GEORG SIMMEL

LA MODA

Mondadori, Milano 1998

1.

Smilzo libricino che si legge di un fiato, La moda di Simmel presenta, al di là dell'oggetto specifico, uninteresse particolare perché, nelle prime pagine, l'autore sintetizza in maniera estremamente suggestiva la sua concezione dinamica del rapporto tra società. Una lunga citazione è d'obbligo:

"Tutta la storia della società si svolge nella lotta, nel compromesso, nelle conciliazioni lentamente conquistate e rapidamente perdute che intervengono fra la fusione con il nostro gruppo e il distinguersene individualmente. Filosoficamente, l'oscillazione della nostra anima tra questi poli può prendere corpo nel contrasto fra la dottrina dell'unità del tutto e il dogma dell'incompatibilità, dell'essere-per-sé di ogni elemento del mondo. Anche a livello pratico, nella lotta di partiti opposti come il socialismo e l'individualismo, si tratta sempre della medesima forma fondamentale di dualismo, che nel campo della biologia si rivela infine come contrasto di ereditarietà e di variabilità. La prima è esponente dell'universale, dell'unità, dell'uguaglianza placata di forma e contenuto, la seconda genera la mobilità, la molteplicità di elementi separati, l'inquieta evoluzione da un contenuto di vita individuale ad un altro. Ogni forma essenziale di vita nella storia della nostra specie rappresenta nel proprio ambito un modo particolare di unire l'interesse alla durata, all'unità, all'uguaglianza con la tendenza al cambiamento, al particolare, al caso unico.

Nella personificazione sociale di questi contrasti un lato di essi è rappresentato dalla tendenza psicologica all'imitazione. L'imitazione si potrebbe definire come un'ereditarietà psicologica, come il trasferimento della vita di gruppo nella vita individuale. Il suo fascino sta nel rendere possibile un agire finalizzato e dotato di senso senza che entri in scena nessun elemento personale e creativo. La si potrebbe definire figlia del pensiero e dell'assenza di pensiero. Dà all'individuo la sicurezza di non essere solo nelle sue azioni e si libra nell'esercizio della medesima attività svolto finora come su di una solida piattaforma che libera l'attività attuale dalla difficoltà di sostenersi da sola…

L'individuo si libera dal tormento della scelta e la fa apparire come un prodotto del gruppo, come un recipiente di contenuti sociali. L'impulso a imitare, come principio, caratterizza un grado di sviluppo nel quale è vivo il desiderio di un'attività personale finalizzata, ma non c'è la capacità di conquistare dei contenuti individuali per quest'attività o di ricavarli da essa. Il progresso al di là di questo grado avviene quando il futuro determina il pensare, l'agire e il sentire al di fuori di ciò che è dato, passato o tramandato; l'uomo teleologico è il polo opposto dell'uomo che imita. Così, in tutti i fenomeni di cui è un fattore costitutivo, l'imitazione corrisponde a una delle tendenze fondamentali della nostra natura, a quella che si esprime fondendo il singolo nell'universale, che accentua l'elemento stabile nel cambiamento. Quando invece si cerca il cambiamento nell'elemento stabile, la differenziazione individuale, il distinguersi dalla generalità, l'imitazione è il principio negatore, contrario. E' proprio perché il permanere nel dato, di essere uguali agli altri e di fare lo stesso che fanno gli altri è il nemico implacabile del desiderio che vuole procedere a nuove e specifiche forme di vita, e ognuno dei due principi va di per sé all'infinito, la vita sociale apparirà come il campo di battaglia dove ogni palmo di terreno viene conteso e le istituzioni sociali appariranno come quelle conciliazioni di breve durata nelle quali l'antagonismo dei principi, pur continuando ad agire, ha assunto la forma esteriore di una cooperazione." (pp. 12 - 15)

In breve: "Sembra che per ogni classe di persone, anzi verosimilmente per ogni individuo, esista un determinato rapporto quantitativo fra l'impulso all'individualizzazione e quello a confondersi nella collettività." (p. 40)

E' difficile minimizzare l'importanza di un'affermazione del genere. Durkheim, pur consapevole della presenza nell'uomo di una polarità egocentrica e di un'altra sociocentrica, non è andato al di là di una definizione descrittiva ("In ognuno di noi, si può dire, esistono due esseri, i quali, pur vivendo inseparabili eccetto che per via di astrazione, non possono evitare tuttavia d'essere distinti. L'uno è fatto da tutti gli stati mentali che non si riferiscono che a noi stessi e agli avvenimenti della nostra vita personale: è quello che si potrebbe chiamare l’essere individuale. L'altro è un sistema di idee, di sentimenti e di abitudini, che esprimono in noi non la nostra personalità, ma il gruppo o i gruppi diversi di cui facciamo parte. Di questo genere sono le credenze religiose, le credenze e le pratiche morali, le tradizioni nazionali o professionali, le opinioni collettive di ogni genere. Il loro insieme forma l'essere sociale"). Egli, inoltre, ha sempre letto nella polarità egocentrica un pericolo per l'equilibrio sistemico.

Simmel parla invece esplicitamente di due "impulsi" che attengono, evidentemente, la natura umana e si riflettono a tutti i livelli della realtà sociale, a partire da quello elementare dell'interazione sociale. In nome di questi bisogni ogni individuo è sollecitato, sia pure in misura diversa, a aderire alle norme proprie della società cui appartiene e/o ad elaborarle sul piano personale per differenziarsi e dare spazio alla libertà personale.

Non è insignificante rilevare che La moda è del 1885. Simmel e Freud sono praticamente contemporanei. C'è da chiedersi se un'interscambio tra sociologia e psicoanalisi non avrebbe potuto mettere Freud al riparo dal negare all'uomo una vocazione sociale.

2.

Per quanto riguarda il contenuto dell'opera, una serie di citazioni è sufficiente ad illustrarlo:

"La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale, conduce il singolo sulla via che tutti percorrono, dà un universale che fa del comportamento di ogni singolo un mero esempio. Nondimeno appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi. Se da un lato questo risultato le è possibile con il cambiamento dei contenuti che caratterizza in modo individuale la moda di oggi nei confronti di quella di ieri e di quella di domani, la ragione fondamentale della sua efficacia è che le mode sono sempre mode di classe, che le mode della classe più elevata si distinguono da quella della classe inferiore e vengono abbandonate nel momento in cui quest'ultima comincia a farle proprie. Così la moda non è altro che una delle tante forme di vita con le quali la tendenza all'uguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale e alla variazione si congiungono in un fare unitario." (pp. 16-17)

"La moda significa da un lato coesione di quanti si trovano allo stesso livello sociale, unità di una cerchia sociale da essa caratterizzata, dall'altra chiusura di questo gruppo nei confronti dei gradi sociali inferiori e loro caratterizzazione mediante la non appartenenza ad esso." (p. 17)

"A volte sono di moda cose così brutte e sgradevoli che sembra che la moda voglia dimostrare il suo potere facendoci portare quanto c'è di più detestabile; proprio la casualità con la quale una volta impone l'utile, un'altra l'assurdo, una terza ciò che è del tutto indifferente dal punto di vista pratico e da quello estetico, dimostra la sua completa noncuranza delle norme oggettive della vita e rinvia ad altre motivazioni, cioè a quelle tipicamente sociali che sole rimangono." (p. 18)

"Se le forme sociali, i vestiti, i giudizi estetici, tutto lo stile in cui l'uomo si esprime, si trasformano continuamente attraverso la moda, allora la moda, cioè la nuova moda, appartiene soltanto alle classi sociali superiori. Non appena le classi inferiori cominciano ad appropriarsene superando i confini imposti dalle classi superiori e spezzando l'unità della loro reciproca appartenenza così simbolizzata, le classi superiori si volgono da questa moda ad un'altra, con la quale si differenziano nuovamente dalle grandi masse e il gioco può ricominciare. Le classi inferiori infatti guardano in alto e aspirano ad elevarsi. Questo è loro possibile soprattutto nell'ambito della moda in quanto è il più accessibile ad un'imitazione esteriore… L'imporsi dell'economia monetaria deve accelerare in modo rilevante questo processo e renderlo visibile, perché gli oggetti della moda, in quanto esteriorità della vita, sono particolarmente accessibili al puro possesso del denaro. In rapporto ad essi è più facile raggiungere la parità con lo strato superiore che in tutti gli altri campi che richiedono un impiego di capacità individuali non acquistabili con il denaro." (pp. 21-22)

"Chi può e vuole seguire la moda porta abbastanza spesso vestiti nuovi. Ma il vestito nuovo condiziona il nostro comportamento più di quello vecchio che si è completamente adattato ai nostri gesti, cede senza resistenza ad ognuno di essi e spesso rivela le nostre innervazioni nelle minime particolarità… Per questo il vestito nuovo conferisce a chi lo porta una certa uniformità sovrindividuale nell'atteggiamento; la prerogativa che il vestito esercita nella misura della sua novità sull'individualità fa sì che gli uomini che si attengono strettamente alla moda appaiano relativamente uniformi." (pp. 24-25)

"L'essenza della moda consiste nell'appartenere sempre e soltanto a una parte del gruppo mentre tutto il gruppo è già avviato verso di essa." (p. 28)

"Dell'impossibilità di una diffusione universale della moda in quanto tale deriva per il singolo la gratificazione che essa in lui rappresenta pur sempre qualcosa di particolare e sorprendente. Allo stesso tempo egli si sente interiormente trasportato non solo da una collettività che fa le stesse cose, ma anche da un'altra che aspira alle stesse mete. Perciò l'atteggiamento che incontra chi è alla moda è una benefica mistura di approvazione e d'invidia." (p. 32)

"La moda è il campo specifico degli individui che non sono intimamente indipendenti e che hanno bisogno di un sostegno. Nello stesso tempo il loro sentimento di sé richiede distinzione, attenzione, particolarità…. Si tratta infine della stessa costellazione per la quale le banalità ripetute da tutti procurano la massima felicità. Ripeterle dà ad ognuno la sensazione di dar prova di una particolare sagacia che lo eleva sulla massa… La moda innalza l'insignificante facendone il rappresentante di una collettività, l'incarnazione particolare di uno spirito collettivo… La moda ha la proprietà di rendere possibile un'ubbidienza sociale che è nello stesso tempo differenziazione individuale. " (p. 34)

"Chi di proposito è fuori moda accetta il contenuto sociale come il maniaco della moda, ma a differenza di quest'ultimo, che lo forma nella categoria dell'intensificazione, egli lo plasma in quella della negazione. Vestirsi fuori moda può diventare di moda in intere cerchie di una società estesa." (p. 37)

"Spesso è impossibile decidere se nel complesso delle cause di questo modo di non essere alla moda prevalgano i momenti di forza o quelli di debolezza personale. Come atteggiamento esso può derivare dal bisogno di non confondersi con la massa. Alla base di questo bisogno non c'è l'indipendenza dalla massa, ma in ogni caso una posizione intimamente sovrana nei suoi confronti. L'atteggiamento di chi è consapevolmente fuori moda può anche appartenere ad una personalità piuttosto debole, se l'individuo teme di non poter conservare il suo briciolo d'individualità adattandolo alla forma, al gusto, elle norme della collettività." (p.39)

"La variabilità della vita storica dipende dalla classe media e per questo la storia dei movimenti sociali e culturali ha assunto un "tempo" completamente diverso da quando il tiers état ha preso il potere. Da allora la moda, la forma dei cambiamenti e dei contrasti della vita, si è maggiormente estesa ed è soggetta ad una stimolazione più intensa; i frequenti mutamenti della moda sono un'immane schiavitù per l'individuo e, nella stessa misura, uno dei complementi necessari della cresciuta libertà politica e sociale." (p. 56)

"Il ritmo assunto nelle grandi città dal progredire economico degli strati inferiori deve favorire il rapido cambiamento della moda perché abbrevia il tempo necessario all'imitazione degli strati superiori… Quanto più un articolo è soggetto al rapido mutare della moda, tanto più forte è la richiesta di prodotti del suo tipo a buon mercato… Si crea così un vero e proprio circolo vizioso: quanto più rapidamente cambia la moda, tanto più gli oggetti devono diventare economici, e quanto più gli oggetti diventano economici, tanto più invitano i consumatori e costringono i produttori ad un rapido cambiamento della moda." (pp. 57-58)

3.

La lucidità dell'analisi di Simmel è sorprendente. Dopo oltre un secolo, essa richiede appena qualche aggiornamento.

All'epoca di Simmel, l'industria della moda era appena agli albori. Attualmente, essa è un business che ha un fatturato enorme, tale che gli stilisti possono investire in pubblicità somme ingentissime. La moda ormai sconfina ampiamente dall'ambito dell'abbigliamento. Essa investe la cura globale del corpo (interventi estetici, massaggi, profumi, creme, lozioni, ecc.) e tutta una serie di accessori (macchina, telefonino, ecc.). La separazione tra le classi sociali avviene sulla base del lusso ostentato e sfrenato, inaccessibili anche a persone di reddito consistente. Essa continua a soddisfare il bisogno di appartenenza, ma sempre più spesso e più intensamente sembra associarsi al gusto che si ricava dal suscitare l'invidia degli altri.

I sentimenti sociali d'inferiorità suscitati dalla moda determinano una reazione abbastanza costante: la tendenza a saldare il gap attraverso l'indebitamento. In conseguenza di questo, ai ricchi di famiglia e ai nuovi ricchi si va aggiungendo una nuova schiera di falsi ricchi. Questo significa che il culto dell'esteriorità, già sottolineato da Simmel, sta diventando una patologia sociale che fa sempre più insistentemente riferimento alla scala dello status sociale e sempre meno a quella del valore antropologico. L'appartenenza al mondo dei Vip oggi di fatto può essere acquistata con il denaro.

Pochi sembrano essere, nella nostra società, gli anticorpi contro il culto dell'immagine, che è un prodotto della moda. I gruppi giovanili, spesso provenienti dalla periferia, che invadono regolarmente il sabato le vie del centro delle grandi città per vedere le vetrine, sono funzionari di tale culto.

Solo alcune frange giovanili hanno ereditato l'ideologia contestatrice degli anni '70 e continuano ad esprimere, attraverso l'abbigliamento e lo stile di vita, una controcultura.

La moda del nostro tempo va al di là degli obiettivi di appartenenza e di differenziazione identificati da Simmel. Essa è l'indizio di un regime plutocratico che si va realizzando, in maniera strisciante, in tutto l'Occidente.

Gli "impulsi" definiti da Simmel hanno un valore universale, ma la forma storica in cui essi si realizzano, una delle cui espressioni è la moda, non lo è di certo. Nulla vieta di pensare che, superata la follia del nostro tempo, l'uomo integrato e differenziato del futuro possa essere un uomo austero.

Aprile 2004