INTRODUZIONE A IVAN ILLICH


1.

Tra i critici della modernizzazione e della civiltà industriale avanzata, il cui capostipite è Marx, Ivan Illich occupa un posto singolare. Mentre, infatti, gran parte di quei critici sono eredi confessi (come i rappresentanti della Scuola di Francoforte fino a Marcuse) o nipotini di Marx (come molti sociologi progressisti contemporanei), Illich, pur citando a più riprese il filosofo di Treviri, fonda il suo lavoro sul presupposto di un'innata dignità e libertà dell'essere umano in quanto creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza. Sacerdote cattolico, pur essendo venuto precocemente in rotta con l'Istituzione ecclesiale, Illich non ha mai abiurato la fede. La liberazione dell'uomo di cui egli parla non è pertanto, almeno immediatamente, di natura politica, bensì spirituale. Alle false promesse della civiltà industriale avanzata di un benessere illimitato fondato sul consumo e di una protezione totale dalla sofferenza, in nome di una felicità edonistica, egli oppone il modello dell'austerità, vale a dire di un regime di vita incentrato sull'uso di beni e servizi strettamente necessari all'autorealizzazione e sull'accettazione dei limiti e delle contraddizioni proprie dell'esistenza.

Se dovessi definire una progenitura intellettuale per Illich, non saprei a chi ricondurmi se non a Rousseau. Illich di fatto ha svolto, nella seconda metà del XX secolo - l'epoca del decollo e dell'affermazione incontrastata della razionalità capitalistica -, la stessa funzione di Jean-Jacques Rousseau all'epoca dell'affermazione dell'Illuminismo: quella cioè di demistificare il mito del Progresso sotto l'egida della Dea Ragione come un inganno.

Illich, che io sappia, non ha mai citato Rousseau che pure, data la sua sterminata cultura, deve avere letto. Le filiazioni intellettuali, del resto, non sono sempre consapevoli, e si realizzano sulla base di un comune modo di sentire. Comune a Rousseau e a Illich è il riferimento all'uomo come essere libero, buono e dotato di potenzialità creative; comune è la critica delle Istituzioni sociali (Stato, Chiesa, Scuola, ecc.) come strumenti occulti di dominio, di oppressione e di manipolazione; comune è l'opposizione ad ogni forma di burocratizzazione della vita, dai valori imposti dall'ideologia dominante alle mode e ai costumi; comune è il riferimento ad una rivoluzione culturale prima ancora che politica. L'affermazione di Rousseau secondo la quale l'uomo nasce libero ma la società lo mette in catene potrebbe essere assunta come epigrafe di tutte le opere di Illich.

Dato il riferimento ad una natura umana originariamente libera e creativa e ad un'Organizzazione sociale istituzionalizzata che mortifica la dignità e la libertà umana, non c'è da soprendersi che entrambi gli autori indulgano ad una forma di conservatorismo nostalgico. Rousseau esalta le virtù della razza contadina di un tempo, Illich il sapere non tecnico delle comunità popolari e delle culture minacciate dalla razionalità capitalistica.

Per quanto significativo, il paragone non va esasperato. A differenza di Rousseau, la cui antitesi con il mondo a lui contemporaneo è radicale, Illich non rifiuta tout-court il Progresso. Egli sottolinea costantemente, in tutte le sue opere, l'esistenza di una doppia soglia dello sviluppo: superata la prima, la Scienza e la Tecnica producono strumenti le cui potenzialità di soddisfazione dei bisogni umani sono indubbi; al di là della seconda, l'istituzionalizzazione e la professionalizzazione di quegli strumenti passivizzano l'uomo e inducono lo sviluppo di falsi bisogni. Il concetto di doppia soglia è di grande interesse. Per quanto si tratti di un concetto che Illich ha ricavato dall'analisi dello sviluppo della Scienza e della Tecnica contemporanee, il quale non può essere teorizzato scientificamente, ma solo usato empiricamente, riconoscendo di volta in volta il trasformarsi degli strumenti del progresso in vincoli dell'evoluzione umana, in condizionamenti e, infine, in autentici pericoli di alienazione, non c'è dubbio che esso coglie un aspetto assolutamente reale. Tanto più questo appare importante quanto più il superamento della prima soglia, che migliora il tenore di vita degli esseri umani, può facilmente ingannarli portandoli a misconoscere il superamento della seconda soglia.

E' sul concetto di doppia soglia che si basa la proposta iilichiana di una civiltà che ponga il Progresso a disposizione dell'uomo, estinguendo i rischi di una Società divisa in ricchi e poveri e accomunata dall'alienazione. Tale proposta s'identifica nella convivialità, vale a dire nella possibilità che lo strumento sia utilizzato unicamente al fine di soddisfare bisogni di uso, nei quali si esprime la libertà e la creatività individuale.

2.

La critica di Illich nei confronti della società industriale avanzata è in gran parte tributaria della distinzione marxiana tra valore d'uso e valore di scambio. Quale che sia il bene o il servizio in questione, il valore d'uso soddisfa le autentiche istanze del soggetto, che, servendosene, realizza le sue potenzialità mentre il valore di scambio, apparentemente finalizzato a soddisfare bisogni umani e sociali, privilegia l'utile economico. A questo utile, che corrisponde al guadagno del venditore o dell'erogatore del servizio, può corrispondere e, nell'ottica dell'economia classica, corrisponde il vantaggio dell'acquirente o del fruitore del servizio, che viene a disporre di qualcosa di cui ha bisogno. Secondo Illich, questo nesso non è univoco. Via via che il sistema economico si espande, l'utilità economica prevale sui bisogni dei soggetti che vengono spinti alla passivizzazione e allo sviluppo di falsi bisogni. Se questa logica non viene identificata dai soggetti, essa dà luogo ad un mondo opulento nel quale però si danno sia differenze sociali sempre più nette sia una completa manipolazione dell'uomo da parte dello strumento.

Illich ha analizzato il superamento della soglia critica, al di là della quale lo sviluppo si pone contro l'uomo e i suoi autentici bisogni, in rapporto a quattro settori: la scuola, la sanità, i trasporti, l'energia. Per quanto concerne i trasporti e l'energia, le sue analisi e le previsioni appaiono, alla luce degli sviluppi degli ultimi trent'anni, inconfutabili. Non è per caso che Illich sia spessissimo citato dalla pubblicistica che fa capo al movimento no-global e sia, da sempre, uno degli autori di riferimento dei movimenti ecologisti. Per quanto concerne l'analisi della scuola e della sanità, il radicalismo di Illich, vivacemente criticato negli anni '70, allorché furono pubblicati i suoi libri di maggiore successo, ancora oggi dà luogo a opinioni controverse.

In realtà, se si mette tra parentesi un accento volutamente provocatorio, finalizzato ad indurre la presa di coscienza dei problemi, quelle analisi - condivise o meno che siano - sono dense di suggestioni.

Per quanto riguarda la scuola, che il processo di alfabetizzazione delle masse sia un progresso è indubbio anche per Illich. La soglia critica va individuata nella burocratizzazione dell'insegnamento che, per allevare un cittadino medio, si rifà ad un sistema di valori e di informazioni univoche, slacciate dalla concreta realtà sperimentata dagli alunni, che nega o impedisce alle differenze individuali di "usare" la cultura, appropriandosene. Illich, insomma, è contro la tecnicizzazione dell'istruzione, che fa degli insegnanti degli esperti deputati a trasmettere informazioni più che ad educare e a corroborare l'amore del sapere, e impone loro di mirare ad integrare gli individui nel sistema piuttosto che alimentare una coscienza critica.

La proposta di Illich di descolarizzare la società non significa negare la necessità che la cultura e il sapere siano trasmessi, bensì ritenere che questa trasmissione non abbia senso se essa non porta l'individuo a personalizzare la cultura fino al punto di usarla come uno strumento che potenzia le sue capacità globali e non lo prepara solo a svolgere un ruolo lavorativo. Per quanto questa proposta possa apparire piuttosto vaga, non v'è dubbio che essa ha un fondamento. Tutti gli ordinamenti degli studi nei paesi industriali avanzati hanno, di fatto, come finalità ultima l'acquisizione di competenze lavorative e l'integrazione sociale. Si tratta di obbiettivi indubbiamente significativi, ma che inesorabilmente giungono a trasformare il sapere, che rappresenta uno degli strumenti essenziali dell'arte di vivere, in una competenza tecnica funzionale alla produttività, ma che può convivere con l'incompetenza affettiva e sociale o, al limite, con una miseria morale rilevante. Basta pensare all'assetto di personalità di tanti managers e liberi professionisti odierni, plurititolati, ma sterilizzati nella sensibilità, amorali e avidi solo di guadagno per dare ragione ad Illich.

3.

L'analisi critica della medicina contemporanea si può ritenere il contributo più importante di Illich alla cultura: un contributo unico e innovativo. Illich muove dalla considerazione elementare che la lotta contro il dolore, la malattia, la morte, che sono da sempre i contenuti dell'ansia esistenziale umana, è stata monopolizzata dalla medicina in nome della promessa di una soluzione totale. Tale monopolio ha prodotto due effetti paradossali: ha tolto all'uomo la capacità emozionale e morale di confrontarsi con quelle dimensioni nella misura in cui esse sono ineluttabili ed è giunta ad iscrivere la vita nella sua totalità, dalla nascita alla morte, sotto il controllo medico. Se si tiene conto di questi due effetti, i vantaggi indubbi del progresso medico appaiono ampiamente sormontati dagli svantaggi.

Occorre infatti considerare: primo, l'incidenza delle malattie iatrogene, dovute in gran parte all'uso sconsiderato delle medicine; secondo, il peso delle spese mediche nei bilanci degli Stati sociali, che cresce esponenzialmente in conseguenza di accertamenti diagnostici, ricoveri ospedalieri e trattamenti farmacologici del tutto inutili; terzo, lo stato di allarme ipocondriaco che si espande a macchia d'olio nelle società occidentali.

Quest'ultimo aspetto merita un'attenzione particolare. La salute non è solo un fatto biologico, bensì uno stato di equilibrio psicosomatico, che dipende da fattori inerenti l'organismo, dal regime di vita, dal modo in cui il soggetto si rapporta alla realtà sociale e dall'ambiente. Nella misura in cui la medicina, le cui origini sono positivistiche, identifica la salute nel buon funzionamento degli organi o addirittura nella normalità degli indici biochimici, essa finisce con il connotare la malattia solo come effetto di disfunzioni organiche. Questo determina due conseguenze psicosociali: la prima è che i soggetti sono ossessionati dal bisogno di tenersi sotto controllo perché, per quanto non si recepiscano sintomi a livello soggettivo, il corpo viene vissuto come una macchina che può albergare difetti anche senza che uno immediatamente se ne accorga. Ciò spiega la quantità di esami diagnostici completamente inutili che vengono effettuati, e che pesano gravemente sul bilancio dello Stato. La seconda conseguenza è la tendenza ad interpretare tutti i sintomi come fisici, ignorando che essi possono essere psicosomatici: reali dunque e non immaginari ma provocati da stati d'animo o da conflitti del tutto inconsci.

Questa seconda conseguenza determina una domanda crescente di diagnosi e di cure che si rivolge alla medicina, che non è minimamente attrezzata per confrontarsi con un problema del genere. La risposta consueta a questa domanda è il check-up e ulteriori visite specialistiche, che si concludono spesso o con diagnosi di comodo (per esempio un'inesistente o lieve artrosi cervicale come causa di vertigini sogettive o di cefalea nucale) o con l'attestazione da parte del medico che il paziente è sano come un pesce. Conclusione, quest'ultima, confortante, ma che, perpetuandosi i sintomi, fa insorgere regolarmente nel soggetto il dubbio che la diagnosi non sia corretta, e la tendenza a consultare altri medici, a fare altre visite, a sottoporsi ad ulteriori indagini di laboratorio.

Le previsioni di Illich, insomma, si sono realizzate. I progressi della medicina, sicuramente rilevanti, coincidono con uno stato psicosociologico diffuso di allarme se non addirittura di terrore, del tutto deprivato della capacità d'interpretare i sintomi in temini psicosomatici. La delega totale alla medicina della gestione della salute umana, che è un fatto psicosomatico, comporta più svantaggi che vantaggi.

4.

Rileggere Illich è un dovere intelettuale. Certo, occorre considerare che, come accade a tutti i sociologi critici, le sue "diagnosi" sono estremamente precise e articolate, mentre i rimedi che propone sembrano piuttosto astratti, perché essi vertono sulla necessità che gli uomini si riapproprino della gestione della loro vita individuale e collettiva. Il principio, sostanzialmente marxiano, è inconfutabile, ma la sua realizzazione, proprio perché deve fare i conti con un'Organizzazione istituzionalizzata sembra imprescindibile da un salto di qualità non solo intellettuale ma anche politico.

Settembre 2003