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Amoroso Luigi.
Economista e matematico (Napoli 1886 - Roma 1965), prof. di
matematica finanziaria nelle univ. di Bari e Napoli (1914-21) e
quindi di economia politica a Napoli (1921) e a Roma (1926-61);
socio nazionale dei Lincei (1956). Ha dato un grande contributo agli
studî di economia matematica e, ricollegandosi alla
formulazione paretiana, ha dato impulso e assetto razionale alla
dinamica econ0mica. Tra le sue opere: Lezioni di economia
matematica, 1921; Lezioni di matematica finanziaria, 2 voll.,
1921-23; Lezioni di economia corporativa, 1938; Meccanica economica,
1942; Lezioni di economia, 1943; Economia di mercato, 1948; Le leggi
naturali dell'economia politica, 1957, 2a ed. 1961.
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DBI
di Denis Giva
AMOROSO, Luigi. - Nacque a Napoli il 23 maggio 1886 da Nicola e
Maria Mascoli. Laureato in matematica, fu professore di matematica
finanziaria negli istituti superiori di commercio di Bari e Napoli
dal 1914 al 1921 e di economia politica all'università di
Napoli dal 1921 al 1926. Successivamente insegnò economia
politica all'università di Roma fino al 1956, ricoprendo dal
1944 la carica di direttore dell'istituto di studi economici e
finanziari e divenendo in seguito preside della facoltà di
scienze politiche. Professore aggregato presso l'Istituto nazionale
di alta matematica, conseguì la laurea honoris causa in
economia e commercio presso l'università di Napoli nel 1957,
un anno dopo aver abbandonato l'insegnamento nell'ateneo romano.
L'opera dell'A., pur toccando vari settori dell'indagine economica e
sociologica, è sostanzialmente organizzata intorno ad un
progetto unitario che si sviluppa fin dalle sue prime ricerche e che
troviamo realizzato, in differenti forme e soprattutto a diversi
stadi di elaborazione, nei suoi saggi principali in più di un
cinquantennio di produzione scientifica. Questo progetto è
stato brevemente ricostruito a grandi linee nelle riflessioni dello
stesso A. che precedono l'ultima sua opera, Le leggi naturali
dell'economia politica, che riassume i principali contributi
dell'autore nei vari settori dell'analisi: dalla teoria del consumo
a quella della produzione, dalla teoria della moneta a quella dei
prezzi e del mercato internazionale. Ripensando alle sue ricerche
nel periodo che va dal primo decennio del secolo alla fine degli
anni Trenta, l'A. metteva appunto in evidenza gli aspetti principali
del problema che costituì il nucleo del suo contributo
all'analisi economica: il problema del trasferimento delle leggi
meccaniche nel mondo economico in una formulazione che superasse i
limiti del modello di equilibrio economico generale di Walras e
Pareto e consentisse la scoperta delle leggi dinamiche del sistema
economico.
L'A. in quell'opera sosteneva appunto che, da un lato, la
possibilità di rinvenire i principi meccanici in economia
derivava dalla versione galileiana del concetto di equilibrio, che
si riferisce ad una forma particolare di moto, il moto rettilineo
uniforme, e che aveva il suo corrispondente in economia nell'"azione
uniformemente ripetuta" e, d'altro lato, individuava i limiti
dell'assimilazione delle leggi economiche alle leggi meccaniche
nell'impossibilità di considerare valido per tutti i problemi
economici, e segnatamente per quelli del risparmio e
dell'investimento, il modello costruito sull'ipotesi galileiana. Se
questo modello, infatti descriveva uno stato ideale, una
condizione-limite dell'economia, era necessario, per rendere conto
del carattere dinamico dei fenomeni legati al risparmio e
all'investimento "uscire dalle maglie del modello dell'equilibrio
economico paretiano e cercare un nuovo schema che in questo settore
[fosse] capace di dare una rappresentazione dinamica del fenomeno"
(ibid., p. 3).
La ricerca dell'A., dati questi limiti dell'impostazione
tradizionale, si sviluppò in quegli anni in tre direzioni
principali: nella indagine sull'equivalente e sui correlati
economici del principio di inerzia, nella ricerca delle equazioni
differenziali della meccanica economica e nell'individuazione dei
correlati economici del principio di minima azione. Fu in particolar
modo la scoperta che il principio di minima azione ha il suo
corrispondente nel principio del minimo mezzo, "che ispira la
condotta di tutti gli operatori economici", a rendere possibile la
derivazione delle equazioni differenziali della dinamica economica:
"Le equazioni differenziali in parola, associate alle equazioni che
vincolano la condotta dei singoli operatori […] determinano le
domande e le offerte individuali in funzione di tre gruppi di
parametri, di cui il primo rappresenta i prezzi, il secondo e il
terzo le posizioni e le velocità iniziali. Così il
passato vincola il presente, la città morta domina la
città vivente" (ibid., p. 6). Tenendo conto di
quest'evoluzione generale del programma dell'A., è opportuno
distinguerne le diverse fasi di elaborazione, che coincidono con le
diverse tappe della sua carriera universitaria.
Nelle Lezioni di economia matematica l'A. isolava l'oggetto della
matematica economica che, se si esclude il Manuale di Pareto del
1906, era un campo disciplinare ancora non sistemato, individuando
le insufficienze dell'evoluzione storica del pensiero economico
quale si era sintetizzata nei sistemi statici del XIX secolo da
Cournot a Fisher. L'economia matematica, come scienza analitica
astratta, veniva a coincidere per l'A. con la meccanica economica,
ossia con lo studio delle relazioni tra le forze (psicologiche) in
base alle quali si producono i fatti economici e gli ostacoli che si
oppongono all'azione di queste forze: in ogni istante forze ed
ostacoli determinano le connessioni che si realizzano tra le
quantità nel complesso dell'economia. Le leggi della
meccanica e le leggi economiche hanno in comune l'oggetto - i
fenomeni di moto - e la metodologia: il passaggio dall'analisi del
moto di ogni singola particella, e quindi di ogni azione, allo
studio della composizione di queste azioni individuali nell'azione
collettiva. La specificità delle leggi matematiche in
economia deriva di conseguenza dal loro presentarsi come barriere e
vincoli insuperabili sia a livello microeconomico sia a livello
dell'azione collettiva, qualunque sia la condizione istituzionale in
cui si svolge il processo economico.
L'A. individuava una cinematica, una statica e una dinamica
economica: la prima prescinde dalle variazioni di ricchezza e
utilizza solo i concetti di ricchezza e tempo, la seconda si occupa
delle condizioni generali di equilibrio e utilizza i concetti di
ricchezza, ofelimità e vincolo, mentre la terza, che si serve
di questi tre concetti e di quello di tempo, analizza le leggi
generali di variazione della ricchezza. L'A. doveva appunto
registrare, da una parte, le insufficienze deduttive della statica
sviluppata nel XIX secolo, che si condensavano nella mancata
considerazione delle nuove configurazioni di equilibrio che si
potevano determinare con le tendenze monopolistiche e sindacali e,
d'altra parte, le carenze induttive consistenti nella insufficiente
verifica statistica delle leggi deduttive e nei fenomeni di
oscillazione nel tempo delle variabili fondamentali. Ma era
soprattutto il carattere delle leggi "lagrangiane" della dinamica a
preoccupare l'A., che rinveniva peraltro nella forza dell'abitudine
(anche se solamente dal punto di vista qualitativo) un principio
analogo a quella che era l'inerzia in meccanica: "sono ignote le
corrispondenti equazioni che condensino le nostre idee sul movimento
economico" (ibid., p. 373).
Tra quest'opera e la successiva sintesi dei Principi di
economiacorporativa, si collocano sia contributi di carattere
analitico sia riflessioni di più ampio respiro sul carattere
storico del sistema capitalistico, sull'evoluzione dei sistemi
economici tra le due guerre mondiali e sui principi dell'economia
corporativa, che sono il risultato, oltreché dell'indagine
teorica sviluppata in economia pura, di un'impostazione mutuata
dalla sociologia paretiana e che individua nell'economia e nella
religione le due forze fondamentali che regolano la vita della
società umana.
Soprattutto nella Critica al sistema capitalista, l'A. assumeva una
posizione che era una via di mezzo tra visioni alternative
dell'evoluzione storica, rimanendo fedele alla tradizione cattolica.
Egli riconduceva l'affermarsi del capitalismo alla riforma
protestante e ricostruiva le linee della storia moderna
dall'ecumenismo medioevale come un tentativo di restaurare
l'unità europea, tentativo che anche il capitalismo, facendo
leva principalmente sugli interessi materiali, aveva perseguito,
andando però incontro alla dissoluzione sancita dal primo
conflitto mondiale. Negli scritti teorici e ideologici, con i quali
l'A. sosteneva la necessità di un'organizzazione corporativa
dell'economia, è importante sia la diagnosi dei limiti del
modello naturalistico classico basato sulla meccanica tradizionale
sia l'insoddisfazione per gli approfondimenti cui questo modello
perveniva, come si è accennato, con la considerazione delle
forze d'inerzia - forze storiche - che dinamizzano la teoria
economica. Egli fa coincidere, sia pure in forma di intuizioni, i
nuovi processi economici emersi nel periodo tra le due guerre
(incertezza, disordine monetario e meccanica bancaria, prevalenza
della politica sull'economia, cartellizzazione e sviluppo dei
monopoli) con la crisi del modello deterministico della fisica
classica determinatosi, ad esempio, con la formulazione del
principio di indeterminazione di Heisenberg. In questo quadro
"l'ordinamento corporativo risponde nelle sue linee fondamentali
alla ricostruzione teorica sopra delineata, nel senso che valorizza
tutti i gruppi di forze dalle quali risulta l'equilibrio dinamico:
le forze naturali, rappresentanti le tendenze pro tempore, le forze
d'inerzia, espressione del peso del passato, le forze direttrici,
manifestazione delle speranze e dei timori dell'avvenire. In questa
sintesi il sistema corporativo supera tutte e tre le precedenti
correnti fondamentali del pensiero economico: la corrente
naturalistica dell'economia classica, la corrente storica, la
corrente politica, rappresentata dal mercantilismo, dal
protezionismo e dal socialismo nelle loro diverse forme" (Lalogica
del sistema corporativo, p. 407).
In questo senso, l'economia corporativa non era la negazione
dell'economia classica e del principio dell'utile individuale, ma si
presentava all'A. come una differente valorizzazione dell'iniziativa
privata nel contesto dell'interesse generale perseguito dallo Stato.
Tra il 1921 e il 1938 si collocano una serie di ricerche sulla
dinamica della popolazione, sulla legge dinamica della domanda e
sulle equazioni che regolano la dinamica monetaria in un sistema
chiuso. Particolarmente importante è il saggio pubblicato
sulla Rivista italiana di statistica, L'equazione differenziale del
movimento della popolazione (I [1929], pp. 151-157), nel quale l'A.
metteva in evidenza gli errori della legge di popolazione di
Malthus, individuando le due azioni che influenzano il rapporto tra
popolazione e sussistenze: l'azione "ortesiana", per cui le
sussistenze limitano la popolazione, e l'azione "smithiana", per la
quale il numero delle forze di lavoro influenza il livello delle
sussistenze. La curva risultante dalla formula che esprime la legge
teorica del movimento della popolazione risultò essere una
curva caratteristica a forma di esse stirata lungo i rami inferiori
e superiori detta logistica.
Mentre i Principi del 1938 riproducono lo schema delle Lezioni
arricchito dai contributi appena ricordati, cui si aggiunge anche
una trattazione sulla dinamica dei costi e sul monopolio parziale,
"il fulcro e il cuore di tutta l'infaticabile opera" dell'A., come
è stato notato (G. Palomba, 1969, p. XIX), è racchiuso
nelle lezioni tenute all'Istituto nazionale di alta matematica
nell'anno accademico 1940-1941 e pubblicate col titolo Meccanica
economica.
I principali contributi dell'A. in quest'opera sono riconducibili
alla generalizzazione dell'equilibrio paretiano e wairasiano, che
è di natura statica, ottenuta con la considerazione dinamica
delle forze d'inerzia che intervengono nella soluzione ottimale dei
problemi del consumatore e del produttore. Questa soluzione è
da lui ottenuta non col semplice "pareggiamento" delle
ofelimità o produttività marginali, ma al netto delle
resistenze di inerzia, che si possono far coincidere con scelte
individuali caratterizzate tanto dall'attaccamento a comportamenti
abitudinari ("la città morta condiziona la città
vivente") quanto dalla previsione dell'avvenire. Ereditarietà
e speculazione sono i fattori che determinano il valore delle forze
d'inerzia che, combinate con le forze che assicurano l'equilibrio in
regime di stazionarietà, determinano il movimento del sistema
economico. Aveva così soluzione il problema di trovare un
analogo economico del principio galileiano. Da un punto di vista
formale, l'inerzia è misurata dalla differenza tra le
ofelimità e produttività marginali "paretiane" e
quelle "lagrangiane", ossia da equazioni in cui le quantità
consumate e prodotte non sono funzioni solo delle velocità
del flusso di consumo e di produzione nell'istante, ma anche della
loro accelerazione. L'A. formulava poi il concetto di "potenziale"
economico, dava un'interpretazione energetica del principio
marginale e rinveniva il corrispondente economico del teorema
meccanico della minima azione.
Mentre in Economia di mercato, egli prendeva in considerazione i
problemi distributivi, ritenendo che la diversità delle
attitudini naturali, insieme con la proprietà privata e con
la congiuntura fossero le cause principali determinanti la
distribuzione, ad un approfondimento dell'analogia meccanica sono
dedicati gli ultimi lavori dell'economista napoletano, sia con la
nuova relazione istituita tra fenomeni economici e fenomeni elastici
sia colla rappresentazione del problema economico come un "dramma"
caratterizzato dall'insufficienza della produzione possibile
rispetto ai bisogni degli agenti economici. L'A. metteva in evidenza
soprattutto l'importanza dei fenomeni bancari e creditizi "come
centro di gravità del sistema economico" (Le leggi naturali…,
p. 8) e come termini di riferimento per spiegare le oscillazioni e
le crisi dell'attività economica (superamento del "limite di
elasticità" del sistema). Egli si soffermava infine
sull'evoluzione dei sistemi reali e in particolare sull'aspetto
fondamentale dell'economia contemporanea, che consisteva a suo
avviso nella degenerazione del capitalismo storico in un sistema
ibrido di capitalismo di Stato e di capitalismo privato. Il limite
della nostra epoca starebbe appunto nell'aver scambiato questo
ibrido per una "premessa di un'era nuova di più alta
civiltà. È invece l'ultima fase di un processo storico
che ebbe origine nel cinquecento colla frattura dell'unità
spirituale europea; ha avuto il suo acme nella concezione
materialistica della vita, ed oggi è superata nel mondo dello
Spirito" (ibid., p. 252).
Collaboratore di numerose riviste scientifiche, l'A. fu membro del
Consiglio superiore di statistica, del Consiglio superiore delle
miniere, del Consiglio nazionale delle ricerche e del Comitato
nazionale per l'educazione, scienze ed arti. Vicepresidente
dell'Istituto italiano degli attuari, fu amministratore delegato
delle Assicurazioni d'Italia, consigliere di amministrazione del
Banco di Napoli e dell'Istituto nazionale delle assicurazioni.
Eletto socio della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali
dell'Accademia dei Lincei il 29 nov. 1956, fu anche socio
dell'Accademia pugliese delle scienze, membro dell'Institut
international de statistique e dell'Econometric Society.
L'A. morì a Roma il 28 ott. 1965.