Antologia di scritti antidarwinisti


Vladislav Olkhovsky
Fisico nucleare (Istituto di ricerca nucleare dell'Accademia delle Scienze dell'Ucraina)

"Il senso generale di questa parola [evoluzione] è troppo vago ed è usato in tutte le scienze e in tutte le visioni del mondo con i significati più diversi. Per la dottrina di Darwin, riguardante l'evoluzione biologica, è invece importante distinguere tra "microevoluzione", che si riferisce all'evoluzione all'interno di qualsiasi specie (o genere), e "macroevoluzione", che si riferisce all'evoluzione (trasformazione) di una specie (o genere) di solito più semplice, in un'altra specie (o genere) di solito più complessa. La confusione tra i concetti di "microevoluzione" e "macroevoluzione" provoca molte incomprensioni sulla dottrina dell'evoluzione.

Mentre tutti sono d'accordo che la teoria di Darwin può spiegare la "microevoluzione", finora nessun fatto scientifico e nessuna verifica scientifica indiscutibile hanno suggerito che la teoria di Darwin può spiegare anche la macroevoluzione dagli esseri unicellulari a quelli pluricellulari, dalle specie meno complesse alle specie più complesse. La dottrina della macro-evoluzione naturale non ha ottenuto fino ad ora - in 150 anni - alcuna conferma empirica sicura o univoca [...]

Nessuno, poi, è riuscito a risolvere in modo indiscutibile il problema dell'origine spontanea delle strutture ed apparati "integrali" (dal punto di vista sia morfologico che biochimico), che hanno una complessità irriducibile (come ad esempio l'occhio, l'orecchio, il sangue). Tutti gli organismi viventi sono pieni di strutture dalla complessità irriducibile che assicurano loro il migliore adattamento possibile all'ambiente, ma queste strutture non possono formarsi col gradualismo supposto da Darwin.

Un'altro punto non chiarito è il punto di partenza della macroevoluzione biologica. Da che cosa inizia? Dalla materia non-vivente, da una cellula viva, o dalla biosfera intera? A queste domande non esiste una risposta scientifica! Per di più, non c'è nessun fatto a favore dell'origine spontanea della vita dalla materia non-vivente.

Tutti i dati osservabili, al contrario, hanno una spiegazione alternativa migliore, tenendo conto dell'aumento del "disordine complessivo" (cioè dell'entropia generale, in base alla seconda legge della termodinamica) e del principio antropico (il perfetto adattamento dell'ambiente della Terra per consentire l'esistenza della vita), come vedremo meglio.

La macroevoluzione, infatti, non concorda con l'aumento dell'entropia della terra. Dobbiamo anche tenere conto che le terra è un sistema aperto e che il 30% circa del flusso energetico del sole è energia calorica che aumenta l'entropia; l'energia solare non contiene alcunché in grado di far aumentare l'informazione genetica.

Le ricerche nelle scienze naturali hanno da tempo accumulato numerosi dati che indicano inequivocabilmente che le costanti fisiche fondamentali e le proprietà generali e locali dell'Universo sono in sintonia così precisa da essere assolutamente improbabile che siano frutto del caso. Questa sintonizzazione è indispensabile per l'esistenza stessa della vita e dell'uomo sulla Terra. Un cambiamento delle costanti di tutte e quattro le interazioni (nucleari, elettro-magnetiche, deboli e gravitazionali), anche solo in misura di qualche punto percentuale, avrebbe causato un cambiamento tale nell'evoluzione delle stelle e nella nucleosintesi, da rendere l'esistenza stessa dell'uomo impossibile. Questa è l'essenza del principio antropico.

Per quanto riguarda le prove fossili, l'esistenza di forme "transitorie" o "intermedie" ipotizzate da Darwin, è stata decisamente smentita dalla paleontologia. Le forme fossili cosiddette transitorie sono rare ed estremamente discutibili; tutti i maggiori gruppi viventi compaiono improvvisamente e completamente formati, senza mostrare cambiamenti direzionali durante l'arco della loro esistenza (fino ad oggi oppure fino alla loro estinzione). D'altra parte, l'unico modo per tentare di ricostruire una catena evoluzionistica sarebbe lo studio genetico dei fossili, cosa che è impossibile.

National Geographic utilizza come prova a favore dell'evoluzione addirittura la struttura degli embrioni (p. 13): "Perché l'embrione di un mammifero passa attraverso stadi di sviluppo che assomigliano a quelli dell'embrione di un rettile"? […] "Perché, come scrisse Darwin, 'l'embrione è l'animale nel suo stato meno modificato" e quello stato "rivela la struttura del progenitore". Quest'ultima idea, più nota come la "legge biogenetica fondamentale" del biologo tedesco Ernst Haeckel (1866), è stata smentita già nel 1874 dallo specialista in anatomia Wilhelm His ed è stata respinta dal mondo scientifico sin dagli anni venti. È completamente scomparsa dai testi universitari a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso perciò stupisce vederla riproporre come se il tempo non fosse passato.

Per quanto riguarda la presunta evoluzione dell'uomo, vale la pena di chiedersi cosa, oltre alla somiglianza anatomica, morfologica e genetica, dà agli evoluzionisti delle ragioni per proporre la macro-evoluzione da antenati comuni a primati e uomo. Quale sarebbe, poi, la somiglianza spirituale fra l'animale-antenato dell'uomo e l'uomo moderno, con la sua mente capace di pensiero astratto, l'auto-coscienza, la moralità e la lingua, caratteristiche assolutamente assenti in qualsiasi animale. La teoria (insegnata nell'ex URSS) dell'evoluzionista Friedrich Engels, secondo la quale sia stato proprio il lavoro a trasformare la scimmia in uomo, fa soltanto ridere.

L'unica risposta è che c'è un enorme abisso tra l'uomo e qualsiasi animale! Il primo a sottolineare questo è stato Albert Einstein, per cui tale abisso è stato chiamato "abisso di Einstein". Da notare che non c'è nessun tentativo riuscito di trovare un modello scientifico del meccanismo dell'origine spontanea della vita spirituale. Questo problema é molto piú serio di quello - già irrisolvibile - dell'origine spontanea della vita biologica. Queste stesse evidenze erano già note nella scienza di 54 anni fa, tanto è che Einstein poté dichiarare (nel 1950): "Considero le dottrine evoluzionistiche di Darwin, Haeckel e Huxley tramontate senza speranza".

Ormai si sta facendo sempre più strada, fra gli stessi scienziati, la convinzione che per spiegare l'origine degli esseri viventi e la loro complessità, bisogna supporre un "Progetto Intelligente": ognuno ha poi una sua convinzione sulle caratteristiche del "Progettista", ma diviene sempre più indecente continuare a riproporre il caso e la selezione naturale come la sorgente dei magnifici esseri viventi.

In un paese democratico e civilizzato, una rivista scientifica divulgativa avrebbe dovuto presentare tutte le opinioni e i fatti riguardanti la teoria di Darwin, ma questo avrebbe messo in evidenza che essa spiega solo la microevoluzione e non la macroevoluzione, la quale rimane - dopo quasi 150 anni - solo ipotetica e priva di conferme scientifiche."


Prof. Antonino Zichichi
Fisico nucleare

La cultura dominante ha posto il tema dell'evoluzione biologica della specie umana sul piedistallo di una grande verità scientifica in contrasto totale con la fede. Immaginiamo un nostro antenato dotato di straordinaria longevità. Invece dei nostri cento anni, supponiamo che sia capace di vivere diecimila anni. Questa fantastica proprietà gli permetterebbe di osservare quello che è successo nel mondo da diecimila anni a oggi. Egli potrebbe quindi studiare il modo peculiare in cui i suoi simili si sono trasformati nel corso dei vari secoli. Troverebbe, questo nostro fantastico antenato, non poche difficoltà per capire cosa succede. E infatti, nel corso degli ultimi diecimila anni - dall'alba della civiltà ai nostri giorni - l'evoluzione biologica della specie umana ha fatto ben poco. Anzi, assolutamente nulla. L'uomo è esattamente com'era diecimila anni fa. Gli evoluzionisti dicono: "Ma questo è ovvio. Noi abbiamo sempre detto e ripetuto che i tempi tipici dell'evoluzionismo umano sono milioni, decine di milioni di anni". Gli evoluzionisti parlano come se un milione o dieci milioni di anni fossero il risultato di una previsione teorica legata a un'equazione. Se la teoria evoluzionista avesse basi scientifiche serie, essa dovrebbe essere in grado di predire il valore esatto dei tempi che caratterizzano l'evoluzione umana.

I sostenitori della teoria evoluzionista del genere umano non hanno la minima idea di come impostarne le basi matematiche. La teoria dell'evoluzionismo umano non è nemmeno al livello della peggiore formulazione matematica di una qualsiasi teoria di fenomeni fondamentali. Prendiamo ad esempio la Cromodinamica Quantistica: la teoria che descrive le forze tra quark. Essa ha un apparato matematico ben preciso ed è in grado di prevedere molti effetti. Ciononostante noi non la consideriamo una teoria galileianamente verificata in tutti i suoi aspetti. Molte proprietà della sua formulazione matematica sono ancora poco capite e tante verifiche sperimentali debbono essere realizzate. Un confronto tra questa teoria e la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è nemmeno ipotizzabile. Motivo: la Teoria Biologica della specie umana non ha alcuna base matematica. Eppure molti arrivano all'incredibile presunzione di classificarla come un'esatta teoria scientifica, corroborata da verifiche sperimentali. Domanda: quali sono le equazioni di questa teoria? Risposta: non esistono. Per chiarire meglio su quali basi poggia la teoria evoluzionista della specie umana è bene passare ora in rassegna i risultati sperimentali su cui si fondano queste speculazioni teoriche.

Diciamo subito che la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati. La famiglia ominoidea inizia con la scimmia primitiva Dryopithecus, e si sdoppia in un ramo (Pongidoe), che porta agli scimpanzé, ai gorilla, agli orangutanghi. E nell'altro ramo (Hominidae), che dovrebbe portare a noi, attraverso la sequenza Homo Habilis (età della pietra), Homo Erectus (età del fuoco), Homo Sapiens Neanderthalensis, fino all'Homo Sapiens, che porta a noi. Questa catena ha però tanti anelli mancanti e ha bisogno di ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello. Arrivati all'Homo Sapiens Neanderthalensis con un cervello di volume superiore al nostro, la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che, quarantamila anni fa circa. l'Homo Sapiens Neanderthalensis si estingue in modo inspiegabile. E compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa, l'Homo Sapiens Sapiens. Cioè noi. Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche...".

Ecco i tre livelli di credibilità scientifica, che ci permetteranno di capire a quale livello appartiene la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana.

Il primo livello è quello delle prove riproducibili: chi non credesse che la forza è proporzionale all'accelerazione potrebbe ripetere gli esperimenti di Galilei. Troverebbe sempre la stessa risposta.

Il secondo livello di credibilità si ha quando non è possibile studiare eventi riproducibili sotto controllo diretto. Vediamolo con un esempio. Nel cosmo si osservano diversi tipi di stelle. Introducendo un modello teorico, si possono interpretare quelle osservazioni in modo tale che un certo fenomeno stellare rappresenti l'esempio di come nasce una stella; un altro fenomeno, di come nuore. E così via. È ovvio che nessuno può dire: adesso ricomincio tutto daccapo, per verificare se è proprio vero che una stella nasce così ed evolve come previsto. Se manca qualche anello nell'evoluzione stellare, l'unica possibilità è la ricerca di qualcosa nel grande laboratorio cosmico su cui l'uomo mai potrà intervenire: il cielo. Ma c'è di più. I modelli dell'evoluzione stellare potrebbero essere con elementi ancora da scoprire. Basta ricordare la scoperta delle stelle pulsanti (pulsar). Prima della scoperta dei pulsar, nessuno avrebbe potuto sostenere che questo fosse un anello fondamentale dell'evoluzione stellare. Nel cielo ci sono diversi esempi di stelle che nascono e che muoiono. Osservando esempi identici di evoluzione stellare, è come se si ripetesse l'esperimento. Pur senza alcuna possibilità di intervento diretto, come già detto.

Viene infine il terzo livello: quando una serie di fenomeni accade una sola volta. Sarebbe il caso dell'evoluzione della specie umana, se non ci fossero gli anelli mancanti e tutte le altre difficoltà prima elencate. L'evoluzione della specie umana non è ancora arrivata al terzo livello. Se lo fosse, potrebbe assurgere al secondo livello di credibilità scientifica se, qui sulla Terra, diverse volte - come avviene per i fenomeni stellari - fosse possibile osservare tutte quelle fasi evolutive da noi sintetizzate prima. Questo è ovviamente impossibile. L'evoluzione della specie umana rimane quindi al di sotto del terzo livello di credibilità scientifica. Ma non è tutto. Infatti, nella sequenza evolutiva abbiamo già visto che ci sono anelli mancanti e fenomeni non capiti. Il terzo livello di credibilità scientifica appartiene a quei fenomeni che non hanno nè anelli mancanti nè punti misteriosi. Ecco perché la teoria che vuole l'uomo nello stesso albero genealogico della scimmia è al di sotto del più basso livello di credibilità scientifica.

Insomma, non è Scienza galileiana quella che pretende di imporre verità prive di quel rigore che ha fatto nascere, con Galilei, la Scienza... L'uomo della strada è convinto che Charles R. Darwin abbia dimostrato la nostra diretta discendenza dalle scimmie: per la cultura dominante non credere alla Teoria Evoluzionista della specie umana è atto di grave oscurantismo, paragonabile a ostinarsi nel credere che sia il Sole a girare intorno, con la Terra ferma al centro del mondo. È vero l'esatto contrario. Gli oscurantisti sono coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza alcuna prova sperimentale di stampo galileiano. Se l'uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l'esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l'oscurantismo moderno, sì.

dr. W.R. Thompson, entomologo e direttore del Commonwelth Institute of Biological Control di Ottawa
(dalla prefazione dell'edizione del centenario de "L'origine della specie" di Darwin)

La teoria dell'evoluzione: vera o falsa?

«Questa situazione in cui degli uomini si uniscono per difendere una dottrina che essi non sono capaci di definire scientificamente e ancor meno di dimostrare con tutto il rigore scientifico, ma che essi cercano di accreditare presso il pubblico sopprimendo le critiche ed eliminando le difficoltà, questa situazione nella scienza è anormale e sgradita... Il successo del darwinismo ha avuto come corollario un declino della probità scientifica».

Nella società globale in cui viviamo l'evoluzione naturalistica è considerata essere il meccanismo grazie al quale è nata la vita complessa. Nell'immaginario collettivo, il fatto di credere nell'evoluzione è associato a un approccio scientifico alla conoscenza, mentre il dubitare dell'evoluzione viene considerato come il risultato di superstizione o di ignoranza da parte delle persone.

Inclinazioni filosofiche

Sebbene questo articolo non riguardi principalmente la religione, devo iniziare con una breve discussione delle questioni religiose, dal momento che esse sono socialmente interconnesse con il soggetto dell'evoluzione (chi non fosse interessato a questa sezione può saltare subito al paragrafo successivo).

Le mie esperienze nella vita mi hanno convinto che virtualmente tutti, indipendentemente dalla propria intelligenza, hanno pregiudizi o inclinazioni filosofiche o religiose più o meno marcate in favore di una specifica visione dello scopo della vita. Quei pochissimi che non hanno tali inclinazioni sono generalmente indifferenti; non tendono a diventare scienziati evoluzionisti, a motivo della loro mancanza di interesse nelle domande cruciali relative agli eventi storici.

Un'inclinazione d'ordine filosofica non è necessariamente sbagliata. Ovviamente, una persona ha l'inclinazione a pensare che una data cosa è vera, e un'altra persona è convinta che quella cosa è falsa, non possono sbagliarsi entrambi! Un'inclinazione può essere basata su un sentimento o un'emozione, ma può ugualmente essere nel giusto.

Né si può dire che un'inclinazione sia necessariamente anti-scientifica. Alcune inclinazioni riguardano soggetti che la scienza attualmente non è in grado di esplorare, e a volte le persone sono disposte ad abbandonare un'inclinazione se delle forti prove empiriche la rendono non credibile.

La mia inclinazione filosofica - quella che è rilevante nel campo dell'evoluzione - è che un Essere onnipotente che chiamiamo Dio ha deliberatamente creato l'universo e noi esseri umani che lo abitiamo - particolarmente, Egli ha creato l'universo con lo scopo di farlo abitare da noi. Dal momento che un Essere onnipotente può fare qualunque cosa, questo lascerebbe aperti molti scenari concepibili riguardo all'esatto processo mediante il quale Dio ci ha creati. L'evidenza empirica, comunque, restringe queste possibilità a pochissimi scenari o anche a un solo scenario.

Problemi empirici

Prima di analizzare alcuni dei problemi empirici dell'evoluzione, vanno fatte due osservazioni sulla natura delle teorie scientifiche e della loro prova empirica.

1. Tutte le teorie funzionano sulla carta. Qualunque teoria scientifica può essere descritta in modo da farla apparire esatta, anche in modo indiscutibile. Il motivo per cui è necessario un test empirico è che sulla carta si possono fare tutte le supposizioni che si vogliono per far apparire valida una teoria. Spesso, queste supposizioni si dimostrano false quando la situazione empirica viene valutata.

2. Le prove negative sono più importanti delle prove positive. Le prove positive (cioè, a supporto della teoria) possono sempre essere trovate. Di solito, è proprio per questo motivo che una teoria viene formulata inizialmente: sembra esserci qualche prova che la supporta. Se molti esempi di prove a suo sostegno vengono trovate, ma si riscontrano solo poche prove negative, sembra che quelle positive annullino quelle negative. Ma l'evidenza empirica non si valuta in questo modo. Una sola forte prova negativa può essere sufficiente a distruggere una teoria. Le teorie sono confermate principalmente non a motivo delle prove positive, ma dalla mancanza di prove negative convincenti.

Vorrei ora menzionare tre problemi basilari con l'evoluzione:

Tempo disponibile

Sulla carta, la teoria dell'evoluzione può assumere che sia stata necessaria qualunque quantità di tempo perché le forme di vita oggi esistenti si siano formate. Gli evoluzionisti sostengono che la Terra è stata adatta allo sviluppo - per non parlare della nascita - della vita per circa 4 miliardi di anni. Può sembrare un'eternità, finché non si inizia a considerare cosa sarebbe dovuto accadere nel tempo secondo la loro teoria. Il solo DNA umano (ignorando le altre strutture complesse della cellula) consiste di circa 3 miliardi di nucleotidi di istruzioni genetiche. Questo significa che secondo la teoria dell'evoluzione, esse devono essersi evolute a un tasso medio di circa 0,75 nucleotidi all'anno (non per generazione). Se questo tasso non fosse stato costante, ci dovrebbero essere periodi in cui esso era ancora più veloce.

Si insegna che l'evoluzione naturalistica è avvenuta nel modo seguente: periodicamente si forma un singolo organismo nel quale avviene una mutazione genetica, un errore, nel suo DNA. Probabilmente, questo errore sarà neutrale o detrimentale, ma è concepibile che possa accadere che un rarissimo errore possa anche essere leggermente benefico sotto qualche aspetto. Così, questa singola creatura ha una possibilità di sopravvivere e di procreare leggermente maggiore dei suoi simili. Se questo individuo sopravvive e procrea (se, ad esempio, non viene divorato da altri durante la sua infanzia), allora dopo molte (centinaia?) di generazioni, quel leggerissimo vantaggio derivato dalla mutazione genetica, può lentamente diffondersi nella popolazione finché non diventa definitivamente parte delle specie.

Domandiamoci: è anche solo lontanamente concepibile che il processo naturalistico immaginato sopra possa supportare un tasso di 0,75 nucleotidi all'anno? No. Trilioni o quatrilioni di anni potrebbero forse risolvere quest'anomalia, ma si tratta di periodi enormemente maggiori dei 4 o 5 miliardi di anni della teoria dell'evoluzione. L'evoluzione dunque fallisce in questo test.

Esistono molti sottoesempi. La balena, che secondo l'evoluzione è apparsa 10 milioni di anni dopo il primo mammifero, probabilmente ha milioni di nucleotidi di DNA che non hanno niente a che fare con l'essere un mammifero terrestre, e per acquisirli sarebbero stati necessari tassi di evoluzione naturalistica impossibili per il tempo che era disponibile.

Certamente i calcoli che abbiamo fatto sono approssimativi. Comunque, servono allo scopo di mettere in risalto alcuni dei problemi di fondo dell'evoluzione. Sta agli evoluzionisti presentare una dimostrazione empirica e matematica che provi che l'evoluzione può essere avvenuta nel tempo disponibile; fino ad oggi, non mi è mai stata presentata alcuna prova simile.

I fossili

L'evoluzione implica che le testimonianze fossili debbano mostrare un campione di creature che lentamente, in modo crescente, si sia trasformato in creature più sofisticate, giungendo infine agli organismi viventi che abbiamo oggi sulla Terra. Si può presumere che si riscontreranno dei vuoti nelle testimonianze fossili, ma se un gran numero di fossili è stato depositato, dovremmo poter riscontrare in essi l'andamento generale implicato dalla teoria.

Invece, le testimonianze fossili mostrano qualcosa di molto diverso. La vita monocellulare è apparsa quasi immediatamente. Nessun organismo multicellulare è esistito fino a tempi relativamente recenti, in cui numerose piante e specie animali complesse sono apparse simultaneamente, per poi rimanere inalterate per lunghissimi periodi di tempo, e infine ciascuno di essi si è estinto o è sopravvissuto fino ai giorni nostri. Numerosi altri gruppi di nuove specie sono apparse più recentemente, di cui la più recente è quella umana.

E' sempre possibile presentare pochi inusuali frammenti fossili in modo tale da supportare l'evoluzione, ma non è possibile riconciliare il quadro generale delle testimonianze fossili con le predizioni evoluzionistiche. Per confermare l'evoluzione sono necessarie lunghe transizioni incrementali, non improvvise e inesplicabili apparizioni seguite da stasi ben documentate.

Dipendenza dalle parti collegate

Sulla carta, la teoria dell'evoluzione assume che la "funzione benefica" di un sistema complesso possa essere lentamente accumulata, così come si accumulano le "parti" di un sistema. Questo concetto è vitale, dato che perché possa comparire un sistema complesso mediante la selezione naturale, le parti accumulate del sistema devono provvedere un beneficio che la selezione naturale può selezionare.

Gli studi empirici di biologia mostrano che tutte le forme di vita, dai più semplici microbi fino agli umani, sono pieni di sistemi complessi che non appaiono sottostare a questo requisito evoluzionistico. Anziché un percorso fluido dalla non-esistenza allo stato moderno, la maggior parte dei sistemi biologici mostrano ciò che potremmo descrivere come una "vetta di beneficio", che non può essersi avuta grazie a delle mutazioni casuali.

Per illustrare questo fatto con un esempio, consideriamo un'automobile. Molte parti dell'automobile danno un beneficio, ma non sono strettamente indispensabili. E' più sicuro guidare con uno specchietto retrovisore, ma possiamo anche guidare facendone a meno. E' confortevole e divertente avere l'aria condizionata e uno stereo in auto, ma possiamo anche guidare da una città a un'altra senza possederli.

Supponiamo di rimuovere questi optional, lasciando nell'automobile solo quei componenti assolutamente indispensabili per poter guidare da un punto A a un punto B, a un livello di utilità superiore però a quello di una bicicletta. L'automobile sarebbe ancora molto complessa. Un gran numero di parti critiche (in particolare quelle del motore) non potrebbero essere tolte.

Il problema ovvio è che la selezione naturale non inizia neanche a selezionare fintanto che non si raggiunge una quantità piuttosto grande di funzionalità complesse. Ma se non è stata la selezione naturale a creare la complessità, allora che cosa?

La maggior parte degli evoluzionisti oggi sono consapevoli di questo problema, ma insistono sul dire che il percorso incrementale richiesto dall'evoluzione esiste; solo che "non è stato ancora scoperto". Naturalmente, qualunque falsa teoria potrebbe essere difesa in questo modo: "E' solo che sembra falso; le prove della sua correttezza non sono ancora state trovate".

E' concepibile che una parte neutrale dal punto di vista del beneficio possa comparire, e restare finché - grazie a delle casualità incredibilmente spettacolari - altre parti compaiano e cooperino con la prima. Ma in tal caso dovremmo aspettarci di vedere la maggior parte delle forme di vita piene di parti inutilizzate che "un giorno" potrebbero costituire dei benefici in combinazione con parti non ancora esistenti. Noi non osserviamo niente del genere. Diverse funzioni apparentemente inutili (come l'appendice umana, la tiroide e le tonsille) sono state ritenute tali per anni fino alla prova contraria, e comunque costituirebbero delle rare eccezioni, non la regola generale.

Il problema delle parti collegate è specialmente problematico per il concetto di evoluzione, perché mentre problemi come quelli del tempo disponibile e dei fossili indicano semplicemente che l'evoluzione non è avvenuta qui sulla Terra, il problema delle parti collegate indica che essa non può avvenire affatto.

Conclusione

Dati i tre seri fallimenti empirici della teoria dell'evoluzione, ciascuno dei quali dovrebbe portare a dubitare seriamente di tale teoria, se non a considerarla una deliberata falsificazione, concludo razionalmente che l'evoluzione è falsa, e che, a rigor di logica, l'unico altro scenario probabile è che Dio ha creato la vita sulla Terra in una serie di momenti diversi, così come è riportato nella Genesi.


Giuseppe Sermonti
Ordinario di Genetica all'Università di Perugia

Sulle teorie evoluzionistiche

La principale difficoltà che si incontra opponendosi alle teorie evoluzioniste, e in particolare al neo-darwinismo, è la loro scoraggiante banalità. Qualunque teoria che proponga il Caso come generatore di tutti i viventi (la Selezione Naturale non aggiunge nulla al caso) è semplicemente ridicola e, in termini statistici, assolutamente "impossibile". C'è solo da chiedersi come una tale teoria abbia potuto sostenersi per un secolo e mezzo, ritrovando vigore dopo ogni guerra vinta dai conterranei di Darwin. Si attaglia alla situazione un pensiero di John Stuart Mill: «Appare spesso che un convincimento, universale durante un'epoca... in un'epoca successiva diventi un'assurdità così palpabile che l'unica difficoltà è quella di cercare di capire come mai una simile idea possa essere apparsa credibile».

Un'altra difficoltà nel discutere di evoluzione sta nel capire di che cosa si sta parlando. È ben noto che nelle prime edizioni dell' Origine delle Specie, Darwin non usò mai il termine "evoluzione", mentre usò quello di "creazione" o di "origine". La semplice ragione era che per "evoluzione" s'intendeva, alla metà dell'Ottocento, lo svolgimento di un programma, e il centro del pensiero di Darwin, e dei suoi epigoni, era che la Natura non avesse programmi o progetti, e le specie si trasformassero senza alcuna predeterminazione o prospettiva: per l'appunto, a caso. Se vogliamo trovare una definizione di Evoluzione, dobbiamo ricorrere ai vocabolari letterari, dove si leggono frasi come questa: «Un processo di cambiamento continuo da una condizione inferiore, più semplice o peggiore ad uno stato superiore, più complesso o migliore» (Webster). Se cerchiamo una definizione di Evoluzione in un testo scientifico, si parla di tutt'altro. Helena Curtis, nel glossario della sua rinomata "Biologia", definisce così l'evoluzione: «Processo che da una popolazione, in conseguenza di produzione di variazione genetica e dell'emergenza delle varianti per opera della selezione naturale, ne fa discendere un'altra con caratteristiche diverse». Che quest'altra popolazione sia superiore, più complessa o migliore, non importa; è sufficiente che sia variata, fosse anche inferiore, più semplice o peggiore. È giusto che il pubblico sappia che quando gli scienziati, e segnatamente i biologi molecolari, parlano di evoluzione, stanno discorrendo d'altro. Di qualcosa che non ha nulla a che fare con il concetto comune di evoluzione e poco persino con Darwin.

Un'impossibilità matematica

L'affermarsi della evoluzione molecolare ha segnato l'"eclissi" degli organismi. Abbandonate le forme viventi, i biologi sono rimasti affascinati da codici e testi genetici, perdendo di vista gli organismi e dandosi questa regola: «Solo nel DNA, tutto nel DNA, nient'altro che nel DNA». Si sono presi cura delle vicende molecolari delle specie, preferendo ignorare che queste poco o nulla avessero a che fare con la storia della loro morfologia. Aveva scritto - con rispettabile franchezza - il grande biologo molecolare R.E.

Dickerson nel 1972: «Quanto più ci si avvicina al livello molecolare negli organismi viventi, più simili questi appaiono e meno importanti divengono le differenze tra, per esempio, una mosca e un cavallo». E François Jacob, nel 1977: «Non sono le novità biochimiche che hanno generato la diversificazione degli organismi ... ». Precisa poi che non è la differenza nei costituenti chimici «ciò che distingue una farfalla da un leone, una gallina da una mosca o un verme da una balena». Ciò non toglie che gli evoluzionisti sono oggi quasi esclusivamente bio-molecolari, si occupano di organismi astratti e volentieri lavorano su organismi virtuali residenti nei personal computer (come il famoso Richard Dawkins).

Daniel Raffard de Brienne, nella sua opera sulla fine dell'Evoluzione, si occupa dell'evoluzione come la intende il pubblico e come la si intendeva anche negli ambienti scientifici, fino all'inizio del Novecento. Ci risparmia le molecole, la cui "evoluzione" non può, nella definizione della Curtis, essere contraddetta, e affronta i problemi mai risolti dell'origine della vita, delle specie, dell'uomo. L'origine della vita dalla non-vita per un accidente occorso miliardi di anni fa è così improbabile da essere assolutamente impossibile. «I matematici - conclude R. de Brienne - ci obbligano a dedurre l'impossibilità dell'evoluzionismo». L'origine della cellula da un assemblaggio di molecole è ancora più improbabile, se esiste qualcosa di più improbabile dell'impossibile. Gli ipotetici protobionti, immaginati da alcuni protobiologi «sono simili alla cellula quanto le bolle d'acqua possano essere simili all'occhio umano». Altrettanto impossibile è l'origine delle specie e il loro graduale e progressivo svilupparsi l'una dall'altra. Il fenomeno comporterebbe il ritrovamento tra i fossili di un gran numero di forme intermedie ma queste non si trovano! Sono i famosi anelli mancanti, che seguitano imperterriti a mancare. L'esempio più classico, cui l'Autore fa riferimento, è quello degli equidi. Nel 1874 il paleontologo russo Kovalevsky abbozza una successione evolutiva che prevede quattro generi in successione cronologica: Paleotherium > Anchitherium > Hipparion > Equus. Nel 1918 R. Lull traccia un tronco che va dall'Eohippos (in luogo del Paleotherium) all'Equus, da cui Anchitherium e Hipparion si distaccano come rami laterali. «L'indagine geologica, scrive Ch. Déperet negli stessi anni, ha definitivamente accertato che non esistono passaggi graduali tra queste specie». Nel 1951, G. G. Simpson traccia un albero che ha l'aspetto di un cespuglio, che è ormai composto di linee parallele nella genealogia di J. H. Quinn. «La famosa successione graduale dei cavalli - conclude R. Fondi (1980) - consiste, in realtà, di un insieme di elementi spazio-temporali staccati gli uni dagli altri».

Il passaggio dalla scimmia all'uomo incontra due ostacoli: il primo è la difficoltà di spiegare la modifica contemporanea della stazione, del cervello, della faringe, del sistema nervoso centrale. Il secondo è l'esistenza insormontabile di una barriera fra le facoltà intellettuali della scimmia e dell'uomo. E poi, dove sono gli anelli intermedi? Qui incontriamo un esempio classico della frode scientifica, il cranio di Piltdown. Scoperto all'inizio del secolo, questo cranio presentava una volta spaziosa combinata con una mascella scimmiesca. Benché, secondo le teorie in voga, l'anello mancante doveva avere un cervello ancora piccolo associato a una mascella umanoide, esso fu acclamato come la dimostrazione inequivocabile della discendenza dell'uomo dallo scimmione e tenuto per quasi cinquant'anni in mostra in una vetrina del Museo delle Scienze di Londra. Quando si cominciò ad impiegare il carbonio 14 per la datazione dei fossili, esso fu subito applicato all'uomo di Piltdown. Risultò un falso palese: una mascella di gorilla contemporaneo era stata incastrata nel cranio di un uomo medievale. Il falso era rimasto lì per mezzo secolo, davanti agli occhi di scolari e professori, e nessuno se ne era accorto. A questo punto che fanno i sostenitori di una teoria che ha perso nel ridicolo il suo monumento storico? Chiedono scusa, e con la testa chinata cambiano mestiere, o, per lo meno teoria? Nulla del genere. Piltdown (la prova essenziale dell'evoluzionismo, secondo Teilhard de Chardin) resta a dimostrazione della capacità di autocritica della scienza, che va in cerca, invano, di altri anelli mancanti. Sui libri di testo scolastici rimane intatta la vignetta dello scimmione che via via si solleva fino a diventare un gentleman.

A mio giudizio (cfr. Giuseppe Sermonti, La luna nel bosco, Rusconi, Milano, 1985), la discendenza dell'uomo da uno scimmione è un antico mito (altri miti e favole parlano della discendenza della scimmia dall'uomo), che ha l'unica base nella somiglianza morfologica e molecolare tra l'uomo e gli scimmioni senza coda (pongidi), e nel pregiudizio gnostico che il bestiale preceda l'umano. In realtà i paleoantropologi hanno smesso di parlare dell'antenato scimmiesco, da quando è risultato che nella morfologia, nell'embriologia, nell'andatura, nella biologia molecolare, l'uomo è molto più "originario" e lo scimmione "derivato", per tacer del fatto che fossili di scimmioni non si trovano oltre qualche centinaio di migliaia di anni fa, e ominidi fossili datano da quattro, cinque o più milioni di anni. Scrive Alan R. Templeton: «Il camminare sulle nocche - non il bipedismo - è la novità evolutiva nella locomozione dei primati e... molti caratteri ominidi sono primitivi mentre le controparti nelle scimmie africane sono derivate». Ma non diciamolo ai bambini delle elementari, cui seguitiamo a mostrare una scimmia china appoggiata sulle nocche che gradualmente si erige a formare l'uomo.

L'evoluzionismo, particolarmente quello neo-darwiniano, nonostante troppe volte smentito, seguita a sedere tranquillo sugli scranni del sapere e a far mostra di sé sulle targhe di molti illustri istituti in tutto il mondo. Con esso è invalso negli ambienti scientifici uno stile accademico elusivo e manicheo, che è andato a detrimento di tutta la scienza. Mi piace citare, in conclusione, una frase di W. H. Thompson, studioso d'evoluzione, che fu incaricato a stilare l'introduzione a una edizione centennale dell'Origine delle Specie di Darwin: «Questa situazione, dove uomini si riuniscono alla difesa di una dottrina che non sono capaci di definire scientificamente, e ancor meno di dimostrare con rigore scientifico, tentando di mantenere il suo credito col pubblico attraverso la soppressione della critica e l'eliminazione delle difficoltà, è anormale e indesiderabile nella scienza».



Id.
Chi critica Darwin non è un bigotto, a differenza di certi darwinisti

Togli dalla scienze naturali il mistero della bellezza, dello scopo e del significato e avrai l'evoluzionismo. Non è un'ipotesi né un fatto, è un metodo, o un castigo. L'esistenza, proclamò Richard Dawkins, "non è più un mistero", da quando l'enigma è stato risolto, da Darwin e Wallace.

Ma l'enigma è ancora là. Ho visitato gli Usa lo scorso maggio e sono stato coinvolto nella discussione sull'insegnamento del darwinismo, a Seattle e in Kansas. E' uno strano contenzioso, tra i darwinisti, sostenitori della necessità di tenere la Religione lontana dalle classi di Scienze (come vuole il Primo Emendamento della Costituzione) e i fautori dell'Intelligent Design (ID, con base a Seattle), che sostengono che la religione non c'entra, e si tratta solo di presentare il darwinismo criticamente, contrapponendogli altre ipotesi. Per i darwinisti, che in Kansas hanno disertato il dibattito, ogni oppositore a Darwin è un malcelato fondamentalista religioso. In Italia, per inciso, l'argomento religioso non è mai entrato nel dibattito. Dibattito che, in realtà, non c'è, perché i darwinisti sono così convinti di aver troppo la ragione dalla loro parte da non voler perdere tempo a discutere.

G. L. Schroeder, nel suo Genesi e Big Bang (1991), documenta esaurientemente che il Genesi biblico non è affatto una cosmogonia mitologica, o un racconto per bambini, come lo definiscono i darwinisti, ma un sapiente resoconto scientifico, paragonabile alla moderna cosmologia. "Essi sono realtà identiche descritte in termini diversi". Basta confrontarlo con l'Enuma Elish assiro-babilonese (secondo millennio), popolato di draghi mostruosi nati dalla congiunzione nel caos di Apsu e Tiamat. Anche la teogonia esiodea, con Urano evirato, Titani, Ciclopi e Giganti è un'epopea. Nel Genesi non appare un Marduk (o un Bel) che seziona il corpo del mostro Tiamat in due parti, come valve di conchiglia, a formare il firmamento e la terra. Né un Briareo dalla cento braccia. E' sobriamente descritta l'origine dell'universo dal nulla ("Fiat lux"), seguita da un periodo di assestamento astrofisico, poi dalla comparsa della vita vegetale e animale dalle acque e dalla terra. A coronamento dell'opera è creato l'uomo perché assoggetti la terra. Si tratta di una teoria dell'evoluzione ante litteram. Dal big bang dell'astrofisica moderna all'origine della vita, delle specie e dell'uomo, lo scenario moderno segue sostanzialmente il modello biblico. I grandi gruppi dei viventi vi appaiono ad ondate successive ed il corteo è chiuso dall'uomo, il più perfetto tra gli esseri.

Genesi e selezione naturale

Una differenza tra i due quadri merita attenzione: nella Bibbia le grandi classi dei viventi compaiono successivamente e autonomamente, nell'Evoluzionismo derivano gradualmente ognuna dalla trasformazione della precedente: dai pesci gli anfibi, dagli anfibi i rettili, dai rettili i mammiferi. Il processo di trasformazione delle classi è per Darwin una necessità logica, per evitare il ricorso a emergenze successive che potrebbero richiedere interventi ripetuti del Creatore. In due parole, l'Evoluzionismo è una revisione del Genesi, o, sul piano religioso, una eresia biblica. Il Genesi proclama: "Dio disse: Vi sia luce. Vi sia un firmamento. Le acque si ammassino. La terra verdeggi. Vi siano luminari. Le acque brulichino. La terra produca esseri viventi. Facciamo l'uomo.". Darwin conclude il suo Origin of Species inneggiando alla Vita "con le sue diverse potenze, infuse (breathed) originariamente dal Creatore in poche forme o una". L'ateismo è un predicato posteriore e non necessario del darwinismo. Sul piano scientifico, prima della comparsa del Disegno Intelligente, erano di fronte due scuole: quella "inglese" (per forze esterne), che prospettava una evoluzione dei gruppi viventi per aggiunte adattative e terminali di organi o funzioni, quella "francese" (per spinte interne) che sosteneva invece che un gruppo che ha già imboccato una strada non può più uscirne: un rettile specializzato non può dar più luogo a un mammifero. La scuola inglese esclude un 'disegno', quella francese ne richiede diversi, alla comparsa di ogni nuovo gruppo.

Per Grassé (1973) la nascita dei gruppi viventi avviene da una linea di forme arcaiche, la linea delle madri, da cui sgorgano le linee specializzate ("come da un rizoma di fragola, da cui spuntino volta a volta dei fusticini"). La scuola inglese presuppone tra gruppo e gruppo la presenza di "forme intermedie", quella francese (Grassé è autore di un Traité de zoologie in 28 volumi) le esclude. La disputa tra le due scuole scientifiche è rimasta confusa tra scontri religiosi e risse politiche e accademiche, e si finisce col discutere se Iddio abbia voce in capitolo, oppure se ne possa fare a meno. Per me, essendo il sommo di tutti i misteri, Iddio dovrebbe essere tenuto fuori dalla controversia, dalle discordie tra fossili e molecole, e l'evoluzione dovrebbe divenire una materia seria, discutibile e problematica, lontana dalle leggende metropolitane, dalle cellule politiche, dalle sacrestie. Tanto il Genesi che la teoria della Selezione Naturale vanno collocati al loro posto nella Storia della Scienza antica e recente. Eppure, nella piccola Italia, quando la Moratti osò proporre uno spostamento di qualche anno nell'insegnamento dell'evoluzione, si ebbe un sollevamento accademico e popolare, fu nominata una commissione di saggi e si decise che l'insegnamento della visione scientifica (quindi darwiniana) dovesse essere impartito il prima possibile e dovesse essere monoculturale, come una bibbia laica, come un catechismo per bambini.

Una cosa seguita a offendermi: che scienziati della statura di Cuvier, di Von Baer, di Driesh, di Rosa, di D'Arcy Thompson, di Waddington, di Thom, di Portmann, di Loevtrup, di Imanishi, di Lima-de-Faria, di Varela, di Paterson, di Sibatani, per citarne alcuni, siano liquidati con supponenza dagli ultimi epigoni del darwinismo come ingenui fondamentalisti religiosi. Ho frequentato le riunioni degli Strutturalisti di Osaka, negli anni Ottanta-Novanta, e quelle dei sostenitori del Disegno Intelligente, quest'anno. Di religione non ho sentito parola.


Id.
Il pensiero evoluzionista

Se studiassimo la vita di Charles Darwin, ci troveremmo davanti ad un uomo che fuggiva Dio. Allevato in una famiglia benestante, ricevette un'educazione cristiana, nonostante l'ateismo del nonno. Purtroppo non aveva un buon rapporto con suo padre, per cui, come spesso accade, di riflesso ebbe una cattiva relazione anche con il proprio Padre celeste. Suo padre voleva che studiasse per diventare medico, quindi lo mandò all'università di Edinburgo; ma come studente era molto pigro, anche a causa della disponibilità di denaro che aveva, per cui non riuscì a superare gli esami e dovette tornare a casa. Era consuetudine, in quei giorni, che quelli che non riuscivano negli studi intraprendessero la carriera di ministri nella chiesa anglicana; e fu la sorte che toccò anche a Charles: studiare teologia a Cambridge. L'istruzione che allora era impartita in quell'università, era di tipo deista, e non teista come vorrebbe la Bibbia, in ogni modo anche in quel caso fu un pessimo studente: era un donnaiolo e giocava d'azzardo; quindi, non riuscì nemmeno in teologia. Alla fine della sua carriera di studente, Charles, non credeva più nell'Antico Testamento, anche se diceva di continuare a prestare fede nel Nuovo. Questa è però una situazione che non può durare a lungo, perché il non credere più in una parte della Bibbia, ti porterà inesorabilmente a non credere più in nessun'altra parte di essa.
Un giorno Darwin sentì parlare di una nave che faceva il giro del mondo per studi naturalistici, e così decise di imbarcarsi insieme con un suo amico di Cambridge che era cristiano. Al loro ritorno, Charles Darwin scrisse il famoso libro: "L'origine delle specie". Da quel momento non parlò più con nessuno di religione, anche se sua moglie ed i figli erano cristiani. La perdita della fede fu accompagnata anche dalla perdita della salute. Charles fu un uomo malato per il resto dei suoi giorni, non solo, ma perse anche l'interesse per la bellezza insita nella natura, per la poesia, ed addirittura per la musica; è una storia molto triste. Forse si rese conto di ciò che aveva fatto quando un suo professore di Cambridge definì il suo libro: "Una porzione di marcio materialismo ben cotto, e servito per renderci indipendenti dal nostro Creatore".

Dopo alcuni anni, anche Darwin ammise che il motivo principale per cui scrisse quel libro era appunto quello di renderci indipendenti da Dio, perché ormai non ne avevamo più bisogno; era arrivato finalmente il momento in cui potevamo evolvere da soli. Da allora l'umanità ebbe una forte spinta ad indirizzare la propria fede nell'uomo anziché in Dio, e nacque così l'umanesimo. L'effetto di tale spostamento fu inverso a quello sperato, infatti, anziché avanzare verso una società più umana, c'incamminammo verso una società più bestiale. La teoria darwiniana dà particolare risalto alla lotta per la sopravvivenza che, nel mondo animale, seleziona i più forti a scapito dei più deboli.

Il sogno Hitleriano della razza superiore aveva la stessa origine; come dimostrò il suo libro "Meine kampf", scritto in prigione. Dietro di lui c'era la mente di Friedrich Wilhelm Nietzsche, il filosofo ateo precursore del fascismo e del nazionalsocialismo, colui che diceva che Dio è morto e che "gli dei d'oggi sono la razza superiore". Così fatalmente tutti gli europei si trovarono impegnati in guerre per colonizzare l'Africa, che era considerata terra popolata da razze inferiori; mentre il mondo apparteneva agli europei, che erano superiori. Non fu solo l'Africa a soffrire per questa follia omicida, anche l'Australia, per mezzo dei colonizzatori inglesi, ebbe una sorte analoga. In Tasmania, ad esempio, vivevano delle popolazioni aborigene, che erano considerate ad un gradino molto basso sulla scala dell'evoluzione, e perciò ritenuti a malapena umani. Così gli inglesi, per fare un po' di sport, andarono a caccia d'aborigeni, fin quando non li ebbero uccisi tutti.

Anche questo è stato un frutto del pensiero evoluzionista, così come le terribili guerre combattute per lo stesso principio in Africa. Oltre a quelle che abbiamo citato vi sono state, e vi sono anche oggi, altre gravi conseguenze di questo pensiero: mi riferisco particolarmente all'idea di competizione che è entrata nel mondo degli affari. La teoria di base del moderno capitalismo afferma che è meglio che i deboli muoiano per lasciare il posto ai più forti. Seguendo questo principio alcuni grandi sono diventati sempre più grandi, monopolizzando intere aree di mercato e riuscendo spesso ad imporre le loro regole anche ai governi d'alcuni paesi. Questo è il mondo in cui noi tutti stiamo vivendo; anche per merito delle dottrine darwiniane. L'America settentrionale è il luogo dove questo principio è stato più largamente applicato al mondo degli affari. E' successo la prima volta con le compagnie ferroviarie, che nel secolo scorso si contavano in gran numero, e che, per effetto di tale lotta, si sono drasticamente ridotte di quantità, lasciando l'intero territorio sotto la gestione di pochi grandi. Penso che un caso limite di questo stile di vita sia rappresentato da John Davison Rockfeller che, uomo spregiudicato negli affari, ha avuto un grandissimo successo, schiacciando senza alcun rispetto tutti i suoi concorrenti. La cosa più incredibile è che era anche monitore in una scuola domenicale, ed insegnava ai bambini che la sopravvivenza del più forte è un insegnamento biblico. Il suo concetto di società competitiva, che è comune anche ad altri personaggi del proprio stampo, è che i ricchi devono arricchire, mentre i poveri impoverire, ed è ciò che puntualmente avviene, perché alcune persone riescono sempre ad avere un vantaggio sugli altri.

Inutile sostenere che anche questi casi sono opposti agli insegnamenti cristiani biblici. E' incredibile come una stessa teoria possa essere approvata anche da ideologie addirittura opposte; com'è accaduto in questo caso, dove anche Karl Marx ha trovato la base per la sua storica lotta. Secondo la dottrina capitalista i più forti sono i ricchi, mentre per quella comunista sono i proletari, ma nella Russia, dove la parola "lotta" era la preferita, era addirittura obbligatorio leggere le opere di Darwin. Se facciamo una ricerca sul perché in certi ambienti questa parola sia usata così spesso, scopriremo quasi certamente che è a causa del suo legame con l'evoluzionismo. Così fatalmente, sotto il regime stalinista furono assassinate ben ottanta milioni di persone perché non erano considerate degne di vivere; quest'orribile sterminio è in pratica sconosciuto alla maggioranza.

Oggi ci troviamo così di fronte ad una scelta: vogliamo vivere in una società competitiva, dove si lotta per l'esistenza personale o del proprio gruppo, cercando sempre di sconfiggere la concorrenza; oppure una società che ama e che si prende cura degli altri, dove il più forte si preoccupa del più debole ed il ricco del povero? Nietzsche aveva un'idea ben precisa in proposito, che trovava la sua ragione nella parola "selezione"; la chiave dell'evoluzionismo. Lui affermava che il cristianesimo altera il principio della selezione naturale, perché attribuisce ai deboli lo stesso valore che hanno le persone più forti. Secondo il suo pensiero, agendo con questo principio, si rovina l'intero processo d'evoluzione, facendo correre all'umanità il rischio di degenerare, invece di perfezionarsi. In altre parole lui affermava che era un male curare i malati, sarebbe stato molto meglio per tutti lasciarli morire, così si sarebbe evitato che potessero riprodursi indebolendo la razza umana. Per questo in Germania i malati di mente, così come le persone più anziane, erano messe a morte. A questo scopo servivano anche i campi di sterminio; per liberarsi dei più deboli.

Su una cosa Nietzsche però aveva ragione: lo spirito del cristianesimo autentico è contrario a quello della selezione naturale. Per Gesù tutte le persone hanno pari valore, ed è per il suo insegnamento se i cristiani si sono prodigati nella cura dei più deboli.

[...] Le agitazioni che sono in corso dimostrano però che c'è ancora una minoranza che si ribella contro questo stato di cose, e che rivendica una società che ama, a loro non interessa la competizione, ma la fratellanza.

Tutti questi guasti alla società del ventesimo secolo sono l'eredità che ci ha lasciato Darwin con le sue teorie. I cristiani hanno però il dovere di dimostrare nelle loro comunità un tipo d'alleanza alternativa all'attuale, dove i deboli hanno veramente lo stesso peso dei potenti, ed i malati quello dei sani; perché questo è il modo di pensare di Dio. Recentemente sono venuti da me alcuni zingari, pregandomi di rivolgermi a loro nome presso le autorità, perché gli sia permesso di fare una campagna d'evangelizzazione per far conoscere Cristo ad altri zingari. Questo perché nessuna città inglese permette d'avere grandi raduni di nomadi, giacché sono molto prevenuti nei loro confronti, e quindi li rifiutano. Anche in questo caso abbiamo una dimostrazione della grazia di Dio, perché quelli che gli uomini rifiutano Dio li ama, ed oggi assistiamo un gran risveglio in queste comunità. Hitler mandava gli zingari nelle camere a gas. Dio, invece, li sta accogliendo presso di Sè nel cielo.