire una descrizione universale del sapere,
la seconda l'interpretazione della Natura, cioè la nuova logica o
novum organum, la terza tutti i fenomeni dell'Universo, la quarta i
precetti della seconda resi operativi, la quinta un provvisorio
deposito di anticipazioni, risolte le quali si sarebbe potuto
passare alla sesta parte e cioè alla vera filosofia della Natura.
Impegnandosi in un lavoro così faticoso, Bacon riconosce che il
tempo e le forze sono inadeguati e prevede che molte di quelle
discipline e arti da lui considerate lacunose (desiderata) saranno
oggetto di tre tipi di critiche: per alcuni tali discipline non
sarebbero carenti, ma viceversa già giunte alla perfezione; ad altri
sembreranno mere curiosità e promesse di esilissimi frutti; per
altri, infine, esse appariranno 'impossibili' da realizzare rispetto
alle possibilità umane. Il filosofo, nel Libro II del De dignitate
et augmentis scientiarum, risponde soltanto a quest'ultima critica,
con parole che diventeranno il simbolo del sistema baconiano,
riprese e citate nei secoli successivi (fino al Prospectus
dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert): "Per l'ultima [critica],
quella dell'impossibilità, dico questo, che si devono ritenere
possibili a compiersi quelle imprese che possono essere condotte a
compimento da qualcuno, se non da ciascuno; da molti congiuntamente,
se non da uno solo; nella successione dei secoli, se non in uno
stesso periodo; e infine per pubblica cura e ufficio, se non per
l'opera e l'attività dei privati" (Opere filosofiche, II, p. 86).
La prima parte doveva consistere in una panoramica della conoscenza
esistente (una Descriptio globi intellectualis, dal titolo di una
sua opera postuma). Il fine di Bacon era quello di individuare le
carenze di ogni parte della conoscenza, sia indicando le direzioni
che altri avrebbero seguito, sia scrivendo egli stesso opere che
dovevano colmare tali desiderata. Le finalità della prima parte
furono indicate nel De dignitate et augmentis scientiarum (1623),
versione latina rivista e ampliata della perorazione sulla dignità
delle scienze presentata nell'Advancement of learning (1605). Bacon
non voleva costruire una summa enciclopedica del sapere (progetto
condiviso da molti eruditi del Rinascimento), viceversa intendeva
fornire un'antienciclopedia dedicata all'idea che la conoscenza
fosse un organismo in continua crescita. Per Bacon l'assunto che la
conoscenza potesse e dovesse incrementarsi era assolutamente
fondamentale. La classificazione del sapere che egli stabilisce dà
un peso fino ad allora mai conferito alla storia in generale, alla
storia naturale in particolare e, all'interno di questa, alla storia
delle arti meccaniche. Centrale è l'idea che i dati derivati dalle
arti meccaniche possano aiutare sia a garantire la solidità della
scienza sia a costruire un'idea di progresso. Nessuno aveva espresso
questa idea con maggior forza: non erano la guerra, l'influenza
delle stelle, la nascita e la caduta dei regni e delle religioni a
costruire la storia, ma i mutamenti tecnologici. La non
contrapposizione fra arti liberali e arti meccaniche, e
l'inserimento di queste ultime a pieno titolo nella classificazione
proposta nascono dal superamento della tradizionale dottrina secondo
la quale le cose artificiali e le cose naturali sono diverse per la
loro essenza e, inoltre, dalla consapevolezza che l'esperienza, sia
essa literata (arti liberali) o erratica (arti meccaniche), può
assolvere al suo unico compito di essere la base per una nuova
rinascita del sapere naturale e sperimentale soltanto se potrà
essere classificata, schedata, ricondotta a tabulae che siano di
aiuto ai sensi, all'intelletto e alla memoria. Il Libro II, presenta
nel secondo capitolo, in forma ampliata, la tripartizione delle
scienze basata sulla tripartizione dell'anima umana ‒ senso,
fantasia, ragione ‒ già proposta nell'Advancement of learning, ma
analizza anche la funzione delle tre facoltà. Il ricorso alla
facoltà dell'intellectus come momento unificante della
classificazione del sapere permette inoltre a Bacon di porre anche
la teologia (che è storia divina) sullo stesso piano delle altre
scienze, giacché l'intelletto umano è unico e identici sono i suoi
circuiti. Per questo la poesia parabolica, una delle tre
classificazioni in cui è suddivisa la poesia, è anche strumento
della teologia rivelata (per es., attraverso le parabole) in quanto
permette al divino di essere decodificato dall'uomo. Si amplia qui
il discorso sulla poesia parabolica già sviluppato nel De sapientia
veterum: mentre però nella fortunata opera del 1609 il filosofo
aveva scelto le favole per rendere pubbliche (sotto il velum del
genere mitografico) le sue concezioni di filosofia naturale, nel De
dignitate et augmentis scientiarum, ampliando e sviluppando gli
aspetti dottrinali e teorici, la poesia parabolica acquista un
valore fortemente conoscitivo e dunque uno statuto definitivo nella
classificazione delle scienze.
I mezzi attraverso i quali è possibile realizzare queste ambiziose
speranze costituiscono la seconda parte della Instauratio, cioè il
Novum organum, opera incompleta, pubblicata in due libri nel 1620,
che procede per aforismi. Il fine principale della logica, che si
qualifica come nuova rispetto all'Organon aristotelico anche nel
titolo, è allargare il dominio dell'uomo per fondare il regnum
hominis, del quale l'uomo possa diventare 'ministro e interprete'
(minister et interpres). Nel Libro I si trovano: una serrata critica
alla logica tradizionale, alle cattive dimostrazioni e alle
dottrine; l'elencazione dei segni o prove degli errori, delle loro
cause e dell'arresto del sapere; le ragioni di speranza per ridare
dignità e possibilità di progresso alle scienze e, soprattutto, la
dottrina degli idola (illusioni, fallacies nelle opere inglesi) che
esamina in quale modo operano e si acquisiscono i vizi della mente.
Bacon ne descrive quattro: idoli della tribù (idola tribus), idoli
della spelonca (idola specus), idoli del foro (idola fori), idoli
del teatro (idola theatri). Gli idoli, innati o avventizi, sono
fondati sulla natura stessa dell'uomo come genere e come individuo,
oppure si insinuano dall'esterno.
Tavola 1
Del primo tipo sono gli idoli della tribù, tutte le illusioni
generate dalla innata debolezza del senso e della mente. Con
evidente riferimento al mito della caverna di Platone, gli idola
della spelonca sono quelli propri dell'individuo singolo, che
derivano dall'indole, dall'educazione e dalla vita sociale. Fra i
pregiudizi acquisiti, quelli del teatro provengono dall'esterno
(immigrarunt), dai dogmi dei filosofi e delle dottrine; sono più
facili da emendare e Bacon si propone di estirparli radicalmente. I
più tenaci e pericolosi (molestissima) sono quelli del foro,
insinuatisi nell'intelletto attraverso un patto tra le parole e i
nomi (ex foedere verborum et nominum); l'uomo presume di poterli
dominare con l'intelletto, viceversa le parole ritorcono e
riflettono sull'intelletto la loro forza, e vincono. L'attenzione al
problema del linguaggio è costante nel filosofo inglese: la
purificazione del linguaggio non appartiene alla retorica, ma trova
il suo fondamento nella vera induzione ed è, contemporaneamente, il
fondamento di questa. Per tale motivo anche parole equivoche ‒ come
metafisica, forma, magia, alchimia ‒ quando il loro nome sarà stato
purificato (perpurgato nomine) indicheranno con un termine antico
realtà nuove (e vere). La liberazione dagli idoli, che diventa un
procedimento prioritario per poter accedere al metodo, è ciò che
distingue l'induzione 'fino allora in uso', che procede per
'semplice enumerazione', una semplice raccolta di fenomeni, da
quella legitima e vera proposta da Bacon. Gli ultimi aforismi della
prima parte del Novum organum capovolgono tutte le critiche fino ad
allora rigorosamente condotte: agli esperimenti meccanici, portatori
di frutto (fructifera), cioè utili, ma di un'utilità rapsodica e
incapace di costruire la vera scala degli assiomi, saranno
contrapposti gli esperimenti lucifera, cioè apportatori di luce, che
hanno la meravigliosa virtù di non ingannare e di non deludere mai,
poiché, essendo stati eseguiti con metodo, possono essere ripetuti e
tramandati.
Il Libro II del Novum organum è un esempio della nuova via per
generare le nuove scienze ‒ Bacon indica il metodo con il termine
via o con il sintagma di origine ciceroniana via ac ratio ‒ e
procede dall'applicazione del procedimento induttivo ai dati della
storia naturale per raggiungere gradualmente e progressivamente gli
assiomi più generali.
Nel Libro I Bacon aveva delimitato il regnum hominis entro il quale
l'uomo agisce e conosce, naturalmente se ottempera ai necessari
graduali momenti del processo metodologico: liberazione dai
pregiudizi, necessità di dare aiuti al senso e all'intelletto,
realizzazione di un commercium tra il campo operativo e quello
conoscitivo. Nel primo aforisma del Libro II è precisato che cosa
l'uomo 'può' e che cosa 'sa': introdurre (superinducere) nature
nuove sopra un dato corpo, operazione resa possibile dalla 'scoperta
delle forme' (inventio formarum). La filosofia naturale procede
dalla fisica alla metafisica, e queste due scienze si differenziano
per le 'cause' delle quali si occupano. La fisica tratta la causa
materiale e quella efficiente; la metafisica la causa formale e
quella finale. Qui Bacon, ancora una volta, si appropria della
terminologia aristotelica usandola in funzione antiaristotelica; in
relazione alla metafisica, si occupa solo della causa formale,
avendo bandito quella finale dalla filosofia della Natura.
Nel Libro II Bacon presenta il metodo induttivo, la scansione dei
momenti scalari dell'induzione 'vera e legittima' e un esempio del
suo uso attraverso la discussione della forma del caldo. La dottrina
della forma proposta occupa una posizione intermedia tra la
tradizione aristotelica e la dottrina corpuscolare atomistica,
rifiutate entrambe, la prima perché fondata sull'assioma di una
materia inerte dalla quale 'scaturisce' una forma in modo, secondo
Bacon, misterioso, la seconda perché la materia non è riducibile e
scomponibile fino agli atomi, o ai minima, o alle particelle ultime.
La teoria della forma presuppone la concezione baconiana della
materia, con l'opposizione tra corpi tangibili e pneumatici e la
teoria della plica materiae, che prevede un cambiamento continuo ‒
di aumento, diminuzione, spostamento e contrazione ‒ degli
'spiriti'. Per comprendere la dottrina della forma, e per coglierne
la specificità ‒ rispetto sia alle precedenti concezioni
aristotelico-scolastiche, sia a quelle atomistiche ‒ è necessario
presupporre un pari statuto di dignità tra cose naturali e cose
artificiali. Nel De dignitate et augmentis scientiarum Bacon
afferma: "Gli uomini dovrebbero sempre tener presente questo, che le
cose artificiali non differiscono da quelle naturali secondo la
forma o l'essenza, ma solo secondo la causa efficiente; e poiché
all'uomo non è dato alcun potere sulla Natura eccetto quello di
valersi del movimento per avvicinare e allontanare i corpi naturali;
quando si tratta di avvicinare e allontanare i corpi naturali,
congiungendo le cose attive con quelle passive (come si dice),
l'uomo può tutto; in caso contrario non può nulla. E non importa,
quando le cose sono disposte a produrre qualche effetto se ciò
avviene per opera dell'uomo o senza l'uomo" (Opere filosofiche, II,
p. 90).
La prima parte del Libro II si conclude con la celebre ricerca della
forma del caldo, attraverso l'applicazione delle tre tavole della
presenza, dell'assenza e dei gradi. Il testo restante è dedicato a
una minuziosa analisi delle 'istanze prerogative', una discussione
che mette in atto implicitamente una riserva di materiali di
filosofia della Natura accumulati da Bacon ed esplicitamente procede
a un'analisi di classificazione di dati che hanno valore nella
ricerca di filosofia naturale. Questa analisi è importante da un
punto di vista storico soprattutto per la sua originale trattazione
della teoria dell'esperimento e, in particolare, della teoria
dell'esperimento cruciale (experimentum crucis). Il metodo
s'interrompe dopo la descrizione delle istanze prerogative.
La terza parte dell'Instauratio è riservata alla storia naturale,
non intesa secondo la tradizione rinascimentale di una storia
naturale letteraria ed erudita. Secondo Bacon, la historia naturalis
costituiva la base su cui costruire le nuove scienze e doveva essere
pensata e realizzata in termini funzionali, cioè come una raccolta
ragionata. Secondo la classificazione baconiana delle facoltà
conoscitive dell'uomo, essa corrispondeva, all'interno del progetto
dell'Instauratio, alla facoltà della memoria. In questa funzione
prioritaria per la filosofia prima, Bacon individua tutto il
distacco dalle storie naturali tramandate dall'Antichità, da
Aristotele, Teofrasto, Dioscuride, Plinio, e a maggior ragione dai
Moderni, che mai si sono posti nemmeno larvatamente il problema
teorico di attribuire alla storia naturale questo fine primario.
Convinto che l'idea della storia naturale sarebbe stata
sottovalutata dai successori, Bacon decise di preparare sei
rappresentazioni imperfette di un modello che sperava sarebbe stato
raggiunto dalle generazioni future. Se il Novum organum si
confrontava, rifondandolo, con l'Organon aristotelico, la Historia
naturalis et experimentalis, nell'aggiungere nel titolo e nel
progetto l'aggettivo experimentalis, voleva confrontarsi con la
Naturalis historia di Plinio e rifondarla. Nel 1622 Bacon pubblicò
un volume intitolato Historia naturalis et experimentalis ad
condendam philosophiam sive phaenomena universi, preceduto
dall'elenco dei titoli delle sei historiae.
Tavola 2
Egli infatti prevedeva la storia dei venti; la storia del denso e
del raro, della contrazione e dell'espansione, della materia nello
spazio; la storia del pesante e del leggero; la storia della
simpatia e dell'antipatia delle cose; la storia dello zolfo, del
mercurio e del sale; la storia della vita e della morte. La prima ad
essere pubblicata fu la Historia ventorum, nel 1622; la seconda, la
Historia vitae et mortis, nel 1623; la terza, l'incompiuta Historia
densi et rari, fu pubblicata postuma dal suo segretario William
Rawley nel 1658. Significativamente, il filosofo precisa che propone
anche le 'opere' e le 'cose impossibili', o almeno non ancora
scoperte, e che spesso sarà costretto a fermarsi alla sola
indicazione degli esperimenti e delle storie, dato che "seguiamo
questa via per la prima volta".
La Sylva sylvarum (1626, talora per errore datata 1627), pubblicata
postuma da William Rawley, non faceva parte del progetto delle
storie naturali. Oltre a essere scritta in inglese, infatti, non è
una storia individuale: in essa il filosofo aveva accumulato una
miscellanea di mille esperimenti, tratti da libri o da esperienze
personali, suddivisi talora in modo arbitrario in dieci centurie.
Nell'opera il termine experiment ha significati polivalenti, secondo
l'uso rinascimentale; la Sylva ebbe una fortuna incredibile ‒ dovuta
forse anche all'uso del volgare ‒ perché insieme a essa fu
pubblicata l'incompiuta New Atlantis, l'operetta considerata il
modello della Royal Society.
La quarta parte dell'Instauratio avrebbe dovuto presentare una
varietà di esempi dei suoi precetti (exempla inquirendi et
inveniendi), proposti con il metodo nuovo, e mostrare al lettore
come si dovesse realizzare la ricerca condotta secondo le linee
indicate nella seconda e terza parte. Ma Bacon, salvo alcuni schizzi
preliminari, scrisse solo l'introduzione.
La quinta parte, provvisoria, doveva essere costituita da quanto
scoperto o verificato o aggiunto, anche al di fuori dei metodi e
delle regole dell'interpretazione: le esecrate anticipazioni
aristoteliche diventano qui le congetture probabili e verosimili, da
sottoporre a verifica. La sesta e ultima parte dell'opera avrebbe
dovuto contenere quella filosofia desunta da un metodo di ricerca
puro e severo (inquisitio legitima et casta). Entrambe queste parti
ebbero lo stesso destino: il filosofo infatti era consapevole che
non sarebbe mai vissuto abbastanza per vederne la realizzazione.
Tra le numerose opere di Bacon pubblicate postume sono da ricordare
i Cogitata et visa de interpretatione naturae, sive de scientia
operativa, un testo costituito da diciannove aforismi, espressi in
terza persona, sulla filosofia naturale.
La datazione dell'opera, pubblicata anch'essa postuma da Rawley nel
1653, si può ricavare dalla risposta di Thomas Bodley (19 febbraio
1607) alla lettera con cui Bacon aveva accompagnato il manoscritto
inviato. Tale risposta è articolata e complessa e può spiegare anche
la prudenza del filosofo inglese nel dare alle stampe i suoi
progetti sulla filosofia naturale. Bodley si mostra ammirato, ma
percepisce come pericoloso il violento e intemperante atteggiamento
critico del filosofo, il rifiuto totale (e ironico) di tutto il
sapere fino ad allora acquisito. La lettera si chiude con un
giudizio che fu sentito da Bacon come una condanna. Forse la
mancanza dell'appoggio accademico e istituzionale convinse il
filosofo inglese a stringere i tempi per la pubblicazione del De
sapientia veterum (1609), un'opera meno 'nuova' nella forma, ma
altrettanto precisa nel contenuto.
Volutamente, in una storia della scienza, sono stati omessi i
riferimenti alla, pur importante qualitativamente e
quantitativamente, produzione letteraria e giuridica, a cominciare
dalle tre edizioni degli Essayes (1597, 1612, 1625) fino alle opere
storiche. Eppure vi si troverebbero non pochi riferimenti alle
teorie filosofiche e scientifiche. Il filo conduttore di tutta
l'opera di Bacon, e anche la sua indubbia modernità, è l'attenzione
agli aspetti psicologici del ricercatore. La conoscenza di sé
stessi, l'esplorazione delle proprie passioni, l'individuazione
degli errori insiti nella natura umana, la conoscenza dell'uomo,
insomma, appaiono prioritarie per affrontare i confini posti dalle
'colonne d'Ercole'. Per vincere la paura e affrontare l'ignoto è
importante acquisire il senso dei propri limiti (terminus),
conoscere le fondamenta sulle quali, e non oltre le quali (ultra has
bases), appoggiare e costruire gli strumenti della conoscenza, per
evitare infruttuosi scambi della realtà con le parole (res cum
verbis), della ragione con la follia (rationem cum insania), infine
del mondo (reale) con la favola (mundum cum fabula). In questa
prospettiva i vari e vasti interessi baconiani appaiono tra loro
intrecciati, intersecantisi, sovrapponibili, rispetto al fine
intravisto di abbattere per ricostruire ogni falsa distinzione
presente nelle cose umane e naturali, risultato dannoso e
inquietante di un secolare e volgare scambio di piani attraverso la
confusione nell'uso e nel significato delle parole.
L'impatto del progetto baconiano sulla cultura europea del XVII sec.
fu notevole. All'inizio la sua fortuna raggiunse livelli più alti in
Europa che in Inghilterra: in Francia e nei Paesi Bassi, Bacon fu
molto conosciuto fin dai primi anni Venti, e non solo per il Novum
organum e il De dignitate et augmentis scientiarum, ma anche per le
opere di filosofia naturale come la Historia ventorum e la Historia
vitae et mortis: né è da sottovalutare la diffusione degli Essayes
(quasi subito tradotti nelle differenti lingue vernacolari) e del De
sapientia veterum. In Francia non solo Pierre Gassendi,
Nicolas-Claude Fabri de Peiresc e Marin Mersenne, ma tutto
l'ambiente libertino che convergeva intorno ai fratelli Dupuy aveva
una conoscenza delle opere edite e perfino manoscritte di Bacon: gli
ultimi studi permettono di sottolineare anche un'influenza del
filosofo inglese su Descartes. In Olanda Constantijn Huygens e Isaac
Beeckman sono stati fra i suoi primi lettori, come aveva già
indicato nel 1984 Paul Dibon, aprendo la strada ad approfondimenti
più recenti. Tuttavia intorno alla metà del XVII sec., in
Inghilterra, il baconismo, legato al progetto della Instauratio
magna, influenzò filosoficamente e scientificamente i singoli
studiosi e divenne il filo conduttore dei nuovi progetti
istituzionali e scientifici, tanto che l'istruzione, nel 1662, della
più importante accademia scientifica non solo inglese, ma europea,
la Royal Society, fu compiuta nel nome di Bacon. Fra i propagatori
della fama di Bacon vanno annoverati Comenio (Jan Amos Komenský),
John Dury e Samuel Hartlib.
Negli ultimi decenni gli studi di Graham Rees ‒ che hanno portato
alla pubblicazione dei primi volumi della nuova edizione critica di
tutte le opere di Bacon a sostituzione della classica edizione
vittoriana, attraverso un'impostazione storica e filologica ‒ hanno
profondamente mutato sia le prospettive interpretative sul filosofo
(quella che in inglese è chiamata la speculative philosophy) sia lo
studio delle fonti, anche attraverso l'edizione di importanti opere
inedite.