Diritto
In diritto internazionale, principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (a. interna ) e di essere liberi da ogni dominazione esterna, in particolare dal dominio coloniale (a. esterna ). Proposto durante la Rivoluzione francese e poi sostenuto, con diverse accezioni, da statisti quali Lenin e Wilson, tale principio implica la considerazione dei diritti dei popoli, in contrapposizione a quella degli Stati intesi come apparati di governo. In tal senso, si pone potenzialmente in conflitto con la concezione tradizionale della sovranità statale; la sua attuazione deve inoltre essere contemperata con il principio dell’integrità territoriale degli Stati.
Affermato nella Carta Atlantica (14 agosto 1941) e nella Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1946; art. 1, par. 2 e 55), il principio di a. dei popoli è ribadito nella Dichiarazione dell’Assemblea generale sull’indipendenza dei popoli coloniali (1960); nei Patti sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali (1966); nella Dichiarazione di principi sulle relazioni amichevoli tra Stati, adottata dall’Assemblea generale nel 1970, che raccomanda agli Stati membri dell’ONU di astenersi da azioni di forza volte a contrastare la realizzazione del principio di a. e riconosce ai popoli il diritto di resistere, anche con il sostegno di altri Stati e delle Nazioni Unite, ad atti di violenza che possano precluderne l’attuazione.
Nel diritto internazionale, l’affermazione dell’a. dei popoli –
frutto di un processo graduale a lungo contrastato dai paesi
occidentali e fortemente collegato, nella prassi, alla fortunata
azione dell’ONU a favore della completa decolonizzazione – è ormai
acquisita sul piano consuetudinario limitatamente al divieto di
tre specifiche fattispecie, qualificate come crimini
internazionali: la dominazione coloniale, l’occupazione straniera
e i regimi di segregazione razziale (apartheid).